Che cos'è "Jnana" (La conoscenza).
"Jnana'. è quello stato in cui siete consci che esiste solo l'UNO e dove non vi è nessuna seconda entità.
Tutto ciò che vedete con i vostri occhi sono solo forme di questo UNO.
Noi abbiamo i numeri da uno a nove:
ci si chiede qual è il più grande, l'Uno o il Nove?
Generalmente noi crediamo che sia il nove.
Ma l'interpretazione spirituale dice che è invece l'Uno perché senza di esso non è possibile avere tutti gli altri numeri compreso il nove.
Infatti nell'addizione matematica noi dobbiamo aggiungere uno nove volte per arrivare a nove. Quindi l'Uno è il numero principale.
Noi vediamo molti oggetti in natura: alberi, nuvole, montagne, fiumi e cosi via, ma in tutti questi vi è solo un divino principio che li permea e pervade.
Considerate questo esempio preso dalla Botanica:
Eccovi un piccolo seme.
Quando lo piantate nella terra e Io innaffiate con l'acqua il seme cambia la sua forma.
Egli germoglia in una piccola pianta che cresce sempre più grande. Appaiono i rami e ben presto diventa un grande albero.
l fiori sbocciano ed appaiono i frutti.
Da dove nascono questi fiori, e frutti, questi rami e queste foglie?
L'albero è nato grazie alla terra, all'aria, all'acqua e alla luce del sole. Sono stati questi elementi a farlo nascere e a far crescere le foglie, i rami, i fiori ed i frutti.
Esso quindi non è altro che la forma dei cinque elementi.
Allo stesso modo qualunque cosa nata in questa Creazione deve fare parte di essa.
Il cosmo è stato fatto con questi cinque elementi che sono ovunque. Non esiste altro che i cinque elementi, e i nomi e le forme scaturite da essi possono essere diversi.
I cinque elementi rappresentano il principio divino. Noi proveniamo da questi cinque elementi e ad essi ritorniamo.
Per comprendere questo processo occorre seguire una Disciplina:
Il "Sadhana Adyatmico".
Vi è un'altra lezione che deve essere imparata da questo esempio.
La pianta è nata dalla terra, dall'acqua, dall'aria e dal calore del sole. Ma per il fatto di avere preso la luce del sole non è divenuta il sole. Poiché ha preso dell'acqua non e divenuta acqua, né aria, né terra, essa e rimasta quella che era, mantenendo la propria forma naturale.
Allo stesso modo noi che siamo nati umani in una società di umani, cresciamo in essa e viviamo in essa ed esperimentiamo ciò che in essa accade.
Per non essere esposti alle influenze deleterie che esistono nella società voi dovete cercare di rimanere quello che siete, cioè mantenere la vostra vera natura.
Per proteggervi e tenervi lontano da quelle influenze dovete frequentare dei buoni amici.
Chi è il vero amico?
Si dice che il vero amico è colui che Ti aiuta quando sei nel bisogno.
Qual è il reale bisogno?
È forse aiutarci ad andare al cinema?
Vi sono due qualità che dovrebbe possedere un vero amico: anzitutto dovrebbe essere come le ciabatte che coprono i piedi, e poi come le ciglia che coprono gli occhi.
Le ciglia proteggono e vigilano l'occhio da ogni cosa esterna, persino dalle cose buone.
Le donne usano il collirio, e le ciglia proteggano gli occhi persino da quella sostanza.
Il vero amico è colui che ti protegge sempre e ti tiene lontano dal pericolo.
Il tipo che ti dice come tenerti lontano dalla polizia non è un vostro amico.
Il vero amico è quello che vede ciò che è giusto sin dall'inizio e fa in modo che tu non cada nelle difficoltà frequentando cattive compagnie e compromettendoti commettendo azioni sbagliate
Ma l'amicizia di questo mondo è egoistica.
Persino l'amore della moglie verso il marito è egoistico.
Allo stesso modo le relazioni fra il figlio e la madre e persino della madre per il figlio è motivata dall'interesse personale.
Dio solo è totalmente privo di egoismo e di interesse personale.
Dio può essere chiamato "Il Se senza ego".
In tutti i rapporti ci può essere presente l'amore ma esso non è amore reale perché è tinto di egoismo.
Eccovi un esempio:
Una moglie soffriva di vaiolo. Venne il dottore e disse a ciascuno nella famiglia di stare attenti perché il vaiolo è una malattia infettiva. A causa di questa malattia la moglie morì.
Nonostante essi fossero vissuti insieme con grande amore aiutandosi reciprocamente, il marito, quando la moglie ebbe il vaiolo, fu riluttante ad avvicinarsi a lei.
Swami stesso andò da lei per confortarla. Dopo che essa morì furono chiamati dei pulitori perché nessuno della famiglia osò avvicinarsi al corpo.
Notate l'egoismo mostrato in questo caso.
Marito, moglie o madre, tutte le loro azioni sono governate dallo stesso interesse personale.
Eccovi un altro esempio:
Marito e moglie vivevano in una piccola casa e non avevano figli.
Dopo alcuni anni il marito ebbe un attacco di epilessia.
A quel tempo le porte delle case non erano cosi grandi come oggi.
La ragione era che, nel caso di furto, il ladro non potesse avere la via facile per scappare, ed inoltre, usavano, per essere tranquilli, tenere dei serpenti ed altre creature simili, in modo che il ladro scappando fosse impedito e potesse cadere.
Oggigiorno un ladro può entrare in una casa per una grande porta come se fosse il padrone, fare il suo lavoro tranquillamente ed andarsene altrettanto tranquillamente come è entrato.
Nei tempi moderni la gente chiede e desidera avere conforto e piacere ma nei tempi antichi anche le case erano costruite secondo le Sacre Scritture.
Ogni dettaglio nella costruzione aveva uno scopo valido e la ragione di una porta di entrata piccola aveva anche uno scopo spirituale.
Essa invitava coloro che entravano nella casa ad abbassarsi in segno di rispetto e di dovuto riguardo per la Divinità che risiedeva in quella casa.
Fu in quel tipo di casa, con quella piccola porta che viveva quella coppia.
Durante la notte il marito ebbe un attacco di epilessia e morì.
Il suo corpo a causa dell'attacco si era tutto arrotolato. La moglie era abbattuta dal dolore. Data la lunga associazione con la vita di quell'uomo essa si sentì disperata e pianse molto.
Alle otto della mattina seguente essa apri la porta ed informò i vicini della morte del marito.
I vicini ed i parenti vennero e si prepararono a portare il corpo del defunto fuori della casa per i funerali. Ma le condizioni del corpo erano tali, dopo l'attacco epilettico, per cui gli arti andavano in tutte le direzioni, e non si potevano riportare alla loro originaria posizione.
Poiché la porta della casa era piccola, essi pensarono di abbatterla per farci passare il cadavere.
Allora la moglie disse a quella gente: "Se voi rompete la porta e allargate il buco io non avrò nessuno che mi potrà aiutare per riparare il danno. Cosa accadrà allora di me? Meglio sarebbe rompere gli arti a mio marito così che potrete facilmente portarlo fuori di casa. Se occorre potete anche tagliargli le mani o le gambe e così passerà certamente".
Come vedete il corpo viene rispettato solo quando in esso vi è la vita. Una volta che II vita se ne è andata non ci si cura più di esso.
La forza della vita che evoca questo rispetto è l'Atma che risiede nel corpo.
Il corpo è chiamato il tempio di Dio.
Questo tempio non è qualcosa costruita da qualche parte. Esso è un tempio movibile nel quale Dio risiede e si muove con esso.
La fede deve essere stabile e ferma ed in tal modo potremo facilmente realizzare l'onnipresenza di Dio.
Cosa vuol dire Onnipresenza di Dio?
Associate con la terra ci sono cinque qualità.
Queste sono:
il tatto, l'odorato, la forma, il sapore ed il suono.
Queste qualità non possono essere rimosse e, a causa loro,
la terra è percepita densa e stabile e nonostante che essa giri su se stessa è una cosa molto ferma.
Il secondo elemento è l'acqua.
Nell'acqua ci sono quattro qualità:
il sapore, la forma, il tocco ed il suono, l'odore non è presente.
Come vedete, avendo un elemento in meno l'acqua è più mobile e fluida.
Il fuoco non ha odore, né tatto ma solo le altre tre qualità.
Per cui è libero di assumere qualsivoglia forma.
Il vento o l'aria ha solo due qualità: il tocco ed il suono.
Dato che è senza tre qualità è più sottile degli altri elementi e onnipresente e soffia ovunque.
Alfine avete lo spazio.
Per esso vi è una sola qualità che è il suono, le altre quattro sono assenti.
Ecco perché è omnipervasivo e presente ugualmente dappertutto.
Dio è Onnipresente perché in Lui non esistono qualità di sorta. Egli è libero dai limiti ed è per questo che si dice che è Onnipresente.
Egli ha .trasceso tutti i "Gunas".
Egli è sempre felice, mai lo potrete vedere con la faccia lunga e l'espressione triste. (Swami parla di se stesso).
Qualche volta potrà apparirvi triste ma è solo perché vuole ottenere qualcosa. Anche la voce talvolta potrà sembrare dura e anche la collera potrà essere mostrata, ma dentro di Lui vi è solo amore e beatitudine.
Eccovi una storia che vi illustra questo fatto.
Durante la guerra del Mahabharatha, Asvatamma dopo avere ucciso i figli dei Pandavas volle uccidere i Pandavas stessi.
Il Signore Krishna sapeva di questo piano.
Ovunque trovate un devoto troverete con lui anche il Signore.
Ovunque c'è l'oggetto ci sarà anche il riflesso.
Il devoto ed il Signore sono sempre interrelati. Quando ci sono le onde dell'oceano ci sono anche le bolle e dove ci sono le bolle c'è anche l'acqua.
L'acqua é presente sia nelle bolle che nell'oceano DIO è presente in tutti.
I Pandavas cantavano sempre il nome di Krishna, e quindi Krishna era sempre con loro. Essi non cantavano con la lingua ma con il cuore. Cantare meccanicamente è come il disco che non è consapevole di ciò che fa.
Non appena essi cantavano il Suo nome Egli appariva.
Il Signore spesse volte non aiuta direttamente, ma mette in scena un dramma per ottenere gli effetti voluti.
Questi drammi inventati dal Signore devono essere recitati nel migliore dei modi. Ciascuno è un attore nel vasto palcoscenico del mondo che è il Suo gioco, Dio è il regista.
La situazione, che si era venuta a creare era la seguente:
Asvatamma aveva raccolto tutte le forze che gli derivavano dalle sue penitenze anteriori, voleva portare a compimento il voto di uccidere prima dell'alba tutti i Pandavas.
Il Signore Krishna non volle direttamente interferire con quel voto e quindi decise di aiutare i Pandavas in modo indiretto, così come solitamente fanno i Ministri inviando la loro moglie o qualche parente per ottenere qualcosa.
La stessa notte Krishna andò all'Ashram di Durvasa
Durvasa (un saggio sempre collerico), fu felice della visita del Signore con la quale benediva il suo Ashram con la Sua Divina presenza. Durvasa s'inchinò davanti a Krishna e disse:
"Signore, cosa posso fare per Te?"
Krishna rispose:
"Durvasa mi occorre il tuo aiuto".
Durvasa fu grandemente commosso, il Signore chiedeva il suo aiuto, lo stesso Signore che aveva creato ogni cosa nell'Universo, ora stava stendendo la mano a lui. Durvasa senza avere un pelo di orgoglio fu immensamente felice di aiutare il Signore.
Egli disse:
"Farò qualsiasi cosa per aiutarTi, prego dimmi cosa vuoi che io faccia!" Il signore Krishna disse:
"Stanotte devi proteggere i Pandavas. Asvatamma li sta cercando per ucciderli. Devi nasconderli qui".
Durvasa si trovò subito d'accordo ma un dubbio subito lo assalì.
Se i Pandavas venivano a stare nell'Ashram e Asvatamma fosse venuto, e avesse chiesto se c'erano i Pandavas, come poteva raccontare una bugia?
Il Signore Krishna allora lo rassicurò dicendogli che non avrebbe dovuto dire una bugia ma nel dire la verità avrebbe dovuto solo alterare il tono della sua voce.
Durvasa si trovò d'accordo e disse:
"Dimmi tutto ciò che devo fare"
Krishna gli chiese di fare un grande buco, coprirlo con delle tavole sulle quali avrebbe dovuto mettere un tappeto e Durvasa avrebbe dovuto metterci sopra la sua sedia e sedersi.
Asvatamma cercava i Pandavas ed il sole era prossimo a levarsi.
Egli decise di andare da Durvasa perché capiva che il saggio sapeva tutto e che lo avrebbe aiutato.
Lo trovò seduto sulla sua sedia ed avvicinandosi gli chiese:
"Swami, per favore mi sai dire dove sono i Pandavas?"
Durvasa rispose a voce alta:
"Pandavas? Si! Sono propri qui sotto di me!" era la verità ma fu detta con un tono cosi collerico che Asvatamma prese paura.
La collera di Durvasa era ben conosciuta e quindi, per paura di essere lui stesso distrutto, Asvatamma lasciò subito l'Ashram, ed il piano di Krishna per salvare i Pandavas ebbe completo successo.
Ecco come qualche volta dobbiamo agire in certe situazioni, usando la nostra intelligenza per aiutare gli altri e proteggerli.
Swami ha dato spesse volte questo consiglio:
"Se non puoi sempre aiutare, correggere, essere accondiscendente con qualcuno, parlagli almeno con gentilezza."
La natura di Durvasa era ben conosciuta e cosi il Signore la usò per il bene, mettendo in piedi un dramma nel quale accaddero un sacco di cose strane e che salvò i Pandavas dalla morte.
Durante l'esilio dei Pandavas un altro incidente accadde.
Era il loro 11° anno di esilio.
A quel tempo essi andarono nella foresta di Romarishi.
Romarishi era una persona che aveva il suo corpo completamente coperto dai suoi capelli, che erano talmente tanti da coprire anche il terreno intorno.
C'era un albero nella foresta i cui frutti avevano la particolarità che una volta mangiati non si avrebbe avuto più fame per milioni di vite.
Ma questo frutto non doveva, essere colto, ma bisognava lasciare che cadesse naturalmente.
Cosi in attesa che il frutto cadesse Romarishi stava facendo "Thapas" (penitenza) sotto quell'albero.
Un giorno i Pandavas stavano riposando nei dintorni quando Dharmaraja e Draupadi andarono a fare una passeggiata.
Draupadi vide quell'albero particolare ed i grossi frutti che pendevano dai suoi rami.
"Potremmo prenderne qualcuno - disse - e dividerne con gli altri!"
Detto fatto, Dharmaraja scocco una freccia e il frutto cadde.
Dharmaraja andò a raccoglierlo ma non riuscì a sollevarlo. Anche Draupadi lo aiutò ma senza successo.
Nello stesso istante, ecco arrivare Arjuna che si aggiunse alla compagnia per sollevare il frutto. Poi giunsero altri due fratelli. Per ultimo Bhima, il più forte dei quatto, il quale pregò gli altri di spostarsi perché avrebbe fatto tutto da solo.
Ma anche Bhima come gli altri non vi riuscì.
Intanto, i lunghi capelli di Romarishi, che erano dappertutto in quell'area, cominciarono a stirarsi perché i sei si muovevano continuamente in cerca di sollevare il frutto.
Romarishi si accorse che c'era qualcuno che cercava di rubare un frutto e con i suoi capelli cercò di legare i Pandavas.
Draupadi vide il pericolo e invocò Krishna.
Krishna apparve subito di fronte a lei che cadde ai Suoi piedi.
Essa lo pregò di aiutarla e proteggere i Pandavas dal pericolo che incombeva su di loro.
Krishna disse a Draupadi che non c'era niente da fare. Questo pericolo arrivava dal grande "Rishi" Romarishi e poiché Krishna viveva nel cuore di lui come di tutti i "Rishis" cosa avrebbe potuto fare contro i suoi desideri?
Ma Draupadi attaccandosi ai Suoi piedi disse:
"Tu solo puoi salvarli, e Tu puoi qualsiasi cosa in tutti e tre i mondi!". Allora Krishna disse:
"Va bene! ti aiuterò, ma dovete tutti stare tranquilli, non pronunciare neanche una parola e fare esattamente ciò che vi dico. Non abbiate dubbi o esitazioni".
Draupadi promise che avrebbe obbedito ai suoi ordini.
Krishna andò da ciascun Pandavas e sussurrò qualcosa alle loro orecchie.
Egli disse loro:
"Adesso andrò all'Ashram di Romarishi ed in cinque minuti voi dovete seguirmi là".
Romarishi era furioso e voleva punire i ladri. In quello stesso momento Krishna entrò nell'Ashram.
Romarishi, alla vista del Signore. si gettò ai Suoi piedi e Gli chiese cosa avrebbe potuto fare per Lui.
Krishna disse a Romarishi che poteva dargli un aiuto.
Il piano di Krishna era di perdere cinque minuti in modo da permettere ai Pandavas di entrare nell'Ashram.
E così avvenne.
I Pandavas, una volta entrati, videro Krishna cadere ai loro piedi e poiché aveva chiesto loro di non proferire parola stettero zitti.
Essi si trovarono molto imbarazzati.
Romarishi vedendo Krishna cadere ai piedi dei Pandavas anch'egli cadde ai loro piedi.
Una volta che egli cadde ai loro piedi perse il diritto di punirli.
Allora Krishna li presentò al Saggio e dopo avere lodato la grandezza dei Pandavas, la sua ira si placò e così Krishna poté dirgli che essi erano coloro che volevano prendere il frutto.
Romarishi fu talmente compiaciuto di loro che li invitò a prendersi il frutto.
Mangiatolo essi poterono sopportare così la fame per molto tempo.
Questa fu la volontà di Krishna di proteggerli e salvarli durante tutti gli anni dell'esilio.
Prendete ora il caso di Hiranyakashipu.
Brahma apparve a Lui chiedendogli cosa volesse.
Hiranyakashipu chiese di non morire mai.
Brahma allora gli chiese quale tipo di morte avesse voluto evitare.
Hiranyakashipu disse:
"Non vorrei morire né per mano di un uomo, né da un animale, né a causa di una cosa vivente o non vivente. Non vorrei morire né in casa, né fuori.
Non vorrei morire disteso sulla terra o sospeso in cielo, né di giorno né di notte".
Brahma ascoltò e garanti la soddisfazione del suo desiderio.
Venne il tempo in cui questo demone doveva essere ucciso.
Come promesso egli morì né per mano di un umano, né di animale, né da cosa vivente o non vivente, ma Dio stesso apparve nella forma di Narashiman o l'uomo leone.
La promessa di non essere ucciso né disteso sulla terra, né in alto nel cielo, fu soddisfatta, infatti il Signore Io prese sulle sue ginocchia quando il tempo era all'imbrunire e quindi non era né giorno né notte.
Lo uccise all'ingresso, quindi non era né in casa né fuori.
Ed infine, Narashiman usò i suoi artigli per lacerare ed uccidere il corpo del demone, mantenendo la promessa che nessuna cosa vivente o non vivente Io avrebbe ucciso.
La forma di uomo leone fu presa proprio per mantenere tutte queste promesse.
Il Signore non rompe mai la Sue promesse ed usa diversi modi per aiutare i suoi devoti.
Brindavan, 04-04-1986