Shirdi Sai Baba

"Fino a quando Bhagavan Sri Sathya Sai Baba ne diede alcuni dettagli qualche anno fa, la nascita ed i primi anni della vita di Shirdi Baba restarono oscuri perché nessun racconto era stato fatto né da Lui né da altri. Ecco riassunto ciò che disse a questo proposito.

Nel piccolo villaggio di Parthi, viveva un uomo di nome Ganga Bhavadia: il suo mestiere era quello del traghettaore, ed abitava con sua moglie in una capanna fuori dal villaggio. Con grande rammarico di entrambi essi non avevano avuto figli. Una sera la tempesta, all'epoca dei monsoni, minacciò di far straripare il fiume e Ganga Bhavadia dovette correre per attraccare meglio la sua imbarcazione altrimenti le acque se la sarebbero portata via. Lasciò sua moglie sola nella capanna e se ne andò.

Srimati Devaghiriamma, così si chiamava la moglie, mentre stava pregando come tutte le sere, d'un tratto sentì qualcuno battere alla porta dalla parte della veranda. Andò ad aprire e si trovò di fronte ad un vecchio uomo lacero, che aveva l'aria stanca e mendicava un po' di pane. Nella tradizione indiana l'ospite è considerato come il Signore stesso che ti dà l'opportunità di servirLo.

La moglie di Ganga Lo servì perciò con tutto ciò che di meglio aveva in casa. Dieci minuti più tardi ella sentì nuovamente bussare alla porta. Era di nuovo il pellegrino che questa volta le chiedeva se poteva passare la notte nella veranda. Ella acconsentì con gentilezza e rientrò in casa.

Passò qualche minuto e di nuovo alcuni colpi alla porta. Era ancora il vecchio che questa volta chiedeva alla donna che gli massaggiasse le gambe che gli dolevano. La povera donna non sapendo come fare per accontentare il vecchio, uscì di casa in cerca di qualcuno che potesse aiutarla, dato che, come donna sposata, non avrebbe mai potuto massaggiare un uomo senza perdere il proprio onore. Ella sapeva che nel villaggio c'erano due prostitute che usavano fare anche massaggi e quindi si recò nella loro casa. Ma non le trovò. Tornò a casa disperata e desolata cominciò a pregare forte.

Dopo un po' sentì battere alla porta che dava sul retro della casa ed andò ad aprire. Era una delle due donne che era andata a cercare qualche minuto prima.

Devaghiriamma le disse: «C'è un pover'uomo che soffre alle gambe e che ha bisogno di un buon massaggio. Per favore, fateglielo e vi darò quello che chiedete quando avrete finito». E li lasciò soli.

Dopo un quarto d'ora di nuovo sentì bussare alla porta. E questa volta si trovò di fronte a Siva e Parvathi risplendenti nella luce della Loro divinità.

La brava donna, al colmo della sorpresa, cadde in ginocchio, ma Parvathi l'aiutò a sollevarsi e le disse con dolcezza: «Devaghiriamma! La donna che sei andata a cercare ero Io! Ed il vecchio uomo che hai aiutato era Siva. Per ricompensarti della tua bontà esaudirò la tua preghiera ed avrai i due figli che hai tanto desiderato». Siva aggiunse: «Io ti darò il terzo figlio e Mi incarnerò in lui». La visione sparì e Devaghiriamma restò come in estasi sino al ritorno del marito. Quando venne il momento ella mise al mondo i due figli che Shakti le aveva promesso e fu di nuovo incinta del terzo figlio promesso da Siva. Ma verso la fine della gravidanza suo marito fu preso da una crisi mistica e decise di abbandonare il suo stato di grihasta (stato di padre di famiglia) e di ritirarsi in qualche eremo nella foresta per meditare sul Signore fino alla fine della sua vita.

Secondo la tradizione indiana, il marito è considerato Vishnu (uno degli aspetti del Divino) e la moglie Lakshmi (la dea della fortuna, moglie di Vishnu), tutti e due inseparabili costituenti una sola entità.

Pertanto Devaghiriamma dovette seguire il marito. Lasciarono i due bambini alla nonna e partirono per la foresta in cerca dell'eremo. Fatti alcuni chilometri incominciarono le doglie, ma Devaghiriamma non osava chiedere al marito di fermarsi. Sostò presso un albero e, tutta sola, diede alla vita un piccolo maschietto. La povera donna ebbe qualche momento di esitazione, ma il suo dharma (dovere) fu più forte e quindi, dopo aver ricoperto il bimbo con delle foglie, si allontanò rapidamente per raggiungere il marito. Nessuno da allora udì parlare più di loro.

Dopo qualche tempo, un tonga (piccolo carro tirato da un cavallo) passò non lontano dal luogo dove si trovava il neonato. Una donna era seduta sul carro mentre il marito camminava tirando il cavallo per le briglie. Venivano da un vicino villaggio e stavano rientrando a Parthi.

Udendo i vagiti del neonato si fermarono e cercarono il luogo da cui provenivano. Non tardarono a scoprirlo e trovarono il bimbo ancora bagnato di sangue, che piangeva a più non posso. La donna cercò intorno per vedere se i genitori di quel piccolo fossero nelle vicinanze, ma invano. Alla fine la donna disse a suo marito: «E' il Signore che ce lo manda! Non abbiamo mai avuto un figlio!». E se lo portarono a casa e lo allevarono come se fosse un figlio loro. Lo chiamarono Babu.

Babu divenne rapidamente un bambino sveglio ed intelligente. A sei o sette anni di età prese l'abitudine di recarsi nel tempio indù per cantare i sourate (versi del Corano) ed alla Moschea per recitare gli sloka (versi dei Veda).

In molti villaggi indiani i seguaci di queste due religioni, la indù e la musulmana (importata dagli arabi molri secoli prima), si tolleravano.

La gente del villaggio era molto sorpresa e tutti gridavano allo scandalo, ma rimasero altresì senza parole di fronte al sapere di quel piccolo ragazzo.

Babu era solito giocare con un amico vicino di casa. Un giorno gli vinse tutte le biglie e l'amico, non volendosi dare per vinto, asportò dalla camera della puja (preghiera) di casa sua una pietra di colore nero per giocarsela. Ma Babu vinse anche quella!

Per prevenir la punizione che sicuramente sarebbe arrivata quando la madre avesse scoperto la mancanza di quella pietra nella puja, corse da lei piangendo, dicendo che Babu era un imboglione che gli aveva portato via tutte le biglie ed anche la pietra nera. Sua madre andò in collera e gli disse: «Non ti rendi conto di ciò che hai fatto? hai preso il Sivalingam dalla puja! (il lingam è una pietra ovale che simbolizza l'Assoluto). E' un oggetto sacro!". Si precipitò fuori in cerca di Babu per tirarGli le orecchie e per farsi restituire il lingam. Ma Babu lo aveva messo in bocca perché non voleva restituirlo. La donna allora Gli prese il naso per forzarlo ad aprire la bocca. Quando Babu aprì la bocca, la donna ebbe una visione cosmica della Divinità! Nello splendore accecante di mille soli, ella vide le stelle, le nebulose, la creazione e tutte le creature. L'ananda (estasi) che alla provò fu ineffabile e si gettò ai piedi del ragazzo in segno di reverenza. Da quel giorno Gli rese omaggio ogni volta che Lo incontrava.

Ma la condotta di Babu era sempre oggetto di scandalo, poiché continuava a praticare le due religioni invertendo i riti. Suo padre decise di inviarLo all'ashram di un guru (maestro spirituale) di nome Venkusa per proteggerLo dalla collera dei villici. La notte precedente l'arrivo del giovane, il guru Venkusa fece un sogno profetico nel quale Siva stesso gli annunciava il Suo arrivo all'ashram per il giorno seguente. Alle dieci Babu arrivò all'ashram.

Venkusa, che era consapevole della Sua natura divina, Lo accolse con grande felicità. Presto il maestro mostrò le sue preferenze per il giovane Babu creando gelosie tra i discepoli.

Un giorno il guru inviò i suoi ragazzi nella foresta vicina per cercare certe foglie destinate al culto. Uno dei compagni di Babu, per gelosia, aveva raccolto un mattone per terra e lo aveva scagliato sulla fronte del ragazzo che non si lamentò, ma rientrò all'ashram. Quando Venkusa lo vide in quello stato, si mise a piangere e con le sue lacrime bagnò un mattone. Poi, strappatosi un lembo della sua sottana, bendò la fronte del ragazzo.

Alcuni anni dopo questo incidente, quando venne per Babu il momento di lasciare l'ashram, il Suo guru Gli donò il famoso mattone ancora sporco di sangue, in segno di iniziazione (guru-dikhsha). Sai Baba lo conservò per tutta la Sua vita e se ne servì come cuscino per dormire.

Andò al villaggio di Shirdi e chiese asilo al guardiano del tempio, che rifiutò di farLo entrare, dato il Suo aspetto musulmamo. Gli suggerì tuttavia di rifugiarsi fra le mura di una Moschea diroccata, che Gli indicò. Là Egli passò il resto dei Suoi giorni.

Come descrivere in poche righe la vita e l'insegnamento di questa incarnazione del Signore?

I devoti, indù e musulmani, affascinati dalla potenza del Suo messaggio e dall'originalità del suo comportamento, arrivarono sempre più numerosi, cercando in Lui la luce.

Centinaia di migliaia di pellegrini provenienti da tutta l'India presto vennero al masyd (la casa-tempio di Shirdi). Si verificarono miracoli incredibili, dei quali fu piena la Sua vita.

«Dò alla gente ciò che essa desidera, affinché un giorno desiderino ciò che voglio donare loro».

Nel 1918, un giorno del mese di ottobre, un giovane che stava scopando il pavimento del masyd fece cadere il famoso mattone che si ruppe in due. Quando Shirdi Baba vide ciò, disse con tristezza: «Non è il mattone che si è rotto, ma il Mio destino. Il compagno di una vita intera Mi ha lasciato oggi. Con lui meditavo sul "Sé" superiore e Mi era caro come le palpebre dei miei occhi».

Il 15 ottobre dello stesso anno alle 14,30 Egli lasciò il Suo corpo, ed il giorno seguente, il 16 apparve ad uno dei Suoi devoti dicendogli: «I mercanti di olio ed i negozianti Mi hanno dato troppi problemi, ed ho deciso di lasciare Shirdi (Shirdi Baba aveva l'abitudine di tenere sempre acceso un fuoco nel mysad - che ancora oggi brucia - alimentato dall'olio che gli versava sopra. Ne ricavava della cenere che era chiamata uddhi che offriva ai Suoi devoti che si accomiatavano da Shirdi, così come oggi Sathya Sai offre la vibhuti). Il mysad (la Moschea - ma molto probabilmente si riferiva al Suo corpo) è crollato ed Io me ne vado. Sono venuto per dirti di andare alla Moschea e di coprire il Mio corpo coi fiori di bhakkhae».

Qualche tempo prima aveva annunciato ad uno dei Suoi fedeli che sarebbe "ritornato" dopo otto anni. Il 23 novembre 1926 nasceva a Puttaparthi Sathya Narayana Raju.

Alla morte di Shirdi Baba i musulmani e gli indù Gli resero omaggio secondo i loro riti tradizionali.

E' così che Shirdi Baba pose le fondamenta della missione spirituale di Sathya Sai Baba, dimostrando l'unità delle due religioni principali dell'India che l'avevano riconosciuto come Maestro."