Satsang

Tetto ai desideri (seconda parte)

4 settembre 2005

OM….OM….OM

Sai Ram

Con salutazioni ai piedi di Bhagavan

Cari amici, domenica scorsa abbiamo cominciato a trattare il “Tetto ai desideri”; stamane affronteremo lo stesso argomento e vedremo fino ad dove potremo esaminarlo. L’ultima volta a ho fatto alcune osservazioni relative alla mente, ai pensieri, alla loro origine, ha come rallentarla di ed ha come cercare di eliminarlo di del tutto. Abbiamo ben chiarito che “tetto ai desideri” non significa semplicemente risparmiare denaro, depositarlo in banca e stenderlo poi per attività di servizio, che è la procedura adottata da tutti i Centri Sali del mondo. Io non mi oppongo ad essa, non la confesso; si tratta di una attività che ha un significato interiore, una dimensione spirituale di di cui vorrei informarvi.

Il bagaglio dei desideri.

Vorrei attirare la vostra attenzione su ciò che Swami ha detto sull’argomento “tetto ai desideri”. Nell’ambiente ferroviario indiano, si trova spesso scritto lo slogan “Meno bagaglio, più comodità, rendere piacevole il viaggio”. Questo viene ripetuto molte volte da Swami con un significato del tu lo diverso: per “bagaglio” Egli intende quello dei desideri, delle esigenze, delle cose non indispensabili e di quelle di lusso. Se soltanto riducete il peso di quel bagaglio, potete rendere questo viaggio della vita di comodo e fonte di piacere per cui il primo punto che vorrei trattare è “Meno bagaglio, più comodità a, rendere piacevole il viaggio”.

Le qualità sono importanti.

Secondo punto: circa trenta o quarant’anni fa, avevamo delle piccole monete dette “un’anna”; sei “paise” facevano un anna. Bhagavan, essendo il Poeta dei poeti, diceva





“Annalu, le anna, non sono importanti;

ganalu, le qualità, sono importanti,

le virtù sono importanti”



Quindi annalu, intendendo la moneta, il denaro, non è importante ma ganalu, le qualità e le vrtù, lo sono e molto. Questo è ciò che dice Baba.



Il denaro

Terzo punto:questi sono tutti i punti relativi all’aspetto economico o finanziario. Tutti noi vogliamo il denaro ma non abbiamo mentalità economica; abbiamo bisogno di denaro ma manchiamo di mente economica. Il denaro ha dovunque tre aspetti: se lo usate per la vostra soddisfazione e comodità è bhogam o piacere, se lo date ad altri è dhanam o carità e se non fate né l’uno né l’altro è nasham o spreco totale. Così è perduto. Quindi il suo uso appropriato è per il proprio piacere o per la carità altrimenti lo state sprecando, perderete tutto il denaro che avete accumulato nel tempo.



Circolazione continua.

Quarto punto: Baba ha detto che in Tamil “dhuddu” significa denaro e che “bludu” e “duddu”, sangue e denaro, devono circolare continuamente. Che cosa succede se il denaro non circola? Rimane stagnante nelle mani di alcuni e l’economia intera ne soffre; quindi ci deve essere circolazione di denaro. Anche il sangue deve circolare altrimenti sorgono dei problemi. Il denaro non deve ristagnare, non deve rimanere in mano a pochi.



“Il denaro viene e va, la moralità viene e cresce”.

Baba lo ha detto spesso. Avete visto sui giornali come la gente abbia perso la vita in numero spaventoso per il recente tsunami, come migliaia siano morti, come decine di migliaia abbiano perduto le loro proprietà nello Sri Lanka, in Indonesia, in Malesia e nel Tamil Nadu qui in India. Il denaro si può perdere in ogni momento. Dovete aver sentito anche di quel signore del Gujarat, uno stato indiano, che ha subito la distruzione, una delle peggiori situazioni possibile, un terremoto in cui la gente perse ogni cosa. Questa persona fu intervistata e disse: “Un momento prima ero un milionario; ora sono un povero”. L’intero palazzo crollò per cui lui rimase senza un soldo. Un milionario, in un istante, fu ridotto nello stato di un povero, di un mendicante. Quindi il denaro viene e va, e noi non possiamo affidarci ad esso in eterno, mentre la moralità viene e cresce. Una volta che io ho la moralità, una volta che ho l’etica, una volta che sono onesto, voglio essere migliore e migliore giorno dopo giorno. Quindi la moralità cresce ed aumenta ma non il denaro.



Il denaro dovrebbe essere commisurato ai nostri bisogni.

Sesto punto: Swami parla di denaro prendendo ad esempio le calzature che indossiamo; se le scarpe sono molto grandi, vi sfuggiranno dal piede e se sono piccole non potrete camminare. Le scarpe devono essere della vostra misura perché possiate camminare confortevolmente, senza dolore.

Similmente, il denaro non dovrebbe essere più abbondante di quanto abbiate bisogno né dovrebbe essere inferiore a quanto vi necessiti. Se è di più vi corromperà, se è di meno starete molto scomodi e non potrete far fronte alle necessità di della vita. Quindi il denaro dovrebbe essere esattamente corrispondente alle vostre necessità ed esigenze. Questo è ciò che ha detto Bhagavan. Che cosa accadrà se avete troppo denaro? Saranno in quattro ad arraffarlo. Il governo è pronto con le sue tasse e voi perderete del denaro, i ladri e gli elementi antisociali aspetteranno l’occasione di portarvelo via e potranno esserci delle calamità naturali, come inondazioni, terremoti o Tsunami, che vi procureranno grosse perdite danneggiando la vostra fortuna economica. Se tutto questo non accade e voi siete molto ricchi, sarà vostro figlio a sperperare tutto quel denaro e rovinarvi (Risate). Ieri qualcuno diceva che, anche se il figlio è buono, c’è qualcun altro che vi porterà via tutto il denaro: il medico. Andate a fare gli esami clinici nel laboratorio di un qualunque ospedale e sarete per metà rovinati (risate); quando poi uscirete dall’ospedale, dopo la degenza e le cure, sarete finiti del tutto. Quindi anche il medico vi aspetta per vuotarvi le tasche; è così.



La gente è povera a causa della sua avidità, non della necessità.

Parlando seriamente, la maggior parte di noi non scarseggia di denaro; è solo l’avidità che ci fa pensare di esserne a corto e non il bisogno effettivo, la gente è povera a causa della sua avidità e non della necessità. Ci sono soprattutto due cause che fanno sentire le persone economicamente inadeguate: il paragone e la competizione. Esse continuano a paragonare se stesse e con gli altri: “Quest’uomo ha un palazzo e io non ce l’ho, quest’uomo ha una casa con dieci stanze da letto ma io no, quest’uomo ha l’ultimo modello di automobile mentre la mia è antiquata”. Questo paragonare è qualcosa che ci fa sentire dei mendicanti. Poi c’è la competizione. Noi competiamo l’uno con l’altro, l’uno vuole superare l’altro; in questa competizione morbosa ci sentiamo poveri.



I desideri hanno due aspetti.

La povertà è più psicologica che reale; stando a quanto dice Bhagavan Baba, colui che ha molti desideri è un uomo povero mentre colui che non ha desideri che è l’uomo più ricco. Questo è ciò che dice Baba quindi porre un tetto ai desideri è necessario per farci sentire ricchi, per farci conoscere il valore della vita e farci constatare quanto stiamo bene, a nostro agio, per grazia di Dio. Alcuni desideri sono individuali ed altri sono nazionali; il desiderio di potere e posizione è puramente individuale, quello di influenzare i paesi vicini, di signoreggiarli, è nazionale. Quest’ultimo porta a perdite a livello nazionale o a disastri mentre il precedente porta alla rovina totale del singolo; quindi guardiamoci dai desideri. Questo è ciò che dice Bhagavan.



Lottate fino in fondo

Swami si riferisce anche ad un altro fattore importante: “Lottate fino in fondo”. Che cosa significa? Vuole dire “fino a che l’ultima traccia di desiderio è scomparsa, fino all’ultimo”. Egli dà un esempio: sembra che un filo d’erba fosse stato buttato sulla spiaggia da un’onda e, quel mattino, accadde che un grande saggio di nome Dakshinamurthy passasse di lì; egli si arrabbiò molto con il mare: “Tu sei così potente e vasto; come sei egoista! Hai spazzato via un filo d’erba!” Allora il Dio del mare apparve in forma umana con le mani giunte e gli disse: “Oh saggio, io non ho niente contro questo filo d’erba ma sulla mia superficie non voglio neanche un filo d’erba, non una macchia; è per questo che ho pulito me stesso. Io voglio essere netto e puro, non accetto neanche un filo d’erba su di me e perciò me ne sono liberato, non perché io sia contro il filo d’erba”. In questo senso Swami dice “Lottate fino in fondo”.



Non sprecate cibo; il cibo è Dio.

In riferimento al tetto ai desideri dal punto di vista pratico, Swami dice: “Non sprecate cibo, il cibo è Dio”. Durante i pranzi e banchetti, molti di noi sprecano il cibo; tutti gli avanzi si gettano via. Lo spreco di cibo è un crimine e noi non dovremmo farlo perché il cibo è Dio.

Swami ha detto anche: “Non sprecate l’acqua; l’acqua è vita”. Si può vivere senza cibo ma non senz’acqua e quindi non sprechiamo acqua visto che è vita. Swami dice anche: “Non sprecate tempo, lo spreco di tempo è spreco di vita”. Noi possiamo riavere il denaro perduto, possiamo recuperare la posizione che abbiamo lasciato ma non possiamo avere indietro neanche un singolo istante del tempo passato; il tempo non torna mai indietro e quindi di Swami dice che lo spreco di tempo è spreco di vita. “L’indolenza è ruggine e polvere (rust & dust) mentre la realizzazione è la pace ed il meglio (rest & best)”. Poi Bhagavan dice: “Non sprecate energia”. Non sprecate la vostra energia indulgendo in chiacchere inutili; noi sprechiamo dell’energia nei pettegolezzi, nel parlare non necessario, nel guardare senza ragione, nel pensare troppo. Così essa è sprecata, dissipata in varie direzioni; cerchiamo di non sprecarla, di conservarla. Questo è ciò che Baba dice.



Controllate le vostre abitudini alimentari.

Bhagavan ha detto molto chiaramente che non c’è niente di sbagliato nel denaro; l’errore è in noi, nel modo in cui lo usiamo. Naturalmente, se ne facciamo cattivo uso diventiamo uomini cattivi, se lo usiamo nel senso giusto, anche se siamo dei ricchi, non ne subiamo l’influenza. Bhagavan ha detto anche che dovremmo controllare le nostre abitudini alimentari; “A cosa serve il corpo? Non certo per carico e scarico”. Il cibo deve essere consumato per mantenere la vita e non semplicemente per gettarlo nel bidone della spazzatura dello stomaco umano; lo stomaco non è un deposito di rifiuti. La vita deve essere mantenuta e quindi bisogna consumare del cibo ma solo quello necessario, non tutto quello che troviamo. Non dobbiamo essere dei ghiottoni; il cibo che ingeriamo deve essere limitato, puro e gradevole.



Esercitate un controllo sulle parole.

Swami dice che dobbiamo porre un tetto alle parole, dobbiamo limitare le parole che usiamo cioè dobbiamo parlare dolcemente e sommessamente. Cercate di parlare sottovoce e con dolcezza perché la parola ce l’ha data Dio e non possiamo essere trascurati o eccessivi; dovremmo sapere che parole usare e come essere prudenti nel parlare. Questo è il tetto al dire. Le parole che diciamo non devono agitare gli altri, non devono disturbare la loro tranquillità e pace mentale; non si deve traumatizzare qualcuno parlando aspramente. Quindi pratichiamo anudvegakaram che è l’arte di non agitare gli altri. Satyam: il parlare deve essere colmo di verità. Prithi: deve essere proferito in modo gradevole. Hithamcha: che sia per il bene di tutti.

Quindi, amici miei, ciò che diciamo non dovrebbe essere soltanto vero ma anche interessante e gradito. Mai una bugia. Bisogna parlare dolcemente e sottovoce.



Poniamo un tetto alle nostre azioni.

Baba dice anche che bisogna limitare le nostre azioni; se facciamo più di quanto possiamo è ego, se facciamo di meno è un furto. Fare meno di quanto siamo capaci costituisce una ruberia, fare di più è una manifestazione egoica; facciamo quindi esattamente secondo le nostre capacità e possibilità. Dobbiamo anche esercitare un controllo al livello psicologico. Mentalmente, dovremmo essere altruisti, colmi d’amore, premurosi, amorevoli e capaci di condividere; questo è ciò che è necessario. Poniamo un tetto ai pensieri sul passato ed a quelli sul futuro in modo da vivere nel presente; questo tetto è relativo al tempo nel senso che bisogna abbandonare il passato e non preoccuparsi per il futuro. Cercare di vivere qui ed ora è il tetto al livello psicologico.



Tetto ai desideri personali.

Verso la fine di ogni sessione di Bhajan, dovete avere sentito tutti i devoti ripetere “Loka Samastha Sukhino Bhavantu” che significa “Che il mondo intero prosperi, che tutti siano felici”. Quindi poniamo un tetto ai desideri egoistici, all’identificazione personale, alla brama per il nome e la fama ed alla speranza di diventare ricchi; così saremo calmi, tranquilli e pacifici. È necessario sapere che la maggior parte di noi ha anche desideri spirituali. Spiritualmente il desiderio è fuori posto, è fuori dal contesto. Che cos’è che desiderate? Si desidera ciò che non si ha, non ciò che si ha già, è vero? Desidero io forse una penna? Ho già due penne, perché dovrei desiderarne un’altra? Quindi non desideriamo di avere Dio o di essere con Dio perché Dio è in noi; Dio significa “non desiderare” e “non desiderare” è Dio.

Non cerchiamo Dio perché Egli è dovunque per cui dire “Io cerco Dio” è spiritualmente privo di significato in quanto Dio è dovunque. Così noi poniamo un tetto al nostro inutile cercare, un tetto al concetto che Dio sia altrove, in modo da sperimentare Dio dovunque.



Gestione del pensiero.

L’ultima volta ho spiegato a lungo tutto ciò che è in relazione con la gestione del pensiero. I pensieri devono essere costantemente sotto controllo; come un pensiero nasce, noi dovremmo sapere se è benefico o dannoso. Siate coscienti dei vostri stessi pensieri, siatene un testimone in modo da poterli dominare sul nascere, da poterli sradicare. Perché? Quando un pensiero entra nella mente, va sempre più in profondità tendendo a divenire azione e le azioni decidono del nostro futuro. Le buone azioni danno risultati buoni e viceversa. Quindi, amici miei, dobbiamo esercitare una limitazione alle nostre azioni in modo che non siano mai cattive, che siano sempre pure. Abbiate un tetto alle vostre azioni.

Al livello superiore si cancella la mente del tutto finché non c’è più mente. Quando la mente non c’è, non ci sono più pensieri ma il testimone è lì. Quindi la consapevolezza del vostro vero Sé in assenza di pensieri è la realizzazione. Così un limite ai pensieri, ai desideri, ci aiuterà ad esserne liberi, a godere lo stato di distacco, o nirvana, che è la seconda venuta del Cristo, il Cristo cosmico. Questo è ciò che Baba ha detto. In definitiva, l’eliminazione della mente per cui essa si fonde con il cuore, è l’ultimo passo per conoscere che il Sé è Brahman, è il passo dell’indagine. Ho già detto questo l’altra settimana e, tempo permettendo, lo ripeterò.



Facciamo attenzione ai desideri.

Che cosa dice la Bhagavad Gita circa il concetto di desiderio? Vi darò alcuni riferimenti per lo studio. Il nome del quinto capitolo, 22° sloka è “Karma Sanyasa Yoga”; qui si dice chiaramente che tutti i piaceri porteranno infelicità, tutti i desideri porteranno tristezza. Controlliamo i nostri desideri. “Bhoga dukkha yonaya eya te” significa che troppi desideri ci condurranno all’infelicità ed alla tristezza.



Sviluppiamo il distacco o vairagyam.

Il capitotlo 13 della Gita, al 9° verso è chiamato “Kshetra-Kshetragya Vibhag Yoga” e dice con chiarezza “Indriyaarthesu vairagyam anahankara meva ca” che mette in risalto il distacco; da cosa? “Indriyaarthesu vairagyam” è la rinuncia al piacere sensuale; questo è vairagya o rinuncia che è davvero essenziale. La Gita spiega chiaramente questo punto: “Janma mrityu jara vyadhi dukha doshanudarshanam”. “Janma varch” è la nascita, "mrityu” è la morte, “jara” è la vecchiaia e “vyadhi” la malattia. Possiamo capire come sia triste essere malati, non avere aiuto nella vecchiaia.

“Dukha-doshanu darshanam”; dukha è l’infelicità, dosha è l’errore e darshanam è la visualizzazione. Immaginate la mancanza, l’errore e l’infelicità dello stato di non autosufficienza quando si è vecchi, quando si è malati. La Ghita suggerisce di maturare questa rinuncia verso il piacere sensuale, il distacco dal piacere del mondo.



“Tyaktva”: abbandono dei desideri del mondo.

Questo capitolo è “Moksha Sanyasa Yoga”. Vi do i riferimenti che vi aiutano nello studio approfondito e nell’applicazione del tetto ai desideri. Ho scelto questo argomento perché la gente lo ha reso meccanico: “Risparmi un po’ di soldi, li metti da parte…….fine! Questo è il tetto ai desideri, tutti lo possono fare”. No. No, è molto di più.

“Sabdadin vis?ayam´s tyaktva”: “Sabdadin vis?ayam´s” significa che i sensi seguono i pensieri del mondo, i desideri del mondo, i desideri fisici. I sensi vi porteranno sempre verso il mondo come la vista di una scena bellissima. Visaya o vista, Sabda o udito, il tatto e tutti sensi di conoscenza vi attirano verso il mondo per cui questo capitolo dice “tyaktva” o “abbandonalo”.



Fate attenzione ai pensieri perseveranti che fanno nascere i desideri del mondo

Nel 6° capitolo 18° sloka il titolo è “Atma Samyama Yoga”. “Nispr?hah? sarva-kamebhyo nispr?hah? sarva-kamebhyo” è la parte rilevante. Sarva è ‘tutto’, kamebhyo è ‘desiderio’ e nisprhah significa “non seguire mai tutti questi desideri”. Lo dice anche la Sacra Bibbia nei dieci comandamenti mettendo molto in risalto il tetto ai desideri.

Nel 2° capitolo “Sankhya Yoga” , sloka 62 e 63: “Sangat sañjayate kamah?” Che cosa significa? Noi pensiamo troppo perché siamo in compagnia e poi, a causa dei pensieri che tornano, maturiamo i desideri. L’aumento di desideri è dovuto al costante pensiero del piacere materiale. Quando si pensa a questo di continuo, si genera sempre più attaccamento per cui, a causa del costante pensiero, il desiderio si moltiplica da solo. Questo è ciò che dice il secondo capitolo. È un riferimento per vostra informazione.



Rallentate i pensieri

Il capitolo “Karma Sanyasa Yoga” dice chiaramente: “Kama-krodhodbhavam´ vegam´ sa yuktah? sa sukhi narah? kama krodhod bhavam vegam” ovvero “La frequenza dei pensieri,il loro impeto e la loro velocità vi faranno agire”. Un semplice esempio: vengo a sapere che è pronto il gelato nel negozio e questo pensiero mi fa correre là, qualcuno mi dice “Mr. Anil Kumar, oggi è giorno di pizza” ed io “Pizza! Oh, voglio andare là……..giorno di pizza!” oppure “Le frittelle dolci e la torta sono pronte alla mensa occidentale” “Oh, perché non dovrei andare?” (Risate). A causa di questo accavallarsi di pensieri noi ci affrettiamo ad agire subito. “Kama-krodhodbhavam vegam”: la velocità del pensiero vi farà correre dietro a quel desiderio. L’uomo sarà felice se rallenterà i pensieri: “Bene, il gelato è pronto ma io non vado ora; posso aspettare la fine del discorso” (Risate) “So che la pizza è là ma non ci voglio pensare, voglio pensare alla Bhagavad Gita (Risate); non pizza ma Gita” (Risate) “Voglio rallentare i miei pensieri”; questo è ciò che devo dire.



Lista delle qualità demoniache e Divine.

Il 16° capitolo al 21° sloka, “Deva Asura Sampath Vibaya Yoga”, disturberà tutti perché Dio chiaramente, senza pietà, dà la lista delle qualità demoniache e di quelle Divine; le une sono le caratteristiche dell’asura e le altre sono quelle Divine, del Deva. “Sampath” è “qualità”. Perché dovremmo essere atterriti? Perché abbiamo molte qualità demoniache in noi! Dicendola onestamente, noi possiamo tentare di sembrare divini quanto vogliamo ma non si tratta di Divino né di vino ma di molto demoniaco. La Gita è un dialogo tra un insegnante ed uno studente, tra Dio ed un devoto. Il devoto è Arjuna e Dio è Krishna il quale dice: “Tri-vidham narakasyedam dvaram nasanam atmanah” “Oh amico, ci sono tre porte che ti porteranno al Naraka o inferno”.

Armstrong può darvi l’indirizzo della luna; lui che è stato il primo a mettere piede sulla luna è il più adatto ad indicarci la via per la luna, cosa c’è sulla luna e nella luna, ma Krishna ci indica la via per l’inferno perché nessuno ricorda mai di esserci andato e quindi non abbiamo dettagli circa l’inferno attuale. Inoltre Dio non vuole disturbarvi dando i dettagli perché noi sappiamo già che cos’è l’inferno, ne conosciamo più di metà anche qui, in questo mondo! (Risate) Non c’è bisogno di aspettare. Non andrò nei particolari perché siamo qui tranquilli; rilassiamoci e basta. Voi ben sapete quanti dei nostri conoscenti e dei nostri parenti ci fanno sentire il sapore dell’inferno. (Risate) Quindi Krisna dice che ci sono tre porte che portano all’inferno: “Kamah krodhas tatha lobhas tasmad etat trayam tyajet”. È detto con precisione: siate prudenti, state attenti a non passare attraverso la porta perché “Attenzione: elettricità ad alto voltaggio. Non toccare”. Eppure io tocco! Che cosa significa? La gente concluderà che io abbandono le mie proprietà e sono ansioso di traslocare su di un altro pianeta. Ci sono tre porte e quindi bisogna essere molto cauti. La prima porta dell’inferno è Kama o desiderio per cui c’è una stanza riservata per ognuno di noi, non dubitate. Di solito noi programmiamo un viaggio con qualche mese di anticipo ma, in questo caso, lo prepariamo con decenni di anticipo, vero? La seconda porta è krodha o rabbia. Si tratta solo di differenze nel dosaggio, ecco tutto. La maggior parte di noi ha questa rabbia, che sia 25mg, 50mg, 100mg, 500mg o una lampada da 40 watt o da 1000watt, è solo questione di dosaggio ma alcuni hanno questa rabbia alla potenza più elevata e questo è caratteraccio.

“Signore, avete questo libro?”

“Grrrr! No, non ce l’ho!”

“Ahh, molto bene!” (Risate)

Quello ha un appartamento riservato giù all’inferno mentre noi abbiamo solo una sedia! (Risate) Tipi di quel genere hanno anche un posto macchina per il camper laggiù!

La terza porta è lobha o avidità. E’ un vagone letto di prima classe (Risate) con aria condizionata! Ci sono queste tre porte e quindi, amici miei, stiamo molto attenti a non entrare, a non oltrepassare questi cancelli perché non atterreremo a JFK Airport o all'Indira Gandhi International terminal: passare questi cancelli conduce direttamente all’inferno. Quindi “Tasmad etat trayam tyajet” ovvero “E’ assolutamente necessario evitare questi tre” dice la Gita.



Il desiderio ci fa competere l’uno contro l’altro.

Poi c’è il terzo capitolo alla 37ª sloka. Io ho fatto delle ricerche su tutta la Bhagavad Gita ed ho scelto degli sloka che sono attinenti all’argomento “tetto ai desideri”. Certe persone vogliono l’autenticità, vogliono sapere cosa dice Baba, cosa dice la Gita sull’argomento e dicono che “non è sufficiente che lo illustriate voi perché voi siete cattivi come me!” (Risate) Seguiamo quindi il testo della Gita. Nel “Karma Yoga”, terzo capitolo, il 37° sloka dice “Kama esa krodha esa rajo-guna-samudbhavah mahasano maha-papma viddhy enam iha vairinam.” Che cos’è il rajo guna? Che cos’è Rajas? È tensione emotiva. Dobbiamo capire che solo un uomo passionale, un uomo ambizioso avrà un cumulo di desideri. Il rajo guna non è una buona qualità; colui che è passionale, oltremodo ambizioso, pieno di desideri, sarà da questi portato a peccare prima o poi. Essi sono i nostri nemici, ci porteranno a competere l’uno contro l’altro e la competizione ci inimicherà molte persone. Giorni addietro, alcuni mi hanno detto “Anil Kumar, c’è un assembramento; perché non ci vai?” ed io ho risposto “Signore, il segreto della mia felicità sta nel fatto che io mi tengo lontano da dove c’è competizione e confronto”. Ecco un esempio: supponiamo che l’auto di Swami stia venendo verso il College. Egli è in visita e tutti corrono come matti nell’auditorium cercando di prendere la prima fila. Io non lo faccio, non voglio competere con gli altri; tra l’altro, corrono molto più veloci di me! (Risate) Troverei chi mi spinge e mi tira. Cos’è tutto questo? Io rimango confortevolmente seduto e non mi alzo finché non mi viene chiesto. Io non vado vicino a Swami a meno che Egli non mi chiami e non per ego ma perché, se mi metto a spingere la gente per mostrare la mia faccia, Swami non mi guarderà neppure, si girerà dall’altra parte (Risate). Perché dovrei farlo stare scomodo? (Risate) Povero Swami, è già scomodo per i nostri ripetuti desideri, i nostri desideri senza speranza, negativi. Quindi lasciatemi per lo meno essere comprensivo con Lui e tenermi a rispettosa distanza; se Egli mi vuole evitare, va bene, io sono già distante e, se mi vuole vicino, mi chiamerà. Quindi io sono sereno qui dove sono perché non entro in alcun contesto in cui vi sia competizione e confronto, non mi piacciono. Lasciatemi essere tranquillo con me stesso, lasciatemi essere in pace con ciò che ho perché non desiderare è religione, non cercare è religione. Continuare a desiderare e desiderare è indice di rajo guna, una cattiva qualità, desideri eccessivi, temperamento troppo ambizioso.E’ dal rajo guna che nascono queste qualità. Voi direte “Lascia che ci siano!” Che cosa accadrà? Diventerete i peggiori peccatori, vi faranno commettere crimini e peccati e procurarvi dei nemici. Ne vale la pena? No, non conviene.



Al di là del desiderio siamo degli yogi.

Il titolo del capitolo è “Karma Sanyasa Yoga”. “Kama-krodha-vimuktanam yatinam yata-cetasam abhito brahma-nirvanam vartate viditatmanam.” Che grande promessa! Quando siamo liberi dal desiderio siamo “yatinam”, uno yati, uno yogi, un rinunciante, un uomo beato, un vero discepolo, un vero ricercatore. Si, saremo oltre il desiderio. Questo è ciò che dice questo capitolo.



Abbandonate il desiderio e la rabbia.

Il titolo del capitolo è “Moksha Sanyasa Yoga”: “Kamam´ krodham´ parigraham vimucya” cioè “Lascia cadere queste due cose: kama e kroda, desiderio e rabbia”. Anche la Sacra Bibbia cita ripetutamente certe verità fondamentali; è per questo che sentite vari pastori parlare ai devoti ogni domenica traendo passaggi pregnanti dai vangeli. Anche Krishna mostra il pericolo del desiderio in vari capitoli. E’ perché voi potreste tralasciare o non notare questo punto che io ne parlo di nuovo citando questo capitolo. Non vi mollo!

“Ho uomo! Puoi perdere questo per disattenzione e perciò Io te ne parlo ancora in questo capitolo”. Ripetutamente, nei libri sacri come la Bibbia, il Corano o la Bhagavad Gita, è detto ancora ed ancora in modo che non possiamo perderlo del tutto. Per questo il capitolo 18° al 53° sloka chiede di nuovo di abbandonare queste due qualità, kama e krodha, desiderio e rabbia.



Uccidere il desiderio non è facile.

Karma yoga: “Jahi satrum maha-baho kama-rupam durasadam“ “Oh Arjuna, tu sai vivere e sei un uomo forte ma ascolta, Mio caro soldato: per te è facile uccidere un uomo ma non il tuo desiderio”. Eliminare i propri desideri è più difficile che uccidere una persona; si prende una spada e la si finisce. “Hari Om Tat Sat” e fine (Risate) ma non possiamo uccidere il desiderio, bisogna rendersene conto.



Bruciate il desiderio nel fuoco della conoscenza.

Nel quarto capitolo al 19° sloka è detto: “Kama-sankalpa-varjitah jnanagni-dagdha-karmanam tam ahuh panditam budhah”. Questa è proprio buona: “Se non ho questa consapevolezza, se non ho questa conoscenza, questa saggezza e questo livello spirituale, non posso abbandonare il desiderio”. Il desiderio deve essere bruciato nel fuoco, Agni, di Jnana o conoscenza/saggezza. “Panditam budhah” significa uno studioso, un uomo intelligente che brucerà il desiderio nel fuoco della conoscenza. Così è detto qui.



Con il desiderio non possiamo concentrarci su Dio.

Nel 2° capitolo, Sankhya Yoga, lo sloka 43 dice “ Kamatmanah svarga-para janma-karma-phala-pradam kriya-visesa-bahulam bhogaisvarya-gatim prati” cioè che se abbiamo un qualunque desiderio sempre in mente, non possiamo concentrarci su Dio. No, non è possibile. Supponiamo che mi interessi molto una lettera che vorrei consegnare a Baba: io non sono interessato nel guardare il Suo volto ma soltanto a che Egli legga la lettera; non mi interessa ascoltare filosofia o verità spirituali da Swami ma solo a far sì che conosca tutte le mie pene, il mio problema di cataratta o di pressione o di diabete, e non trarrò beneficio dalla conversazione spirituale che Baba vuole concedermi avendomi benedetto con una interview. Tempo addietro, conobbi un signore anziano, un grand’uomo che ha molti seguaci in tutto l’ Andra Pradesh, che aveva dei problemi di salute. Io gli chiesi: “Signore, ha chiesto a Swami di aiutarla?”

Egli disse: “No”

“Perché no?”

“Signor Anil Kumar, Baba può rinviare i miei problemi articolari al mese prossimo ma io non posso evitarli indefinitamente; Baba può rinviare la morte ora ma non può rendermi immortale”.

Già. Molta gente può salire sul palco per dire “Baba mi ha salvato dalla morte” ma questo non significa che vivrà per sempre (Risate), è solo un rinvio non una cancellazione! (Risate) Se Swami cancellasse tutto questo, trasgredirebbe la Sua stessa legge. La trasgredirebbe in quanto il bene ed il male sono il risultato delle nostre azioni e noi dobbiamo affrontarlo. Se Swami ci salva ora, dovremo affrontarlo a dicembre o, al massimo, pregandoLo, si può ottenere di smaltirlo a rate; non pagheremo il prestito subito ma a rate (Risate). Se doveste pagarlo sull’unghia, tutto insieme, vi verrebbe da suicidarvi; con le rate, un 5% di sofferenza questo mese ed un 5% il mese prossimo, lentamente (Risate). La miglior preghiera è “ Swami, non Ti chiedo di esentarmi, non Ti chiedo di cancellarlo perché questo è il risultato delle mie azioni, non sono così pazzo; Ti chiedo soltanto la forza ed il coraggio di affrontarlo”.



Imparare come soffrire.

Gesù Cristo fu capace di sopportare tutta la sofferenza sulla croce; noi diremmo “Perché Padre mi hai dato la croce? Dammi la corona di diamanti”. No, Egli indossava la corona di spine perché pregava “Oh Dio, dammi la forza di di sopportare” e per questo poté essere Divino. L’uomo potrebbe essere divino se imparasse a soffrire ed oggi Baba lo dimostra: Egli fa camminare gli altri ma lo vediamo arrivare con la macchina, non cammina. Egli fa alzare la gente dalla sedia a rotelle (Ho visto ogni sorta di cose con questi occhi!) ma Lui è ancora lì. Perché? Perché sta soffrendo così? Perché possiamo imparare a soffrire! Noi pensiamo che la vita sia un letto di rose e che, venendo da Swami, tutto sia facile ma non è così; noi dobbiamo imparare a soffrire con gioia, dobbiamo imparare a soffrire spiritualmente in modo che la sofferenza diventi oggetto di penitenza, diventi materia di meditazione profonda. La malattia è una opportunità per diventare pii, è una benedizione per essere più spirituali, per crescere al di là del corpo e della mente.

Cosa succede oggi? La gente non prega per essere liberata dalla propria sofferenza, la gente guarda Swami e dice “Ti prego, alzaTi e cammina”; noi tutti pensiamo a Swami più di quanto abbiamo mai fatto. Siamo onesti: oggi, amici miei, accadano più miracoli che mai. Un medico è venuto a trovarmi, se volete ve lo presento, è un dottore inglese, e mi ha detto : “Signore, ho un problema che è poco comune in India, qui non c’è una cura ed io dovevo soffrire. Baba mi ha curato”. Me lo ha detto stamani e lui è qui, ora. Una mia allieva a Guntur è ora un medico, una stimata ginecologa di cui posso dire il nome tranquillamente Dott. Prasanna, ed è venuta da me l’altra sera dicendo: “Signore, lei sa che sono venuta con mio padre che ha avuto un grosso problema, una gangrena per il diabete ed altro; era ormai incurabile, aveva dolori terribili ed io lo avevo curato ma non potevo fare di più. Nonostante pensassi che potesse avere un collasso, mi sono ingegnata a portarlo qui a Puttaparthi con la sedia a rotelle. Egli ha visto Swami da lontano ed ha avuto l’impressione di essere guardato da Lui”. Era molto distante ma ha avuto la sensazione che Swami lo guardasse e la figlia, un medico!, mi ha detto “Dal momento in cui ha sentito che Swami lo guardava, ha cominciato a star meglio ed ora è perfetto!” Quel medico ha detto questo! Come faccio allora a credere che Swami soffra davvero? Come posso credere che l’Uno che cura tutti preferisca rimanere così? Che cosa vuol dire? “Nonostante Io possa curare, non curo Me stesso. Io devo insegnarvi anche come soffrire. Perché? Finché la vita è confortevole, finché è piena di piacere, non penserete mai a Dio” e quindi, amici miei, le avversità dell’uomo sono opportunità per Dio che ci insegna ad essere più spirituali.

Questa chiacchierata sul “Tetto ai desideri” parte seconda è completata; ci sarà una terza parte la settimana prossima ed avrò esaurito l’argomento, tutto ciò che Baba ha detto in merito, dopodiché passeremo ad altro. Vi ringrazio della vostra pazienza. (Applauso)