Satsang

Dasara (seconda parte)

29 settembre 2002

Cari fratelli e sorelle!
Questo è il secondo incontro che teniamo sul tema: "Dasara, suo significato, e l'importanza di un rito sacrificale". Ritengo sia necessario comprendere tutto ciò prima dell'inizio della celebrazione, in modo che possiate parteciparvi con consapevolezza, invece che da spettatori silenziosi, altrimenti non ne ricaverete alcun beneficio. Della festività di Dasara si devono sapere alcune cose: proposito, obiettivo, significato di uno Yajña, rito sacrificale, al fine di
apprezzare la cerimonia e ricavarne beneficio.

Perché si tiene un sacrificio, perché lo si esegue? È necessario farlo ogni anno? Qual è il suo scopo recondito? Quanto tempo dura?
I preti bramini si riuniscono verso le 6 del mattino e proseguono le funzioni sin verso le 11,30.
Quindi, si riuniscono nuovamente alle 17 e continuano fino alle 18,30.
Di che cosa si tratta? La risposta è semplice: uno Yajña, rito sacrificale, conferisce beatitudine.
Tutti vogliono essere gioiosi, felici, comodi, sicuri e sani. Per assicurare tutto ciò, ogni anno durante la celebrazione di Dasara, viene eseguito un sacrificio.


LA NOSTRA VITA E' UN SACRIFICIO

Il secondo vantaggio è che questo rituale permette di fare esperienza del Sé, del vero Sé, che non è il corpo, la mente o l'intelletto. Eseguendo un sacrificio, si ha l'esperienza dell'Io reale.
Sebbene questa cerimonia sia celebrata una volta l'anno, in realtà, la nostra intera vita è un sacrificio.

Il rito che si compie annualmente è simbolico. Anche se si alza la bandiera nazionale solo nel "Giorno dell'Indipendenza", noi la onoriamo ogni giorno. Sebbene un sacrificio avvenga una volta l'anno, di fatto, avviene tutto l'anno. La nostra vita è un sacrificio.
In quale modo? Tutti i nostri doveri, le responsabilità e gli obblighi sono il fuoco
sacrificale. In quel fuoco sacrificale noi offriamo la vita stessa, il nostro vissuto. L'intera vita è un sacrificio; esso non avviene, quindi, solo nel mese di ottobre, per un breve periodo di tempo.

In terzo luogo, Yajña, il sacrificio, ci risolleva dalla sofferenza e ci conduce alla beatitudine.
Osservando e partecipando a questa cerimonia, coloro che non sapevano
sorridere né ridere, che non sapevano essere felici, abbandonano la loro sofferenza e sono felici.
Questo rito ci aiuta ad alleviare la pena, in modo da trovare piacere nella vita; ci conduce dall'oscurità dell'ignoranza alla luce della conoscenza. Pertanto, esso è polivalente, ha molti scopi ed obiettivi, non è semplicemente un rituale, bensì ha come base un profondo significato spirituale.


ATTO DI SACRIFICIO

Yajña, non è altro che un atto di sacrificio; è ricercare la redenzione della vita umana. Redimere la vita umana significa avere l'esperienza interiore di Dio. Questo è l'obiettivo e lo scopo di un Sacrificio. Il Veda, il più antico Testo Sacro spirituale, prescrive le procedure ed i rituali per l'esecuzione di uno Yajña. Questo Veda possiede anche un altro nome:
Chandas. Che cosa significa?
Chandas vuol dire "Beatitudine". Noi di solito pensiamo che Chandas significhi 'metro'. In una terminologia profana, Chandas è la "grammatica della poesia"; infatti, la maggior parte dei poeti compone versi, basandosi sulle regole metriche (Chandas). Tuttavia, l'etimologia, o significato base, di Chandas è beatitudine. Perciò, il Veda che tratta e descrive il rituale del sacrificio
assicura beatitudine a tutti.


L'IGNORANZA DEL SE'

Lo Yajña, rito sacrificale, aiuta a liberarci dalla schiavitù. Noi pensiamo che il vincolo sia rappresentato dalla nostra famiglia, dalle proprietà, dalle industrie,
dalle fabbriche, dalle case, dai figli, dai nipoti, dai gioielli, dalla posizione sociale, dal potere, ecc. Ma non è così! La schiavitù più grande è l'ignoranza del Sé, l'inconsapevolezza del Sé.
Se non conosco la mia vera identità, mi trovo in una schiavitù della peggior specie.

Posso essere celibe, un rinunciante, ma non significa che io sia un uomo realizzato. Posso essere celibe per motivi noti solo a me; magari, rimango scapolo per salvare la vita di una donna, ma ciò non significa che abbia fatto il sacrificio più grande del mondo - certamente no! Allora, amici miei, cos'è la schiavitù? Sicuramente, moglie e figli non lo sono.
Rimanendo celibi, molti pensano di essere liberi dai legami.

Ora, vorrei che voi rifletteste per qualche secondo. Un uomo vuole sposarsi ed un altro no; per entrambi la questione è il matrimonio. Il primo uomo dichiara: "Io non voglio". Cos'è che non vuole? Il matrimonio. L'altro afferma: "Io voglio". Che cosa vuole? Il matrimonio. Pertanto, il matrimonio è il tema principale, sia per chi lo accetti, sia per chi lo rifiuti. Sono stato chiaro?
Per la persona che vuole sposarsi, il matrimonio significa indulgenza, per chi invece non lo vuole, è trascendenza. Per uno è trascendenza, per l'altro è indulgenza, ma per entrambi è senza speranza.


IL LEGAME INTERIORE

Il matrimonio non ha nulla a che vedere con la beatitudine o la spiritualità. Perché? Finché non saremo liberi dai legami interiori, non esiste alcuna possibilità di redenzione, né di conseguire la liberazione, od ottenere la salvezza.


NON C'E' POSSIBILITA' ALCUNA PER IL NIRVANA(1), O MOKSHA.

La schiavitù non è all'esterno, bensì all'interno. Se il legame fosse esterno, sarebbe molto semplice rimuoverlo. Ad esempio, se la mia famiglia rappresenta la schiavitù, un bel mattino all'alba, verso le quattro, mi alzo e scappo via (portando con me, però, il libretto degli assegni). No, no, questo non risolve il problema. Se le proprietà rappresentano il vincolo, posso semplicemente venderle, incassare tutto e fuggire. In realtà, amici miei, il vero legame è dentro.
Il sentimento: "Io sono il corpo" - questa è la schiavitù, il vero legame. Il pensiero "Io sono la mente" è il vincolo. Il sentimento "Io sono l'intelletto" è servitù.
L'identificazione con il corpo è il più grave, il più pesante tipo di schiavitù, il più disperato. Il legame è quindi interiore.
Finché non sarò libero dai legami interiori, non sono idoneo a perseguire il cammino spirituale.

Come liberarsi da questa prigionia? Il rimedio è Yajña. Il processo di ritrovare la vera identità, di far esperienza della propria realtà, del proprio Sé, quello è Yajña, il Sacrificio.

Quando siete seduti, calmi, tranquilli ed in pace, chiedete a voi stessi: "Chi sono io?" Cominciate a chiedervi: "Sono il corpo?" - "No".
"Sono la mente?" - "No".
"Sono l'intelletto?" - "Sicuramente no".
"Chi sono io?" - "Io sono il Sé".

Finché non avrete fatto esperienza del Sé, dovrete procedere sul sentiero dell'auto-indagine.
Questo è Yajña, sacrificio. Yajña è Dio.

Ci sono alcune parole Sanscrite che trasmettono un'importante idea.
Quale? Dio è tutto, è ogni cosa. Dio crea, sostiene e distrugge. La parola inglese G-O-D (Dio) sta per: Generatore, Organizzatore e Distruttore. Il
concetto di Yajña, rito sacrificale, è che tutto è Divino: il procedimento è Divino, chi lo compie è Divino, colui al quale si fanno le offerte è Divino. Uno Yajña è per Dio, da Dio, di Dio.
Mi ricorda le famose parole di Abramo Lincoln: "....un governo del popolo, per il popolo e dal popolo".
Pertanto, un sacrificio è Dio, è per Dio ed il materiale impiegato appartiene a Dio.


I TRE ASPETTI DI VISHNU

Vishnovai Vishnuh - che cosa significa? Dio è il Signore e Padrone, l'intero Sacrificio è per compiacerlo, per meritare la Sua benedizione, per guadagnare la Sua Grazia Divina. Vishnovai Vishnuh significa che Dio è lo Yajña Purusha, ossia l'Oggetto principale, il Soggetto primario, in breve, la Divinità Suprema.

Eseguiamo un rito sacrificale per compiacere il Divino. La Divinità del Sacrificio è Vishnu. Che cosa significa Vishnu? "Colui che tutto pervade" - l'Uno presente
ovunque è chiamato Vishnu.
Riassumendo, Vishnuvai Vishnuh trasmette un concetto semplice: "Egli è il Creatore, è il Veda, è il processo del Sacrificio ed è il Signore della Cerimonia, è l'Uno chiamato Vishnu".

Il secondo concetto è che Vishnu ha un altro nome - Yajña Bhrut (2), che significa Signore del Sacrificio.
(Queste spiegazioni dettagliate sono tratte dalla Letteratura Sai, e non da testi convenzionali; infatti, sono ricavate da un Discorso di Swami).
In un rito sacrificale si osservano tre aspetti del Signore Vishnu.
Quali sono queste tre dimensioni? La prima è la procedura; la seconda è colui che compie l'azione; la terza è l'Uno cui viene fatta l'offerta - Colui che riceve. Questi tre aspetti di Vishnu - il Dispensatore, l'Esecutore e Colui che riceve - sono visti, adorati e sperimentati durante il sacrificio.

Il primo aspetto è Vishnovai Vishnuh, Colui che dà, il Dispensatore.
Egli è il Signore e Padrone, è anche chiamato Yajña Bhrut, il Signore, il Guardiano del Sacrificio.
Dio è il Signore e Padrone.
Non pensate: "Sono io a condurre, ad organizzare il rito, io sono il padrone, il capo". No, no!
Questa è un'interpretazione di carattere terreno, materiale e non darà proprio alcun risultato, non ci porterà da nessuna parte. Dobbiamo sentire che Dio è il
Dispensatore, che Dio è il Padrone, il Signore del Sacrificio.

Poi c'è Yajña Krut, colui che compie il sacrificio. Dio è l'Esecutore, non io. "Oh Dio! Tu sei il Donatore, sei L'Esecutore, Tu sei il Signore e Padrone. Io non sono
nessuno". Voi pensate di fare qualcosa? No. Se fosse per noi, non saremmo in grado di fare nulla. Sì, gli errori, quelli li sappiamo fare bene! Ma se lasciati a noi stessi, non saremmo in grado di compiere alcunché di valido, tanto meno nel campo spirituale. Tutti i pellegrinaggi, i sacrifici o gli atti di carità sono da noi adempiuti, grazie alla sollecitazione Divina che ci incita internamente.

Fratelli e sorelle, vi prego di esserne ben certi! Ogni attività spirituale è intrapresa solo in base alla munifica Grazia di Dio; non viene svolta da noi. Se veniamo qui, se siamo vivi, se siamo qui o in un altro luogo, non è grazie a noi perché siamo noi ad agire.
È Dio l'Esecutore. Egli mi aiuta a leggere, a ricordare; mi aiuta a condividere con voi; Egli aiuta voi ad ascoltare e pretendere di capire, pur capendo già Egli Stesso.

Così, sia l'ascoltatore sia l'oratore, entrambi sono Dio. Se io penso che Anil Kumar sta parlando, sarà un fallimento totale. Se penso "sono io ad eseguire, ad agire", in quell'istante farò un fiasco completo. Analogamente, se voi pensate che state ascoltando la conferenza, vi sbagliate, perché se pensate - io sto ascoltando - la vostra mente può non collaborare, e penserà al cibo della mensa, ai biglietti aerei di ritorno, alla data di scadenza del vostro visto. Penserà magari al giorno in cui dovrete riprendere l'attività nei vostri rispettivi
posti di lavoro: "Devo ritornare nel Colorado per riprendere il lavoro".

Perciò, anche la mente deve collaborare per poter sentire. Ci sono delle persone che si addormentano persino quando Bhagavan dà un Discorso! Io mi chiedo come possano dormire! La loro mente si rifiuta di collaborare, il corpo si sente stanco, la mente è esausta.
Colui che ascolta non è, quindi, il Signor Tal dei Tali; l'oratore non è il Tal dei Tali.
L'argomento trattato non è solo materiale, secolare. L'argomento, l'oratore e l'ascoltatore sono tutti Divini. Sono tutti Uno. Nessuno di loro è superiore e nessuno è inferiore.

Il sacro Testo lo definisce "Satsang" - non si parla mai di un "Incontro pubblico alle ore 16"; non troverete mai l'invito a partecipare ad un "Incontro generale alle ore 16". Tutti gli incontri spirituali sono chiamati Satsang che significa: condividere insieme, comprendere insieme, indagare, ricercare, esplorare, scoprire insieme e prendersi cura reciprocamente.

Allora, amici miei, il concetto di Satsang ci trasmette l'idea che l'oratore, l'argomento e l'ascoltatore sono tutti Divini. Allo stesso modo, il Dispensatore di
un sacrificio, l'Esecutore, ed il Ricevente - tutti tre sono Dio stesso. Yajña bhuk è il Ricevente, Yajña krut è l'Esecutore, e Yajña bhrut è il Signore. Tutti tre sono Uno, sono chiamati Vishnu.
Quel Vishnuvai Vishnuh è la Divinità Suprema; Egli è il Padrone e Signore, per il quale è organizzato l'intero sacrificio. Sono stato chiaro?

Dobbiamo cercare di capire i vantaggi e lo scopo di un rito sacrificale, il quale ci aiuterà a controllare i sensi. Se i sensi non sono controllati, lo scopo del
sacrificio decade. Inoltre, un rito del genere non è mai personale, non lo è mai. Io posso organizzare uno Yajña, ma chi guarda - essendo pienamente consapevole del suo significato - ne trae più beneficio di me. Yajña è puramente
collettivo, è organizzato ed eseguito per il benessere di tutta l'umanità, non solo per l'India o per Puttaparti - no, no! È per il bene di tutti gli uomini. "Loka
Samastha Sukhino Bhavantu - Possa tutto il mondo essere felice e prospero". Ecco qual è l'obiettivo di un sacrificio.

Se eseguiamo un rito sacrificale, saremo sicuramente i beneficiari della Grazia di Dio e diverremo Divini. Il proposito della vita umana è che "L'uomo deve diventare Dio". Sebbene io abbia affermato "deve diventare", quest'espressione è, in un certo senso, sbagliata, poiché "diventare" è
futuristico, è una promessa, un'attività, un progetto. Invece, Essere è Dio. Essere è più importante di divenire; nella spiritualità nulla è divenire, ma tutto è
Essere. Pertanto, un sacrificio ci aiuterà a conoscere il nostro vero Essere, il nostro Essere reale; ciò significa che noi siamo Divini e non dei semplici esseri umani.


SECONDO ASPETTO DI UN RITO SACRIFICALE

Uno di voi mi ha posto una domanda. Faccio appello ancora una volta a tutti voi. Le domande sono ben gradite, ma per favore, deponetele qui sul tavolo. Esse saranno esaminate, e riceverete poi le relative risposte che saranno disponibili sul sito che vi indicherò.
Sono lieto che il Satsang della settimana scorsa sia giunto alle orecchie di un ascoltatore, sollecitandolo a sottoporre questa domanda. Verso la fine di questa conversazione mattutina, apprenderete la risposta a tale domanda.

La celebrazione di Dasara è eseguita per risvegliare la Kundalini (3) - in altre parole, per avvicinarsi a Dio. Supponiamo che terminata la celebrazione di questa festività ci sia un progresso nella nostra vita spirituale. Al termine di Dasara, quando una persona deve far ritorno al suo Paese - in Italia, Germania o USA - non tutti risiedono qui a Prashanti - com'è possibile serbare e mantenere quel miglioramento spirituale ottenuto durante Dasara?
Questa è una domanda molto importante e voi ne riceverete la risposta nella seconda parte del mio discorso.


L'ASPETTO INTERIORE ED ESTERIORE DI UN SACRIFICIO

Una cerimonia sacrificale ha due aspetti - esteriore ed interiore.
L'aspetto esteriore è quello cui potrete assistere dal 9 di ottobre sino al 15 di ottobre. Il giorno di chiusura, ovvero la funzione finale del rito, è chiamata "Vijaya Dashami". La cerimonia avverrà nell'auditorio "Purnachandra" (Luna piena), ove troverete un certo numero di preti bramini seduti sul palco, che recitano i mantra. L'intera cerimonia, cui assisterete, chiamata "Sacrificio
spirituale esteriore", tratta soltanto dell'attività esteriore, ma ciò che vedrete è il riflesso del sacrificio interiore.

Se guardo in uno specchio, vi trovo il mio riflesso, di certo non vedo riflessa la vostra faccia.
Analogamente, in un rituale di sacrificio quello che trovate all'esterno non è altro che il riflesso di quello che avviene all'interno. Pertanto, esso ha due
aspetti - uno interiore ed uno esteriore.


INDRA

Durante il sacrificio noi sentiamo ripetere il nome di "Indra". Chi è Indra? Sta per la mente che ha conseguito pieno controllo sui sensi. Se la mente non sa tenere i sensi sotto controllo, non può essere chiamata "Indra", perché in tal caso la mente è solo la serva dei sensi, mentre - in realtà - la mente è la padrona dei sensi. Perciò, la mente che domina e controlla i sensi è chiamata "Indra".

C'è tuttavia un altro livello, più alto, che si trova di là dei sensi e che non è il semplice controllo sensoriale. Sia che diveniate schiavi dei sensi sia che ne
siate i padroni, i sensi ci sono sempre. Voi potete affermare: "Ho un controllo totale dei miei sensi". Significa che i sensi ci sono e voi li tenete sotto controllo. Un altro esclama: "Sono diventato schiavo dei sensi". Dato che ci sono i sensi, tu ne sei diventato schiavo; i sensi ci sono per entrambi, per chi ne è schiavo e per chi ne è padrone. Vera spiritualità, tuttavia, significa andare di là, oltre i
sensi - non essere privi dei sensi. No, no! Si può fare esperienza della Divinità solo andando oltre, superando i sensi, poiché l'esperienza è trascendentale.


RUDRA

Quello stato che è di là, al di sopra dei sensi, viene definito "Rudra" o "Ishvara".
Indra è lo stato in cui avete ottenuto il totale controllo dei sensi.
Rudra o Ishvara è lo stato in cui voi andate oltre i sensi, ossia li trascendete.

Indra ha anche un altro nome: Puruhuta. Che cosa significa? Durante un rito sacrificale, voi sentirete alcuni mantra che vengono continuamente ripetuti, sentirete anche ripetere certi nomi.
Indra è continuamente invitato al rito sacrificale. Facendo delle offerte, eseguendo questa cerimonia, Indra è invocato ed invitato, ed è quindi chiamato "Puruhuta" (Colui che viene invocato di frequente). Hut significa "chiamare" e puru significa "di nuovo".
Durante la cerimonia, Indra è continuamente evocato, e da ciò deriva il nome Puruhuta.

Questi sono gli aspetti del Sacrificio esteriore, il quale non avviene regolarmente, ma solo una volta ogni tanto, quale ricorrenza stagionale; mentre il sacrificio interiore avviene sempre, dalla nascita alla morte; non c'è stagione né ragione, esso continua sempre.
In quale modo? Il corpo è il palco, come il palco del Purnachandra, su cui siedono i preti che officiano il rito. Il mio corpo è il palco del Purnachandra. Sono stato chiaro? Al centro del palco vedrete il fuoco sacrificale, in cui vengono versate tutte le offerte; ciò è chiamato vedika, altare. La mia mente è "l'altare".
Allora, amici, il mio corpo rappresenta il palco del Purnachandra, mentre la mente è l'altare.


SACRIFICARE LE QUALITA' ANIMALI

Vedrete i preti bramini seduti intorno a quell'altare, al fuoco sacrificale, ove vi versano ghi, burro chiarificato anidro, recitando "Svaha, Svaha, Svaha"
(Esclamazione usata durante l'offerta di burro chiarificato nel fuoco sacro) e, mentre recitano i Mantra, essi versano il ghi nel fuoco. Che cos'è questo ghi? I desideri materiali equivalgono al ghi versato nel fuoco. Perché? Quando il
burro chiarificato è versato nel fuoco, la fiamma brucia vivace e brillante; il burro rappresenta il desiderio: una casa, due case, cinque auto - i desideri sono senza fine.

Nei tempi antichi, durante uno Yajña, si sacrificavano gli animali, ma oggi nessuno deve sacrificare animali. Che cosa s'intende per "sacrificio animale"? Vuol dire sacrificare le nostre qualità animali. Se voi gettate un toro o un bufalo nel fuoco, non è uno Yajña. Gettate invece le vostre qualità animali nel fuoco!

Swami fa numerosi esempi a tale proposito. L'indolenza, sentirsi sempre
assonnati, sono qualità proprie di un bufalo. C'è gente che dorme persino nella stanza delle interviste e nell'auditorio!
Che cosa si può fare? Mettete le "qualità bufaline" - dormire troppo, mangiare in eccesso - nel fuoco, perché questi attributi devono essere sacrificati.

Un altro esempio è la qualità dell'instabilità, dell'inquietudine, di una natura vacillante, mutevole ed incostante. Tali sono gli attributi di un cavallo. Se
osservate un cavallo, non è mai stabile, muove la coda, le orecchie o la testa, non è mai fermo. Questa natura instabile deve essere offerta e sacrificata nel fuoco.

Alcuni hanno, invece, una natura astuta ed intrigante che trama imbrogli o macchinazioni. A costoro può piacere portare via ciò che appartiene agli altri. Queste sono le qualità di un gatto. Un gatto è sempre pronto a bere il latte lasciato in qualche luogo, anche se non è il latte del suo padrone; dopo tutto, il latte del vicino può essere più buono! Anche il rubacchiare, il commettere piccoli
furti, deve essere sacrificato.

L'ira è la mentalità di un cane. Un cane non riesce a sopportare che ci sia un altro cane sulla sua via, ed è sempre mosso da un forte possesso territoriale. Un fanatico amore o orgoglio regionale, un campanilismo esagerato, uno sciovinismo linguistico, oppure un forte sentimento come "Questa è la mia zona, la mia area" - ebbene, tutto ciò rappresenta una mentalità tipica del cane. La
possessività, la forte appartenenza ad un'area, l'identificarsi con una certa regione e combattere contro gli altri, è la caratteristica tipica di un cane. Anche questa deve essere sacrificata.
Ecco cosa s'intende con "sacrificio animale". Vi dico tutto ciò proprio come lo ha spiegato Bhagavan stesso.

Ed ora un'altra qualità animale: "Ieri, non mi hai tenuto il posto.
Allora, io non ti riserverò più un posto per tutto il resto della vita".
Oppure: "Ieri non mi hai fatto quel favore, allora io non ti guarderò più in faccia".
Questa è una mentalità vendicativa. Vendicarsi, lo spirito di ritorsione, avere una natura venditicativa, è il carattere del serpente. Anche questa caratteristica del serpente deve essere eliminata, offerta e sacrificata.

Riassumendo, la vendetta, l'ira, il regionalismo o campanilismo, l'odio, la ghiottoneria e l'ingordigia, l'eccesso di sonno, sono tutte qualità animali. Ecco cosa s'intende per "sacrificio animale" durante il rituale della festività di Dasara.

Il sacrificio interiore continua in ogni momento della vita, e non soltanto durante Dasara. Il rituale esteriore ha luogo durante Dasara, ma il sacrificio interiore
avviene in ogni istante della vita. Quello esteriore è simbolico, mentre l'interiore è una configurazione connaturata.
L'esteriore è un rituale, l'interiore è il nostro dovere; con quello esterno avrete una scelta, ma quello interno non ha scelte. L'esteriore è costoso, ma l'interiore è semplice e non costa nulla.
Quello esteriore richiede vari oggetti ed arnesi - numerosi preti bramini, molto denaro e materiale; mentre per quell'interiore solo voi siete necessari, nient'altro. Il rito esteriore richiede numerosi partecipanti e molti materiali, ma il sacrificio interiore riguarda solo voi. Il rituale esteriore porta benefici a tutta l'umanità e riguarda il mondo intero, mentre l'interiore è benefico per voi.


DOBBIAMO PAGARE I DEBITI

Yajña, il rito sacrificale ha un altro aspetto con cui vorrei concludere l'incontro di questa mattina. Coloro che sono incorsi in debiti, devono pagarli. C'è gente
che prende prestiti dalle banche e non li restituisce, così la banca poi fallisce. La nostra vita non deve essere così; se abbiamo chiesto dei prestiti, dobbiamo pagarli e restituirli.

Noi abbiamo debiti verso tre persone, debiti che dobbiamo pagare prima di abbandonare questo corpo.
Se non li saldiamo, dovremo pagarli con interessi composti - se non ora, nella prossima vita o in un numero indefinito di vite future.
Chi sono queste tre persone? Il primo è Daivaruna: siamo tutti debitori nei confronti di Dio. "Oh Signore! Tu mi hai donato questa vita, mi proteggi in ogni modo, mi svegli il mattino, altrimenti non mi sveglierei per conto mio".
È Dio che vi sveglia, se non vi svegliasse, voi trovereste la vostra fotografia sul giornale nella colonna dei necrologi. È Dio che vi sveglia. Io mangio del cibo e Dio lo digerisce, inspiro e Dio mi aiuta ad espirare. Se un giorno si ferma, quella è la fine della vita.

"Oh Dio, Tu sei responsabile della respirazione e della circolazione sanguigna, del sistema nervoso e della protezione di questo corpo. Sì, Tu mi hai donato questa vita: io ti sono debitore".

Sono sempre affascinato da una parola - ringraziamento. È una parola bellissima. Provenendo da un'educazione scolastica Cristiana, solevo ricevere inviti di questo genere: "Ci sarà una funzione di Ringraziamento oggi pomeriggio alle ore 16!" Quella che era definita la "Funzione di Ringraziamento" veniva officiata per un compleanno, un trasferimento, o una promozione.

"Oh Dio! Noi ti ringraziamo per la nostra vita".

Dobbiamo continuamente ringraziarLo perché i momenti di sofferenza, i giorni di ospedalizzazione e di malattia sono molto pochi; mentre i giorni di gioia, di salute, i giorni di felicità sono molti e numerosi nella nostra vita; infatti, io mi ammalo soltanto tre giorni in un anno, mentre per 360 giorni sono in buona salute.

Allora, cari amici, sono sicuro che anche voi concorderete che i nostri giorni di felicità e di salute sono più numerosi dei giorni di malattia. Non dovremmo, quindi, ringraziarLo? Sì, effettivamente, dobbiamo ringraziarLo. Ma come? Devo forse dire: "Oh Dio, Ti ringrazio"? No, non verbalmente - il ringraziamento non deve essere vocale, non è un incontro pubblico dove il Tal dei Tali esprime la sua gratitudine. Allora, in che modo ringraziare Dio?
Servendo gli uomini in modo altruistico e disinteressato. Se voi servite gli altri, i vostri vicini, senza traccia di egoismo, quella è la vera espressione di gratitudine e di ringraziamento a Dio.
Ecco come potete ripagare il debito verso Dio: possiamo sdebitarci rendendo servizio altruistico a tutti.


RISHIRUNA, IL DEBITO NEI CONFRONTI DEI SAGGI E VEGGENTI

Il secondo debito è Rishiruna. Noi siamo debitori verso i nostri profeti, i saggi, i santi e anche nei confronti delle Sacre Scritture, come la Bibbia, il Corano, la
Bhagavad Gita, il Guru Granth, ecc. Siamo in debito verso tutti i sacri Testi. Ci sono molti che tengono i sacri Testi sull'altare nella stanza delle preghiere, e li adorano; venerano le fotografie dei profeti e dei saggi. Questo non è, tuttavia, il modo di tributare loro la vostra gratitudine. Qual è il modo migliore di
esprimere ai profeti la vostra gratitudine? Seguendo e mettendo in pratica i loro insegnamenti.
Potete esprimere il vostro ringraziamento e la vostra gratitudine, seguendo i comandi della Sacra Bibbia, della Bhagavad Gita ecc., ed attenendovi alle prescrizioni dei profeti.


PITRRUNA, IL DEBITO VERSO I GENITORI

Il terzo debito è quello verso i nostri genitori. Abbiamo questo corpo e la vita, grazie ai nostri genitori; siamo quindi debitori nei loro confronti, e dobbiamo
esprimere loro la nostra gratitudine. In che modo? Cercando di compiacerli, di servirli, di vivere secondo le loro aspettative, tenendo alto il nome della famiglia, mantenendo il prestigio della famiglia.
Salvaguardare il buon nome dei genitori è la cosa più importante, è il debito maggiore loro dovuto.

Tutti devono affermare: "Quello è il figlio di quella rispettabile donna, come non lo sai? - Quello è il figlio di quel grand'uomo!" Un figlio deve portare un buon nome alla famiglia. In tal modo si è liberi del debito contratto verso i genitori.

Allora, cari amici, in primo luogo abbiamo debiti verso Dio, poi verso i profeti ed i sacri Testi, ed infine nei confronti dei genitori. Uno Yajña serve ad esprimere la
nostra gratitudine verso i genitori, verso i profeti e Dio. Ecco qual è lo scopo di un rito sacrificale.

In occasione del nostro prossimo Satsang, parleremo ed impareremo ancora molte altre cose che Bhagavan ha spiegato a proposito dello Yajña di Dasara.
Prima di accomiatarmi da voi, desidero informarvi che ho ricevuto una lettera da un amico, che dice:
"Vogliamo sentire più cose su Swami, vogliamo sapere quello che Swami dice quando conversa con gli studenti sulla veranda, vogliamo conoscere i commenti di Swami".

Questa è la lettera che ho ricevuto. Sono molto franco ed aperto, sono
democratico, e voglio veramente condividere con voi questi commenti di Swami, ma c'è scarsità di tempo. In ogni caso, sicuramente risponderò a questa domanda.
In futuro, tutto quello che Swami dalla veranda insegna agli studenti sarà disponibile nelle vostre case, nel momento in cui accenderete il vostro computer e visiterete il sito: www.internety.com/anilkhome

Quelle conversazioni di Swami saranno parallele a questi Satsang domenicali. Sieti felici? In tutto il mondo la gente vuol sapere che cosa Swami dice quando conversa con gli studenti; ma non basta che io lo racconti a voi che siete qui presenti. Potrete, perciò, apprendere quello che Swami dice direttamente dal vostro computer, visitando il sito suddetto.

Ogni domenica risponderò alle domande che riceverò da voi. Le domande cui non so rispondere, non appena ci sarà l'opportunità, le sottoporrò a Bhagavan, in modo che Egli stesso le chiarisca; così, sarò in grado di fornirvi le risposte corrette.

Prima di congedarmi da voi, dal profondo dal cuore - e lo penso veramente al cento per cento - desidero ringraziarvi, perché sono molto, molto grato ad ognuno di voi.
Mi sento molto obbligato verso di voi, perché mi aiutate a leggere la letteratura Sai, mi aiutate ad approfondire gli insegnamenti di Sai ed a chiarirmi bene alcune idee. Quando vi parlo qui, devo essere ben sicuro di quello che dico; inoltre, non tengo semplicemente impegnati voi, ma io stesso vengo illuminato.
Questa è una sorta di sadhana, di disciplina spirituale, che mi sono assunto, perciò vi sono molto grato e ringrazio ognuno di voi. Grazie molte!

Anil Kumar ha concluso il Satsang recitando: "Om Asato Ma....." e "Om Loka Samastha Sukhino Bhavantu"



Note:

1) Nirvana - Liberazione, Stato Supremo, nel quale l'aspetto individuale e separato dell'essere scompare per far posto alla coscienza dell'Unica Realtà. Eliminazione dell'illusione (Maya) e dei vincoli dell'esistenza relativa, avendo realizzato lo stato incondizionato dell'Essere puro ed assoluto, che è Non-dualità.

2) Yajña Bhrut - Un epiteto di Vishnu.

3) Kundalini - E' l'energia latente che si trova nascosta alla base della colonna vertebrale, immobile come un serpente avvolto nelle sue spire. Giunge a
risvegliarsi per mezzo di tecniche yogiche e con il controllo del respiro. Erigendosi verso l'alto, essa passa attraverso i setti Chakra (centri di energia posti lungo la colonna vertebrale), sino a raggiungere il Sahashrara Chakra, alla sommità del capo. Il suo risveglio simboleggia l'avvenuta Liberazione.