Satsang

Cos'è tutto ciò?

30 giugno 2002

Benvenuti di nuovo a quest'incontro del mattino. L'argomento di questa
mattina è: "Cos'è tutto ciò?" Qual è il motivo di tutto questo? Cos'è quello che dovremmo sapere? Ci sono alcuni punti che desidero condividere con voi su quest'argomento.

Noi possiamo avere raggiunto qualsiasi cosa nella vita; possiamo avere tante cose - cose terrene - come la ricchezza, la conoscenza, il potere, l'autorità e siamo molto decisi ad ottenere, acquisire, entrare in possesso di qualcosa.
Quando otteniamo ciò che realmente desideriamo, compare un vuoto, una
sensazione di vuoto. Dopo aver occupato una posizione di rilievo, non viviamo più in pace; perdiamo proprio quella pace che c'era prima. Quando raggiungiamo il potere, diventiamo deboli. Cos'è tutto ciò?
Studiando gli scritti di Bhagavan, sicuramente possiamo giungere ad una
conclusione.

Chi vuole essere ricco nella vita? Perché vogliamo essere ricchi?
Perché accumuliamo ricchezza?
Perché perseguiamo le proprietà? La povertà interiore è responsabile del nostro desiderio di possedere le cose esteriori. L'uomo è essenzialmente povero
interiormente, molto povero, perciò vuole essere ricco.
Se analizziamo chi desidera essere potente, chi è ambizioso, chi cerca posizioni e riconoscimenti, cosa troviamo? Debolezza interiore! Chi è interiormente debole desidera un potere esteriore.

Esaminiamo noi stessi. Chi desidera essere influente? Chi desidera essere noto? Chi desidera essere famoso? Chi desidera avere amici? Colui che si sente solo interiormente, che si sente isolato, desidera la compagnia esteriore.

La vita è veramente piena di polarità, di opposti. Se ci manca qualcosa dentro, noi lottiamo per ottenere esattamente l'opposto. La povertà interiore è responsabile di questa mania di ricchezza esteriore. Sì! Voglio sempre di più! Perché? Perché c'è una carenza interiore.

Bhagavan ci dà un bell'esempio. "Chi è ricco? L'uomo che è soddisfatto è ricco. Chi è miserabile?
Chi desidera sempre di più".
Non importa se già possegga milioni o miliardi, l'uomo che desidera sempre di più, è davvero miserabile.

Cos'è tutto ciò? Se lo analizziamo possiamo capirlo: ciò che si trova all'interno, si riflette all'esterno in senso opposto. Voglio essere ricco perché sono povero
interiormente. Voglio compagnia perché sono solo interiormente. Voglio il potere perché sono debole dentro. Ecco cosa si può concludere con certezza, dopo un'attenta analisi.

Cari amici, io posso cercare di diventare potente e famoso, tuttavia tutto ciò che arriva, tutto ciò che è perseguito, è destinato ad andarsene. Scaduto un mandato di cinque anni, un membro del Parlamento cessa di essere un parlamentare. Scaduto un mandato di cinque anni, un senatore cessa di far parte di quell'assemblea. Sia il potere sia la ricchezza vengono e vanno. Noi incontriamo tanta gente: quelli che vengono è anche certo che andranno.
Invece, quello che costituisce la nostra vera natura, ciò che realmente siamo, non potrà mai lasciarci.


BEATITUDINE E' LA NOSTRA VERA NATURA

Non ci si può liberare della propria natura intrinseca, di quello che si è veramente. Il fuoco non può essere separato dalla sua natura di ardere, né il ghiaccio dall'essere freddo, o il vento dal soffiare liberamente.
Questo è ciò che si chiama 'Dharma', o vera natura. Non posso liberarmi della mia natura autentica.
Se sono veramente consapevole della mia vera natura, sarò sempre felice; ma sfortunatamente, non la conosco. Non conosco la mia stessa natura. Invece di riconoscerla, dedico le mie energie ad acquisire, a possedere, ad ottenere, di conseguenza, sono infelice. La legge fondamentale è: ciò che si acquisisce se n'andrà, ciò che si ottiene ci abbandonerà, ciò che si possiede decadrà; mentre la nostra natura intrinseca non ci lascerà mai.

Qual è la nostra vera natura? Beatitudine è la nostra vera natura.
Beatitudine è Dio. Dio è beatitudine. Voi siete beatitudine. Beatitudine è voi.
Sfortunatamente, noi non lo comprendiamo, non ne abbiamo l'esperienza.
Cos'è il peccato? È un'attitudine di scontentezza. Se siete infelici, questo rende gli altri infelici; siete il peggiore dei peccatori. Non commettete un simile peccato!

Appena inizia la musica il mattino, quando Bhagavan cammina tra noi, quando Bhagavan è proprio di fronte a me, io sono colmo di beatitudine. Siete colmi di beatitudine e ne diventate la personificazione. La Beatitudine si moltiplica, si duplica, la beatitudine cresce in proporzione geometrica. La Beatitudine è infinita. Quella è la nostra vera natura.
Sentirsi pieni di beatitudine, esperire la beatitudine, questa è virtù. Un'attitudine all'infelicità è, invece, peccato.

Il peccato è estraneo; è qualcosa che non è noi. Voi non siete assolutamente dei peccatori. Cos'è allora? Sentirsi infelici è peccato. Invece, dobbiamo diventare consapevoli della nostra vera natura che è la Beatitudine, che è la nostra virtù.

Come possiamo conoscere la beatitudine? Come s'identifica la beatitudine? Una volta che la beatitudine sia realizzata e percepita, allora la beatitudine diventa
esperienza, e possiamo toccarne il vero substrato. Qualsiasi cosa accada o si faccia, si colma di beatitudine. La vostra parola, le vostre azioni, i vostri sguardi e gesti, sono beati. La vostra stessa presenza diventa beatitudine. La beatitudine è molto sottile. Qualsiasi cosa facciate crea beatitudine e quella
beatitudine si avverte in uno stato di silenzio. La sottile esperienza della beatitudine è percepibile in uno stato di silenzio.

La beatitudine è un vuoto, è pace. Vi dico una cosa: quando c'è della musica pop, come quando canta Michael Jackson, si crea una certa sensazione. Ma la beatitudine non è il prodotto di una sensazione, no! Una bottiglia di scotch whisky vi porta in un altro mondo, ma questa non è beatitudine. Il gioco d'azzardo non vi condurrà mai alla beatitudine, perché l'eccitazione, la sensazione, non possono diventare beatitudine. La Beatitudine è il risultato della non-sensazione e della non-eccitazione. L'eccitazione è temporanea. Lo scotch whisky vi dà una gran botta, ma solo per un certo periodo. Ciò che vi dà uno stimolo temporaneo non può essere beatitudine che è, invece, uno stato di non-sensazione, di non-eccitazione, è esperita nella quiete, nella pace, nel
vuoto.

Quanto paghiamo la beatitudine? Cosa dobbiamo fare? La beatitudine è la nostra natura, la natura del nostro Sé, è un nostro diritto di nascita; noi siamo nati con la beatitudine. Come possiamo conoscerla, provarla? Quanto ci costerà?


LA BEATITUDINE VIENE CELATA

Bhagavan ci dà quest'esempio, facilmente comprensibile. La risposta è assai semplice. Nel camminare, nel saltare, un passo deve essere abbandonato per compiere il successivo; non è vero?
Nel camminare, un passo deve essere superato per procedere oltre. Allo stesso modo, quando scavo per ricercare diamanti, cosa devo fare? Devo lavarmi le mani, devo rimuovere tutta la terra per raccogliere i diamanti, altrimenti ho le mani sporche di terra e fango.

Un altro esempio che Bhagavan usa: il bicchiere è pieno d'acqua; se volete riempirlo di latte, cosa dovete fare? Versare via l'acqua. Allo stesso modo, la beatitudine si può cogliere, realizzare, purché rimuoviamo ciò che la ricopre. L'oro è nelle profondità della terra, è disponibile laggiù.
Cosa possiamo fare per estrarlo? Togliere i sassi, la terra, la sabbia, e finalmente raccogliere l'oro prezioso che si trova là sotto.

Così, la beatitudine è presente, tuttavia è ricoperta da gelosia, ira, avarizia, invidia, coperta dalla rivalità, dalle ambizioni, dalle preoccupazioni inutili, da
immotivata ansia, dai desideri.
Tutto questo ciarpame ricopre la nostra proprietà più preziosa, la beatitudine che si trova nel profondo del cuore.

Pertanto, devo scavare e portare alla luce la beatitudine che è già presente dentro di me. Non c'è bisogno di mettere l'oro nella terra: c'è già!
Perciò, cari amici, la beatitudine che è nostra per diritto di nascita, che è la nostra autentica forma interiore, deve essere portata alla luce, per liberarci di tutte le debolezze, quali i desideri, la voglia di potere, l'avidità, la brama di grandezza.
Scomparso tutto ciò, saremo beati.
Non è vero?

Guardate un bambino giocare. Quando gli dico: "Sei grande!" - il bambino neppure mi ascolta; continua a giocare. "Oh bimbo, tu diventerai un giudice della Corte Suprema!" - il bambino è come sordo e va avanti a giocare. Lodi e accuse non lo toccano. I bambini sono il migliore esempio di beatitudine.
Noi siamo incarnazioni della beatitudine, eppure non siamo veramente felici, perché non lo siamo come lo è un bambino? Quanta robaccia sporca, quante inutilità coprono la beatitudine! Ecco perché non siamo in grado di provare quello stato di beatitudine.


NON NE SONO TOCCATO

Cosa bisogna fare allora? Cosa devo fare? Devo capire che tutto ciò che
determina dolore e sofferenza è solo un'ombra. Tutto ciò che mi succede intorno non mi tocca. Dolore, sofferenza, separazione, agonia, angoscia, miseria, tristezza, tutto ciò è solo un'ombra. Ecco tutto. Non ne sono per niente colpito. Non è così? Perché non ne sono colpito?

Bhagavan fornisce un esempio: camminando, la vostra ombra vi accompagna. Essa cade nei rigagnoli, in acque sporche, sui cespugli, sui rifiuti che si trovano sul ciglio della strada. Vi colpisce questo? Quando la mia ombra cade nell'acqua di scolo, non ne sono colpito; quando la mia ombra va sulla strada, non ne sono affetto; quando cade su dei rifiuti, non ne risento. Allo stesso modo, io non sono colpito da alcun dolore, sofferenza, accusa o infelicità, perché sono solo ombre. Come faccio a dirlo? Perché non sono la mia vera natura. Infelicità non è la mia natura. Il dolore non è la mia natura. La tristezza non è la mia natura. La miseria non è la mia natura.


FELICITA' E' LA MIA VERA NATURA

Bhagavan fornisce un altro esempio. Quando qualcuno sorride, nessuno va
a chiedergli: "Perché sorridi?" Nessuno verrà a chiederlo. Avete mai incontrato qualcuno che vi chieda perché siete felici? No! Mentre se avete la faccia lunga vi chiederanno: "Oh, non ti vedo sorridere. Cosa ti è successo oggi? Non stai bene? Cos'è che non va? Hai qualche problema?"
Perché? Perché l'allegria è la nostra qualità, mentre la seriosità è artificiale. Il sorriso è naturale, essere cupi è innaturale.

La cosa importante è che una volta divenuti consapevoli che quello che siamo non è semplicemente un'ombra, e che noi (la nostra vera natura) non siamo toccati da quell'ombra, ciò ci aiuterà a provare la beatitudine che è la nostra vera natura.


IL DISEGNO DI DIO

Questo è un altro segreto che Bhagavan una volta ci disse; noi gli domandammo: "Swami, Tu sei sempre beato. Perché? Rivelaci il segreto". Quando Egli è di buon umore, gli possiamo fare qualsiasi domanda. Se parliamo quando non è il caso, la cosa può essere pericolosa. Perciò dobbiamo essere prudenti nel porre domande. "Bhagavan, perché sei beato?"
Sapete cosa rispose? "Io lascio che le cose accadano come devono accadere, secondo il Piano; non ho preferenze, non ho scelte". Assenza di scelta è assenza di preferenza; in questo modo, la preferenza non ostacola la via e permette che le cose vadano come devono. Procedete secondo il vostro passo, non nuotate contro la corrente della vita; questo è il segreto della beatitudine.
Così, se non nuotiamo contro corrente, proviamo beatitudine.

Ecco un semplice esempio: noi leggiamo sul giornale che alcuni bambini, studenti o adulti compiono un'escursione o una scampagnata; essi incontrano un fiume, e vi si tuffano. Che cosa succede poi?
Il mattino successivo il giornale riporta la notizia: "Cinque studenti annegati nel fiume". Un essere vivente annega, mentre un corpo morto galleggia. Potete
contraddirmi se sbaglio, sempre che sappiate nuotare. Un essere vivente annega, mentre un corpo morto galleggia. È un paradosso. La ragione è che il corpo morto lascia che l'acqua faccia ciò che vuole, che lo porti pure con sé. Un
uomo vivo lotta, e quindi annega.

Anche noi possiamo lasciare che le cose accadano secondo il Piano di Dio, siano esse positive o negative. "Qualsiasi cosa succeda nella vita, non ho preferenze; non ho scelta. Io permetto che le cose accadano, so come accettarle". In tal caso tutto si svolgerà tranquillamente, senza difficoltà. Allora conosceremo lo stato della beatitudine.

Bhagavan ci comunica questo bel messaggio: "Lasciate che le cose accadano secondo il Disegno Divino, secondo il Piano di Dio". In altre parole, non combattiamo; non nuotiamo contro corrente.
Questa è la lezione che vi voglio trasmettere.

C'è ancora un altro segreto che dobbiamo capire: se sono beatitudine, se sono nato con la beatitudine, se la beatitudine è la mia vera natura, perché sono
improvvisamente diventato infelice? La causa è il desiderio. La vita non è infelicità.

Alla domanda: "Come stai?" - molta gente risponde - "Sono infelice"; oppure dice: "Così così."
Oppure "Cerco di cavarmela." Che brutto! Risposte come "Cerco di cavarmela" o "Così è la vita!"
oppure "La vita è dura" significano solo che uno è già morto. Questo genere di risposte come 'cercare di cavarsela' è morte! Questo essere inermi è morte! No, la vita non è infelicità.


VISSERO TUTTI CENT'ANNI

Bhagavan ci diceva l'altro giorno che coloro che hanno vissuto qui con Lui sono arrivati tutti ai cento anni. Diede l'esempio del Professor Kasturi. Quando Bhagavan andò a trovarlo, lo consigliò di fare dei controlli medici. Kasturi rispose: "Swami, sto bene. Perché devo fare un controllo?"
Bhagavan gli disse solo: "Vai! Fatti misurare la pressione. Ecco tutto!" Kasturi ci andò, e Bhagavan si recò all'ospedale a trovarlo, e gli diede le istruzioni per
le altre cose da fare in seguito.

Il responsabile del Mandir a quel tempo era Kutumba Rao. Swami gli diede istruzioni di fare i preparativi per una cremazione. Questi chiese: "Swami, perché devo organizzare il trasporto di un morto?" Swami disse: "No, no, no. Non fare domande. Segui le mie istruzioni". Mentre Kutumba Rao organizzava i preparativi per la processione e la cremazione, si seppe che Kasturi era spirato.
Kutumba Rao non poteva certo immaginare l'imminente morte di Kasturi.

Bhagavan ci ha parlato anche di Kamadhani, che visse anch'egli cent'anni. Kamadhani venne quel mattino e partecipò alle funzioni: egli stesso aveva celebrato il matrimonio di Sita, il cosiddetto Kalyanam. Aveva anche sistemato gli idoli sul carro. Andò poi da Bhagavan per il padanamaskar.
Bhagavan gli diede la sua benedizione e gli disse: "Va a mangiare. È meglio che tu non venga nel pomeriggio". Kamadhani era solito recarsi da Bhagavan due volte il giorno. Quel giorno Swami disse: "Non venire nel pomeriggio perché sei già in ritardo". - "Va bene" - rispose Kamadhani, ed andò a fare un sontuoso pranzo. Poi andò a dormire, e nel sonno dipartì per l'altro mondo, senza neppure accorgersene!

Bhagavan ha ricordato Surayya, anche per lui fu così. Perché? Il segreto della longevità, della felicità, della beatitudine, della salute è solo questo: lasciare che le cose accadano, non interferire con gli avvenimenti della vita, non nuotare contro corrente; lasciare che il Grande Piano Divino si svolga.

"Oh Dio, procedi pure, umilmente mi sottometto a Te". La preghiera cristiana "Sia fatta la Tua Volontà in Cielo come in Terra" in altri termini significa: "Oh Dio,
che le cose accadano secondo il Tuo Piano. Mi arrendo a Te, mi sottometto a Te perché Tu sai cos'è meglio. Tu sei il miglior giudice. Tu sai meglio di me che cosa sia bene, più di quanto non lo sappia io". Un tale abbandono è chiamato 'Resa'.
Dobbiamo capire che la vita non è infelicità. La nostra beatitudine è scomparsa a causa del desiderio; è il desiderio che ha ricoperto e celato la beatitudine.


ABBIAMO IMPRIGIONATO NOI STESSI

Due giorni fa Bhagavan fece questo esempio, mentre parlava ai Suoi studenti. "C'è una lampada. Su quella lampada è appoggiato un vaso di terracotta con nove fori.
Attraverso tali fori, potete vedere la luce. Ora una coperta copre il vaso, cosicché non si vede nulla. Che cosa dobbiamo fare?
Per prima cosa, togliere la coperta. Potrete vedere la luce attraverso i nove fori. Rompete il vaso e vedrete direttamente la luce nella sua pienezza. Ora non potete vederla a causa della coperta e del vaso."

Il corpo umano è come un vaso con nove fori, in cui è presente una luce Divina, la luce dell'anima, della Coscienza, dello Spirito. La Divinità, che si trova in voi, è
ricoperta dal vaso dai nove fori, rappresentato dal corpo umano. Su di esso c'è la coltre dell'attaccamento, il 'mio ed il tuo', ecc.
"Questo è il mio posto. Siedo qui ogni giorno; non lo sai?" Questa è "una coperta" senza speranza!
Dunque, questa coltre d'egoità, di 'mio e tuo', la possessività e l'attaccamento non permettono alla luce del Sé, alla luce dello Spirito e della Coscienza di
diffondersi.

Allora, ciò significa che abbiamo imprigionato noi stessi. Nessuno ci ha messo in prigione. Nessuno ci ha reso infelici. No! Io rendo me stesso infelice perché cerco sempre di competere con te. Ecco perché sono infelice. Mi confronto sempre con te, ed allora sono infelice. Sono geloso di te, ed allora sono infelice. Chi mi ha reso infelice? Io stesso. L'infelicità è di mia stessa produzione.
Nessun altro ci rende infelice.

Guardate i bambini della scuola elementare, ah! Guardate come si rincorrono! Quanti sorrisi, solo sorrisi! Noi non ne siamo capaci perché, come dissi la settimana scorsa, alcuni trovano la felicità nell'infelicità, mentre altri trovano ancor più felicità nel rendere il prossimo infelice.

La felicità non è una merce, ma un modo di vivere; non è un desiderio, né un programma governativo, non è neppure un progetto.
Felicità è l'arte di vivere che si esprime in ogni settore della nostra vita. Mentre mangio, devo godermi il mio cibo. Certa gente mangia come se fosse sul binario del treno, come se dovesse prendere il prossimo treno! Felicità consiste nel sorseggiare una tazza di caffè. Felicità si trova nel mangiare, nel mangiare un gelato. Perché no? Ogni azione, ogni atto nella vita, ci dona felicità. Bellissimi uccelli, paesaggi, cieli, brezze gradevoli, bei fiori, sono tutte fonti di felicità.

E noi chiudiamo gli occhi a tutto ciò, chiudiamo le orecchie alla Natura, alla sua grandezza; non le rispondiamo. Ecco perché siamo infelici. Nessun altro ci ha reso infelici. Cos'è allora quest'infelicità che ci siamo costruiti con le nostre mani? Noi la teniamo d'acconto, anzi, la miglioriamo. Chi può dunque aiutarci? Siamo noi a dover aiutare noi stessi; ecco tutto. Dio aiuta chi si aiuta. Se io aiuto me stesso, Dio è pronto ad aiutarmi.


LA TORTURA

Che cosa posso fare ora? Beh, tutto ciò accade perché faccio molta confusione. Ho scombinato metà della mia vita pensando ai bisnipoti, ai nipoti ed ai miei figli. Essi non sono qui, e non sono perciò in condizione di ascoltare il mio consiglio, che non è quindi necessario. Nonostante ciò, io continuo a preoccuparmi. "Mio figlio dovrebbe essere così....!" - Ma chi sei tu per dargli questi consigli? - "Mia figlia dovrebbe essere così e così". Ma lei si è già
dimenticata di te tanto tempo fa. "Voglio che mio nipote diventi ingegnere, ed invece vuole fare il dottore." Chi sei tu per decidere del destino dei tuoi figli o dei tuoi nipoti? Essi non si trovano neppure qui, ma anche se lo fossero, non sarebbero pronti ad ascoltare il tuo consiglio!
Perché ci torturiamo? Io continuo a torturarmi. Rendo la mia stessa vita miserabile, dando molto da fare ai dottori nel farmi venire la pressione alta e l'ipertensione. Io do dei consigli, ma mio figlio risponde: "No."
Così la pressione si alza, e tutto finisce lì.


LA MEDITAZIONE E' UN BAGNO

Che cosa è ora di fare? La meditazione è un bagno; il dolore è lo sporco. Quando vado a giocare al pallone, il corpo si riempie di polvere e di sporco. Che cosa devo fare allora? Vado a casa e faccio il bagno.
Allo stesso modo, quando la testa è piena di preoccupazioni, quando è piena d'ansietà, di problemi, di negatività, cosa posso fare? Posso meditare; quando medito, lo sporco dell'infelicità viene automaticamente lavato via. La meditazione è un bagno.

C'è chi ritiene che la meditazione li porterà in paradiso, o che darà loro la liberazione. Io questo non lo so, non c'è una garanzia d'assicurazione sulla vita.
Nessuno mi ha dato delle garanzie. Almeno le pentole a pressione hanno un certificato di garanzia, ma la meditazione non ce l'ha!
I risultati della meditazione si avvertono qui ed ora, non domani.
Perché? La vita è qui ed ora; la vita non è domani, non è ieri. La vita è qui ed ora. Perciò, i risultati della meditazione si devono avvertire qui ed ora. Che cosa si sente? Proprio come un bagno pulisce il corpo, la meditazione rende la mente equanime, equilibrata, tranquilla. Ecco quello che si deve fare.
Ma non siamo disposti a farlo, perché vogliamo risolvere noi i nostri problemi. "Perché meditare?
Non è necessario! Perché? Ho una laurea, parecchi diplomi, ho partecipato a tante conferenze e vanto una quantità di pubblicazioni. Cosa c'è nella meditazione? Io sono in grado di risolvere i miei problemi da solo". Ciò significa soltanto che l'ego è in azione.

Quando l'ego entra in azione, il problema diventa complesso, poi più complesso, e alla fine complicatissimo; diventa come un nodo. Quando riuscite a sciogliere un nodo, siete contenti. Se non ci riuscite, esso diventa sempre più stretto, finché lo dovete tagliare. Analogamente, quando permettiamo al nostro ego di affrontare un problema, quest'ultimo diventa più complicato e più intricato. Il problema raggiunge un livello tale che noi non riusciamo più risolverlo. Dato che noi vogliamo risolvere il problema, non riusciremo a farlo. Dobbiamo capire
questo.


L'INTELLETTO INGANNA

Perché voglio gestire questa situazione da solo? È semplice, perché penso d'essere molto intelligente. L'intelletto vuole essere considerato un intellettuale.
Ciò significa arroganza. Un intellettuale è orgoglioso. Un intellettuale è una persona artificiale.
Un intellettuale è meglio tenerlo a distanza. L'intelletto dell'intellettuale è la sua rovina, è una continua interferenza.
L'intelletto inganna! Continua a tagliare a pezzi. In ogni settore ci sono quindici sezioni.
Significa specializzazione e super-specializzazione; e continua a sezionare. Un intelletto separa:
"Sono qui da dieci anni. Tu sei arrivato l'anno scorso. Ho nove anni d'anzianità più di te. Io conosco Bhagavan da quand'ero bambino, ho avuto una quantità di udienze. Come mai tu no? Ho ricevuto tanti doni da Bhagavan, e a te niente. Io lavoro nei Suoi Istituti e tu no. Io ho qui un appartamento, e tu non puoi neppure sederti sotto un albero."

Ecco, questo è il gioco idiota dell'intelletto. Qualsiasi cosa mi faccia sentire superiore a te è un trucco dell'intelletto. Qualsiasi cosa mi faccia sentire egoista è espressione dell'intelletto.
Qualsiasi cosa mi faccia sentire migliore di te è solo espressione dell'intelletto. Perciò, l'intelletto seziona, separa, analizza.
"Perché Swami non esce in questi giorni?" Cosa ne so? C'è gente che viene a chiedermi: "Perché Swami non esce?"
"Chiedetelo a Lui!"
"Mi hanno informato che Swami ha detto che oggi ci avrebbe mostrato l'anello. Perché non è uscito?"
"Non so. Per favore, chiedetelo a Lui!"
Certi vogliono sapere: "Quando va a Bombay Swami?" Se è qui, perché vi
preoccupate di Bombay?
Osservate quindi: analisi è l'intelletto.

C'è chi dice: "Swami ti ha dato un anello, ciò significa che sei "circondato". Ti ha dato una catena, ciò significa che sei legato. È una benedizione". Queste
interpretazioni ed analisi sono completamente prive di senso.

L'azione di Dio è incomprensibile, inesplicabile, strana, peculiare, misteriosa e sconosciuta; se l'azione di Dio è incomprensibile, chi sei tu per interpretarla? Perché lo fai? Perché non riceviamo le cose così come arrivano? "Swami gli ha dato un anello, perché si aspetta qualcosa da lui. Deve fare del lavoro per Swami". Pensate allora che Dio sia corrotto? Pensate che Dio prenda delle bustarelle? La reazione è un riflesso dell'essere interiore:
"Sono corrotto, quindi corrompo anche Dio. Io accetto tangenti, quindi voglio offrirne una anche a Dio.
Io sono parziale, quindi penso che anche Dio lo sia". Questo è il riflesso del vostro essere interiore. Vi prego di capire questo punto.

Il fatto è che l'intelletto non deve governare, non deve agire. Esso scompone, separa, analizza, ma mai riconosce. L'intelletto mai ci aiuterà a realizzare. L'intelletto sperimenta; non fa mai esperienza. L'intelletto mai ci permette di fare esperienze, sperimenta soltanto!

"Oh, Swami ti ha chiamato perché sedevi in prima fila. Lasciami sedere in prima fila domani!" Così tutta la prima fila sarà accuratamente evitata! Questi sono solo esperimenti! Noi vogliamo sperimentare: questo è l'intelletto. L'esperienza non ha nulla a che fare con l'intelletto. Gli esperimenti tracciano dei confini. "Chi è qui è qui; chi partirà domani, potrà essere ancora qui".
Il voler dividere in categorie, voler osservare le differenze, questa sorta di demarcazioni, il voler tracciare confini, ebbene è solo il lavoro dell'intelletto. Esso arriva addirittura a voler definire Dio: "Voglio definire Dio."
"Oh-ho, Bene! Per prima cosa, definisci te stesso. È sufficiente."
Non dobbiamo permettere a noi stessi di diventare delle pedine nelle mani dell'intelletto.


IL CUORE DEVE ASSUMERE IL COMANDO

Che cosa dobbiamo fare? Il cuore deve assumere il comando. L'intelletto è per il mondo; il cuore è per la coscienza. Il cuore è necessario per fare esperienza della coscienza. Nel mondo spirituale, il cuore deve dominare. L'intelletto è utile nel mondo fisico, transitorio, nel mondo dei sensi e degli oggetti.
Il cuore è, perciò, necessario. Perché? Esso unifica, ci riunisce tutti. Il cuore rimuove ogni confine; noi possiamo appartenere a qualunque nazione, avere la pelle di qualsiasi colore, ma siamo Uno. L'unità fra gli uomini e la paternità di Dio sono possibili soltanto se il nostro cuore funziona.

Se invece l'intelletto è in funzione, esso comincia a vedere 'paesi sviluppati e sottosviluppati, paesi in via di sviluppo, paesi senza speranza ed altri con la
speranza, ma niente di più'! Che insensatezza non è mai questa! Solo l'intelletto n'è la causa. Il cuore, invece, comprende che noi siamo Uno. Il corpo, il colore della pelle, e tutta la tecnologia sono solo esteriori, ma noi siamo Uno ed Uno solo.

Il cuore distrugge tutte le definizioni, e lì sorge il mistero. Il mistero nasce nel cuore, e voi gioite del mistero nel leggere la storia. La storia si legge, il
mistero si gode. Il mistero è estasi. Il mistero è beatitudine. Il mistero è gioia. Il mistero è oltre la mente. Il mistero trascende l'intelletto, è un'esperienza trascendentale. Il mistero nasce nel cuore. Se il cuore assume il comando, ci sarà meno ansia; quando l'intelletto opera, c'è più ansia. L'ansia e le preoccupazioni arrivano a causa dell'intelletto. L'amore, l'equilibrio, la calma mentale, l'equanimità e la compostezza vengono grazie al cuore.


LA RELIGIOSITA' TRASCENDE

Chi è un uomo religioso? Come si fa a riconoscerlo? Colui che non giudica, è un uomo religioso.
"Non giudicate e non sarete giudicati!" Non definite quella persona un santo, e quell'altra un peccatore. Non affermate che una cosa sia pura, né che sia impura. La religiosità trascende. La religiosità è non-duale, è qualcosa che va al di là. Non entra negli schemi di purezza, impurità, peccatore o santo. Religiosità è non-dualità. Un uomo religioso non giudica mai. Colui che giudica è un uomo di religione, ma non un uomo religioso.

Religione è differente da religiosità. Potete seguire una certa religione, ma non posso con questo affermare che siate 'religiosi'. Appartenete ad una certa religione, ma non siete religiosi. Dico bene? Io posso essere studente di scienze, e non essere per niente scientifico. Tu puoi essere uno studente d'arte, e non essere artistico. Potete seguire una certa religione, ma è molto più
importante essere religiosi. Se siete religiosi, non giudicherete mai.

Il problema è come fare per non giudicare. La mente immediatamente giudica: quando sei chiamato per un'udienza, quando Swami ti parla, io ti considero assai fortunato.
Quando Swami non ti guarda, penso che tu sia il 'peccatore del giorno'. Quando Swami ti chiama per l'udienza, dico che sei un 'uomo pio'. Quando Swami non ti dà udienza, per quel giorno non voglio sedermi vicino a te.

Cos'è tutto questo giudicare? Perché accade tutto ciò? È a causa della non-religiosità. C'è religione ma manca la religiosità. Cercate allora di raggiungere la
condizione di testimone, di non-dualità. Come si fa a non giudicare? Limitatevi ad osservare, tutto qui. Nella mia mente trovo il pensiero di un peccatore, oppure quello di un santo. Nella mia mente trovo pensieri puri, ed altri impuri. Bene, 'Io' sono presente in entrambe le situazioni. Il pensiero puro è in me. Il
pensiero impuro è in me. Io sono testimone sia dei pensieri puri sia di quelli impuri, sia dell'attitudine alla santità sia di quella peccaminosa. Sono stato
chiaro?

Bhagavan dice: "Sono tutte nubi passeggere; neppure una nuvola è permanente". Le nubi vengono e vanno, svaniscono! Appaiono e scompaiono. I cosiddetti 'peccatori', i 'santi', i 'puri' e gli 'impuri' sono come nubi passeggere. Il cielo è testimone. Analogamente, quando ho esperienza d'essere testimone di quanto accade nella mia vita, allora raggiungo lo stadio della non-dualità.
Ciò è possibile solo quando si lascia cadere la pazza rincorsa agli stimoli.


LASCIATE PERDERE GLI STIMOLI

Noi desideriamo certe cose stimolanti. Vi faccio un semplice esempio:
quando si continua a mangiare cose molto amare e piccanti, si perde il senso del gusto. Se ascolto suoni forti, non sarò più in grado di sentire il canto degli uccelli, né sarò in grado di sentire voci sommesse. Se sono abituato al cibo piccante, non riuscirò più ad assaporare il cibo normale. In altre parole, quando
i sensi ricevono forti stimoli, noi perdiamo il senso essenziale del tatto, del gusto, dell'udito, ecc.

Altro esempio: cammino di notte, un camion sta sopraggiungendo.
Improvvisamente si accendono i fari abbaglianti. Sottoposto ad una luce così intensa, non sono più in grado di vedere altro. Non è vero? Se sento un forte tuono, non posso udire alcun bisbiglio. Bisogna evitare gli stimoli dei sensi, perché a causa loro noi perdiamo ogni sensibilità.

Più scendiamo nel profondo, più realizziamo l'Unità. Tutto ciò che separa me da te, e te da me sono differenze apparenti; questo accade perché noi guardiamo solo in superficie. Se invece scendiamo sempre più in profondità, allora realizzeremo l'Unità.


PERDERE SE STESSO NELL'ESSERE TESTIMONE

Ecco un semplice esempio; ci sono due persone che si amano: l'amante e l'amato. Due! Ma l'amore è lo stesso. Due persone: l'amante e l'amato. Ma l'amore è il medesimo, non è differente. Ci sono due amici, ma l'amicizia è la stessa. Alla base troviamo, quindi, l'Unicità, l'Unità. L'amante e l'amato, i due amici, il conoscitore ed il conosciuto, il vedente ed il visto, l'osservatore e
l'osservato, sono Uno ed il medesimo.

La non-dualità, il devoto e Dio sono Uno. Quando dimenticate voi stessi, il vostro corpo e la vostra mente, allora il devoto e Dio sono Uno. Se ascoltate della bella musica, della musica classica di vostro gusto, di vostra scelta, secondo il vostro temperamento, che cosa succede? Voi non vedete, non pensate al musicista. Non c'è, non esiste. Il musicista è perso nella musica. Il
pittore è perso nel quadro. Nell'essere testimoni perdete voi stessi.
Io mi perdo nell'essere testimone. Quello è lo stato di perfezione. Nello stato di perfezione ci si perde, e con ciò sparisce completamente la personalità individuale, il senso dell'io.
Scendendo sempre più nel profondo, faccio esperienza dell'immobile flusso dell'Amore. Io osservo quell'immobilità di gioia, d'estasi e d'amicizia.


TUFFATEVI NEL PROFONDO

Allora, qual è la soluzione? Dovete tuffarvi nel profondo. Che cosa devo fare per scendere nel profondo? Un metodo semplice è l'OM. Certo! Avanti, facciamo vibrare quel suono! Facciamolo risuonare. Come? Devo cantarlo forte? Se canto l'OM a voce alta, il volontario Seva Dal se la prende con me! Non è cosa da fare.

Intonate l'OM con le labbra chiuse e ripetete il canto dell'OM, così che il vostro cuore sia pieno di quell'eco. Lasciate scendere l'OM dentro di voi, tenendo le labbra chiuse. Quando l'OM, il suono primordiale, primevo, è ripetuto, quando vibra, quando crea l'eco dentro di voi, esso determina l'equanimità, assicura la non-dualità, l'Unità col Divino. Quando cantate l'OM dentro di voi, diventate Uno col Divino. Ecco un metodo semplice che ci può aiutare.

Non è indispensabile avere molte esperienze spirituali. Certi dicono:
"Io ho avuto un sacco d'esperienze" - "Bene, per favore, tenetele per voi".
Avete bisogno di una quantità d'esperienze? Ve ne servono così tante?
Altri dicono: "Certo, io ho avuto molte esperienze."
"Grazie; non disturbatemi. Non ho bisogno di tutte quelle esperienze!"
Perché? Una goccia d'acqua vi permetterà di conoscere il sapore di tutto l'oceano. Una semplice esperienza è sufficiente per esperire Dio. Una semplice esperienza basta per conoscere le immense profondità della spiritualità.
Una semplice esperienza è più che sufficiente. Un solo raggio di luce basta per raggiungere il sole. Una sola lampada basta per il viaggio, portatevi la torcia e con quella potrete camminare per miglia e miglia. Una semplice esperienza, un solo raggio di Grazia, una sola goccia di misericordia è sufficiente per fare esperienza della Divinità che è presente in noi.

Perciò, amici miei, cos'è tutto ciò? Questo è il titolo della conversazione di questa mattina:
"Cos'è tutto ciò?" Il fatto è che noi abbiamo portato disordine nelle nostre vite, vi abbiamo creato una gran confusione, abbiamo rovinato il nostro stesso tessuto mentale, siamo andati fuori strada. Abbiamo fatto tutto noi; l'errore è solo nostro. L'unica cosa da fare è di scaricare tutto quello che abbiamo accumulato, tutto il ciarpame collezionato negli anni. Quando ce ne libereremo,
potremo vedere che l'oro brillante e risplendente è già lì, perché noi lo possediamo sin dalla nascita!


L'ANELLO CHE RAMA DONO'

Alcuni mi hanno chiesto cosa ci abbia detto Bhagavan qualche giorno fa.
È mio dovere soddisfare anche loro. Bhagavan stava parlando ad un gruppo di studenti ed insegnanti che gli stavano molto vicini. Egli materializzò un anello grosso così, e disse: "Questo anello fu donato dal Signore Rama ad una persona di nome Sumanthra". Sumanthra era l'auriga che accompagnò Ramachandra nella foresta. Nell'accomiatarsi da lui, Rama materializzò quest'anello.

Bhagavan disse: "Nel diamante vedrete l'immagine di Ramachandra quando
lasciò Ayodhya. Bene, Ramachandra non andò nella foresta con la corona e con gli abiti da principe. Era vestito piuttosto come un santo, sembrava quasi un saggio; pertanto, troverete quell'immagine nel diamante". Ecco cosa disse Bhagavan.
Sumanthra, l'auriga guardò il diamante, e poté godere dell'immagine di
Ramachandra per il resto della sua vita.

Tutti ne sono rimasti così entusiasti che mi hanno chiesto di raccontarlo. Questo è quanto successe l'altro giorno.
Poi Bhagavan aggiunse: "Io posso fare qualsiasi cosa. Che cosa vedete qui? È tutto, niente; questo niente è tutto, e tutto è niente." Queste sono le parole di Bhagavan.
Ciò che noi consideriamo tutto è niente per Swami, e ciò che noi vediamo come niente è tutto, l'intero Universo. Ecco cosa Egli disse l'altro giorno.


NESSUNO MI HA MAI CAPITO COMPLETAMENTE

Egli fece anche un'altra osservazione: "Nessuno mi ha mai capito completamente. Non c'è nessuno che mi abbia mai capito completamente. Non c'è nessuno che mi abbia mai conosciuto completamente". Che affermazione! Egli è inscrutabile ed incomprensibile. È oltre la mente.
La conoscenza avviene quando la mente è in azione. Noi 'conosciamo' attraverso la mente; se Dio è oltre la mente, come possiamo conoscerlo? Dunque, Egli è inconoscibile, incomprensibile ed inesplicabile. Per questo
Bhagavan disse: "Nessuno mi conosce". Certo!

Parlò anche di un'altra cosa: "Ci sono dei ragazzi che stanno con Me nella mia stanza.
Improvvisamente, di notte, essi si accorgono che non sono nel mio letto. Oh! Essi cominciano a domandarsi: "Cos'è successo a Bhagavan?" Parlano tra loro e poi, con sorpresa, mi trovano di nuovo sul letto. Talvolta mi sentono parlare a qualcuno. Sentono la mia voce.
Mi sentono parlare con Madre Ishvaramma. Ishvaramma appare ogni volta che vuole incontrarmi.
Mentre parlo, i ragazzi possono ascoltarmi. I ragazzi che stanno con Me nella mia stanza hanno molte esperienze, ma Io faccio in modo che le dimentichino".

Io domandai, "Swami, come mai? Perché fai loro dimenticare queste esperienze?"
Bhagavan rispose, "Se non gliele cancello dalla mente, andrebbero a finire sui giornali. Per questo le cancello". Ecco cosa ha detto Bhagavan.

Questo è quanto accadde un paio di giorni fa. Alcuni amici me lo hanno chiesto, ed io ho pensato di condividerlo con voi.

Grazie tante!

(Anil Kumar chiude il satsang intonando il bhajan, "Sai Narayana, Narayana..")