Satsang

Così parlò Baba (II parte)

23 giugno 2002

Rivolgetevi all' interno

I nostri più sinceri ringraziamenti a Bhagavan Baba per averci riuniti qui sani e salvi questa mattina.
Voglio condividere con voi alcuni degli insegnamenti di Sri Sathya Sai Baba. Molti di noi sono venuti qui per vedere Bhagavan e poi tornare alle loro case. Alcuni
pregano di poter restare qui.
Molti sentono fortemente il desiderio di tornarsene a casa. Andiamo e veniamo. Questo succede dopo anni trascorsi a fare programmi. Siamo qui e non sappiamo quando ce ne andremo. Il viaggio a Puttaparthi è stata un'ambizione di tutta una vita, un desiderio ed un sogno. Siamo qui e ce lo godiamo. Ma che cosa dice Bhagavan del fatto che noi stiamo qui?

"Fino a quando non arriviamo all'interno, venire qui o non venirci non ha molto significato".

Che meravigliosa affermazione! Fino a quando non arriviamo, o ci rivolgiamo, all'interno di noi stessi, il venire qui fisicamente, cioè in modo "esteriore", non
riveste alcun significato. In altre parole, Bhagavan vuole che la nostra presenza qui sia interiore.
Questo significa che dobbiamo godere della Sua presenza interiormente.

Molti anni fa, Howard Murphet, sul punto di partire, disse: "Bhagavan, mi dispiace terribilmente lasciarTi. Sono così triste di andarmene da questo posto!" Bhagavan rispose: "Non te ne stai andando. Stai per tornare!" Separarsi è essere insieme, ci separiamo per essere insieme. Non andate via da soli. Sentire Bhagavan a questo modo - sperimentarLo interiormente - è molto più importante delle visite esteriori a questo posto. Questo è ciò che ha inteso dire
Bhagavan.

È ugualmente importante sapere che voi siete più importanti del sentiero che seguite. Troviamo molte persone che chiedono: "Signore, Lei medita?" Sentiamo una signora che dice ad un'altra signora: "Quante volte fai il giro del tempio della Gayatri? Quante volte lo fai attorno a quello di Ganesha? Quante volte fai il nagarsankirtan? (gruppo di persone che all'alba camminano per le strade cantando in coro i vari nomi di Dio; N.d.T.)"

Siamo sempre ansiosi di conoscere il sentiero altrui. "Quale sentiero segui?" "Quale forma di adorazione adotti? Dimmelo!". Siamo impazienti di conoscere questi dettagli dai nostri amici e devoti.


Il viaggiatore è più importante del processo del viaggiare

Ma che cosa dice Bhagavan su tutto questo?
Questa è la strada che mi porta all'Edificio Nord laggiù in fondo (Anil Kumar si riferisce ad un edificio che si trova nella parte Nord dell'Ashram a Prasanthi Nilayam; N.d.T.). Sì, conosco il sentiero. Ma se devo andare là, la strada "da sola" non mi ci porterà - no, è impossibile. Dovrò camminare io. Sono stato chiaro? Bhagavan vuole che sappiamo che siamo noi che dobbiamo raggiungere
la destinazione. Dobbiamo viaggiare attraverso il sentiero. Cioè, il viaggiatore è più importante del sentiero da percorrere.

Qui, in questo contesto, amici miei, mi rincresce dovervi dire che siamo così presi dal sentiero da dimenticare di viaggiare. Conosciamo il sentiero, ma non ci viaggiamo.
Questo è il motivo per cui continuiamo a restare dove siamo. Non facciamo neppure un pollice di progresso. Non avanziamo neppure di un passo perché conosciamo il sentiero e pensiamo che la conoscenza sia bastevole a se stessa: pensiamo di sapere e pensiamo che la conoscenza "in sé" sia sufficiente a raggiungere la destinazione. No!

Eccovi un piccolo esempio. Bhagavan ha detto che potete leggere un libro di cucina un' innumerevole quantità di volte, potete scorrere un libro che parla di piatti deliziosi - le ricette ed il modo di cucinarle. Ma, anche se lo leggete, esso non sazierà mai la vostra fame. Non vi soddisferà mai.
Leggere una ricetta di cucina non vi riempirà lo stomaco, giusto?

Amici miei, così come leggere le ricette non soddisferà o sazierà la vostra fame, allo stesso modo il sentiero, la conoscenza, la tecnica e la bravura non vi porteranno a destinazione, perché siete voi che dovete camminare.

Bhagavan ha fatto un semplice esempio. Una madre ama il figlio teneramente. Povera madre! Quando il figlio si frattura una gamba, la madre non può dire: "Oh, dottore, mio figlio si è fratturato una gamba. Non voglio che soffra, perciò per favore metta il gesso alla mia gamba invece che alla sua".
Una madre può farsi mettere il gesso al posto del figlio che si è rotto una gamba? Impossibile! La madre ama molto il figlio, ma non può dire: "Mio figlio non mangia; mangerò io al suo posto". È possibile? No, è impossibile!

Quindi, amici miei, dobbiamo viaggiare. Dobbiamo pur cominciare a farlo, una volta o l'altra. La sola conoscenza e la sola bravura - la mera consapevolezza - non sono sufficienti, non sono di aiuto. Una volta che conosciamo la strada, dovrà arrivare il momento in cui potremo lasciare la mappa stradale a casa.

Dobbiamo anche riconoscere un altro fatto basilare. Se viaggiate, raggiungete la destinazione. Se fate un tentativo, godete dello stato di beatitudine. Perché? Perché lo fate. Non possiamo designare o delegare i nostri poteri a qualcun altro che lo faccia al nostro posto.

Noi siamo sia i semi che gli alberi. Un seme di oggi è l'albero di domani. Emano io stesso il profumo. Io sono la dolcezza, io sono tutto. Questo "Io" è comune a
tutti. Non prendetelo in senso letterale! "Io" è l' "Io" in tutti. Io sono tutto. Io sono la beatitudine. Questo è ciò che Bhagavan vuole che sappiamo.


Com'è un discepolo ideale?

Sì, come faccio a sapere che io sono tutto? Come si fa a conoscere il sentiero? Che cosa devo fare?
Bhagavan ha detto: "Siate discepoli". Qual è il nostro concetto di discepolo? Che idea ci siamo fatti su come dev' essere un discepolo? Si deve presentare
personalmente davanti al Guru? Deve venire qui molto spesso? No! Quello non è il comportamento del discepolo ideale.

Chi è un discepolo ideale? Come dev'essere un discepolo? Quella del discepolo è una qualifica: essa è un dono, una benedizione. È uno stato che non viene dato gratis. Per questo motivo se dico:
"Sono tuo discepolo", Bhagavan riponde: "Assolutamente no! Non ho mai detto che tu lo sia!"
Definirmi "discepolo" è un segno di "ego"; infatti è Bhagavan che deve certificare se lo sono o meno.

"Sono un devoto di Bhagavan". Chi lo ha detto? Lo dite voi. È una vostra auto-assegnazione di una posizione. Non va bene. Non deve trattarsi di una posizione; e neppure una dichiarazione, una imposizione o una supposizione. Dev'essere un riconoscimento da parte di Dio - di Bhagavan. Quindi, il punto è: "Impariamo ad essere discepoli". Come si fa ad essere discepoli? È un'arte. È un
mestiere, come ho detto più sopra.

Si deve imparare ad inchinarsi davanti al Maestro Divino. Sappiamo come inchinarci? Credo proprio di no. Inchinarsi significa avere umiltà, disciplina e obbedienza.
Trovate delle persone che si inchinino con totale riverenza e rispetto. Davanti al Guru si deve essere rispettosi e riverenziali. Perciò, siate pronti ad inchinarvi.

Trovate dei monaci buddisti che si inchinano ripetutamente. I discepoli dei maestri Zen si inchinano continuamente. Ogni volta, ogni volta che vedono un Guru, continuano ad inchinarsi. Non è un rituale, non è un'esibizione o uno spettacolo. È un'espressione di riverenza e rispetto verso il proprio insegnante. La prima qualità di un discepolo è l'umiltà. Non c'è posto per l'ego e non c'è
posto per l'arroganza.

L'arte dell'apprendimento e la bravura nel conseguirlo è lo stato del discepolo. La posizione di sindaco di un Comune dev'essere conquistata. Anche per diventare ingegneri o medici, si deve acquisire quello stato. Lo stesso dicasi per il discepolo: esso è una posizione da acquisire, da conquistare. Lo stato del discepolo è un'acquisizione, non uno stato innato. Non è uno stato latente. È uno stato da coltivare. Si deve imparare come diventare un discepolo. Si deve imparare ad essere discepoli, si deve imparare l'arte ed il mestiere del
discepolato, nella ferma intenzione di inchinarsi al Guru, di professare l'umiltà.

Il discepolo dev'essere preparato ad acquisire la saggezza. La saggezza è molto più importante del proprio ego. Vi posso dare una semplice descrizione. Bhagavan è così compassionevole da garantirmi un' interview. Allora vado nella stanza delle interview, e che cosa faccio? "Bhagavan, per favore, questi sono i miei probemi. Bhagavan, dove trovo del denaro? Quando diventerò almeno Primo Ministro?"

Sono così occupato a compilare la lista dei desideri: "Dio, liberami da tutte le malattie, fa' che i miei figli siano i migliori del mondo - ineguagliabili, imbattibili,
senza paragone. Fa' che io viva in eterno. Dio, fa' che io non abbia alcun dolore alle articolazioni , o l'artrite, e nemmeno una bronchite". Questi problemi attendono tutti noi alle soglie della sessantina. Da allora in poi sono i nostri ospiti abituali. Dobbiamo convivere con loro. Non c'è motivo di avere alcuna
animosità a proposito. Restiamo tranquilli ed accogliamo questo acciacchi.


L'anima paga l'affitto con le malattie

Allora, il punto è che, se so che Bhagavan è pronto a soddisfare le mie richieste, vengo privato della saggezza. Vi faccio un esempio. C'era un grand'uomo dell'Andhra Pradesh, un grand'uomo.
Scrisse circa cento libri sul Signore Sri Rama. Visse novant'anni. Era un gran devoto di Bhagavan ed un eccellente esponente del Vedanta, particolarmente per tutto ciò che riguardava l'Avatar Rama.
Si chiamava Sri Rama Sharan. Sri Rama Sharan è noto in tutto l'Andhra Pradesh per la sua erudizione.

Aveva problemi alle giunture e le sue gambe erano molto gonfie. Aveva un aspetto molto malandato.
Andai da lui, gli toccai i piedi, e gli dissi: "Signore, perché non chiede a Bhagavan di curarLa?
Perché non Gli chiede qualche medicina, o della Vibhuti? Per favore:
noi vorremmo che Lei vivesse ancora a lungo. Vogliamo che Lei resti in buona salute perché è un eccellente oratore ed è uno che pratica ciò che insegna. Lei è un ideale per tutti noi. La Sua vita è molto preziosa, Signore, perché non chiede a Bhagavan?..."

Ecco la risposta di Sri Rama Sharan. Volete sapere che cosa disse? È molto importante per tutti noi sentire le sue parole. Ecco perché le condividerò con voi. Che cosa disse?
"Signor Anil Kumar, si deve soffrire. Quando si abita in una casa in affitto, l'affitto va pagato.
Voi state in quella casa ma non pagate l'affitto. Allora siete colpevole, e vi sarà fatto un processo. Se abitate in una casa in affitto, l'affitto dev'essere
pagato regolarmente, secondo il contratto".

Il corpo è la casa. Il corpo è la casa dove risiede l'anima individuale - non da proprietaria, ma in affitto. L'anima, o spirito, deve pagare regolarmente l'affitto. In che cosa consiste l'affitto?
Non in dollari o rupie, ma malattie, acciacchi, sofferenze. L'anima paga l'affitto sotto forma di malattie e lamenti, per essere stata in questa casa d'affitto, per
essere stata nel corpo umano".

Ecco perché non dobbiamo dire: "Swami, voglio questo, voglio quello, per favore, curami". Se non lo diciamo, parole di saggezza fluiranno da Lui verso di noi. Parole di saggezza, di filosofia, di spiritualità - in tal gran numero, le cose più preziose che avrete avuto la fortuna di ascoltare.
Ma se cominciamo a parlare delle nostre malattie, dei problemi dei nostri figli, Lui dirà: "Molto bene! Ci penserò io! È l'ora del Darshan, vai!"
Ma manca ancora un'ora al Darshan! (Risate) Oppure: "È l'ora dei Bhajan, vai!" Ma manca un'ora e mezzo all'inizio dei Bhajan...

Questo significa che Lui vuole che noi ascoltiamo la Sua saggezza.
Vuole che evolviamo sul sentiero spirituale. Vuole che intraprendiamo la pratica spirituale (sadhana), e che non siamo interessati solo alle nostre articolazioni, a questo corpo, al mal di testa e al mal di stomaco. I dolori ci sono perché c'è il corpo: una parte o l'altra fa male, non ci si può fare niente.

Sri Rama Sharan disse: "Pregando Bhagavan, ciò che Egli farà sarà di posporre la sofferenza. Vi concederà di non soffrire oggi, ma l'anno prossimo. (Risate) Va bene?
Se ancora piangerete, ve li posporrà ancora - come gli esami - vi darà un altr'anno. Gli esami possono essere rimandati, ma non possono essere cancellati."

Allo stesso modo, la nostra sofferenza può essere rimandata. Ma la sofferenza non verrà mai cancellata. Perchè? Perché la sofferenza è dovuta alle nostre stesse azioni. Come è l'azione, così è il risultato. Se abbiamo fatto delle cose brutte, se ci siamo resi colpevoli in molte aree della vita, dobbiamo affrontare la sofferenza. Be', non possiamo dire: "Non voglio soffrire". Sono colpevole di aver rubato, di aver rapintao una banca, e non voglio essere messo dietro le sbarre.
Che cosa ne dirà la gente?" "Che ti piaccia o no, quello è il tuo posto".

Allo stesso modo, si devono affrontare le conseguenze delle proprie azioni - ciò che chiamiamo i frutti del karma o i frutti delle azioni o il prarabdhakarma (1) o le
conseguenze o i riconoscimenti per le proprie azioni - comunque vogliate chiamarlo. Il dolore ed il piacere non dipendono da Dio.


Voi siete responsabili del vostro dolore

Vi racconterò ora un semplice episodio. Un paio d'anni fa, ad alcuni studenti fu chiesto di parlare davanti a Bhagavan. Uno dopo l'altro, gli studenti cominciarono a raccontare le esperienze, i miracoli, la gloria - come ognuno era stato salvato dalle spire della morte. Ognuno di essi spiegò come la miracolosa mano di Bhagavan lo aveva salvato, perché era il momento di esprimersi vicendevolmente la devozione e la fedeltà.

Dopo, Bhagavan cominciò il Suo discorso Divino:
"Ricordatevi che Dio non salva né punisce".

Ah, vedo! Non punisci e non salvi? E allora che cosa ci stai a fare lì?
Qual è il tuo compito?
Perché devo venire qui e cantare a gola spiegata? Solo per farmi venire
il mal di gola? Perché?
Sapete che cosa ha risposto Lui? "Il dolore e la sofferenza non sono doni Miei. Non provengono da me. Ve li create voi. Voi siete responsabili del vostro dolore e del vostro piacere. Siete voi i responsabili della vostra felicità e della vostra tristezza. Dio non ne è responsabile".

Allora Tu che cosa sei, o Dio?
"Io sono il testimone".
Io sono l'eterno testimone. Il testimone eterno, il perimetro, il sostenitore, lo sperimentatore, che si accerta che voi non possiate fuggire alle conseguenze delle vostre azioni. Non è un ufficiale delle tasse da corrompere: Egli fa sì che affrontiate le conseguenze della vita. Quindi, Dio è l'eterno testimone. Non è responsabile del dolore e del piacere.


Vi do la forza di sopportare la sofferenza

Allora Bhagavan, in che modo si può uscirne?
Swami ha fatto un piccolo esempio: "Sebbene dobbiate pagare le tasse sul reddito, se contribuite al fondo previdenziale avrete delle deduzioni".
Potete risparmiare qualche soldo - forse mettendolo da parte come buono
di risparmio postale?...
Quindi, sulla somma totale che dovete pagare, sarà possibile fare qualche deduzione. Per favore, capite che un'esenzione fiscale è cosa ben diversa da un'evasione fiscale. L'evasione fiscale è un crimine, mentre l'esenzione fiscale è legale. Sì! Ecco perché la gente pensa continuamente alle esenzioni fiscali nei mesi di febbraio e marzo. Allo stesso modo, dovete pagare una pesante tassa
su tutto ció che avete fatto di brutto, per tutti i peccati che avete commesso.

"Oh, Swami, che cosa posso fare?"
"Ti darò qualche esenzione fiscale!"
"Che cos'è?"
"Fate servizio - e avrete delle esenzioni fiscali. Fate Namasmarana - e avrete delle esenzioni fiscali. Fate opere di carità, mostrate interesse per gli altri,
servite il vostro prossimo - e avrete delle esenzioni fiscali".

"Swami, io sto facendo tutte queste cose. Servo la gente. Do soldi ai poveri - a coloro che ne hanno bisogno. Sì, sto facendo servizio. Ma soffro ancora. Dio, che cosa è questo? Quale esenzione mi hai dato? Mi stai tassando extra! Se non fossi venuto qui sarei stato più felice!" A volte, questo pensiero mi pervade la mente.

Allora il nostro amato Signore dice: "Caro figlio, ricordati che io ti ho dato la forza di sopportare la sofferenza". La gente soffre, ma soffre col sorriso sulla
bocca. Soffrono con gioia, soffrono volendo soffrire. Soffrono nella speranza che Dio sia dalla loro parte - con la convinzione che un giorno Dio li aiuterà.

Che cosa fa Dio? Vi dà la giusta attitudine, affinché non diventiate vendicativi; affinché non reagiate in modo violento; affinché non siate emotivi; affinché siate scevri dalla passione; affinché sappiate sopportare la sofferenza con un sentimento di equanimità ed uno stato mentale bilanciato. Con uno stato mentale bilanciato, con spirito di equanimità, sarete in grado di ricevere dolore e piacere con equanimità. Questa è la giusta attitudine. Questo è il dono di Dio.

Allora amici miei, quando siamo preparati ad accettare le cose come accadono nella vita, avremo ampie possibilità di ascoltare le parole di saggezza dalle labbra Divine di Bhagavan Baba. Questo è il motivo per cui gente esperta, sinceramente devota di Bhagavan, non chiede niente per se stessa.
Non chiedono. Si siedono e Lo ascoltano.

"Che cosa vuoi?"
"Swami, sono felice di essere qui".

Forse c'è un problema ai reni, o al cuore. Ma quel devoto è felice di essere qui. Questo è il modo giusto! Questo è il modo in cui si comporta un devoto ideale sì da poter imparare da Lui.
Riuscirà ad ascoltare dalle labbra Divine le gemme più preziose, le parole di saggezza. Quello è ciò che conta. I nostri cuori devono essere una coppa che mendica, che è recettiva, che è preparata a ricevere le perle e le gemme della saggezza da Bhagavan Baba.


Mettetevi davanti al Maestro in uno stato di vuoto totale

Allora perchè dovrei andare da Bhagavan Sri Sathya Sai Baba? Perché devo andare al Tempio? Con quali sentimenti? Non col sentimento di essere un laureato o uno specializzato, un dottore o un professore o un commendatore. Quello è un approccio sciocco, stupido, un approccio che indica abissale ignoranza e totale oscurità. Se andate dal vostro Maestro, dovete sentire che "non sapete niente".
"Io non conosco Dio": questo è ciò che dobbiamo dire, perché non sapete se ciò che sapete è corretto o meno.

Mettiamoci davanti al Maestro: mettiamoci davanti a Bhagavan Sri Sathya Sai Baba in uno stato di totale vuoto. "Sono completamente vuoto, o Dio. Non so niente. Tutto quello che sapevo è andato perduto". Alla presenza del Maestro Divino disimparare è più importante che imparare. Uno deve disimparare ciò che ha imparato. Deve svuotarsi di se stesso. In quello stato di vuoto, potete
sentire la Voce di Dio.

La voce di Dio può essere udita nel silenzio - in quello stato di silenzio, quando c'è il vuoto, quando si è vuoti.

Andate nella valle a urlare - sentirete l'eco. Qui potete gridare finché volete, ma non sentirete alcun eco perché qui siamo pieni di roba. In una valle vuota, potrete sentire l'eco. Quindi ascoltate il suono del Divino: "Lasciate che io mi svuoti di me stesso.
Lasciatemi avere l'attitudine di chi non sa niente". Questa dev'essere l'attitudine del devoto.

Una volta che vi trovate faccia a faccia con Bhagavan. ciò che dovete imparare è l'arte dell'ascolto - non l'arte del parlare. Ci sono delle persone che cominciano a parlare. Se si tratta di una persona anziana, Swami dirà: "Continua sul tuo sentiero" Questo significa che l'amico rifiuta di migliorare. È condizionato, pieno di pregiudizi, prevenuto.
Si è insediato saldamente, ed è difficile smuoverlo. È molto difficile insegnargli qualcosa.
Davanti a Bhagavan, si deve imparare a stare zitti.


Le parole creano una distanza

Come fare ad ascoltare e a non parlare? Potete chiedervi come mai alcuni parlano davanti a Bhagavan. Parlano per avere più opportunità di ascoltare. Non parlano:
fanno domande, affinché Bhagavan parli - per avere l'opportunità di sentire quel che dice, perché nessuno sa interpretare come Bhagavan. Questa è un'opportunità unica, rara. Perché parlate?
Fate qualche domanda se ne avete l'opportunità - per ricevere tutta la saggezza del Divino.
Ascoltare è un'arte più grande del parlare. La gente dice che parlare è un'arte. Ma nella spiritualità, l'arte è l'ascolto. Voi guadagnate solo dall'ascolto.

Si dice anche che "le parole del discepolo creano una distanza". Se continuate a parlare, Swami vi dice: "Manchidi (bene)". Vi passa accanto e va oltre. Create una distanza. Le parole del discepolo creano una distanza. Le parole del Maestro vi avvicinano a Lui. Siamo più vicini a Dio se è Lui a parlare. Creiamo una distanza se io o voi cominciamo a parlare. Ecco perché si dice: "Ascolta, non
parlare". Guadagnate dall'ascolto. Le parole del discepolo creano una distanza, Le parole del Maestro vi avvicinano a Lui. Se ascoltate, vi avvicinate a Lui sempre di più. Se parlate, vi allontanate da Lui. "Ah, manchidi, manchidi, manchidi! (bene, bene, bene!)" Questa è la tecnica.
Impariamo ad ascoltare Bhagavan. Impariamo ad essere silenziosi.


Non imitate

Talvolta in campo spirituale si cerca di imitare. Bene, voglio essere un cantante, come alcuni degli studenti qui - molto bene. Voglio essere come quello - bene. Ma quando comincio a cantare, la sala si svuota. Non riesco a cantare come lui! C'è uno sportivo nel campus dell'università - un vero campione di cricket. Anch'io voglio essere un campione di cricket.
Sbagliato! Non imitate mai - non copiate! No! L'imitazione, il paragone e la competizione sono totalmente umani, senza significato, inutili, futili e sciocchi. È uno stupido esercizio, quello di imitare qualcuno, di copiare qualcuno, di paragonarsi a chiunque, di competere con gli altri. Sono tutti segni di debolezza.

Voi stessi siete grandi . Voi stessi siete unici. Perché dovete paragonarvi agli altri? Il desiderio di essere qualcun altro, volendo essere come lui - non è
altro che follia. Non riuscirete a realizzare la vostra vera natura, la natura del vostro Sé.
Cercando di essere come qualcun altro, perdete la vostra vera natura. Perdete la vostra identità. Perdete la vostra unicità. Perdete la vostra specificità. Quindi: non imitate nessun altro. Non cercate di copiare nessuno.

Bhagavan ha fatto un esempio. Un corvo osservava un cigno. Quando il cigno cominciò a camminare in quel suo stile tenero, bello, sensibile, delicato, simile ad una danza, il corvo cercò di imitarlo.
Dopo esser riuscito ad imitarlo con successo per una certa distanza, dimenticò il suo modo personale, da corvo, di camminare. Sembrava impazzito, perché non
sapeva più camminare nel modo proprio della sua specie, cioè da corvo.

Amici miei, ognuno di noi è dotato di un proprio modo di pensare, di un proprio modo di funzionare, di esprimersi, di sbocciare nella pienezza. Non ci sono due persone uguali! Non ci sono due fiori uguali! Nemmeno i gemelli sono uguali. Nemmeno due foglie, né due fiori. È impossibile! La varietà è il pepe della vita. In questa vita che è piena di varietà e diversità, imitare qualcuno è meschino. Questo è ciò che dice Bhagavan. Il desiderio di essere qualcun altro è pura follia. Se lo farete non sarete in grado di realizzare la natura del vostro Sé.

Capite che cosa meravigliosa è questa?
Capitelo e ricordatevi che siete unici. Siete speciali, imbattibili.
Voi siete voi - tutti lo sono.
È proprio vero? Sì, lo è! Dato che non conosciamo la verità, noi ci paragoniamo agli altri, competiamo con gli altri, e scendiamo così ad un bassissimo livello.
Non deve succedere. Ognuno di voi è grande a modo suo, perciò non paragonatevi mai agli altri.

Se qualcuno dice: "Swami, Swami! Quello è così e così. Bhagavan, abbiamo svolto questo lavoro. Lo stesso lavoro è stato fatto anche da altri, ma noi siamo migliori".
Bhagavan dirà sempre: "Non fate paragoni. La creazione è Divina, l'imitazione è umana". Non fatelo mai, capite che ognuno è speciale a modo suo. Nessuno ha bisogno di essere come un altro - non è necessario.

Una rosa è bella ed anche un fiore di loto lo è. La rosa non ha bisogno di essere un fiore di loto.
E il fiore di loto non ha bisogno di essere una rosa. Ogni fiore è bello a modo suo. Un fiore piccolo è bello. Anche un fiore grande lo è. Il fiore piccolo non deve dire: "Voglio essere grande come lui", ed il fiore grande non dovrebbe mai desiderare di essere un fiore piccolo - "è così comodo essere piccoli". Questi sono ideali stupidi, totalmente idioti, mondani e meschini! Quindi amici miei, una rosa è una rosa. Un loto è un loto. Ciascuno è bello a modo suo.


Si deve seppellire il passato

Davanti a Bhagavan dovete seppellire tutto il vostro passato. Il passato dev'essere dimenticato.
C'è gente che pensa di essere umile. Credendo di essere aperti di mente, dicono: "Ho fatto così tante brutte cose nel passato, ero agnostico, critico, ateo. Non ho mai avuto fede in Sai". Bene.
Non voglio nessun tipo di messaggio da te. Se non sei più così, perché pensi ancora al passato? "In passato ero un non-credente". Dimenticatevi il passato. Potete anche non aver accettato Baba allora, ma adesso dimenticatevelo, perché: "il passato è passato", al di là di ogni recupero; e "il futuro è incerto". Perché allora pensate al passato e al futuro?

Un devoto ideale, un ricercatore ideale della Verità, seppellirà il passato. Nessuno deve dire:
"Dieci anni fa ho costruito un tempio". Oh, dieci anni fa! Perché ne parli oggi? Ci sono delle persone che dicono: "Quindici anni fa Baba mi ha dato un'intervista.
Ciò che successe fu..." Per favore tenetevelo per voi, io non sono interessato. Ci sono alcuni che continuano a dare anche delle date: "15 febbraio 1980". Bene, ma io non sono uno studente di storia. Per favore, scrivete la vostra biografia. A me NON interessa! Perché? Perché il passato è morto e sepolto. Che cosa pensate del passato? Il punto è molto chiaro: procediamo qui ed ora,
nell'accettazione della nostra totale ignoranza.

Sono innocente, Bhagavan, sono innocente! Swami, non so più nulla perché tutto ciò che ho imparato nel passato è sparito. Non c'é più, neppure un residuo, un ricordo - niente rimanenze. Se n'è andato tutto, tutto è sepolto. Quindi: la totale accettazione dell'ignoranza è il primo gradino della saggezza. Se dico che non lo so, significa che so qualcosa, ma che non vale la pena
menzionarla. Socrate disse: "Io so solo una cosa: che io non so". Nel nostro caso, non sappiamo di non sapere. Che tragedia!

Quindi, il primo gradino sulla scala della saggezza è l' accettazione della nostra ignoranza. Se vi ammalate, c'è subito pronta una medicina. Se non sapete di essere malati, nessuno vi può aiutare.
Se non accetto Bhagavan io non so niente. Qui avete una possibilità di imparare - altrimenti, non è possibile.


Lasciate cadere ogni ambizione

Nel campo della spiritualità c'è un'altra regola importante: dovete mettervi bene in testa che è importante lasciar cadere ogni sentimento di ambizione. "Bene, nel mondo voglio diventare qualcuno.
Voglio diventare il rettore del college, o il Capo Distretto. Voglio occupare la poltrona più importante, voglio avere una posizione". Nella vita c'è una lotta
continua per diventare qualcuno.
La spiritualità non è un processo del divenire. No! "Io voglio essere quello"; no! Non è "diventare". La spiritualità è essere, non diventare. Quindi tutte le
vostre ambizioni devono esser lasciate cadere.

"La gente mi deve riconoscere per quel che sono, devo arrivare ad avere una posizione. Devo farmi un nome, conquistarmi una fama. Devo essere famoso". Che nonsenso!
Tutto questo non è né spirituale, né religioso. Quindi, lasciate cadere ogni ambizione.
Perché? Dopo tutto, la gente dirà: "Se non ho ambizione, come me la cavo nella vita? Per arricchirmi devo avere qualche sorta di ambizione. Devo essere ambizioso, per arrivare ad occupare delle cariche autorevoli. Se non sono ambizioso, come posso avanzare? Come posso progredire?

Ma nella spiritualità l'ambizione è un ostacolo. Nel mondo, l'ambizione vi porta verso la meta. Nel mondo, l'ambizione vi aiuta ad acquisire ciò che ancora non avete. Quel che non siete oggi, lo avrete domani. Per questo nel mondo si trova l' ambizione. Ma nella spiritualità dovete essere ciò che siete già! In tal caso, a che cosa serve l'ambizione?

Sapere che io sono Anil Kumar non è un'ambizione. Io sono giá Anil Kumar. Sapere che io sono Anil Kumar, bene - se dico che la mia ambizione è essere Anil Kumar, la gente comincerà ad avere pietà di me: "Anil Kumar, è tempo che Bhagavan apra un reparto di psichiatria all'ospedale!" (Risate)
Qualcuno una volta mi ha chiesto: "Signore, com'é che abbiamo un reparto di cardiologia, ma non di psichiatria?" Io ho risposto: "Se lo avessimo, la sezione dei pazienti interni dovrebbe avere la sua sede nel Tempio (Sai Kulwant Hall) perché siamo tutti ugualmente matti!" (Risate) I dottori non basterebbero mai, perché qui ci sono migliaia di devoti, cioè: migliaia di pazienti!"

Amici miei, è una sorte di follia pensare: "io voglio conoscermi". No!
Voi siete Dio. Tat Tvam Asi:
tu sei quello (letteralmente: "Quello tu sei"; N.d.T.). Aham Brahmasmi:
io sono Dio. Questi sono i Mahavakyas (grandi detti) che dichiarano che voi siete Dio.

Voi siete Dio!

Capisco... allora non divento Dio. Se dovessi diventare Dio, significherebbe che non sono Dio e che non lo sono mai stato prima.
No! Voi siete già Dio. È solo necessario che REALIZZIATE che Lo siete.
Sono necessarie la realizzazione e la consapevolezza. Non è un'acquisizione. Non ha niente a che fare con un processo meccanico o tecnologico. Certamente no! Quindi, abbandonate l'ambizione. Non dovete diventare niente di nuovo. Voi siete "già" Quello: Dio.

Ed i paragoni, già! Se fate paragoni fra di voi, a volte avrete la sensazione: "Signore, Lei è più devoto di me". Come lo sapete? "Signore, lui è un grandissimo devoto".
Come lo sapete?
Avete un termometro, o un barometro, o una bilancia che misura la devozione? (Risate) Se avete una bilancia, potete stabilire i chili di devozione? (Risate) Chi siete voi per giudicare? Come fate a dire che quello è un devoto? Come potete dire che è un "grande" devoto?
Come potete stabilire che quello è "un devoto di lunga data", come se ci fosse una registrazione degli anni di servizio! (Risate)
"È un devoto ardente". Come lo sapete?

No, no, no, no!
Non siamo qui per giudicare la gente. Certamente no! Paragonandovi agli altri - "Lui è un gran devoto" - (come se io non lo fossi); oppure: "Lui è un devoto ardente"- (come se io non lo fossi) :
questo corrisponde ad insultare se stessi o a non avere rispetto per se stessi. Perché mi dovrei mancare di rispetto? Perché mi dovrei disonorare? Perché dovrei arrecare danno a me stesso? No, no, no! Ecco perché abbiamo detto: "Lasciate cadere ogni ambizione.
Smettete di paragonarvi agli altri.
Così non vi state rispettando. Vi state insultando". Ecco perché Bhagavan dice di lasciar cadere l'ambizione.


Uccidete i desideri della vita

Ecco il prossimo punto: uccidete i desideri della vita. "Oh, capisco.
Ma se non ho i desideri della vita, allora che cosa dovrei avere?" Qualsiasi desiderio implica il fattore "tempo". L'esaudimento dei desideri richiede tempo. Ho un desiderio? Il suo esaudimento richiede tempo. Il desiderio è una promessa; il desiderio è una speranza; il desiderio è il futuro.

La spiritualità non è un desiderio. La religione non è un desiderio, no! Perché il desiderio è futuristico. Il desiderio è relativo al tempo. La spiritualità parla della vita qui ed ora. Dio qui ed ora non ha a che fare col desiderio. Desiderare significa posporre.
Desiderare si riferisce a qualcosa che deve succedere nel futuro. Perciò, uccidete i desideri della vita.

"Voglio vivere a lungo". Qualcuno disse a Bhagavan (un uomo importante): "Swami, voglio rinascere e servirti quando torni come Prema Sai." Quello era uno stupido di prima categoria! (Risate) Pensava di esprimere la sua devozione in questo modo - era come una fontana di devozione. Sapete che cosa rispose Bhagavan? "È sufficiente che tu Mi serva ora, non c'è bisogno che tu aspetti l'arrivo di Prema Sai". (Risate)
Dio, fa' che io non abbia neppure il desiderio di vivere a lungo, no!
Fa' che io riesca ad uccidere il mio desiderio di vivere (di longevità e di rinascita).

Ora sono vivo. Visto che sono vivo, sono pieno di vita. Sono pieno di entusiasmo e dinamismo. Sono pieno della Grazia di Dio. Crogioliamoci nella Grazia di Dio. Siamo sotto il baldacchino della Grazia Divina. Siamo nel campo magnetico dell'attrazione Divina. E se sono nel campo magnetico dell'attrazione e della coesione Divina che cosa potrei desiderare di più?
Se ho un desiderio, il fascino si dissolve, la bellezza se ne va, lo splendore svanisce, perché la vita è qui ed ora. Dio è qui ed ora. Non ha niente a che fare con il futuro.


Siate felici!

Bhagavan dice sempre a molti di voi di essere felici. La maggior parte di voi deve aver sentito Swami dire: "Siate felici, siate felici!"
Capisco: "Swami, perché dici sempre: "Siate felici?" Anche quando io dico: "Swami, i ragazzi del college hanno fatto questo e questo", Lui ripeterà: "Oh, felice, felice". Capisco: allora Tu sei sempre felice e vuoi sempre che anche noi siamo felici. Perché?

Solo perché noi siamo infelici. Siamo infelici perché desideriamo ciò che non abbiamo. Noi troviamo felicità nell' infelicità. Potrei citarvi centinaia di esempi. Ma temo che vi sentireste offesi, perciò eviterò di citarvi...

Conosco molti casi di persone che non hanno alcun motivo per sentirsi infelici. I figli sono sistemati molto bene, e in quanto al loro conto in banca, è alle
stelle! C'è abbondanza di tutto.
Ma si sentono male per via delle tasse da pagare. Non sanno dove mettere tutti quei soldi, hanno ogni comodità ed ogni lusso disponibile nella vita. Stanno proprio bene. Ma fanno il muso lungo - una faccia all'olio di castoro, come dice Bhagavan. E perché? Perché riescono a trovare felicità nell' infelicità.

La gente trova felicità nell' infelicità. Se chiedete a qualcuno: "Come stai?", vi risponderanno:
"Ho qualche doloretto qui..."
"Oh, posso essere di aiuto?"
"Sono infelice perché sono qui da tre settimane e Bhagavan non mi ha mai guardato". Bene; io non ho l'autorità per dire a Bhagavan: "Guardalo, per favore" (Risate) Perché tutto questo dramma? Perciò vi dico, amici miei, fino a quando troveremo felicità nell' infelicità continueremo ad essere infelici. Nessuno potrà mai aiutarci. No!Impariamo ad essere felici.

"Come si fa ad essere felici?"
Non abbiamo motivo di essere infelici. Con una popolazione globale di miliardi di persone, noi siamo fra i pochi ad essere qui, adesso, con Bhagavan, siamo qui
davanti a Lui, ad avere il Suo Darshan Divino, ad ascoltare la melodia delle parole di Swami. Quale fortuna più grande può esserci al mondo? Quali benefici maggiori di questo esistono nell'universo?
Quali benedizioni più grandi del trovarsi alla Divina Presenza? Non avete motivo di essere infelici.

Noi siamo felicità -- noi siamo proprio l' impersonificazione e l'incarnazione della felicità.
Siamo beatitudine. Ma, sfortunatamente, l'infelicità sembra più conveniente (Risate)


Solo per attirare l'attenzione degli altri

Eccovi un semplice esempio. Quando i genitori sono molto felici, quando i fratelli maggiori sono gioiosi, quando alla TV c'è un programma molto interessante, il bambino comincia a piangere: "Mal di pancia! Mamma! Mal di pancia!" Perché? Non c'è nessun mal di pancia. Lo fa solo per attirare l'attenzione di tutti su di sé, così la mamma solleverà il bambino e se lo metterà in braccio.
"Poverino! Poverino! Mal di pancia!" (Risate) È solo per attirare l'attenzione.

Lo stesso bambino, sebbene questa volta abbia veramente il mal di pancia, non piangerà se i genitori non ci sono. Se i genitori sono assenti, il bimbo non piangerà e non si lamenterà. Il bambino comincia a lamentarsi e a piangere solo quando è vicino ai genitori. Perché? Lo fa per attirare la loro attenzione. Quando ci sono degli ospiti - ed i genitori stanno parlando con loro - il bambino comincia a piangere perché tutti dovrebbero parlare solo del bambino e tutto dovrebbe essere concentrato sul bambino. Allora il bambino è felice.

Lo stesso accade con la moglie. Il marito torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro. La moglie, che ha chiacchierato tutto il giorno coi vicini, all'improvviso
è sdraiata a letto: "Oh, che mal di testa!"(Risate) Perché? Perché così il marito le accorderà un' attenzione speciale:
"Oh, vedo, vedo! Da quando ce l'hai questo mal di testa? "
"Da stamattina"
Fino a pochi istanti prima aveva chiacchierato con tutti; ma ora vuole attirare l'attenzione del marito. Sì. Come il bambino. Anche lui voleva attirare l'attenzione, essere oggetto di speciali cure.

Amici miei, preferiamo essere infelici perché è remunerativo. Ecco perché non vogliamo essere felici. Non troviamo un motivo per essere felici. Non troviamo la strada della felicità perché siamo interessati a quella che è più conveniente.

Che cosa dice Baba? Noi consideriamo il furto un peccato. Bere è un peccato, l'adulterio è un peccato. Che cosa dice Baba?
"Vivere con un'attitudine all'infelicità è un peccato; rendere gli altri infelici è un peccato ancora maggiore - il peggiore di tutti i peccati possibili".

Allora, perché la gente è felice quando gli altri sono infelici? Perché alcuni sono felici ed altri sono infelici? Perché? Perchè rendendo gli altri infelici possono
dimenticare la loro profonda infelicità interiore. Possono dimenticare la loro miseria e la loro tristezza. Possono dimenticare i loro problemi creando problemi agli altri: "Sto meglio di lui perché è più disgraziato di me. È più infelice di me". Per far sembrare minori i loro problemi, procurano guai agli altri! Amici miei, è un peccato avere un' attitudine all'infelicità. Il peggior peccato è rendere gli altri
infelici. Questa è una cosa che dobbiamo assolutamente imparare.


La spiritualità non è un'ideale

La ricerca della spiritualità non è la ricerca di un ideale. La spiritualità non è un ideale. La spiritualità è una realtà. La spiritualità è la Verità. La spiritualità
è la natura del vostro Sé.
Ciò che siamo tenuti a fare proprio adesso è "entrare nel campo della scoperta del nostro Sé" - l'arte di scoprire il Sé, l'arte di imparare a conoscere il proprio Sé nella realtà. Questa è la cosa che dobbiamo conoscere.

La spiritualità non è un ideale, solo perché la gente dice che abbiamo così tanti ideali nella nostra religione. Per favore, tenete quegli ideali in una cassaforte e
chiudetela a chiave. Gli ideali possono essere raggiunti, realizzati, o no. Ma la Natura del Sé non si può raggiungere, si può solo realizzare.

Voi siete legati al vostro Sé. Voi siete il Sé.
Ecco perché urge che scopriamo il nostro Sé.

Eccovi un segreto. Che bella cosa ha detto Bhagavan! Per favore, capitemi! Perché veniamo qui, da Bhagavan Sri Sathya Sai Baba? Se qualcuno me lo chiede, ecco la mia risposta: io sono venuto da Sri Sathya Sai Baba per la filosofia, per la spiritualità. Egli rende le dottrine filosofiche così semplici che possono essere comprese con estrema facilità. L'uomo complica, Dio semplifica. Noi pensiamo che uno sia un grand'uomo se complica le cose. Ma Bhagavan non
le complicherà mai. No! Non vi permetterà mai di complicare una situazione. Non complicherà mai un problema. Lo semplificherà. E ce lo spiega in un modo semplicissimo.


Il Fattore Esterno

Eccovi un semplice esempio. Supponiamo che mi rimproveriate. Sto male, mi arrabbio. Questa rabbia prima non c'era. Ma ora sono arrabbiato, a seguito dei vostri rimproveri. Quindi la rabbia è arrivata a causa di una forza proveniente dall'esterno. Allo stesso modo il fattore esterno è responsabile dell'invidia e della gelosia. Tutto proviene dall'esterno.
Che cosa dice Bhagavan a questo proposito?

Quando c'é invidia, buttatela fuori - perché viene dall'esterno. Quando gli ospiti vengono in visita, dopo un po' se ne vanno. Non si stabiliscono da voi occupando la vostra casa. Non credo che la situazione sia diventata così brutta: solo perché uno vi viene a visitare non diventa proprietario della vostra casa - non ci resta per sempre! (Risate)

Allo stesso modo, la rabbia, la lussuria, la gelosia, l'invidia - sono tutte di provenienza esterna. Gettatele via, perché non vi appartengono. Non sono la vostra natura. Non hanno niente a che vedere con il Sé. Queste cose esterne devono essere riportate fuori, devono essere mandate via - cose come la rabbia e la superbia. Rinunciate alla sofferenza che proviene da fuori. La sofferenza arriva dall'esterno. Voi siete felici. Voi siete beatitudine. Rinunciate a tutto il resto. L'esistenza è ansiosa di rendervi felici!


La natura è il miglior insegnante

Ecco un semplice esempio. Quando cammino alla sera, verso le sei e mezzo, come gioisco al fresco della brezza! Osservando il cielo al tramonto, vi godete gli splendidi colori dipinti dal pittore Divino. Quando un fiore sboccia, con quale meraviglioso sorriso Dio riveste la Sua faccia! Sì, lo sbocciare del fiore è il sorriso di Dio! Il vento che soffia è il Suo tocco. L'arcobaleno è la bellezza e la grandezza di Dio.

La natura è il miglior insegnante. La vita è il miglior predicatore.
"Quando osservate la natura potete percepire la Divinità".

Tutto è essenzialmente Divino. L'esistenza è pronta a rendervi felici.
Ascoltate il canto del cuculo. Ascoltate gli splendidi cinguettii degli uccelli - gli uccelli fanno il nagarsankirtan (gruppo di persone che girano per le strade del villaggio cantando in coro i nomi di Dio; N.d.T.).

La gente è ansiosa di correre e di saltare. Sono sempre tutti pronti a fare tanti giri attorno a Ganesha: "Hari, Hari, Hari!" Non so perché... è come se un dottore si mettesse a correre verso la sala operatoria per salvare un paziente. Perché avete sempre fretta?
Quando vado al nagarsankirtan nelle prime ore del mattino, perché non ascolto la melodia del canto del cuculo, o degli usignoli?
Che splendida musica che è quella! Perché non osservo il sole che sorge, e gioisco della sua bellezza? L'esistenza, la Natura, è ansiosa di renderci felici, ma noi non siamo pronti a ricevere i suoi doni. Questa è la tragedia; la Natura non aspetta altro che di renderci felici in ogni modo possibile. La beatitudine è interiore, ed è la nostra vera natura.


L'arte della scoperta di Sé

Che cosa dovrei fare, allora, o Dio? Che cosa devo fare, mio caro, amato Bhagavan? Bhagavan fa questo esempio: dove si trova l'oro? L'oro è sotto terra. Che cosa fate per estrarlo? Scavate abbastanza profondamente. Rimuovete i massi e i ciottoli. Rimuovete la sabbia, la polvere, tutti i sassi - fino a quando trovate il prezioso metallo. L'oro era già là. Ma i massi, i ciottoli, i sassi, il fango e la sabbia lo nascondevano. Tutto ciò che dovete fare è rimuovere tutte queste cose e raccogliere l'oro sottostante.

L'uomo è beatitudine. Dio è beatitudine. Voi siete beatitudine. Dovete rimuovere i ciottoli dell'ignoranza, i sassi della superbia, il fango della possessività, la polvere degli attaccamenti, i sassi dell'ego. L'oro sarà allora automaticamente e prontamente a vostra disposizione. Questo è ciò che si intende con "sadhana", pratica spirituale: essa non ha niente a che fare con
l'importazione di qualche merce da un paese straniero. Sul sentiero spirituale non può essere importato niente. È l'arte della scoperta del Sé, del trovare la
propria vera identità.

Che Dio ci benedica con lo spirito della ricerca interiore, con lo spirito della consapevolezza, con lo spirito dell'inquisizione di noi stessi e con lo spirito della
saggezza, affinché possiamo trovare la nostra vera natura con l'arte della scoperta del Sé.

Tante grazie!
Sai Ram!

(Anil Kumar conclude il suo satsang conducendo il bhajan "Sai Narayana, Narayana..."


NOTE

(1) prarabdhakarma: il risultato o l'effetto delle passate azioni (karma) giunto ormai a maturazione, che è pertanto impossibile neutralizzare. Differisce dal
samcitakarma e agaminkarma, cioè rispettivamente l'effetto delle azioni che ancora deve maturare e quello che eventualmente potrà accumularsi in futuro, che invece possono essere neutralizzati.

(Note tratte da: "Glossario Sanscrito", ediz. Asram Vidya, Roma)