Satsang

Dove sono?

28 ottobre 2001

Innanzitutto porgo i Miei ringraziamenti a Bhagavan, che ha reso possibile che tutti noi ci incontrassimo qui ai Suoi Piedi stamattina per parlare di alcuni aspetti del Suo Messaggio.
Il titolo dell'incontro di oggi è: "DOVE SONO?". Abbiamo già parlato sui temi: "Che cosa sono? e "Come sono?". Oggi è la volta di "Dove sono?".

"Che cosa sono?" mi dice di che cosa sono fatto e mi fa capire quale sia la mia vera natura.
"Come sono?" mi indica la direzione, il sentiero, la via.
"Dove sono?" mi descrive la posizione, lo stato o lo stadio in cui mi trovo. In quale stato mi trovo? A quale stadio sono? Dove sono esattamente sarà infatti la risposta alla domanda: "Dove sono?"

Prima di scendere nei dettagli del nostro incontro odierno, desidero condividere con voi alcune splendide idee che Bhagavan ha esposto durante i Suoi sette Discorsi di Dasara. Questi Discorsi sono speciali, unici. Infatti hanno enfatizzato il Sé, l'importanza della conoscenza del Sé. Durante la celebrazione di Dasara, Bhagavan ha dato assoluta priorità al Sé ed all'importanza della Conoscenza del Sé.

Amici miei!
La lettura delle Scritture a casa propria, l'adorazione di una Divinità o di Dio in un tempio, la meditazione sul Divino alle prime ore del mattino o il servizio (Seva) ogniqualvolta sia utile sono tutti metodi consigliati. Ma nessuno di essi è fine a se stesso: la loro utilità risiede esclusivamente nell'aiuto che ci danno a conoscere il nostro Sé e ad ottenere la Conoscenza del Sé.

"Faccio servizio con l'Organizzazione Sathya Sai da trent'anni, ma ancora non ho la Conoscenza del Sé".
Allora è stata una perdita di tempo.
"Ho praticato la meditazione per una decade e mezzo sotto la guida di un guru qualificato ma ancora non ho la Conoscenza del Sé!"
Questo significa che sia voi che il vostro guru siete senza speranza, inutili!
"Pratico l'adorazione ogni giorno, trovando a fatica mezz'ora di tempo fra le mie occupazioni. Ma non ho ancora alcuna idea di che cosa sia il Sé o la Conoscenza del Sé!".
Allora è tutto tempo speso invano, un tentativo inutile.

Dai Discorsi Divini di Bhagavan, amici miei, arriviamo a capire che la realizzazione del Sé, o Conoscenza del Sé, è la quintessenza, lo scopo primario, il principale obiettivo del cammino spirituale, a prescindere dal tipo di cammino che stiamo percorrendo e dalla religione di appartenenza. Religione e cammino spirituale sono due cose distinte, dateci in base al nostro temperamento, attitudine, idoneità e preferenza da parte nostra. Ma la Conoscenza del Sé, la Consapevolezza del Sé, sono della massima importanza. Tutte le restanti attività spirituali sono i mezzi per raggiungere il fine, non sono assolutamente fini a se stesse.

Potete andare a mangiare alla "Canteen" (mensa; n.d.t.) degli occidentali, o a quelle indiana del Nord o indiana del Sud, per sedare la fame e riempirvi la pancia. Quanto pagate nell'una o nell'altra, dal punto di vista dello scopo prefisso, non è rilevante. L'importante è che la vostra fame venga soddisfatta.

Potete dormire sul pavimento, in un letto di schiuma, su un materasso di lattice "Dunlop" o in un letto a forma di cigno, o potete sdraiarvi in un posto qualsiasi. Ma se non riuscite a prendere sonno e a riposarvi bene, quale che sia il letto in cui cercate di dormire è irrilevante. L'importante è riuscire a dormire bene, non il letto o il pavimento su cui giacete. È esattamente la stessa cosa come per il cibo: non importa che cosa mangiate. L'importante è soddisfare la fame: questo è lo scopo finale.

Se vi mettete a leggere, che lo facciate a casa, a scuola, in giardino o ai Piedi del Maestro, è irrilevante. La cosa importante è che capiate e assimiliate ciò che avete letto, non dove avete compiuto l'azione del leggere, né che cosa avete letto.

Conoscenza e consapevolezza del Sé

Amici miei, queste illustrazioni vi chiariranno certamente che questi sentieri conducono ad un particolare obiettivo. Lo scopo principale della spiritualità sono la consapevolezza e la Conoscenza del Sé. La "Consapevolezza del Sé" è un'idea, un concetto che vi aiuterà a capire che cosa sia il Sé.

La "Conoscenza del Sé" vi darà l'esperienza del Sé. L'esperienza del Sé è ciò che noi chiamiamo "Conoscenza del Sé" e significa "essere consapevoli dell'esistenza del Sé". L'esperienza del Sé é quindi la conoscenza del Sé. Senza la conoscenza o l'esperienza del Sé, la mera consapevolezza del Sé è inutile.

Io so leggere. Ma se non capisco che cosa leggo, la mia capacità di leggere non serve a niente. So cucinare, ma se non cucino mai, il solo saper cucinare è inutile. Allora, la conoscenza, il "saper" cucinare, il processo vero e proprio del cucinare e i benefici che si ricavano dal cucinare si possono paragonare alla "conoscenza" del Sé. La mera conoscenza della tecnica è la consapevolezza del Sé. Ricavo dei benefici dal mettere, in atto il "saper cucinare": questo è come la "Conoscenza del Sé". Quindi, una cosa è avere la "Consapevolezza" del Sé, un'altra cosa è averne la "Conoscenza".

Bhagavan enfatizza sempre l'importanza massima di questa domanda: "Chi sono io?". Abbiamo avuto modo di sentirla molte volte negli anni, ed in effetti questa è una domanda che dobbiamo porci continuamente. Il pensiero costantemente fisso su questa domanda, e la contemplazione continua di essa sono ciò che si chiama "meditazione". La meditazione non è altro che la costante ricerca su questa domanda, il chiedersi costantemente chi siamo, non è altro che la continua contemplazione su questa forma di autoindagine.

Sfortunatamente pensiamo che la meditazione sia un'attività fisica da intraprendersi ad una certa ora. Dalle 4.30 alle 5.30 meditate. Che cosa fate tutto il resto del tempo? Che cosa intendete con "dalle 4.30 alle 5.30"? Come fate a sapere che sono arrivate le 5.30 ed il tempo di meditare è finito? Guardate forse l'orologio e vi alzate quando sono le 5.30? Ma non siete lì a meditare? Come fate a sapere quando sono le 5.30 ed è ora di finire la meditazione? Caricate la suoneria della sveglia, o chiedete a vostra moglie di svegliarvi, oppure a vostro figlio di scuotervi? Insomma, come fate a sapere quando sono le 5.30 ed è ora di finirla?

Se siete coscienti del tempo non state meditando. E non state meditando neppure se siete coscienti del luogo in cui vi trovate. Se steste veramente meditando non sareste assolutamente coscienti di dove vi trovate, ovunque voi foste.

Quando Sri Ramakrishna Paramahamsa era bambino, tornando a casa da scuola notò alcuni uccelli, bianchi contro l'azzurro, che attraversavano il cielo in volo. Mentre osservava gli uccelli che volavano in un'unica fila trascese la mente ed il corpo. Quella è meditazione.

Quando andava a scuola, una volta Paramahamsa doveva recitare in una commedia la parte del Signore Shiva. Il ruolo di Shiva è abbastanza semplice perché non richiede alcun tipo di costume, visto che Shiva la maggior parte delle volte è quasi nudo! Un pezzo di stoffa è sufficiente: il costume di Shiva è veramente semplice. Paramahamsa fu scelto per quella parte e venne lasciato solo affinché si vestisse per il ruolo che doveva interpretare. Tutto qui! (Risate)

Nel mezzo della recita, lui smise di parlare e di recitare. Era totalmente immobile. Il suo corpo non faceva nessun movimento. Non sbattevano neppure le palpebre! Era assolutamente immobile, statico, "achaitanya ".
La gente gli si avvicinò. Pensavano: "Questo ragazzo reciterà bene e la recita sarà un successo. È così bello... avrà una carriera brillante come attore in futuro". Ma il pubblico si rese presto conto che il ragazzo non proferiva parola, mentre gli altri attori erano occupati a recitare le loro parti. Si avvicinarono anche i suoi genitori ed i suoi amici e cominciarono a piangere. La gente gli si avvicinò e cominciò a urlargli nell'orecchio. Dopo un po' tornò in sé.

Ovunque vi troviate, al mercato, camminando lungo un campo arato, su un treno in corsa, su un carro trainato dai buoi, su un Jumbo delle linee aeree indiane, su un volo intercontinentale o nell'aula da disegno, sono necessarie due cose per poterla definire "meditazione": la Consapevolezza del Sé e la Conoscenza del sé. Inoltre ci deve essere una totale astrazione dal tempo e dallo spazio. Solo allora si può chiamare "meditazione".

Su che cosa dovremmo meditare? Su quale sia la risposta alla domanda: "Chi sono io?". Questo è stato il compito, vita natural durante, di Ramana Maharshi. Qualcuno gli chiese: "Swami, che cosa devo fare per acquisire la Divinità, per diventare Divino? ".
Maharshi rispose: "Non devi fare niente!" (Risate) "Non fare niente" è l'unica cosa che si può fare per conoscere e realizzare Dio".

"Ma come, Swami? Sono venuto fin qui da molto lontano, ho speso molti soldi, per sapere da te che cosa devo fare esattamente, e tu mi dici: "Non fare niente!"... Che significa?"
Ramana Maharshi andò avanti nella sua spiegazione. "Tutto ciò che fate, viene fatto dalla mente. È la mente che vi induce a farlo, che vi incoraggia a sperimentare, che determina le vostre azioni. La mente ha molte strade, capricci, fantasie, aspettative e speranze. La mente programma, dispone, designa, si aspetta, spera. Ma tutto ciò che deriva dalla mente non è spirituale. È non-spirituale. Non è in alcun modo "meditazione".


Vado a cogliere fiori, dico a tutti che le rose sono splendide e le uso per i miei riti di adorazione. Questa è ritualità. Non è spiritualità.
Ho comprato un libro di Shirdi Sai, l'ho rilegato con un bel margine in oro e l'ho messo su un piedistallo, costruito appositamente. Anche questa è ritualità e non spiritualità, perché tutto questo ha a che fare con la mente. È stato determinato e programmato dalla mente. Non preoccupiamoci di queste cose. È tutta roba inutile. Non ha nulla a che vedere con la meditazione. Questo è ciò che ho capito dai discorsi di Bhagavan. Tutte le altre cose non sono spirituali.

La spiritualità attuale risiede nella Coscienza e nella Conoscenza del sé. È in questo campo che abbiamo già cercato, durante i nostri incontri precedenti, di trovare delle risposte alle domande fondamentali: "Chi sono?" e "Come sono?". La domanda che ci poniamo oggi invece è: "Dove sono?".

Amici miei! Ad ogni domanda ognuno di noi può aggiungere moltissime osservazioni che sente valide per se stesso: "Non sono completo"; "Non sono assoluto"; "Non sono una persona perfetta". Ci possono essere degli aspetti che possono urtare la vostra mente o alcune esperienze di cui solo voi siete consci. Vi consiglio di aggiungerli a quelli che io sottoporrò alla vostra attenzione.

Prima di scendere nei dettagli, vi comunico di nuovo umilmente che io non proclamo di avere una particolare conoscenza a proposito, né un' autorità o competenza particolari, a paragone di quelle del mio colto, esperto e maturo pubblico. Voi siete molto, molto più avanti di me, assolutamente più avanzati del sottoscritto, ed io ne sono pienamente al corrente. Nessuno può farmi cambiare opinione. Il mio è solo il lavoro di un insegnante, che ha passato quattro decadi ad occuparsi di arte della discriminazione della conoscenza e di politica della perizia di comunicazione. Ma principalmente è stata la vicinanza di Dio, Bhagavan Baba, che mi ha messo in grado di stare qui davanti a voi. Niente più di questo.

Studente, discepolo, devoto: i tre stadi

"DOVE SONO?"
Cominciamo! "Dove sono?" Ci sono tre posizioni. Determiniamo in quale stadio ci troviamo. Sono nello stadio dello studente? O in quello del discepolo? O sono un devoto? Quando viaggiate in aereo, potete volare fino ad Amsterdam e prendere il prossimo volo per New York, Washington o qualsiasi altra destinazione. O potete arrivarci via Francoforte, o passando per Singapore, prendendo il primo volo che vi capita. Allo stesso modo, ci sono tre posizioni nel nostro soggiorno o nel nostro cammino spirituale. Ci sono tre stadi che cerchiamo di raggiungere con i nostri sforzi spirituali.

LO STADIO DELLO STUDENTE

Abbiamo detto che ci sono tre stadi. Il primo è quello dello studente."Dove mi trovo io?" Sono nello stadio dello studente? Questa la domanda alla quale cercheremo di dare risposta oggi: sono uno studente?

Chi è uno studente? La nostra comune idea di "studente" è di qualcuno che viene ammesso ad una scuola, un college o un'università. Uno studente è uno che paga regolarmente le tasse scolastiche, che ascolta l'insegnante (se lo desidera), o fa sciopero indefinitamente! (Risate)
Tutti noi ci rendiamo conto che uno studente di tale fatta è proprio una rottura di scatole, citato com'è sulle testate dei quotidiani come minaccia per la pace della società!
Ma io non mi riferisco a questo tipo di studente. Non ho più niente a che vedere con studenti di questo genere oggi, sebbene "prima" ci abbia avuto a che fare per un quarto di secolo. No, non mi sto riferendo a quel tipo di studenti.

Allora chiedo: "Chi è uno studente?"
Uno studente è uno che si siede davanti ad un insegnante. La parola "studente" non ha senso da sola, se non le si contrappone un insegnante.

"No, signore. Non ho insegnanti. Io sono soltanto... lo sa... Ho il beneficio di usufruire di un' istruzione a distanza, di un' «istruzione per corrispondenza>. Sono uno studente di un'università aperta. Non ho insegnanti, ma sono uno studente".

Alcuni di voi possono dire qualcosa del genere. Ma in questo caso, il vostro insegnante è il libro che leggete. La guida che seguite è il vostro insegnante. La persona che vi chiede di far riferimento a quel libro, ed il libro stesso, sono i vostri insegnanti. Chi, o cosa, vi dirige, è il vostro insegnante. Se si è studenti, comunque, necessariamente c'è anche un insegnante che provvede a fornire la guida necessaria, che indica la corretta direzione da seguire, l'azione da compiere, il sentiero da intraprendere.

Allora, esiste un modo di essere studenti senza l'esistenza di un insegnante? Quel modo, se esiste, vi porta alla confusione. Se non si ha un vero insegnante, la confusione è insopportabile! Insomma, un vero insegnante è assolutamente necessario.
Eccovi alcuni esempi dati tempo fa da Bhagavan. Quali sono?

Mettiamo che io debba andare a Bombay. Quando mi trovo là, ho bisogno di qualcuno che mi porti in giro per la città, nei vari posti che intendo visitare. Da solo non riesco a muovermi laggiù; vengo da una zona rurale, parlo un'altra lingua, non mi sento libero, non mi sento a mio agio a Bombay. Quindi ho bisogno di una guida che mi porti per la città, se voglio godermi le strade e la vista di qualche monumento.

In quel caso, la guida che mi accompagna per Bombay è il mio insegnante. Senza la guida, sono uno studente senza direzione, senza scopo, che va solo a zonzo per la città, senza una meta. La mia visita a Bombay diventa vagabondaggio e pigrizia, che sono le qualità di un bricconcello, non di uno studente diligente. Uno studente ha sempre bisogno di un insegnante che gli indichi la direzione da seguire.

Questo che segue è il secondo esempio dato da Bhagavan. Per vostra informazione, questi sono tutti esempi riportati nella letteratura di Sai. Vi ripeto nuovamente: cerchiamo di non interpretare Swami. Non cerchiamo di spiegare, ciò che Lui dice, a modo nostro. No, non è proprio necessario. Se cerco di farlo, provoco distorsioni, deviazioni, perversioni, cado in stratagemmi da intellettuale, che sono modi di agire inutili e nocivi. Non facciamolo. Ci sono trentun volumi di "Discorsi", quindici volumi di "Corsi estivi" e quindici volumi dei vari "Vahini". Se trovate il tempo di dare la vostra interpretazione a tutta la Sua letteratura, o siete voi degli stupidi o io sono uno stupido ancora più grande! Perciò cerchiamo di non essere degli stupidi e di non prendere in giro gli altri!

La letteratura Sathya Sai ci aiuterà a capire Sathya Sai. Un po' di luce ci aiuterà a capire il sole. Il chiaro di luna ci aiuterà a vedere la luna. I Discorsi di Sathya Sai ci aiuteranno a capire di che cosa parla Sathya Sai. Non possiamo interpretarlo o spiegarlo, no! Quello sarebbe inquinamento mentale. Non facciamolo, non sarebbe la soluzione giusta per avere una vita migliore.

Un esempio che Bhagavan ha dato è quello di una guida che vi conduce in molti luoghi interessanti in un posto che vi è sconosciuto.
Il secondo esempio che Bhagavan ha dato è questo: supponete di star osservando una mappa dell'India o dell'America. Con la mappa dell'India, io dico: "Qui c'è Bombay, qui c'è Calcutta; qui c'è Madras, e così via" Questo non vi darà l'esperienza della vera realtà dei fatti di queste città. Non vi darà la gioia di esserci stati o di aver visto coi vostri occhi ciò che si trova là. Avrete visto solo la mappa.

E ancora, se dite: "Questa è New York; questa è Washington; questa è Chicago; questa è Boston...", avrete visto solo le mappe di queste città, ma non avrete sperimentato l'eccitazione di aver visitato realmente questi posti. Una persona senza un insegnante è come una persona che guarda la mappa e poi afferma di aver effettivamente visitato quel posto. Ma l'esperienza di una vera visita è molto diversa da quella di chi ha solo guardato la mappa.
Questo è il secondo esempio dato da Bhagavan.

Il terzo esempio mostra che un insegnante vi indicherà sempre e soltanto la direzione da prendere per raggiungere la meta, ma non vi ci porterà. Io insegno in classe ai miei studenti, ma non posso studiare al loro posto, né posso scrivere per loro i compiti all'esame. (Sebbene in alcune occasioni si legga sui giornali di alcuni studenti che commettono delle frodi durante gli esami...). Un insegnante non può scrivere al posto dello studente. Un insegnante è solo una guida che indica genericamente la direzione da prendere. Questo è tutto.

Il terzo esempio datoci da Bhagavan è quello dei segnali stradali. Se andate verso Anantapur, ad un certo punto c'è un incrocio a quattro strade. Là troverete dei segnali che indicano quale direzione prendere per Secunderabad, quale per Hyderabad, quale per Bangalore e quale per Puttaparthi. Questi sono i segnali stradali. Loro vi indicano solo la direzione. Non vi aspettate di certo che vi sollevino da terra, vi abbraccino e vi trasportino di peso a destinazione. Impossibile! Questi segnali vi indicano esclusivamente la direzione da prendere e la strada da percorrere. Tutto qui. Allo stesso modo un insegnante indica la direzione e guida. Il suo ruolo finisce qui. Se ci aspettiamo di più siamo folli, quel "di più" non ha niente a che vedere con ciò che l'insegnante può darci.

Il secondo punto è che il materiale disponibile per uno studente è un'informazione di seconda mano, un'informazione presa a prestito da qualcun altro. Nessuno studente ha delle informazioni che siano "sue". Prende quello che l'insegnante gli dà. Tutto qui. Lo stesso insegnante passa queste informazioni da una generazione all'altra di studenti. Avendo fatto l'insegnante per trentanove anni, posso ben dirvi che ho potuto passare informazioni a trentanove infornate di studenti a me affidati. Nessuna di queste informazioni era mia, nessuna di esse era frutto della mia creatività, innovazione, scoperta, o invenzione. È tutta conoscenza libresca, conoscenza superficiale. È informazione presa a prestito. Questa è la seconda cosa che uno studente si porta dietro.

La terza cosa è che uno studente è considerato brillante se ha potere mnemonico. Se riesce a memorizzare, ricapitolare e poi riprodurre durante l'esame ciò che ha memorizzato, prende una medaglia d'oro. Quindi il successo di uno studente dipende totalmente dalla facoltà di ricapitolazione, dal potere mnemonico e dalla capacità che ha di riprodurre durante l'esame ciò che ha memorizzato in precedenza. Questo significa che uno studente ha sempre a che fare con la mente.

La mente è un computer, come Bhagavan ha avuto modo di dire recentemente. Non potete dare colpe alla mente. Il computer vi renderà le informazioni con cui era stato programmato. Non potrà dare informazioni che non sono state inserite al momento della programmazione. È per questo che Swami scherza dicendo: "Mettetevi davanti al computer e ditegli: 'Hey, computer, sei grandioso! Dimmi, dov'è mia moglie?'. Potete star certi che non riuscirà a spettegolare sui fatti di vostra moglie, proprio no!"

L'uomo ha dato la priorità al suo computer, ed è per questo che sta fallendo con successo ad ogni passo. Il computer è una sua creazione, ma l'uomo è molto, molto, molto di più di un computer. Ma al computer è stata data la priorità sull'uomo: questa è la posizione dell'uomo d'oggi.

Allora, uno studente fa affidamento sulla sua mente per le seguenti qualità ed i seguenti processi: memoria, capacità di ricapitolazione e capacità di riprodurre durante l'esame ciò che è stato memorizzato in precedenza. Durante l'esame riproduce tutto ciò che gli è stato detto in classe sul suo foglio, scrivendo di suo pugno le stesse risposte che gli sono state insegnate. È in linea col suo insegnante, nel senso che basa le sue risposte sulle informazioni prese a prestito del suo insegnante. Quindi lo studente fa affidamento sulla mente.

Quarto, uno studente è sempre diverso dal suo insegnante.
È fisicamente vicino all'insegnante in classe. Ma fuori dalla classe, fuori periodo scolastico, al di fuori delle ore di lezione all' università, essi possono trovarsi separatamente alla sala scommesse, all'Holiday Inn, ed all'Istituto Smithsoniano, oppure ovunque. La relazione insegnante/studente esiste solo all'interno della classe e non al di fuori di questa. Le cose sono arrivate a questo triste punto. Se questa relazione esiste in classe essi diranno: "Basta ed avanza!". Diversamente dal passato, oggi le cose vanno a questo modo.


Inoltre: la relazione fra studente e insegnante è limitata nel tempo. Uno studente non può stare con lo stesso insegnante a vita, a prescindere da quante volte venga bocciato! L'insegnante svilupperà un profondo disgusto per lui e gli chiederà di andarsene da un altro insegnante! Non potete essere studenti per tutta la vita. È un programma limitato nel tempo.

Altro punto: l'insegnante rimane una cosa esterna a voi. Cioè l'insegnante è esterno. Insegna. Sia che se ne stia seduto davanti a voi o sia in piedi accanto alla lavagna, è separato da voi. Egli è una comunicazione esterna, una comunicazione verbale, una comunicazione vocale, un' espressione di parole. Così agisce l'insegnante sullo studente, essendo l'insegnante "esterno" allo studente. Quindi: l'insegnante esterno si trova "al di fuori" dello studente. Penso di aver espresso bene questo concetto.

Adesso soffermiamoci sulle qualità che uno studente deve far sue. Per imparare deve essere avido di sapere, recettivo, competitivo, e deve anche aver il desiderio di sperimentare. Deve quindi essere empirico. Tutto ciò che l'insegnante dice, lo studente dovrebbe desiderare di sperimentarlo da sé. Non deve voler solo assorbire tutto ciò che l'insegnante gli dice, senza desiderare di averne una propria esperienza.

Uno studente deve anche poter cambiare da un insegnante ad un altro in cui ripone maggiore fiducia. "Signore, ritengo che un altro insegnante sappia spiegare questa materia meglio di lei, perciò La saluto, addio! Tutto ha un limite! Lei mi ha rovinato la carriera scolastica fino ad oggi (risate), infatti sono dieci anni che non riesco a superare un esame. I soldi dei miei genitori sono finiti nella fognatura! Tante grazie, ma accetti questo consigio che Le lascio, non rovini le generazioni future!" (Risate).
E così se ne va.

Amici miei, queste sono quindi le qualità ed i punti che caratterizzano uno studente. E allora: "dove sono"? Sono uno studente? Sto cercando di imparare qualcosa su Baba tramite i Suoi libri: "Sathyam Sivam Sundaram"?

Sto cercando di conoscere Baba attraverso i Suoi Discorsi, ascoltando delle cassette, o guardando delle videocassette? Se faccio questo, mi trovo nello stato di "studente". Sono uno studente.

O forse posso cercare di conoscere Baba attraverso qualche persona. "Sono andato a Puttaparthi. Hai un po' di tempo per me? Vorrei parlartene. Ma per sentire ciò che ho da dirti, è meglio che tu prima ti sieda... Sono finito in prima fila nel Mandir! Il primo posto!".
Vuole che tu ascolti a bocca completamente aperta, con le sopracciglia alzate (come dettato dalla decenza, dall'etichetta, dal galateo).

Anche qui, se cerco di conoscere Baba attraverso qualcuno, sono ancora uno studente. Lo stesso dicasi se voglio conoscerlo attraverso le Sue opere, la Sua letteratura o i Suoi discorsi. Se voglio sentire sempre qualcuno che me ne parli, sono uno studente. Se voglio sapere sempre di più su Swami, sono uno studente.

Sono uno studente anche se voglio mettere alla prova la validità e la credibilità di tutto ciò che ho letto, sperimentando quel fatto o quel sentimento. Tutto questo voler sperimentare è la pietra di paragone di tutta la conoscenza che ho acquisito. Per esempio, posso dire: "Hai detto che Baba sa tutto, perciò dimostramelo". Questo desiderio di sperimentare, di scoprire e di investigare in proprio è una qualità da studente.

"L'anno scorso sono andato da Sai Baba. Quest'anno ho in programma di andare da un altro dio". (Risate)
"Un anno fa sono venuto da Sathya Sai Baba. Il prossimo dicembre ho intenzione di andare da un altro guru".
Potete cambiare, proprio come cambiamo vestito, come cambiamo menu, come cambiamo molte cose nella vita, incluso il nostro partner(!). Questa qualità di "cambiamento", questa mentalità che porta a cambiare è una qualità da studente.

Perciò se chiedete: "Signore, mi può indicare la strada per andare da un altro guru?" siete ancora uno studente. Se dite: "Voglio leggere sempre di più. Voglio sapere sempre di più. Voglio essere un devoto migliore di voi! Se voi arrivate alle 4.30 per il Drashan, io ci voglio essere alle 3.30! E se voi avete la terza fila, io devo avere la prima!". Questo significa che c'è competizione. Allora siete ancora nella fase di studente. Uno può essere competitivo, o può voler cambiare l'istituzione o l'insegnante. Tutto questo dipende dal nostro equilibrio, o squilibrio, mentale, psicologico o emozionale, qualsiasi cosa essi siano.

Aspettare sempre che qualcuno vi guidi, vi diriga o vi insegni, è un' attività esterna a voi. È solo la mente, che colleziona informazioni prese a prestito. Alcuni dicono: "Swami sarà d'accordo con la mia decisione di andare in Inghilterra a trovare un lavoro?". Che cosa Gli importa del vostro lavoro? È necessario che Egli vi guidi esternamente? Potreste anche anche pensare: " Dovrei mangiare una crostata, una frittella, o dei funghi? O dovrei bere una Sprite, o una 7-Up? Fa' che Baba me lo dica!". Questa è follia!
Questi desideri di essere guidati dall'esterno o qualsiasi altra aspettativa esteriore fanno parte della natura di uno studente.

Allora amici miei, chiediamoci: "Dove sono io?" La risposta non è che sono alla "North Indian canteen" (mensa dove si cucina alla maniera dell'India settentrionale - ndt) a Puttaparthi. No, questa non è la risposta giusta. La domanda è: "Sono uno studente? Chi è uno studente?"
Avendo esaurito tutti i punti relativi, penso che fin qui sia tutto chiaro.

Ora: non possiamo rimanere studenti per sempre. Per quanto uno possa essere asino, per quanto stupido uno possa essere, non rimarrà studente per sempre.
Qualcuno ha chiesto a Bhagavan: "Swami, Tu enunci certe Verità spirituali. Fai riferimento alle Verità Vedantiche. Ci porti ad altezze filosofiche, delle quali non abbiamo esperienza. Non riusciamo a seguirti".

Sapete che cosa ha risposto Baba?
Ha detto: "Quanto tempo volete restare in prima classe? Quanto tempo vi ci vuole per imparare l'alfabeto? Fino a quando volete restare all'asilo? Dovreste cominciare ad imparare sempre di più".

Imparate l'alfabeto, usate nuove parole, costruite frasi più lunghe, leggete i libri. Questa è la strada nel processo dell'apprendimento. Bhagavan non vuole che restiamo studenti per tutta la vita.

DIVENTARE UN DISCEPOLO: REALIZZARE IL MAESTRO INTERIORE

"Dove sono? Ero uno studente": questa è la risposta di tutti noi. Da quel punto, in cui si è studenti, dobbiamo salire al gradino superiore: lo stadio di discepolo. Qui non siamo più studenti. Perché? Perché è lo studente ad essere ai piedi del Maestro, non l'insegnante. Nessun discepolo potrà mai dire: "Il signor Tal dei tali è il mio insegnante" (se lo fa significa che non ha capito che cosa sia un discepolo).

Un discepolo è sotto l' amorevole cura del Maestro. Ma il Maestro è un' anima realizzata, non qualcuno con una laurea! È un' anima realizzata, cioè qualcuno che ha acquisito tutto da solo, che ha fatto reale esperienza di tutto ciò che dice, che ha l'esperienza, l'eccitamento e l'estasi di tutto ciò che dice. È un vero Maestro. È in virtù del fatto che Ramakrishna Paramahamsa era un Maestro perfetto e che potè avere Vivekananda, che era un degno discepolo di questo esemplare Maestro. Gesù era un Maestro esemplare, che aveva i Suoi discepoli. Perciò un Maestro è persona di genuina esperienza, di divina abilità, sotto la cui guida un discepolo viene fatto progredire.

Il secondo punto è che un discepolo non si affiderà a informazioni prese a prestito. No. Un discepolo esige l'osservazione personale. Vuole avere una sua propria esperienza. Vuole passare attraverso quell'esperienza, provarne l'eccitazione, e la gioia di esserci arrivato da solo. Un discepolo desidera essere originale. Vuole l'esperienza personale e non prende le informazioni a prestito da qualcun altro. Questa è la seconda caratteristica, o qualità, di un discepolo.

Il terzo punto è che un discepolo non dipenderà mai dalla sua mente, dalle sue emozioni, dalle sue passioni, dalla sua capacità di ricapitolazione, o dalla sua memoria. No! Un discepolo lavora a livello del cuore, non attraverso la mente. Quando la mente lavora, è in grado di ricapitolare. Quando la mente opera, è in grado di registrare; quando la mente funziona, può esprimersi. Invece il cuore non ha parole, è totalmente silenzioso. Il cuore non si esprime, no! Il cuore "sente", e basta.

Se qualcuno chiedeva a Vivekananda: "Swami, perché sei stato con Ramakrishna Paramahamsa così a lungo? Che cosa ha fatto sì che tu diventassi discepolo di Paramahamsa?" La risposta di Vivekananda era: "Solo il mio cuore lo sa: non so dirti altro". Se chiedete a qualcun altro: "Perché sei con quell'insegnante?" potrete ricevere risposte del tipo: "Ha ricevuto molte medaglie! È un insegnante fantastico, di altissima reputazione". Vi saprà dire la causa, la ragione e le basi della sua scelta di stare con quell'insegnante. Ma un Maestro influenza il discepolo in tal modo, lo "possiede" in un modo tale che non è possibile spiegare come e perché. Potete solo farne esperienza.

"Sì, Gesù era un Maestro"
"Perché?"
"Non lo so"
"Paramahamamsa è il tuo Maestro: perché?"
"Non saprei dirlo"
"Ramana Maharshi è il tuo Maestro?"
"Sì, penso di sì"
"Perché?"
"Non me lo chiedere"

Perché? Perché è il sentimento del cuore, che non si può esprimere, che non può essere compreso, che non può essere valutato, in quanto non è misurabile e va oltre la mente. Questo è il terzo punto.

C'è poi da dire che un discepolo è un discepolo per sempre. PER SEMPRE! È un contratto a vita. Non ha niente a che vedere con un processo limitato nel tempo. La relazione fra l'insegnante e lo studente è limitata nel tempo, mentre quella fra il Maestro e il discepolo non è vincolata al tempo. È per tutta la vita.

"Chi è il tuo Maestro?"
"Il Tal dei Tali"
L'anno dopo:
"Chi è il tuo Maestro?"
La risposta deve essere:
"Lo stesso"

Non potete rispondere: "L'anno scorso il mio Maestro era..." Dimenticatevelo. Il tempo passato è irrilevante rispetto alla relazione Maestro/discepolo. È una relazione di continuità per tutta l'eternità. È presente e continua. Non è mai passata o finita. Spero di essere stato chiaro. "Il mio Maestro è...": questo è tutto. Non possiamo dire: "Sarai il mio Maestro". No! Non c'è alcun futuro in discussione! Né potremo dire: "Sei stato il mio Maestro". È assurdo! Il passato ed il futuro non esistono nella relazione fra Maestro e discepolo perché é una associazione a vita, un legame d'Amore a vita , un continuo viaggio, ed un incessante flusso d 'Amore.

Un insegnante ha bisogno di una lavagna con un pezzo di gesso bianco, un paio di studenti interessati ed un'aula con dei banchi. Un Maestro non insegna restando al di fuori dello studente. Non deve necessariamente spiegare restando fuori di voi, no! Un Maestro comunica con voi dal di dentro. Un Maestro vi parla interiormente, direttamente da dentro di voi. Non è in alcun modo al di fuori di voi. Un Maestro vi incita, vi comanda, vi incoraggia. Non è necessariamente esterno a voi. È fondamentalmente "interno" a voi.

Bhagavan Baba, il Divino Maestro, per il Darshan del quale ci rechiamo al Mandir alla mattina e nel pomeriggio, non è solo all'esterno di noi, è anche dentro di noi. Il Maestro esterno è anche il Maestro interiore. Ma un insegnante è solo fuori di noi, mai dentro. Se l'insegnante fosse dentro, che confusione ne deriverebbe! Sarebbe di enorme disturbo per gli studenti, perché solo quando l'insegnante è esterno, essi possono aspettare il suono della campanella e disperdersi! (Risate)

Quindi, amici miei, il Maestro è dentro di voi: vi sollecita. vi dirige, vi incoraggia e vi circuisce. Vi consola e vi parla dal di dentro; vi incita. Che cosa spinge la gente a venire qui? Che cosa fa sì che la gente compia tante attività di servizio nell'Organizzazione Sri Sathya Sai in tutto il mondo? È l'insegnamento del Maestro interiore.

Vi faccio un esempio, ma non scenderò in dettagli, per non far correre dei rischi agli impiegati interessati, in quanto ne andrebbe di mezzo la loro credibilità. Non scenderò in dettagli, sebbene ne sia perfettamente a conoscenza.
Successe che una persona, che era una cliente regolare delle banche qui a Puttaparthi, si recò in una banca a cambiare un assegno che le era stato dato ma, per errore, nel cambio di detto assegno il cassiere le consegnò 10.000 rupie in più di quanto dovuto.
Dopo le due del pomeriggio, gli impiegati della banca controllarono i libri mastri, i libri dei conti e le transazioni bancarie di quel giorno e si resero conto che mancavano 10.000 rupie. Riuscirono anche ad identificare chi aveva ricevuto i soldi in più. Visto che ci troviamo nell'era di Kali è probabile che i soldi dati erroneamente in più non vengano restituiti. Bisogna già essere soddisfatti se nessuno i soldi te li ruba!

Allora, che cosa si poteva fare? Tre o quattro impiegati risultavano responsabili dell'incidente, avendo l'uno ritirato il libretto di risparmio, un altro avendo passato l'assegno, un altro ancora avendolo porto al cassiere, ed il cassiere stesso, avendo pagato l'importo sbagliato al cliente. Perciò erano tutti responsabili, non solo il cassiere, perché tutti avevano firmato. Tutti loro parlavano già di dividere l'importo pagato erroneamente fra di loro, trovare in qualche modo i soldi per coprire l'ammanco e sanare la situazione entro le cinque del pomeriggio.

Esaminiamo la sequenza dei fatti: alle due del pomeriggio uno degli impiegati andò dalla signora e le disse: "Senta, signora, mi sono reso conto che per errore le ho pagato 10.000 rupie in più di quanto le spettava". La signora rispose: "No, no! Le banconote sono nuovissime. Sono sicura che non mi avete pagato niente di più del dovuto".

Che fare? L'impiegato tornò ed era già rassegnato a dover dividere la perdita con gli altri. Ma alle cinque del pomeriggio la signora entrò in banca. "Mi dispiace, signori! Ho detto di aver ricevuto la cifra esatta, ma non avevo contato il denaro. L'ho contato di nuovo e vi restituisco le 10.000 rupie che mi avete dato per sbaglio!"

Il direttore le chiese: "Madre, che cosa l'ha indotta a restituire il denaro?" La donna rispose: "È stato Baba a parlarmi dal di dentro: "Vai! Restituisci tutto, immediatamente! Altrimenti non ti permetterò di entrare più nel Mandir" (Risate) "Vai, vai! Restituisci!"
Ecco l'azione del Maestro. (Applausi) Questo è il sentiero del Maestro, che parla dall'interno di noi. Non parlerà, non ha bisogno necessariamente di parlare dall'esterno.

C'è un signore seduto in veranda. È lì regolarmente. Non credo sia necessario menzionare il suo nome, a meno che non mi tiriate per il colletto per sapere tutto, cosa che sono sicuro che non farete (Risate). Questo signore perse la moglie dieci anni fa, e rimase solo con due o tre bambini. Quando sua moglie morì, era così frustrato e deluso che decise di suicidarsi senza dirlo a nessuno. Si mise in piedi sul bordo di un pozzo. Avete visto come sono i pozzi in India: se uno ci salta dentro può morire o non morire affatto, a seconda dello stato del pozzo. Alcuni pozzi sono asciutti! (Risate) Se il pozzo è pieno d'acqua uno può farcela. Se invece è asciutto, dovrà riprovare di nuovo! Il punto è che quel signore era sul bordo del pozzo e ci si voleva gettare per commettere suicidio.

Quel giorno, in quello stesso istante, da un'altra parte stavano facendo una sessione Bhajan. Nel bel mezzo di questa sessione, un uomo si alzò e si mise a correre verso il pozzo, gridando: " Non lo fare! Fermati! Scendi di lì"
L'uomo sul bordo del pozzo gli chiese: "Hei! Come fai a sapere che sto per uccidermi? Non l'ho detto a nessuno! Come lo sai?"
L'interlocutore rispose: "Mi dispiace, prima devi scendere di là. Poi te lo dirò".

Quindi portò l'aspirante suicida al locale Centro Sai dove i Bhajan erano ancora in corso. Dopo l'Arathi, tutti chiesero: "Che cosa è successo? Perché ti sei alzato nel bel mezzo dei Bhajan? Questa è un'azione piuttosto indecente ed indisciplinata! Perché ti sei comportato così?"

"Mi dispiace," rispose il soccorritore dell'aspirante suicida" ma Baba mi ha detto dall'interno di me stesso: "Alzati subito, smetti di cantare i Bhajan! Vai a salvare un mio devoto che sta per gettarsi nel pozzo! Salvagli la vita! Ha dei bambini che hanno bisogno di lui!" (Applausi)

Questa è l'azione del Maestro, che incita interiormente, che ci parla da dentro. Per un insegnante questo sarebbe impossibile, anche se rinascesse mille volte! (Risate) Un discepolo non è totalmente indagatore perché non cerca l'informazione. Un uomo che indaga cerca sempre l'informazione. Vuole saperne sempre di più, per soddisfare il proprio ego, che vuol poter dire di sapere molte cose.

"Come, tu hai letto trenta libri? Io ne ho letti trentuno!"
Oh-ho! Fate bruciare il corpo con i trentun libri!
"Hai letto alcuni 'Vahini'?"
"Li ho letti tutti!"
Be', Vahini significa 'Flusso Continuo', un flusso che porterà via il corpo! Mettete quindi il vostro corpo sulla superficie del 'Vahini'!.

Se si è interessati nella erudizione e si vuole essere eruditi, se si vuole essere definiti "studiosi", si è inquisitori, ricettivi e si è interessati nelle informazioni prese a prestito dagli altri. Ma un vero discepolo non indaga perché è completamente occupato a mettere in pratica ciò che ha imparato. È occupatissimo a mettere in pratica ciò che è venuto ad imparare, tutte le ipotesi che gli sono state insegnate, tutte le dottrine che gli sono state date, tutti i canti che ha sentito, tutte le istruzioni che gli sono state impartite. Un discepolo non è interessato alla conoscenza libresca o all'informazione, non corre da una libreria ad un altra. Un discepolo si rivolge sempre all'interno di se stesso. Vuole essere pratico; vuole sperimentare, questo è tutto. Vuole mettere in pratica.

Arriviamo al punto: il Maestro non si può cambiare mai. Non è cambiabile. È immutabile. Coloro che lo cambiano, hanno cambiato solo la designazione, perché una volta che avete cambiato, avete cambiato il vostro insegnante, non il vostro Maestro. Infatti un Maestro non si potrà mai cambiare, semplicemente perché Egli riapparirà sempre in un'altra forma. Ci sono discepoli di Ramana Maharshi che vedono Ramana Maharshi in Baba. Ci sono discepoli di Gesù Cristo che vedono Gesù Cristo in Baba.

Un Maestro può prendere innumerevoli forme allo scopo di farvi raggiungere la meta.

"Hei sciocco! Sei andato là! Ma non sai che io sono proprio la forma da cui sei andato?" (Con la nostra mentalità , la nostra follia diviene palese!)
Insomma, un Maestro non si può mai cambiare. Anche se sembra che abbia cambiato forma, non sarà vero. Perché? Perché, se decide, può semplicemente cambiare la Sua forma in qualsiasi altra forma egli desideri!

Infine vi voglio dire che avete massimamente bisogno della presenza del Maestro. Uno studente non può stare in costante compagnia dell'insegnante. Un discepolo invece sta più tempo possibile in compagnia del suo Maestro.

"Dove sono?" - Sono nella posizione di uno studente, con il permesso di fare una visita? Sono uno studente, che si trova qui per leggere e memorizzare? Sono uno studente, che va da un luogo all'altro, che si affida alle informazioni prese a prestito, che impara su ciò che sente o sul materiale scritto? Sono uno studente?" Dovrei cominciare ad essere quello innanzitutto.

Dallo stato di studente, poi, devo crescere e arrivare allo stato di discepolo: cioè a realizzare il Maestro interiore. Dovrei parlare a livello del cuore, mantenendo un contratto a vita con il cuore. Dovrei rivolgermi alla mia interiorità, mettendo in pratica tutto ciò che mi è stato insegnato e stando in compagnia del Maestro al massimo delle mie possibilità.

IL DEVOTO: IL RAGGIUNGIMENTO DELLO STATO DI UNITÀ

Completerò questa discussione menzionando l'ultimo stadio, quello del devoto. La meta finale è quella di essere un devoto. Come studenti, siete separati. Quella fra studente ed insegnante è una relazione "duale". Come discepoli vi avvicinate al Maestro: questa è una relazione "non duale", è una relazione di "non-dualismo qualificato".

Poi arriviamo al devoto e alla relazione fra il devoto e Dio.

La relazione fra un devoto e Dio è non-duale. In questa relazione non c'è niente di simile allo stare col Maestro o col discepolo. Il devoto è UNO col Maestro. Potete anche dire che ha totale identificazione col Maestro e che lui ed il Maestro sono Uno ed Uno solo. Il pensiero costante sul Maestro e la costante meditazione su di lui lo renderanno il Maestro stesso. Chi conosce Brahma diventa Brahma egli stesso".

Se il discepolo resta in costante contemplazione del Maestro diventerà il Maestro egli stesso. Prenderà anche l'aspetto fisico del Maestro. Bharata assomigliava moltissimo a Ramachandra perché pensava costantemente a lui.

La relazione di un devoto, amici miei, richiede che voi siate come il Maestro. La Sua vita dev'essere il vostro messaggio. Fate che il Suo messaggio sia la vostra vita, proprio come il mio Maestro, Bhagavan Baba, è la mia: "La vita è Amore", perciò che la mia vita sia piena d'Amore. Il mio Maestro, Bhagavan Baba, è Verità, perciò che la mia vita sia tutt'uno con la Verità. Il nostro Bhagavan è completa Pace, allora che io sia pacifico con me stesso. Bhagavan è immerso nella beatitudine, perciò che anch'io sia immerso nella beatitudine.

Questa pratica, questo genere di coltivazione o sviluppo delle caratteristiche del Maestro è necessaria per diventare noi stessi il Maestro. Diventiamo una replica, una copia a carta carbone di Lui, tramite una totale identificazione con Lui. Questo è ciò che chiamiamo una relazione "non-duale", lo stato finale.

In secondo luogo, qui non si tratta di informazioni prese a prestito dall'informazione originale. Si chiama Prajnana Brahma, intendendo con questo la consapevolezza stessa. Voi ora siete quella consapevolezza.

Che cosa si intende con "consapevolezza"? Non è la vista della scena: voi siete l'osservatore, colui che vede. Non è l'azione dell'ascoltare un suono, voi siete l'ascoltatore. Non è la lingua che gusta: voi siete lo spirito che sta dietro tutto questo. Non si tratta del microfono o della lampadina, ma dell'elettricità che passa attraverso di loro. Siete l'osservatore dietro l'occhio, siete l'ascoltatore dietro l'orecchio, colui che incita all'azione, l'Abitante, il Sé, lo Spirito. Si percepisce l'Atma. Questa è la consapevolezza. Consapevolezza dell'Atma, Spirito, o Anima: questo è ciò che è più importante.

Terzo, sebbene la mente vi renda uno studente ed il cuore vi faccia diventare un discepolo, voi non siete né la mente né il cuore.Voi siete la consapevolezza stessa. "Tu sei Quello", Tat Twam Asi. Questo vuol dire che voi siete QUELLO: voi SIETE Divini. Non siete separati.

Eccoci al quarto punto: lo studente ha con l'insegnante una relazione che è limitata nel tempo. Il discepolato è a vita. Ma quanto a lungo continuate ad essere un devoto? Non ha niente a che vedere con questa o con un'altra vita. Dobbiamo essere già stati con Shirdi Baba. Per questo siamo arrivati qui. Nessuno di noi è qui per sua decisione: amici miei, per favore, credete a questa mia affermazione! Nessuno di noi è qui per suo conto. Non andiamo da nessuna parte senza motivazione, senza profitto. Ma siamo venuti qui, non per nostro volere. Siamo stati portati qui. Siamo qui per volontà di Bhagavan.

Perciò capite che questa relazione devoto/Maestro non è né limitata nel tempo, né è una relazione a vita. È una relazione trascendentale. Trascende le limitazioni del tempo e dello spazio. Non ha limiti. Non posso dire che questa sia solo per tutta la vita. No! Essa continuerà anche nella prossima vita. Questo è il motivo per cui Bhagavan ha detto ad un signore: "Ti conosco da dieci delle tue vite". Quando Ghantasala, un famoso cantante del mondo del cinema (il cui nome continuerà a risuonare finché la luna ed il sole rifulgeranno sull'Andhra Pradesh) si trovava qui, Bhagavan gli disse: "Ti conosco da dieci vite e ti prenderò per molte vite future". Perciò non possiamo dire che è "per tutta la vita". Dopotutto, che cosa sappiamo di questa vita? Domani possiamo essere "senza" vita! Quindi non dura solo per tutta la vita, no, no! Niente tempo, niente spazio. Voi ed io siamo Uno. Tutto qui. Questo è trascendentale.

Alla fine cominciate a "sentire" che siete Dio. Tutte le vostre parole sono Divine; tutte le vostre azioni sono Divine, tutti i vostri pensieri sono Divini. Voi avete l'esperienza: "Io sono Brahma". "Io sono Dio": lo stato di Aham Brahmasmi.

L'ultima parola è il punto seguente: solo Baba ha detto questo. Per favore, tenetelo a mente. Solo Baba ha detto questo. La storia non ha registrato nessun altro che lo abbia detto. L'espressione Vedica usata dall' "alto livello" costituito dai saggi, dai santi, dai veggenti e dagli uomini lungimiranti e forti, persino quelli al livello di Adi Shankara, si fermò al livello di 'Aham Brahmasmi' , o 'Io sono Dio'. Baba è andato oltre, perché Egli è il Maestro supremo. Che cosa ha detto? Ha detto solo questo, cari amici. Sarò molto felice se di tutte le cose ciò che ho detto vi resterà in mente solo questa quando ve ne andrete di qui (non importa se dimenticherete tutto il resto).

"Voi siete Dio" significa che voi e Dio siete separati. (C'è una piccola implicazione di separazione a causa dei due differenti nomi di "tu" e "Dio". Cioè quando dico "Io sono Brahma", l' "io" e "Brahma" sono sottilmente separati.
Allora Baba dice: "Io sono Io". Questo è tutto. (Risate ed applausi)
Nessun altro lo ha detto, amici miei, né lo dirà mai: "Io sono Io". Tutto qui. Questa è l'ultima affermazione e l'ultima esperienza. Se dico: "Io sono Dio", intendo che io sono qui, Dio è là, ed io sono Quello (Dio è là). No, non è questo o quello: "Io sono Io". Questo è lo stato finale del devoto.

Prima di salutarvi, vi chiedo ancora: "Dove sono?" Sono nella posizione dello studente? Del discepolo? O sono nella posizione del devoto? "Dove sono?" Ognuno può trovare la risposta da sé.

Questo è un processo di trasformazione, di evoluzione. È un processo di cambiamento di livello, di salto da un livello ad un altro. Rimanere a scuola, all'università, o al livello del dottorato significa restare al livello del frutto acerbo. Ma noi vogliamo sperimentare la maturità, il frutto dolce, la realizzazione del Sé. Un bocciolo si deve trasformare in fiore, che un giorno diventerà un frutto maturo. Se fallisce in questo processo, non ci sarà ulteriore sviluppo, non ci sarà metamorfosi.

Perciò, amici, non dobbiamo essere insoddisfatti di essere degli studenti e non dobbiamo sentirci frustrati se siamo dei discepoli. Un giorno sia lo studente che il discepolo diventeranno devoti. Quella sarà la nostra fortuna!

Sai Ram!