Satsang

Incontro domenicale con Anil Kumar

11 febbraio 2001

Bentornati alla sessione domenicale!
Umilmente mi prostro ai Piedi di Loto di Bhagavan.

Cari fratelli e sorelle!
C'incontriamo nuovamente dopo un lungo periodo, infatti, l'ultima volta fu in occasione di Sankranthi, cioè prima dell'11 Gennaio.* Molte cose sono successe e voi tutti lo sapete. Quindi alla fine di questa lezione condividerò con voi quanto è accaduto nel frattempo.

Mi sento incoraggiato a rendervi partecipi della conversazione tenutasi ieri sera con Bhagavan Baba. Da un punto di vista spirituale è estremamente educativa, piena di spunti, e serve come guida in particolar modo ai ricercatori ed aspiranti. Per questo desidero presentarvi alcuni dei punti che ho potuto annotare.

La prima osservazione che Bhagavan fece ieri sera dopo le sue regolari udienze fu la seguente: "Se vi comportate secondo quanto vi dico, voi sarete felici ed Io sarò felice. Se seguite i miei comandi voi sarete felici ed Io sarò felice".

Seguendo la stessa lunghezza d'onda Bhagavan disse un'altra cosa:
"Alcuni di voi sono dispiaciuti perché non rivolgo loro la parola; alcuni stanno male perché li evito. Che gusto c'è a parlarvi se voi non mi seguite? Perché dovrei parlarvi se non vi comportate in conformità alle mie direttive? Perché dovrei perdere il mio tempo?"

L'esempio successivo che Egli diede per illustrare questo punto è il seguente: "La calamita attrae la limatura di ferro. La calamita attrae.
Analogamente, Io sono la calamita e quindi vi attraggo. Vi attiro a me, sempre più vicino, se soltanto mi seguite". Questo ci induce a trarre determinate conclusioni e chiarisce alcuni punti delle affermazioni di Bhagavan.

Una volta Egli ci sottopose la seguente domanda: "Qual è il tipo di ferro che non viene attratto da una potente calamita? Può forse un ferro qualsiasi dire - "la calamita non riesce ad attrarmi; quella calamita era talmente mal ridotta che non è riuscita neppure ad attrarmi". Se un ferro dicesse: "Oh calamita non gliel'hai fatta" - La calamita risponderebbe - "Non sono io ad aver fallito, ma tu piuttosto perché, o brutto ferraccio, non sei puro! Sei pieno di ruggine e di polvere, per questo non ti attraggo".

Quindi alcuni pezzi di ferro non vengono attratti, non perché la calamita non ne abbia il potere o abbia perso il suo magnetismo. La ragione vera è che il ferro è completamente arrugginito ed insudiciato.
Pertanto, tornando agli insegnamenti di Bhagavan di ieri, qualcuno di noi non viene attratto; psicologicamente, fisicamente, intellettualmente o spiritualmente non riesce a sentirsi vicino a Bhagavan a causa della ruggine e della polvere.

Se io sono il ferro e Bhagavan è la calamita, cos'è questa ruggine e questa polvere? Il desiderio è la ruggine e la polvere è l'attaccamento, che ricoprono me, il ferro.
Per questo motivo Bhagavan, la potente calamita, non ha potuto attrarmi. L'attaccamento è di mia fattura, non siamo nati equipaggiati di attaccamenti, ma questi si sono sviluppati con il passare del tempo. Non nasciamo né con l'attaccamento né con il desiderio. Col trascorrere degli anni i desideri si sono presentati uno dietro l'altro. Desideri ed attaccamenti si sono moltiplicati in proporzioni geometriche. Il fallimento è quindi nostro, non della calamita.

Ecco un altro esempio che Bhagavan fece molto tempo fa. Il piccolo Krishna era un bimbo molto birichino, un briccone dal punto di vista spirituale. Anche noi possiamo essere bricconi, ma non possiamo permetterci di esserlo spiritualmente. Ogni malafatta di Krishna non ha, tuttavia, un significato ordinario, è il Suo gioco Divino, un miracolo. Tutte le azione di Krishna esprimono il gioco di Dio, rappresentano la Sua Volontà ed un insegnamento all'umanità.

Da bambino Krishna correva ovunque. Alla mamma Yasoda arrivavano perciò lamentele rivolte contro il suo monello. Tutti i vicini si lagnavano del bricconcello Krishna, perché si intrufolava nelle loro case, si beveva il latte senza che gli venisse offerto, si prendeva il burro senza chiedere e per di più rompeva gli orci. Era un gran disturbo per tutta la comunità. Tutti i vicini dicevano: "Chi rompe gli orci? E' Lui il ladro del burro, del latte, della cagliata; non ne possiamo proprio più!"

Tali erano le lamentele che arrivavano alle orecchie di mamma Yasoda, che prendeva tutto molto seriamente e quindi pensava: "E' ora di mettere questo bambino sotto controllo, tutto ha un limite!" Un bel giorno Yasoda prese una canna (le busse erano di moda anche allora) e con quella andò in cerca di Krishna per suonargliele (naturalmente se ciò avvenisse oggi negli Stati Uniti, la faccenda finirebbe in tribunale per abuso di minori).

Quindi con la canna in mano Yasoda cominciò a cercare Krishna, che però furbescamente si nascondeva. La povera donna correva su e giù, ma essendo anziana non ce la faceva a stargli dietro. Era disperata, frustrata ed irritata per il comportamento di Krishna. "Come faccio a prenderlo adesso? Se non lo acchiappo ora, c'è il rischio che mi passi la rabbia!
Quel ragazzaccio mi fa magari un bellissimo sorriso, che tutto cancella come un soffio di vento ed io vengo trascinata via dalla brezza dei sorrisi del Signore! Devo quindi suonargliele adesso!"

Yasoda allora si guardò in giro in tutte le direzioni, finché finalmente vide le impronte di Krishna. Cosa erano quelle impronte? Potete forse vedere delle impronte qui? E' impossibile; ma Yasoda poté vedere le impronte di Krishna su un pavimento come questo. Infatti, Egli entrava con i piedi nei contenitori di latte per bere il latte conservato in recipienti posti su uno scaffale superiore. Poi scappava da un'altra parte, per rubare il burro e anche qui entrava con i piedi in altri orci di latte!

Vedendo arrivare la mamma con una canna in mano, Krishna saltò giù dagli scaffali e se la diede a gambe levate, lasciando le impronte dei suoi piedi unti di latte e burro su tutta la strada. Yasoda, però, capì:
"Ecco le impronte di burro e latte". Osservandole, pensò "seguirò queste impronte" ed, infatti, riuscì finalmente ad acchiappare Krishna.

Bhagavan Baba spiegò. "Proprio come Yasoda poté acchiappare Krishna seguendo le Sue impronte, senza le quali non gliel'avrebbe fatta, così il devoto dovrebbe camminare seguendo le impronte di Dio".

Quali sono le impronte di Bhagavan? Latte, burro, cagliata? La cagliata del servizio, il burro dell'Amore e il latte del sacrificio. Quindi il burro, la cagliata ed il latte equivalgono ad amore, servizio e sacrificio. Chi vuole seguire le impronte del nostro Signore Bhagavan Sri Sathya Sai Baba e vuole arrivarGli vicino, deve tener d'occhio le Sue impronte di sacrificio, amore, servizio. Ecco ciò che ho capito di quanto Egli affermò ieri sera.

Il secondo punto è il seguente. Uno dei presenti domandò: "Bhagavan, noi sappiamo che Tu sei Dio, ma perché non ti seguiamo? Perché non riusciamo a seguire le tue impronte, perché mai deve essere così?"

Bhagavan diede una bellissima spiegazione: "Voi affermate che amate Dio, ma non avete fede in Me. Voi conoscete: ma conoscere è una cosa, fede in ciò che si conosce è tutt'altra". Noi sappiamo che Baba è Dio.
Molto bene, ma non abbiamo riposto fede in ciò che sappiamo. Pertanto, Bhagavan dice: "Voi sapete questo, sono d'accordo, ma non avete fede in ciò che conoscete". Quindi sapere che Baba è Dio non è sufficiente, si deve avere fede nel fatto che Egli lo sia. Solo allora saremo capaci di seguirlo.

Baba fece anche un altro esempio. La mamma prepara molte leccornie; ne prepara una quantità, dolci, piccanti e altro. E' felice con suo figlio e prepara tutte queste buone cose. Ma il figlio vuole andare all'Holiday Inn o in un albergo a cinque stelle come l'Oberoi. Quello che è stato preparato a casa, nutriente, salutare ed in perfetta igiene, non è apprezzato dal figlio, egli preferisce comperare qualcosa fuori e gustarselo. "Perché stiamo qui in casa, andiamo in un albergo a cinque stelle". Analogamente, mentre la Grazia di Dio è in abbondanza ed il Suo Amore infinito, la gente corre altrove per mancanza di fede.

Per ricapitolare: in primo luogo, non riusciamo a seguire le impronte di Dio per mancanza di fede. In secondo luogo, abbiamo dimenticato l'immensurabile valore della Divinità e come vagabondi vaghiamo qua e là; come il figlio, che non riconosce le proprietà ed il valore dei biscotti e delle ciambelle fatte in casa dalla mamma, ma corre fuori ai bar e ristoranti. Questo è ciò che Bhagavan ha asserito.

Come terzo punto (tutti i punti sono collegati fra di loro) Egli affermò che noi vogliamo fuggire via da Dio. Perché non vogliamo seguirlo?
Due motivi sono già stati visti; qual è il terzo che ci rende indifesi, che ci fa fuggire dalla Sua vicinanza? Swami fece il seguente esempio.

Tutti voi conoscete il budino di riso, una specie di dolce come i "laddu" che Bhagavan spesso distribuisce. La mamma prepara a casa questi dolci, ma non sempre li da a suo figlio. Perché? Il figlio ha il diabete, ma questi non capisce e si domanda: "Perché la mamma non mi ha dato il dolce, ne da a tutti, ma a me no, eppure c'è ne così tanto. Ne da due o tre pezzi a tutti e a me neanche un boccone. Cosa significa tutto ciò?
Ma è una madre questa? Beh, è proprio ora di andarsene da casa!"

Alcuni dei nostri desideri non vengono soddisfatti, alcune ambizioni non sono esaudite, qualche nostro tentativo ottiene solo insuccesso.
Certi nostri sforzi vanno completamente fuori bersaglio: fallimento totale in affari o in qualche altra attività. Ci sentiamo quindi molto frustrati. Allora diciamo: "Penserò a Dio un'altra volta. Adesso lasciatemi piangere!"

Nei momenti di sconfitta, sofferenza, tribolazione, calamità e tragedia è ancora più imperativo e necessario stringersi a Dio. Perché? Bhagavan fece un esempio: la mamma picchia il bambino, il piccolo capriccioso, che corre qua e là fra le file del darshan disturbando tutti (come fanno davvero alcuni bambini), proprio quando Swami si incammina verso quella direzione. Naturalmente comincia subito a piangere, come se non lo potesse fare prima o dopo. Quando un bambino si comporta in tal modo, la madre non sa più che pesci pigliare; e allora cosa fa? Lo acchiappa e lo picchia. Il bambino piange, ma ora non scapperà più via da lei, caratteristica questa naturale a tutti i bambini. Quando il bimbo viene picchiato, si stringe alla madre, si aggrappa a lei, l'abbraccia sempre di più e la tiene stretta.

Analogamente, la persona sofferente, depressa, colpita da miserie, inguaiata, sconvolta o in difficoltà dovrebbe stringersi di più a Dio in questi momenti che durante i periodi tranquilli, comodi, soddisfacenti o di quando si trova in luna di miele.

La vita non è tutta una luna di miele! Nessuno ha mai osato dare un nome a tutto il resto che la vita riserva! Si è dato un nome solo al primo periodo - "luna di miele". Si ha però paura a denominare ciò che segue. Al primo periodo viene attribuito un nome attraente, per poter assaporare il gusto della vita. Al periodo successivo non viene attribuito alcunché, perché è più da vivere che da raccontare.

Il bambino dovrebbe capire che la mamma non gli da il dolce non perché non abbia affetto per lui, ma proprio per il suo bene, essendo egli diabetico. La mamma desidera che viva a lungo; è per amore suo che non gli offre il dolce. Questo sarebbe il giusto modo di comprendere le situazioni.

Amici miei, come dice Bhagavan, i desideri non vengono soddisfatti nel nostro stesso interesse. Alcuni programmi falliscono, proprio per il nostro bene. Alcuni sogni non si realizzano per il nostro miglioramento.
Se ragioniamo in questo modo non ci allontaneremo mai dalle Mani di Dio.

A questo punto domandai: "Swami, perché il sentiero spirituale è così difficoltoso? E' così duro, perché tu mi ignori, non mi guardi, non mi chiami e per di più ci sono tutti gli ostacoli della vita. La gente pensa che io sia un devoto e chi mi conosce sa di tutti i miei dolori, ma allora perché il cammino spirituale è così irto?" Bhagavan rispose: "il sentiero spirituale non è mai duro. Non è mai aspro se è veramente spirituale."

"Allora il sentiero che io percorro non è spirituale?" La via è addirittura incerta adesso! Ne consegue quindi che noi seguiamo il sentiero spirituale per ottenere benefici e guadagni materiali. Pertanto la ragione recondita, per cui noi seguiamo il sentiero spirituale, non è quella di raggiungere un fine o un obiettivo spirituali, bensì per conseguire uno scopo mondano.

La meta è effimera, transitoria, focalizzata sulla soddisfazione dei sensi: proprietà, posizione, potere, autorità, reputazione e fama sono in realtà gli obiettivi e la meta, anche se il sentiero è apparentemente "spirituale".
Ciò vale per tutti noi. Conseguentemente, troviamo il sentiero spirituale aspro e duro per il semplice fatto che esso non è spirituale, bensì è finalizzato, fondato su un bisogno, orientato verso il mondo.

Fece seguito a ciò un'altra domanda: "Bhagavan, perché incontriamo così tanti ostacoli e difficoltà sul sentiero spirituale? Dovrebbe essere come una piacevole corsa su un'autostrada, un volo diretto senza scalo.
Perché tutti questi ostacoli?"

Sapete cosa rispose Bhagavan? "Non esistono ostacoli nella via spirituale, sono semplicemente fabbricati da voi; essi sono la crescita, la manifestazione o l'espressione degli incespicamenti e dei blocchi della mente. La mente è l'ostacolo più grosso".

Allora perché trovo tutti questi ostacoli sul cammino spirituale?
Quando i freni della mia automobile non funzionano, non posso biasimare la strada! La strada non ne ha colpa. C'è piuttosto qualcosa che non funziona nell'acceleratore, nel motore o nei freni. Il mio veicolo non è in condizioni perfette. Io do la colpa alla strada, ma la gene dice: "Sei tu fuori posto, è il tuo veicolo che non funziona adeguatamente".

Amici miei, imboccato il cammino spirituale, gli ostacoli non provengono dall'esterno, non ci vengono addossati o portati da qualcuno. Non esistono nemici né animosità, proprio nulla. Il più grosso impedimento, lo scoglio maggiore, la peggiore fonte di guai è proprio la nostra mente.

Riflettendoci, sembra piuttosto impossibile, perché passiamo il nostro tempo prevalentemente nello stato mentale. Infatti, se parlassi senza usare la mente, sono certo che la settimana prossima questa sala sarebbe completamente vuota! Eseguo il mio lavoro in ufficio con una mente più che mai sveglia. Se essa non fosse vigile, rischierei di finire nei guai. Negli USA arrivano dei bigliettini rosa: "Grazie per i suoi servizi, essi non sono più richiesti". E alla fine della settimana ne arriva un altro: "Grazie per i suoi servizi, gradisca i nostri migliori auguri!" Ciò significa che non ti vogliono più.

Perciò la mente deve essere sempre attenta. Se in un laboratorio non si è mentalmente vigili non si possono capire i risultati degli esperimenti oppure si rischiano situazioni pericolose, poiché la combinazione delle varie sostanze chimiche potrebbe schizzare sul nostro corpo invece che andare in provetta.

Pertanto funzioniamo sempre a livello della mente: ovunque, in ufficio, con gli altri, a casa. Essa è molto attiva e ci aiuta anche a comprendere i problemi; ha, però, due facce: è il miglior amico ed il peggior nemico. E' il miglior amico nel mondo, dove è necessaria una mente vigile. Perché la mente è sempre estroversa, è sempre rivolta all'esterno, segue sempre il sentiero esteriore, Pravritti marga.

Ad esempio, posso essere solo, ma pensare alla scuola. La mente pensa alla scuola esternamente a me. Chiudo gli occhi, ma non ho chiuso la mente. Per questa ragione la meditazione in molti casi non da alcun risultato. Siamo bravi nel sederci eretti, ma solo perché abbiamo mal di schiena, quindi è un esercizio fisico! Siamo bravi nel chiudere gli occhi, forse perché nessuno ha bisogno di guardarci e noi non abbiamo nessuno da guardare. Si possono chiudere gli occhi, sedersi eretti con le gambe incrociate, ma ciò non è meditazione, è solo un esercizio fisico, una ginnastica. Non sto disprezzando questa procedura che può essere necessaria all'inizio, perché da qualche cosa si deve pur cominciare, ma non può certo essere il traguardo. Cos'è la vera meditazione, lo stato di meditazione autentica? E' il ritiro della mente. Dov'è la mente e come ci si ritira dalla stessa?

Se dovessi dire "Questa mano è un ostacolo" potrei semplicemente tagliarla via. Se la gamba fosse un ostacolo, la potrei amputare. Ma poi dov'è la mente? Forse non riuscirò a darvene una definizione appropriata e spiegarvi dove essa sia, ma posso tentare di esprimerlo ugualmente.
La mente non è altro che pensiero e pensiero è la mente. Assenza di pensiero, o ritiro dei pensieri, è meditazione. La condizione di assenza della mente, ritiro o annullamento della mente è vera meditazione.
Quindi il più grosso ostacolo non è importato, generato o fabbricato; è intrinseco, perché la mente è dentro di noi. Quando la mente se n'è andata, quando viene rimossa mediante l'assenza totale dei pensieri, non ci sono più ostacoli e siete quindi sul sentiero spirituale.

Che bellissimo esempio ci diede Bhagavan. Osservate il ragno, produce la sua tela, nella quale si trova in stato di arresto, la tela è la sua prigione, ma nessuno l'ha arrestato, messo in manette e dietro le sbarre! Il ragno ha tessuto la tela da solo e da solo si è stabilito in essa senza poterne più uscire, finché un bel giorno muore.

Così il processo mentale è di nostra produzione, il flusso continuo dei pensieri è di nostra fattura. Il ritiro dei pensieri è nelle nostre mani. Non essendo capaci di arrestarli, consentendo loro di scorrere uno dopo l'altro, tessiamo una tela intorno a noi stessi e diventiamo dei ragni! Alla fine non ci resta che essere reclusi.

Cosa dobbiamo fare, amici miei, per fermare la mente, per rimanere senza pensieri? Questa è la domanda successiva. E' facile dire: "Blocca la mente!" Ancora più facile è dire "Fermate i pensieri!" Come? Voi siete assai generosi ed educati e non mi sfidate con domande difficili.

Ora rivolgo a me stesso questa domanda: "Come fermare la mente restando senza pensieri, come trascendere il mondo dei pensieri? Come attraversare l'orizzonte della mente e le sue frontiere? Come non essere affetti dalle aberrazioni psicologiche?"

Bhagavan da alcuni esempi di facili tecniche. La prima è una risposta assolutamente spirituale. Un pensiero mi è venuto proprio adesso; chi lo percepisce? Questo pensiero è venuto a me; questo significa che io sono l'osservatore; io osservo il mio pensiero. I pensieri giungono uno dopo l'altro, particolarmente durante la meditazione (altrimenti non ci sarebbe nessuno a disturbarmi!).

Pertanto devo essere conscio, consapevole dei miei pensieri. Quale pensiero mi viene ora? "La mensa occidentale". Bene, ma non mi ci sono soffermato. Poi ho pensato: "Darshan del pomeriggio; riuscirò ad andare in prima fila o con qualche trucco mi farò riservare un posto?" Ogni istante sviluppo un pensiero nuovo - "Quando parte Swami? Starà qui fino a Sivarathri o se ne andrà prima, o magari non parte per niente?" Ed i pensieri non ti lasciano decidere, è una tragedia.

E' arrivato un pensiero; portiamolo a termine e risolviamo il problema. Macché! Prima che tu pensi ad un pensiero, un altro è in arrivo! E' come un cestino pieno di rane; tu raccogli tante rane in un cestino, ma poi che succede? Una salta fuori, e come tu l'acchiappi ne salta fuori un'altra. Fai per prendere questa, ma intanto ne saltano fuori tre in una volta: non sarai mai in grado di prenderle e tenerle tutte assieme nel cestino.

Allo stesso modo i pensieri vengono uno in fila all'altro a velocità tremenda, in modo che non abbiamo mai il tempo di soffermarci su un pensiero ed esaurirlo. Allora osservate i vostri pensieri, siate consapevoli del loro fluire e siate vigili. La consapevolezza del fluire dei pensieri vi mette nella posizione di osservatore. Voi non partecipate, non siete coinvolti nei pensieri, non diventate uno con il pensiero.
Semplicemente vedete il fluire dei pensieri e li osservate. Siete consapevoli dei vostri pensieri ed allo stesso tempo ve ne tenete lontani. Spero di essere stato chiaro.

La condizione di essere un osservatore viene denominata in sanscrito "Sakshi" o con un'espressione Vedantica "testimone". Se allora voi siete osservatori o testimoni del fluire dei pensieri, cosa succede? I pensieri cessano. Per fermare i pensieri, dovete assumere il ruolo di osservatore.

Un piccolo esempio: gli studenti parlano, parlano, incessantemente. Se mi giro verso la lavagna e comincio a scrivere, volgendo loro le spalle, essi continuano a parlare senza pausa, ed io non posso farci niente.
Se invece mi giro verso di loro e li guardo, essi improvvisamente diventano bravissimi, mai visto degli studenti così prima d'ora. Finché tu li guardi. Volta loro la schiena e li conoscerai nella loro versione autentica. I ragazzi sono ragazzi, bisogna comprenderli (una volta anche noi eravamo dei ragazzi. Ora siamo ragazzi cresciuti, ecco tutto!)

Il fatto è che nel momento, in cui l'insegnante guarda gli studenti, ogni rumore cessa, non un suono, non il minimo movimento, nessuna birichinata, essi prestano totale attenzione. Analogamente, finché non inizia la musica preavvisando l'arrivo di Swami, la nostra radio (interiore) va a tutto volume. Anche se il vicino vuole chiudere gli occhi, non glielo permettiamo, perché deve ascoltare la nostra musica.

Quando Swami inizia a camminare per dare il Darshan, noi fermiamo la nostra musica interiore e Lo guardiamo. Allora la ridda dei pensieri cessa, ne rimane uno solo: "Verrà verso questa fila o andrà da quell'altra? Prenderà la mia lettera o la tua? Che gruppo chiamerà per l'intervista?" Non siamo più preoccupati per il visto, per il passaporto o per la prenotazione aerea. Non siamo più preoccupati per il lavoro, il nuovo incarico che dovremo assumere quando saremo di ritorno negli Stati Uniti. Non siamo più interessati ad alcuna assegnazione, affare, transazione o quota di mercato. Ci interessano solo i movimenti di Swami. L'unico pensiero è "Swami sta venendo da questa parte".

Poi cosa succede? Egli chiama alcune persone per l'intervista e quindi scompare dentro la stanza delle udienze. Immediatamente il nostro lavorio mentale riprende. Poi improvvisamente Swami esce di nuovo e si gira.
I pensieri svaniscono per incanto. Chi è in piedi trova subito un posto a sedere senza richiederglielo. Il miracolo di Baba è che la disciplina è auto-imposta. Non c'è un annuncio formale: "Non parlate". Le labbra e la lingua trovano immediatamente i loro limiti non appena guardiamo Swami. Il momento che va via, però, ricominciamo di nuovo.

Analogamente, il momento in cui siamo consapevoli del flusso dei nostri pensieri, che siamo consci della loro sequenza, essi si fermano. Questo è lo stato di non mente, la condizione di libertà dalla mente, quello che viene chiamato "samadhi"; sama (equanimità) + dhi (intelletto): ciò che mantiene lo stato d'equanimità, il perfetto equilibrio, poiché i pensieri sono svaniti.

Noi siamo agitati, disturbati, esultanti, frustrati, orgogliosi, egoisti. A volte siamo depressi solo a causa dei pensieri. Quando nella nostra mente entra il pensiero "Tu sei così e così. Sei un uomo anziano" non abbiamo più voglia di parlare, né di vedere nessuno. Questo è un pensiero egoistico. Se invece pensiamo che gli altri sono più fortunati di noi, questo è un pensiero di gelosia.

Pertanto i pensieri hanno gli attributi o guna. Com'è il pensiero, così è l'espressione. Com'è il pensiero, così è l'azione. Com' è l'azione, così è il risultato. In una condizione, in cui i pensieri si sono ritirati e la mente raggiunge uno stadio di fermo totale, assumendo quella posizione di sakshi, testimone od osservatore, allora potete certamente affermare che siete un'anima realizzata. Potete dire a voi stessi che avete realizzato l'anima.

Naturalmente qui si rende necessaria una precisazione: in realtà non esiste un autentico "tu". Quando dite "io" e "tu" altro non è che l'espressione della mente, perché essa è solita analizzare e distinguere: "Io sono così e così, tu sei così e così". Quando la mente è ritirata, l'io non esiste più.

Se qualcuno vi descrive i risultati ottenuti con la sua meditazione, voi potete udire, ma non ascoltate. Udire significa "di pure quello che vuoi, tanto non mi interessa". Non abbiamo abbastanza pazienza di ascoltare chiunque, se non ne vale la pena, mentre possiamo udire chiunque.
La meditazione o samadhi non è un conseguimento; se qualcuno dice di avere ottenuto un risultato, vuol dire che ne parla come se avesse raggiunto un traguardo. Non ascoltatelo, perché l'"io" non esiste, la separatività non esiste. Le identificazioni personali svaniscono, perché non c'è più mente. Nello stato di assenza di mente non sussiste più alcun senso di ego.

Ora passiamo alla domanda successiva. "Come riconoscere il progresso spirituale?" Il progresso negli affari, nella finanza, nell'istruzione, nella salute o in altri settori della vita può essere misurato, pesato, espresso o valutato. Nella spiritualità invece non esiste progresso, né insuccesso; non c'è alcuna evoluzione, rivoluzione o regressione. La spiritualità non è un traguardo da raggiungere; la religione non è un conseguimento; Dio non è un'acquisizione; Dio non è una persona, Egli è Presenza, Esistenza, Egli è Esistenziale.

Se Dio fosse un oggetto, potreste acquistarlo. Se fosse una persona, potreste ottenere i suoi favori e stargli vicino. Dio non è un oggetto, è soggetto. Egli non si trova nell'oggettività; è nella soggettività che voi realizzate. Egli non è una persona, bensì Presenza, Esistenza, Beatitudine. Dio è danza, musica, estasi, esistenziale. Poiché noi lo guardiamo da un punto di vista oggettivo, siamo incapaci di cogliere il frutto dei nostri sforzi.

Non siamo in grado di realizzare il compimento. I nostri piani non si avverano, perché consideriamo Dio come una persona. Quando invece riusciremo a percepirlo come Presenza, la nostra attitudine cambierà radicalmente. Poiché guardate a Dio come a una persona, siete presi dall'eccitazione: "Swami ha materializzato la vhibuti!"; "Ho avuto l'intervista!"; "Swami mi ha guardato!" - "Oh, come sono eccitato!"

La spiritualità è estasi non eccitazione. Quest'ultima è momentanea, temporanea e dipende sempre da qualche circostanza. Se uno si sente sempre eccitato, c'è qualcosa di sbagliato in lui. Forse ciò è dovuto a ipertensione, che un giorno o l'altro potrebbe causare un arresto cardiaco. L'eccitamento è emozione ed è indice di squilibrio emotivo.

Estasi invece significa stato di beatitudine non duale, espressione autentica, vero modo di vivere gioioso e divertente, splendore cosmico, vibrazione divina. L'estasi porta con sé lo stato di beatitudine suprema. L'eccitazione non è permanente, mentre l'estasi può diventare una condizione permanente. Uno può vivere nell'estasi senza rischi di salute, anzi ne può solo trarre giovamento. L'estasi può essere raggiunta solo con la meditazione, la preghiera o il pensiero rivolto costantemente a Dio, con una mente concentrata, meditativa, contemplativa.

Swami si mise a ridere quando gli fu chiesto: "Cos'è il progresso spirituale?" Nessuno si trova più in alto o più in basso, più avanti o più indietro. Il mio temperamento, però, non è quello di starmene quieto, ma di porre altre domande, finché non mi arriva una doccia. Quindi chiesi: "Esistono diversi livelli di comprensione o di esperienza?"

Swami rispose: "Nella spiritualità non ci sono livelli; considerarsi più in alto non è spiritualità, ma è l'ego che vi fa pensare così!
Assenza di ego è religione. L'ego, nella sua natura, è esperienza materiale, quindi se l'ego incita verso qualcosa, quella è un'esperienza materiale, legata al mondo".

Bhagavan asserisce: "Il progresso spirituale non può essere misurato, perché è Aprameya, non misurabile; esso è nirupamana, incomparabile, avyaktha, senza espressione, achintha, impensabile. Essendo quindi inesprimibile, impensabile, inimmaginabile, come si può parlare di progresso o di fallimento?" Ecco quanto Bhagavan ci spiegò ieri sera.

Infine, per indurci ad una particolare cautela, Egli aggiunse in telugu: "Se voi agite seguendo le mie istruzioni, sarete liberi da ogni accusa; sarete liberi da qualsiasi biasimo; sarete esentati da qualsiasi punizione; starete bene e sarete felici".

Racconterò ancora un paio di punti della conversazione con Bhagavan.
Quando Swami annunciò l'aiuto che sarebbe stato portato, in così grande misura, alle vittime del terremoto nel Gujarat, restammo tutti di stucco! Non riesco neanche ad immaginarmi la cosa: 70 camion carichi di riso, grano, olio, più altri ingredienti per fare la chapati (pane non lievitato), indumenti e circa 1300 tende abitabili.

Swami sta organizzando la spedizione di tutti questi articoli: 70 camion con migliaia e migliaia di pacchi. Mentre Swami illustrava tutto ciò, i numeri da soli mi impressionavano! Non ricordo le quantità esatte, ma erano centinaia e migliaia.

Swami stava elencando: "1300 o 1500 tende abitabili, 2000 sacchi di riso", quando non resistetti alla tentazione di dire: "Swami che grosso aiuto stai dando!" Swami si girò verso di me e disse: "Che cosa hai detto?" Egli di proposito non sente, per obbligarti a ripetere e, nel mio caso, per darmi una lavata di capo. Quando Egli chiede: "Che cosa?" vuol dire che siamo completamente fuori strada. Per quello mi fece ripetere, per far divertire gli altri a mie spese!

"Che cosa hai detto?"
"Swami, che grande aiuto stai dando!"
"Perché dici questo? Non sto aiutando nessuno; tu dici che stai aiutando qualcuno, perché pensi che stai servendo gli altri. Io non sto servendo gli altri, non sto aiutando nessuno. Io sento che tutti voi mi appartenete; sento che tutto mi appartiene; sento che tutti voi siete miei, mia proprietà, la mia gente. Allora perché dici aiuto?"
Non aprii più bocca.

Qualcun altro affermò: "Bhagavan, sei stato via così a lungo da Puttaparthi e, adesso che sei tornato, siamo felici".
E una bella affermazione, si può forse dire che è sbagliata?
Bhagavan rispose: "Io posso non essere qui, ma voi siete qui, non è vero? Voi siete qui, allora perché dite questo?"
Allora, non soddisfatto, volli riformulare meglio la questione, pensando che l'altro non l'avesse esposta adeguatamente e dissi: "Swami, da quando sei ritornato qui i nostri volti risplendono; siamo pieni di gioia, da quando sei di nuovo fra noi!"

Egli replicò: "Ti sbagli, tu sei beatitudine, la beatitudine è dentro di te".
Non volli tuttavia accettare la sconfitta. Quante volte devo perdere nel dibattito? A nessun avvocato piacerebbe perdere la causa proprio tutte le volte che va in tribunale. Almeno una volta nella vita vorrebbe vincere. Perciò ripresi: "Swami, se la beatitudine è in me, come mai la provo adesso che tu sei tornato. Perché non prima?"

Il nostro Signore si girò e mi disse: "No, no, no. E' proprio il pensiero che Io non sia qui, che Mi sia separato da voi, proprio il pensiero della separazione, che ha ricoperto la tua beatitudine intrinseca. La beatitudine in te è ricoperta dal pensiero della separazione, dal pensiero che Io sia lontano da te. Altrimenti essa è dentro di te".
La questione era definitivamente chiusa!

Un'altra domanda: "Bhagavan, Tu non vuoi che io dica che hai aiutato l'Atma che si trova là (Gujarat). Capisco che noi siamo tutti la Tua gente, ma....."
Swami: "Ma cosa?"
"Assicurami che non mi fraintendi se la prendo un po' alla larga, perché so che è una domanda rischiosa".
Swami: "Non preoccuparti, domanda pure".
"Perché non hai impedito il terremoto? Avresti potuto impedirlo. Invece adesso vuoi inviare decine di camion. Il che è come dire: perché devi farmi piangere, per poi consolarmi?"

Allora Swami disse: "Bene". Mi guardò seriamente. Avevo posto questa domanda con la voce incerta e le gambe tremanti. Egli disse: "Le calamità naturali di questo tipo - terremoti, inondazioni - tutto ciò è la legge della natura".

"Ma allora, Swami, i camion e tutto il resto?"
"Questo è l'Amore dell'Uomo".

Quindi le calamità naturali sono le leggi della natura. Il sacrificio, l'aiuto, il soccorso ai poveri, ai bisognosi e agli oppressi, nella misura richiesta dalle situazione, è l'amore dell'uomo. La legge della natura è quello che accade, l'amore dell'uomo è la risposta. Ciò è quanto Bhagavan disse su questo argomento.

Swami asserì un'altra cosa che desidero condividere con voi, perché penso vi piacerà.
Tutti fissavamo Swami senza mai togliergli gli occhi di dosso perché non volevamo perdere nulla.
Improvvisamente Egli chiamò uno studente già laureato: "Ehi tu ragazzo, vieni qua".
Il ragazzo arrivò pensando di ricevere della vibhuti.
Egli gli chiese: "Che cosa stai facendo?"
"Che cosa sto facendo?"
"No, no, no. Tu sei qui fisicamente e mi guardi, ma mentalmente stai pensando a qualcosa d'altro. Sei qui eppure pensi ad altro; presente col fisico ed assente con la mente! Non devi fare così! Proprio adesso stai pensando a tua sorella, non è vero?"

Il ragazzo tremava. Allora io mormorai "Buttati ai Suoi piedi! Questo rimedia la situazione!"
Il ragazzo era abbastanza sveglio, udì il mio bisbiglio e si gettò ai Suoi piedi.
"Va bene, non preoccuparti, va bene".
Baba è così generoso. Non vi guarda, finché non piangete, e poi non sa vedervi piangere a lungo. Egli non sopporta il vostro pianto ed il vostro dolore. Finché non cominciate a piangere, Egli non vi darà neppure un'occhiata, ma in ogni caso non vi lascerà piangere a lungo. Egli si scioglie. Sappiamo che quella è la formula Divina. Allora dobbiamo seguirla e gettarci ai Suoi piedi.

Il ragazzo quindi si allontanò. Swami disse: "In ogni gruppo come questo, dove si parla di spiritualità, quando Swami vi parla in gruppo o durante un discorso, o nel satsang durante i bhajan, dovete essere sempre vigili. Dovete essere sempre presenti con piena concentrazione. Non potete essere mentalmente assenti, abbandonandovi a delle divagazioni. No, no, no."

Poi ci diede il seguente esempio, col quale concluderemo quest'incontro, circa Sri Ramakrishna Paramahansa, un grandissimo saggio di questo paese, un realizzato, che promosse il senso di comunità nella devozione, la fratellanza nella fede, l'unità delle religioni. Con la pratica egli propagò tutto ciò; che gran santo!

Un giorno egli conversava con i suoi devoti. Tra gli astanti c'era una donna di nome Rasamani, che aveva conferito a Paramahamsa l'incarico di officiante al tempio della Divina Madre. Era una donna molto ricca e di prestigio e si trovava anche lei là insieme a tutti gli altri.

Paramahansa iniziò a parlare alla gente. Improvvisamente si alzò, andò verso di lei e le diede uno schiaffo sulla guancia! Tutti si sentirono assai imbarazzati, a disagio. Nessuno immaginerebbe che un Maestro si potesse alzare per prendere a sberle una donna in pubblico! "Questa è saggezza? Sono queste le qualità di un realizzato? Che genere di sacerdote è questo?" La gente era veramente confusa.

Poi Paramahansa spiegò: "Fate attenzione! Quando siete qui non dovete avere pensieri per nient'altro. Tu stavi pensando alla tua causa in tribunale, alla tua diatriba, alle faccende relative al processo, ai documenti per il tuo avvocato. Non devi! Se sei così presa dalle tue questioni legali, stattene a casa. Se sei qui, non pensare a null'altro!".

Con questo aneddoto prendo commiato per oggi. Ci incontreremo la settimana prossima, stesso giorno, stessa ora. Grazie. Sai Ram.


Nota:

* L'ultima conferenza domenicale di Anil Kumar venne tenuta il 7 Gennaio; dopodiché Bhagavan si recò a Brindavan per tre settimane; pertanto in quel periodo non si tennero più le lezioni domenicali.