Uno studioso, un devoto del Signore Narayana che cantava continuamente il Suo Nome, un giorno andò alla corte del Re per offrire i suoi insegnamenti.
Il re fu veramente compiaciuto dai suoi discorsi e gli regalò un abito di seta, egli lo ricevette con grande gioia e se ne tornò a casa. Una mattina si recò, come al solito, al fiume per fare le abluzioni. Lavò il suo abito, lo distese sulla sabbia ad asciugare e si mise a recitare il suo rosario di Gayatri; poco dopo, improvvisamente, si alzò il vento e fece volare via l'abito.
Da quelle parti c'era anche un inserviente del palazzo intento a lavare gli abiti reali. Egli indossava un vestito di seta molto simile a quello dello studioso, che aveva indossato per un po' prima di lavarlo.
Quando lo studioso aprì gli occhi, dopo aver recitato le sue preghiere, vide che il suo abito era sparito. Notò il lavandaio si avvicinò a lui e gli disse:
"Hei, questo vestito è mio!" Il poveretto rispose: "Come può essere?
Questo è un vestito del re!", ma l'altro insistette: "Certo che è del re, ma me lo ha regalato!!"
"Non può essere" riprese il lavandaio " l'ho portato con me insieme a tutto il guardaroba reale , non può essere vostro."
La discussione divenne un litigio ed infine spazientito, il lavandaio colpì lo studioso.
Il Pandit allora implorò Dio : "Oh Signore Narayana, salvami!"
Il Signore Narayana effettivamente ascoltò la preghiera del suo devoto, scese dal trono, fece qualche passo sulla terra, ma poi ritornò rapidamente sul suo trono.
La sua consorte Lakshmi, incuriosita da quello strano comportamento gliene chiese la ragione.
Il Signore Narayana con un sorriso di compassione, le disse:
"Sono andato per prestare soccorso al mio devoto dai colpi del lavandaio, ma egli ha perso il controllo e ha restituito i colpi ricevuti. L'avrei aiutato solo se si fosse trattenuto dal rispondere alle percosse!"
Finché l'uomo penserà che può difendersi da solo, Dio non verrà in suo aiuto. Solo la resa e la dipendenza totale a Lui faranno in modo che il Signore scenda in soccorso del devoto.
Preghiamo sempre umilmente:
"Signore, io sono tuo. Sia fatta la tua volontà."