Gesù

Duemila anni fa, in una regione chiamata Palestina, nel villaggio di Nazareth, vivevano Maria e Giuseppe. Era inverno. L'imperatore regnante aveva emanato una legge, secondo la quale ogni nato doveva essere registrato ai fini di un censimento. Perciò, le popolazioni delle regioni limitrofe si recarono a Betlemme per farsi censire. Anche Maria e Giuseppe dovettero andarci, per lo stesso motivo.
Maria era al non mese di gravidanza.
Per alleviarle le fatiche, Giuseppe le aveva trovato un asino, affinchè lo cavalcasse durante il gravoso viaggio. Ma, giunti a Betlemme, non trovarono alcun alloggio. Il custode di una capanna, vedendo la stanchezza di Maria, indicò loro una stalla, dicendo loro che avrebbero potuto prendervi rifugio, anche perchè non c'erano altri posti.
Era la notte tra il 24 e 25 Dicembre. Maria diede alla luce il bimbo fra la mezzanotte e l'una. Non c'era alcun agio che rendesse più confortevole quella nascita. Nella stalla c'era una gerla utilizzata per il foraggio degli animali. Maria prese del fieno, la riempì, vi stese sopra un panno bianco e vi posò sopra il neonato.

Quand'ebbero registrato l'infante, fecero ritorno a Nazareth. Maria allevava il bambino con grande amore e dedizione: era un grande devota di Dio. Fin dai primi teneri anni di Gesù, era solita raccontare storie che suscitavano devozione, buone qualità e virtù. Gesù, giorno dopo giorno, crebbe fino a diventare un adolescente.

Il suo XII anno di età coincise con una grande festa che si celebrava presso gli Ebrei. Maria e Giuseppe vollero parteciparvi. Gerusalemme era così affollata che la gente a stento riusciva a spostarsi da un luogo all'altro. Travolti da quella confusione, Maria e Giuseppe dimenticarono per un momento Gesù e, quando se ne resero conto, non riuscirono più a rintracciarlo. Preoccupati, incominciarono a percorrere ogni viottolo, chiedendo conto del figlio a tutti quelli che incontravano. Erano addolorati e si sentirono smarriti.
Del ragazzo, nessuna traccia.
A questo punto si disperarono. Con l'angoscia nel cuore, fecero un ultimo tentativo di ricerca, entrando nel tempio. Gesù era là, seduto in prima fila, attento agli insegnamenti dei sacerdoti. Appena Maria vide il figlio, fu presa da un sentimento di gioia mista a rammarico. Lo abbracciò e gli disse: "Figliolo, avresti dovuto avvertirci. Ti abbiamo cercato dappertutto! Pensa a quanti problemi ci hai creato!". "Che c'è, mamma?", fu la risposta di Gesù. "Che motivo hai di spaventarti se sono con il Padre, il mio vero Padre e non altrove?".

Se osservate attentamente questo episodio, risulta chiaro che Gesù era cosciente dell'esistenza di un solo Dio e di essere figlio di quell'unico Dio.

Al termine delle celebrazioni, fecero ritorno al villaggio natìo. E, da quel momento, Gesù si mise a servizio di suo padre nella professione di falegname. Durante questo periodo di lavoro, le parole di sua madre aderirono saldamente al suo cuore. Le cose andarono avanti in questo modo finchè raggiunse i trent'anni.

Dopo la morte di suo padre, Gesù confortò la madre in varie maniere, con conversazioni filosofiche e spirituali. Non si limitò a consolarla, ma le chiese un particolare permesso: "Madre - le disse - Dio ha dato un corpo umano per servire l'umanità. Occorre infondere incoraggiamento e forza mentale alla gente debole e bisognosa. Permettimi, o madre, di aderire a questo genere di servizio." La madre non potè rifiutare il suo consenso e Gesù iniziò da questo punto la sua missione.

Fece un bagno nel fiume Giordano, dove fu iniziato. Poi si ritirò in una fitta foresta e la stette isolato per 40 giorni, pregando con intensità e fra austere discipline. Gesù offrì tre tipi di preghiere. Una era: "Signore, dammi la capacità di amare tutti allo stesso modo." La seconda era: "Dammi, o Signore, la forza si sopportare pazientemente le ingiurie, le critiche e le persecuzioni". La terza: "Signore, rendimi capace di offrirTi questo corpo che mi hai dato esclusivamente perchè fosse al Tuo servizio." Dopo 40 giorni di penitenza e di preghiera, Gesù lasciò il suo isolamento con la certezza di essere esaudito.

Poi raggiunse la Galilea, dove c'era un folto gruppo di pescatori che cercavano affannosamente di guadagnarsi da vivere. Gesù riteneva che suo principale dovere fosse quello di consolare la gente triste e depressa, perchè colpita dal dolore. I pescatori confidarono a Gesù il loro problema. Gli dissero che da due giorni stavano tentando la pesca, senza alcun risultato. Fra essi c'era anche l'autorevole Pietro, che meritò di essere chiamato al fianco di Gesù. Gesù ordinò a Pietro: "Prepara la barca e andiamo a pescare". Dopo essere andati un pò al largo, Gesù chiese loro di gettare le reti, per catturare dei pesci. Fu così che i pescatori presero tanti pesci, anche di dimensioni mai viste prima. Furono così felici che abbracciarono Gesù e gli dissero: "Tu non solo conosci l'animo umano, ma sai anche dove stanno i pesci!". E Gesù rispose: "Ebbene, figlioli, io vorrei fondare il Regno dell'Amore. Sono gli ordini del Padre mio e voi dovreste diventare i pilastri di questo Regno".

Da quel giorno in poi, Gesù si mise ad insegnare loro i principi fondamentali della filosofia: la vita umana è sacra e ha un valore immenso; se ne deve aver cura e bisogna raggiungere la visione di Dio mentre si è in vita. Gesù, dunque, predicava ai pescatori, insegnando loro che la vita, come dono prezioso, non va sprecata. Fece loro un esempio.

«Nelle impetuose acque del fiume anche i più piccoli pesci nuotano, mentre un elefante, benchè grosso e potente, vi perirebbe. Un insignificante pesciolino è in grado di godere la propria vita fra le acque violente di questo fiume, mentre un gagliardo elefante non ne sarebbe capace! Perchè questo paradosso? Perchè ciò che si richiede per stare in acqua è il saper nuotare.»

Allo stesso modo, non è il sapere che è richiesto per vivere: per chi naviga nell'oceano dell'esistenza, ciò che serve è l'Amore di Dio, che corrisponde al saper nuotare. Potrebbero anche essere incolti gli uomini, ma, se si meritassero almeno la Grazia e l'Amore del Signore, sarebbe tutto. Qualunque cultura acquisiate, non farà la vostra felicità se non avete l'Amore di Dio.

Il corpo umano è come una bolla d'acqua evanescente. Perchè prestargli attenzione? Perchè esso è un mezzo che serve a far raggiungere la visione di Colui che vi risiede, il Signore che lo occupa. Gesù insegnò ai suoi discepoli che la cura del proprio corpo dev'essere compiuta solo in funzione di questo Residente Interiore e in vista dell'incontro con Lui; altrimenti la vita è sprecata.

Prendete, per esempio, i cristalli di zucchero. Sono così piccoli che, se mescolati con la sabbia, nessuna persona anche istruita potrebbe separarli dai granelli di sabbia. Una formica, invece, sa distinguere molto bene lo zucchero dall'arena e, perciò, ne gusta la dolcezza, in quanto la conosce. Similmente, l'uomo che non ha discernimento non si sta preparando una vita felice e gioiosa.

Ogni uomo, dunque, deve fare uno sforzo per riconoscere ciò che è vero da ciò che non lo è. Il potere del discernimento è il dono più elevato che possa avere l'uomo. Malgrado ne sia dotato, l'uomo non ne fa un corretto uso, immergendosi nelle futili cose del mondo.

Il falso e il disonesto non vanno temuti. Seguite la verità e la retta azione, e affrontate le vostre difficoltà con molto coraggio. Siate disposti ad amare anche i vostri nemici. Il principio unificatore di tutte le religioni è l'Amore. Gesù affermò che l'Amore è Dio, e Dio, sotto forma di Amore, esiste nel cuore degli uomini, i quali però ne fanno un cattivo uso, orientandolo verso le cose insignificanti. Cari figlioli, l'uomo è stato dotato della capacità di amare non per finalità egoistiche, bensì per orientarsi verso Dio.

Gesù insegnò che nel fare del bene agli amici non vi è nulla di straordinario e che bisogna invece saper fare del bene anche ai nemici. Dalla mattina alla sera, ai pescatori impartiva buoni insegnamenti, come quello di non odiare nessuno. Sono principi questi che si ritrovano nelle scritture sacre di ogni religione. Nella Bhagavad Gita si dice di non odiare nessun essere vivente. Trattate tutti come fossero amici. Fate amicizia anche con i nemici. I pescatori trascorrevano le giornate dedicandosi contenti alla pesca, mentre seguivano scrupolosamente e mettevano in pratica gli insegnamenti di Gesù, in cui riponevano molta fiducia e amore.

Un giorno gli si rivolse un esattore delle tasse, di nome Matteo. I pescatori, appena videro il gabelliere se la volevano dare a gambe. Ma Gesù disse loro di non preoccuparsi e che fuggire sarebbe stato un atto di debolezza. Matteo, dopo aver ascoltato la parola di Gesù, divenne un suo riverente e devoto discepolo.

L'influsso che Gesù esercitava sugli animi cresceva vieppiù ogni giorno. La gelosia è un sentimento comune alla gente di tutti i tempi e luoghi. E' naturale. Così alcuni, notando l'ascendente che Gesù andava sempre più acquistando sui discepoli, furono divorati dalla gelosia. La gelosia è una malattia incurabile diffusa in tutti i paesi. A causa di questo, a Gesù furono creati molti fastidi, soprattutto da parte dei governanti.

Gesù si considerava messaggero di Dio. Lo dichiarò apertamente, e disse ancora: "Non soltanto io, ma anche voi siete tutti messaggeri di Dio". Questa è la fede che dovreste avere anche voi, perchè l'acquisizione di un corpo umano, quale dono divino, ha lo scopo di far raggiungere la consapevolezza di essere messaggeri di Dio. Soltanto al Creatore è noto il perchè di una nascita umana. Tuttavia, ogni essere umano dovrebbe cercare di porsi come esempio agli altri, seguendo il giusto sentiero. Se coltivate la convinzione di essere messaggeri di Dio, l'egoismo vi abbandonerà e diverrete degli esempi.
Non è facile diventare un modello per gli altri, ma con la Grazia di Dio non è impossibile.

In questo modo Gesù trascorse la sua vita, raggiungendo gradualmente la Verità. Mediante la sua esperienza personale, comprese di essere non solo il messaggero di Dio, ma il Figlio di Dio, in stretta parentela con Dio, che è il Padre: si avvicinò, dunque, sempre più alla Divinità.

Ci sono cinque tipi di incarnazioni divine nel mondo.
1) Una è Nitya Avatara, che consiste nel vivere la vita di sempre individuando ciò che compete come proprio dovere e offrendo amore a tutti gli altri.
2) La seconda è Vishesha Avatara: è l'incarnazione di coloro che si presentano al mondo con uno scopo ben preciso e, dopo averlo condotto a termine, si eclissano.
3) La terza - Avishesha Avatara - rappresenta uno stadio contemplativo pur in una dimensione corporea: è l'incarnazione di coloro che vivono una vita ordinaria dal punto di vista fisico, ma che celano in sé una coscienza divina.
4) La quarta è Amsha Avatara, ed è di coloro che possiedono alcuni poteri divini e la visione di Dio, spronano i popoli al bene e mostrano loro il cammino.
5) La quinta è quella del Purna Avatara, che ha l'onnipotenza divina, una visione onnicomprensiva del tutto e con amore completo porta unità fra gli uomini. Su questa incarnazione si fonda il Regno dell'Amore.

Gesù si considerava un Amsha Avatara. Egli affermava: "Io e il Padre siamo uno" e, dichiarando questo, non abbandonò il concetto di Padre. Nell'espressione "Io e il Padre siamo una cosa sola" c'è dualismo, e Gesù visse ancora questo genere di sentimento dualistico. Quando venne crociffisso e stava per esalare l'ultimo respiro, esclamò: "Padre, Padre, Padre! Mi hai dimenticato? Mi hai dimenticato?". E ripetè per tre volte "mi hai dimenticato?". Anche negli ultimi istanti, Gesù aveva conservato il sentimento di essere diverso dal Padre. In questo sta la differenza fra un Amsha Avatara e un Purna Avatara.

Gesù mostrò e dichiarò in molti modi amore e compassione per il mondo. Purtroppo, dopo tanti anni dalla Sua morte, nessuno più ha interesse a ricordarLo e a capirLo. Molte argomentazioni sono state sollevate a favore e contro la figura di Gesù, ma sono solo un prodotto della mente. La gente incapace di vedere la divina Verità si cimenta in tali disquisizioni. Queste persone non sono mai in grado di capire: per quante prove si possano esibire loro, sono sempre vane.