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'Il mantra: la connessione fra uomo e Dio' - del Prof. G. Venkataraman

24 dicembre 2006

Sai Ram e saluti da Prashanti Nilayam.


Finalmente oggi comincerò a fare quello che sin dall'inizio vi avevo premesso che avrei fatto: portarvi a fare un viaggio attraverso i Veda. L'idea di questo viaggio mi gira per la mente da quando ho avuto modo di leggere un libro affascinante che ho trovato nella biblioteca del nostro Istituto: 'L'Esperienza Vedica, o Mantramanjari', scritto da un certo Raimundo Panikkar. Anche l'autore è affascinante, a modo suo.




RAIMUNDO PANIKKAR ­ UNO STUDIOSO PER ECCELLENZA


Raimundo Panikkar nacque in Spagna da madre cattolica e padre indù, ed ecco perché il suo nome è per metà di origine spagnola e per l'altra metà della Malesia. Panikkar ricevette un' educazione cattolica e per un carto periodo studiò in seminario. Più tardi venne in India, dove scoprì i Veda. Di questo viaggio, Panikkar dice: ³Quando partii ero cristiano, poi mi sono ritrovato indù e quando sono tornato ero buddista, ma senza aver mai smesso di essere cristiano.² Panikkar ha tre lauree, una in scienze, una in filosofia ed una in teologia. è uno studioso per eccellenza e fino a quando recentemente, è andato in pensione, ha lavorato come Professore del Dipartimento di Studi Religiosi nell'Università della California, al Campus di Santa Barbara. È largamente acclamato ed è un grande teologo. È molto conosciuto per i suoi tentativi di instaurare un dialogo fra la cristianità e le maggiori religioni asiatiche. Panikkar afferma che, anche se è bene che i cristiani rimangano devoti al cristianesimo, non è necessario che essi credano che la Verità si esaurisca in Cristo, ed ancora meno nella persona storica di Gesù di Nazareth. Panikkar ha inoltre affermato che, sebbene Gesù nel Nuovo Testamento venga definito 'Figlio di Dio', questo non significa che il Figlio di Dio sia sempre e solo Gesù.





Dr. Raimundo Panikkar




L'ESPERIENZA VEDICA -
LA CASA DEL TESORO DEI MANTRA VEDICI


Questo tanto per farvi avere un'idea dell' autore del libro. Ma ora parliamo del libro stesso, 'L'Esperienza Vedica'. Ne esistono molte edizioni; esso viene pubblicato da una Casa Editrice molto conosciuta per i libri sull' indologia e sulle scritture Indiane, la Motilal Banarasidass di Delhi. Il libro ha 936 pagine, ed è ciò che Panikkar definisce un' antologia vedica. È una raccolta di Mantra tratti dai Veda. Come spiega lo stesso Panikkar: "Un' antologia Vedica sembra appropriata alla nostra epoca, in cui il mondo ha una grande necessità di una Saggezza serena ed equilibrata e la tradizione indiana esercita una così potente attrazione, specialmente per l' ultima generazione."
Non sono sicuro che la generazione attuale abbia una minima idea di che cosa siano i Veda. Per quanto mi riguarda, ne dubito fortemente. Persino la gente più anziana non ne sa niente! In una situazione del genere, ho pensato di prendere alcune idee da questo tesoro di libro per condividerle con gli ascoltatori di Radio Sai, nella speranza che almeno essi possano sviluppare un grande interesse in ciò che Swami dice sui Veda, sulla cultura e la tradizione indiana antica, etc.




I MANTRA - LA CONNESSIONE PRINCIPALE CON DIO


Potete chiedervi che cosa ho intenzione di fare con un libro che ha più di 900 pagine. Eccovi il mio programma di viaggio. Nel libro Panikkar ha raccolto molti Mantra, dagli Aitareya Aryanaka e KausikaSutra fino ai NyayaSutra e agli Yajur Veda, mettendoci in buona misura anche la Bhagavad Gita. Nel complesso, si tratta di un lavoro notevole. Con quale criterio Panikkar ha operato la sua selezione? Ecco ciò che dice Panikkar stesso: "Questa antologia intende rappresentare tutti gli Sruthi della Rivelazione Indiana, mira a contenere il messaggio centrale dei Veda e ad incarnarne l' essenza, o Rasa. Proprio come un mazzolino di fiori contiene tutti e sette i colori dell'arcobaleno e tutti i profumi dei campi, questa antologia cerca di includere l'intera gamma di esperienze vediche e di trasmettere il corpo fondamentale della rivelazione vedica."





La prima volta che detti uno sguardo a questo libro monumentale, la cosa che mi colpì maggiormente fu l'osservazione che i vari Mantra venivano cantati nei vari stadi della vita di una persona, e che tutti, ad un livello globale, stabilivano - e stabiliscono - una connessione fra l'uomo, la Natura (o Creazione) e Dio Creatore. Proprio allora crebbe in me l'idea che in qualche modo avrei dovuto condividere il profumo di questa connessione con i nostri ascoltatori, e questa serie ne è il risultato. In un certo senso, questo discorso e quello che segue ne sono la parte centrale.


L' ESPERIENZA VEDICA NELLA VITA DI UNA PERSONA


Questo è ciò che ho in programma di fare in questo e nel prossimo discorso: seguire da questo punto di vista le vicende di una persona durante la sua vita, dalla nascita fino alla morte. In varie occasioni durante la vita di una persona venivano cantati dei Mantra. Appoggiandomi a Panikkar offrirò brevi estratti sperando che ci diano un'idea sul significato dei Mantra cantati. Nel fare una cosa del genere, seguendo tutta la vita di una persona, avremo un ampio panorama di quello che Panikkar giustamente definisce 'l'esperienza vedica'. L'ideale sarebbe avere sia l'originale in sanscrito che la traduzione dei Mantra, ma dato che al momento non ho accesso ad un erudito Pandit vedico capace di tirar fuori dagli originali in sanscrito ciò che mi serve, mi devo accontentare della traduzione così come si trova nel libro di Panikkar. La mia speranza è che un giorno Radio Sai riesca a produrre un programma completo che includa i canti in sanscrito. Sto cercando di coinvolgere un eminente studioso, e se dovessi riuscirci potremmo presto presentare quel programma. Per ora dovete accontentarvi di ciò che vi posso offrire tramite questi discorsi.




È NATO UN FIGLIOŠ.


Lasciatemi cominciare dalla nascita di un figlio ad una coppia.









In accordo con la tradizione, il padre dava un po' di burro e miele al bambino con un cucchiaio d'oro e diceva:
Ti dò [da mangiare] il Ghi, dono di Dio il Meraviglioso, Ti cibo con la saggezza aurea del miele, Che tu possa avere lunga vita, protetto dagli Dei, Che tu possa vivere cento anni,
Poi, mettendo le proprie labbra accanto alle orecchie del bambino, il padre gli sussurrava:
Che Dio ti doni l'intelligenza,
Che il Suo Potere ti garantisca l'intelligenza,
Che i Suoi due Messaggeri Divini, che hanno come corona il fiore di loto, ti garantiscano l'intelligenza.
A questo punto il padre toccava la spalla del bambino e pregava affinché sia forte:
Sii una pietra, sii un' ascia, sii oro insuperabile, tu che in realtà sei i Veda, chiamato mio figlio,
Vivi, quindi, cento anni, Dio potente, dacci il migliore dei tesori, Garantisci a noi il migliore dei tesori, Garantisci a noi i Tuoi doni, o Generoso!
Anche la madre veniva ricordata ed il padre pregava per lei a questo modo:
Tu sei Ida, la figlia di Mitra e Varuna, Tu, donna coraggiosa, hai dato i natali ad un figlio vigoroso,
Che tu sia benedetta con figli vigorosi, Tu che ci hai benedetti con un vigoroso figlio maschio.
Non ho incluso tutti i Mantra che venivano cantati in quell'occasione; ne ho selezionati alcuni fra i più rappresentativi. Ai tempi dei Veda la nascita non era considerata solo un affare di famiglia, ma un evento d' importanza cosmica. La nascita umana faceva parte del dramma cosmico, e la nascita di un figlio maschio era importante per la continuazione della tradizione vedica. A proposito, al bambino venivano dati burro e miele perché erano considerati simboli di saggezza.




IL BAMBINO VA DA UN GURU...


Ora salto molti anni ed arrivo al momento dell' era Vedica in cui il bambino veniva accettato come discepolo da un Guru. Questa cerimonia, che avvicinava il discepolo al Guru, si chiama Upanayanam. Swami dice che la madre introduceva il padre al bambino. Il padre poi introduceva il Guru al bambino, ed il Guru guidava il bambino verso Dio. Perciò veramente, anche se in senso mondano l' Upanayanam porta il bambino più vicino al Guru, il significato profondo è che l' Upanayanam è un passo nel processo di avvicinamento a Dio. La cerimonia Upanayanam che vediamo ai nostri giorni è un adattamento di quell' antico rito. Ai tempi dei Veda la vita veniva vista nella sua completezza. Si sentiva che l'uomo nasceva non per godersi la vita e sprecarla, ma per servire uno scopo cosmico deciso da Dio. Il dovere primario dell' uomo è quello di aderire, sostenere e preservare il Dharma. Al Dharma veniva assegnata la massima importanza, perché senza Dharma la società degenererebbe, e quando la società degenera anche l'umanità stessa è in pericolo.Seguire il sentiero del Dharma presuppone una disciplina nella vita e questa era la disciplina a cui il bambino veniva iniziato quando veniva ammesso nel 'gregge' di un Guru. In un certo senso, il periodo che il bambino trascorreva in un Ashram con un Guru era un periodo di apprendistato. Se fosse richiesta un'analogia moderna, questo apprendistato potrebbe venir assimilato alla vita di un cadetto in una scuola militare. Il Guru era anche conosciuto come Acharya, cioè colui che insegna tramite l'esempio; in questo senso, il Guru è piuttosto come un istruttore in una scuola militare che insegna con l'esempio come marciare, come tenere il fucile e far fuoco, etc. La tradizione seguita nell'iniziazione, che è stata adattata anche nella cerimonia Upanayanam dei nostri giorni, si suppone sia basata sull' iniziazione a cui si sottopose il Signore quando scese come Vamana. Viene detto che in quell'occasione fossero gli stessi dei a dare al giovane Bramino i vari oggetti di cui aveva bisogno. Era con questo spirito che l' Acharya dava al nuovo arrivato una nuova veste, poi la cintura e il cordoncino sacro, seguiti da una pelle di daino. Questo era il momento in cui lo studente veniva formalmente accettato nel gruppo e l' Acharya accettava il ragazzo come discepolo. Alcuni di voi si chiederanno, come ho fatto io, se i genitori celebravano l' Upanayanam allo stesso modo di oggi. Sembra che in quei tempi lontani e preistorici il padre si limitasse a portare il giovane figlio all' Acharya e a lasciarlo alle sue cure. L'iniziazione veniva fatta dall' Acharya stesso, dopo che questi aveva accettato il ragazzo nel suo Ashram come discepolo.



Sri Vamana Avatar




COME FACEVA IL GURU A DARE L'INIZIAZIONE AL GIOVANE DISCEPOLO?


E adesso passiamo ad alcuni degli altri Mantra che venivano cantati. Abbiamo cominciato con la nuova veste che l' Acharya dava al discepolo. La vestizione era il simbolo dell' entrata del ragazzo in una nuova fase della vita, e dato che si dava per scontato che tale veste fosse stata tessuta da una dea l'insegnante Le offriva una preghiera:
"Che la dea che ha tessuto e misurato questa veste,
Ti vesta di una nuova vita! Indossa questa veste carica di vita e vigore. Come Brihaspathi ha vestito Indracon con il vestito dell' immortalità, allo stesso modo io ti vesto, pregando per te affinché tu abbia una lunga vita, una buona vecchiaia, forza e splendore. Ti sei messo questa veste per il tuo stesso benessere, sei diventato protettore dei tuoi amici, in opposizione alle maledizioni degli uomini. Vivi cento lunghi anni. Che tu sia nobile, benedetto da una vita piena, e sappi condividere generosamente i tuoi beni con gli altri"
Dopo questo, alcuni altri riti ancora, e poi si arrivava alla parte della corda sacra. L' Acharya metteva la corda attorno al ragazzo e diceva:
"Tu sei la sacra corda, e con la corda del sacrificio
io ti dò l'iniziazione."
Poi venivano fatte alcune offerte nelle quali si versava dell' acqua tenuta nei palmi delle mani congiunte. Seguiva una sessione in cui l' Acharya si accertava formalmente dell'identità dei genitori del ragazzo e della sua ascendenza, nonchè della sua volontà di diventare discepolo. Questa sessione cominciava con la domanda dell' Acharya:
"Come ti chiami?"
Il discepolo rispondeva:
"Mi chiamo....."
L'interrogatorio andava avanti per un po', fino a quando l' Acharya gli diceva:
"Dichiara di essere uno studente"
La risposta era:
"Sono uno studente, Signore".
Poi l' Acharya dichiarava:
"Ti dò l'iniziazione per mezzo del potere vivificante del Dio Savitur (il Sole; N.d.T.), con la forza dei due Asvin, e con l'aiuto di Pusan¹."
Dopo di ciò, mentre le mani dell' Acharya offrivano un pezzo di pelle di daino come simbolo di longevità, egli diceva:
"Mettiti questa pelle in questo modo, e che l'occhio fermo di Mitra sia un segno tangibile di pulizia e autocontrollo. Possa Aditi essere la cintura dei tuoi fianchi, che tu possa conoscere i Veda, acquisire la visione interiore e la fede, e ritenere ciò che impari, possa tu venir dotato di bontà e di scintillante purezza.





Savitur


Qui l'Acharya passava ora al discepolo delle cose che erano il simbolo della vita ascetica in cui il discepolo (Sishya) si stava imbarcando. Il discepolo l'accettava dicendo:
"Queste cose cadono dal cielo sulla terra, ora mi dedicherò alla preghiera per tutta la vita, pregherò per [ottenere] la pienezza spirituale e lo splendore di Brahman."
L'insegnante continuava:
Agni,Ti affido questo studente,
Indra, Ti affido questo studente,
Aditya, Ti affido questo studente,
A Voi, tutti gli Dei, affido questo studente ,
affinché abbia una lunga vita,
affinché acquisisca competenza su tutti i Veda,
affinché acquisisca fama e felicità.
E ancora l' Acharya diceva:
Sotto la mia direzione la tua mente seguirà la mia mente, nella mia parola tu gioirai con tutta l'anima, che Brihaspathi possa unirti a me.




L' INNO FINALE: ­ Il GAYATRI MANTRA


È solo dopo aver fatto tutti questi passi che l' Acharya insegnava il Mantra Gayathri al discepolo. Il rito finiva con il discepolo, ringiovanito spiritualmente, che offriva preghiere e promesse solenni al fuoco sacro. Egli diceva:
O Signore glorioso, Rendi glorioso pure me. Signore, così come Tu sei il custode del sacrificio per gli Dei, possa io essere il custode della Sacra Conoscenza per gli uomini. Tu, o Signore, sei il protettore dei corpi. Proteggi il mio corpo. Tu, o Signore, sei Colui che ha dato la vita. Dammi vigore. Signore, ristora pienezza in ciò che di imperfetto si trova nel mio corpo. Possa il Dio Savitur darmi la Saggezza, Possa la Dea Saraswati darmi la Saggezza.Possano i due Divini Aswin, ornati di loto, darmi Saggezza.









Questo è un breve riassunto del rito lungo ed elaborato della cerimonia di iniziazione che introduceva il giovane discepolo nell' apprendistato con il suo Acharya. Mi scuso per non essere momentaneamente in grado di fornire i testi originali in sanscrito dei Mantra che ho presentato qui, e che ho tratto naturalmente dal monumentale volume di Panikkar.




SIGNIFICATO DEL RITO DI INIZIAZIONE


E adesso qualche commento su quanto detto finora. La prima cosa di cui dobbiamo prendere nota è che durante l'apprendistato il discepolo o Sishya veniva istruito a fondo sui Veda dal suo Acharya. Imparare i canti a memoria appropriatamente era solo una parte dell'istruzione impartita al discepolo. Ancora più importante era che il Sishya vivesse come un asceta, cosa che in termini pratici significava praticare uno stretto controllo della mente e dei sensi. Tutti gli oggetti dati al ragazzo durante la cerimonia erano associati a questa regola.









Perché questo controllo di mente e sensi? La risposta è semplice. Per sua propria natura, la mente tende a vagare con estrema facilità. Ci si deve sforzare, se si vuole focalizzarla su qualcosa e trattenercela per un lungo periodo di tempo. La concentrazione non è una cosa insolita; anzi, è spesso necessaria, ogniqualvolta si è impegnati in un compito di qualche complessità. Un pittore deve concentrarsi, e lo stesso deve fare un musicista. Un chirurgo deve concentrarsi, e così via. Concentrarsi su un compito associato alla professione non è per niente difficile. Ma quando ci si deve concentrare su Dio, o meditare si di Lui, è molto diverso, la mente è volubile ed è sempre pronta a vagare. Ma, se ci si sforza, un' attenzione unidirezionale su Brahman è possibile. Ma perché mai al povero ragazzo veniva fatto fare tutto questo? Per un'ottima ragione. Nella società vedica i Bramini dovevano aiutare la gente a seguire il proprio Dharma e ad amare Dio, etc. Come avrebbero potuto farlo se fosse loro mancata la disciplina? Gli antichi avevano compreso che seguire una disciplina è molto più facile se questa viene inculcata in giovane età. A quei tempi non esistevano attrazioni e distrazioni come le conosciamo oggi. Qualcuno potrebbe pensare che allora non dovevano neppure esserci problemi con il controllo della mente e dei sensi. In un certo senso è vero, ma, come sottolineato da Ramakrishna Paramahamsa, ci sono due attrazioni che possono causare la caduta delle persone a qualsiasi età: Kamini e Kanchan, che significano: l' attrazione per l' altro sesso e l' attrazione per il denaro. Le attrazioni rappresentate dai piaceri sensuali e dalla ricchezza sono stati sempre presenti, in tutte le epoche, e l'era vedica non faceva eccezione. I Bramini, per esempio, potevano facilmente diventare ricchi usando la loro conoscenza delle Sacre Scritture. La storia di Adi Shankara e la grammatica, spesso raccontata da Swami, ne è un esempio. Tanto per rinfrescarvi la memoria: mentre Shankara con i suoi discepoli stavaandando a fare il bagno della mattina nel Gange, vide un uomo che furiosamente ripeteva le regole della grammatica. Quando Shankara gli chiese perché spendeva così tante energie ad imparare la grammatica, egli rispose che voleva diventare uno studioso alla corte del re per guadagnare denaro ed acquisire ricchezza e fama.







Sankara


La società vedica non permetteva questo uso improprio della conoscenza. La conoscenza doveva venir usata solo a beneficio della società ed il dovere principale di un Bramino consisteva nell'aiutare la gente a seguire e a dimorare nel Dharma. I veggenti vedici stilavano delle norme di vita e di comportamento che a noi potrebbero sembrare molto esigenti e persino costrittive. Questo succede perché ai nostri giorni ed in questa epoca siamo tutti sintonizzati sull'ottenimento delle acquisizioni personali, sulla gratificazione dei sensi, etc. Il consumismo è all'ordine del giorno e le cose meno desiderabili sono commercializzate come le più desiderabili da avere. Comunque, quando l'avidità personale domina, il bene collettivo necessariamente declina. Il bene comune aumenta con il sacrificio individuale. Ed effettivamente il sacrificio è una corrente sotterranea costante dei Veda. Come dice Krishna, è solo attraverso il sacrificio che l'individuo prospera. E la società prospera solo quando prospera l'individuo. Solo quando la Società prospera l'individuo gode di vera sicurezza, pace e felicità. C'è una sorta di interconnessione fra l'uomo e la Società ed il sacrificio ne è il nucleo. Detesto usare una definizione, ma potrebbe entrare in gioco una sorta di 'socialismo morale', qualcosa in grado di garantire il benessere a tutti. Per quanto concerneva il Bramino, egli non solo doveva elevarsi al di sopra dei desideri, ma doveva sentrsi anche Uno con la Creazione ed il suo Creatore tramite l'adorazione. I Veda sono pieni di adorazione, perciò ci si aspettava che il Bramino trascorresse molto tempo a cantare i Veda stessi. Quanto tempo il discepolo doveva stare con l' Acharya, e che cosa succedeva dopo che egli aveva acquisito una solida base sui Veda? A questo punto poteva prendere congedo dal suo Acharya, e questo è quanto succedeva quando quest'ultimo faceva il suo sermone di addio, con Matru Devo Bhava etc.,di cui ho parlato in uno dei miei discorsi precedenti.




IL GURU SI OCCUPA DELLO SVILUPPO DELLA RETTITUDINE
E LA RETTITUDINE PROTEGGE IL GURU


Ci si potrebbe chiedere come facesse l' Acharaya a sostenersi. Questa è una domanda importante, perché qui sulla Terra anche un monaco o un Sannyasi (rinunciante) hanno bisogno di alcune cose essenziali, quali il cibo e un po' di vestiario, per sostenere se stessi. Nei tempi antichi, il discepolo, chiaramente con il contributo dei suoi genitori, quando lasciava il Guru faceva un' offerta, che veniva denominata Guru Dakshina. Il Guru non doveva chiedere nulla, ma allo stesso tempo il 'discepolo laureato', se così possiamo definirlo, doveva fare un' offerta. Quanto? Non c'erano regole a proposito, ma ognuno doveva contribuire in rapporto alle proprie possibilità. Oggi ci potremmo chiedere com' era possibile che un sistema di quel genere funzionasse. La gente non può forse imbrogliare? Non si dovrebbe prescrivere la somma che ciascuno studente doveva corrispondere? Bene, questi concetti sono le cosiddette benedizioni della società moderna. Nella società vedica l' Acharya non faceva patti. Aveva invece piena fede nel fatto che il Signore si sarebbe preso cura di lui ed il buon Dio lo faceva sempre davvero, perché l' Acharya aiutava la gente a seguire il Dharma. Come dice il detto, "Chi segue il Dharma verrà protetto dal Dharma stesso." Penso che sia giunto il momento di finire questo discorso. La prossima volta vi dirò che cosa faceva il discepolo dopo aver lasciato l'Ashram. Per ora, voglio narrarvi un incontro da me avuto con un signore molto insolito circa diciassette anni fa. Quest' uomo era nato a Bombay ed aveva lavorato per qualche tempo come funzionario di banca. Più tardi era venuto a Madras (come veniva chiamata Chennai a quel tempo)e per un certo periodo aveva lavorato per una società francese molto rinomata. Un bel giorno, piantò in tronco il proprio lavoro. Perché? Perché sentiva una necessità prepotente di andare in giro a fare discorsi spirituali ed a narrare le storie dei Purana.




DIO SI PRENDE CURA...


Gli chiesi perché mai facesse questo, soprattutto perché c'erano tutte le condizioni per una sua scalata professionale. Mi rispose che il suo cambiamento era stato motivato da due cose: la prima era che essere un menestrello che girava per il mondo a trasmettere la buona novella era tradizione di famiglia - nella sua generazione non c'era nessuno che volesse perpetuare tale tradizione, dato che tutti avevano preferito lavori ben pagati, e perciò sentiva di doverlo fare lui. In secondo luogo, disse, diffondere il messaggio gli dava molta gioia. Allora gli feci una domanda ovvia: "Ma devi mangiare! Come fai per i soldi?" E sapete che cosa mi rispose? Disse: "Per quanto strano possa sembrare, non muoio di fame. Ovunque io vada, non chiedo soldi. Il mio impegno a parlare lo svolgo come un dovere da compiere, ma dopo la gente viene spontaneamente e mi dà delle buste con piccole somme di denaro. Non è molto, ma abbastanza da permettermi di sopravvivere. Comunque, le mie necessità sono molto semplici, e per sostenermi non mi occorre granché. Il Signore si sta prendendo cura di me ed io non ho desideri!³





'Dio si prende cura di me'


Sì, questo è esattamente ciò che ho sentito in questa era di Kali, non troppo tempo fa (per essere più precisi, nel 1988). Fino a quando il sole splenderà, su questa terra dovrebbero continuare ad esistere persone buone e nobili, almeno in questo Paese, il luogo di nascita dei Veda.
Grazie e Jai Sai Ram.