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Celebrazione dello Shrî Krishna Janmâshtamî

27 agosto 2005

(Cronaca della giornata)

Lo Shrî Krishna Janmâshtamî celebra la nascita del Signore Krishna, l’Avatâr del Dvâpara yuga. Sono stati molti i santi di questa terra che hanno dedicato la loro vita alla Sua adorazione e venerazione. Tulsidas, Mîrâbai, Chaitanya Deva e Purandaradasa Gli espressero la loro devozione sotto forma di canzoni che sono popolari in India anche ai giorni nostri. La storia della Sua vita e dei Suoi lîlâ (giochi divini) ha incantato la popolazione di quel paese per millenni, poiché narra del puro Amore di Dio verso i Suoi devoti.

Krishnâshtamî è una festa la cui celebrazione è contrassegnata dal divertimento e dall’allegria e ricorda la gioia sperimentata dai gopâla (i pastori) in compagnia di Krishna durante i giorni della Sua infanzia a Brindavan.

A Prashânti Nilayam, questa esperienza è ampiamente rivissuta grazie alla presenza dello stesso Signore Krishna che è venuto nuovamente nella Forma del nostro amato Bhagavân Sai Krishna.

Il mattino del 27, gli studenti dell’università di Baba, vestiti da pastori e recanti ciascuno una mucca, sono arrivati in processione nel Sai Kulwant hall fra canti di bhajan ed inni vedici. C’era anche l’elefantessa Sai Gita riccamente adornata e Baba le ha amorevolmente dato da mangiare della frutta per la gioia di quanti erano lì riuniti. Dopo questi gioiosi festeggiamenti, avvenuti in mattinata, Swami si è ritirato nella Sua residenza.

Nel pomeriggio, dopo un programma di canti devozionali e stotram (inni di lode) da parte degli studenti, Bhagavân Baba ha invitato due oratori a parlare. Il primo è stato il dottor M. Sainath, lettore presso la facoltà di fisica dello Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning, che ha iniziato rimarcando come Baba abbia indicato i tre stadi che un aspirante affronta sul sentiero dell’autorealizzazione. Nel primo stadio, il devoto dice al Signore “Dâsoham” cioè “Sono il Tuo servitore”; man mano che progredisce, abbandona la sillaba “dâ” e dice “Soham”, “Io sono Quello.” In ultimo, egli raggiunge quel supremo stato in cui perfino il concetto di dualità si estingue e tutto ciò che rimane è “Aham”, “Io sono Io.”

Il dottor Sainath ha detto che il ruolo del Maestro è quello di indirizzare l’attenzione del discepolo verso la meta del cammino spirituale. Se si espone al sole una balla di cotone, essa non prende fuoco da sola; è soltanto quando i raggi vengono concentrati per mezzo di una lente d’ingrandimento che si può incendiare. Allo stesso modo, il Maestro, mostrando la Sua grazia, accende la lampada della Saggezza nel nostro cuore. L’oratore ha fornito l’esempio di un discepolo del Santo Tukaram che lo pregò di rivelargli come avrebbe potuto mantenersi sempre in uno stato di pace e beatitudine. Questi lo guardò profondamente negli occhi e disse: “Figliolo, lo sai che hai soltanto una settimana di vita?” Il discepolo, udendo ciò, si preoccupò notevolmente e si precipitò a casa. Per i primi due giorni, pensando a tutte le cose che doveva ancora compiere nella vita, rimase inquieto ma fu ben presto in grado di rivolgere la mente alla contemplazione di Dio ed entrò in uno stato di profonda pace e abbandono.

In seguito tornò dal Santo che gli chiese che cosa avesse provato nella settimana trascorsa ed egli rispose che ora non aveva più pensieri mondani e la sua mente era focalizzata su Dio. Tukaramgli rivelò allora che aveva inscenato quella piccola recita allo scopo di insegnargli il segreto dell’equanimità. Il dottor Sainath ha detto che ora abbiamo fra di noi proprio quello stesso Signore Krishna che aveva insegnato ad Arjuna la Bhagavad Gîtâ, la Canzone Celestiale che è la panacea di tutti i mali sofferti oggi dall’umanità, e dobbiamo fare pieno uso dell’opportunità di essere in compagnia del Maestro Universale per realizzare la nostra personale divinità.

Shrî Shashank Shah, che sta attualmente ottenendo il suo M. Phil in Management all’università di Bhagavân, ha parlato per secondo tracciando alcuni interessanti parallelismi tra la vita di Shrî Krishna e l’Avatâr del Kali yuga, Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba. Egli ha citato un affascinante episodio tratto dal poema epico Bhâgavantam che narra la vita del Signore Krishna, in cui il Saggio Garga, devoto del Signore Vishnu, aveva preparato del khîr, un piatto che si dice Egli gradisse, e Glielo aveva offerto. Il piccolo Krishna entrò furtivamente e mangiò il khîr mentre il Saggio stava pregando; questi, sentendosi offeso, si lamentò con Madre Yashodâ ed ella ammonì Gopala di non infastidirlo in quel modo. Il Saggio, allora, si sedette di nuovo per offrire il khîr al Signore Vishnu e Krishna ne prese ancora. Garga chiese perché si stesse comportando in modo così strano e Krishna, a quel punto, gli rivelò di non esser altro che Vishnu in Persona e gli concesse il celestiale Vishvarûpa Darshan, la visione della Forma cosmica del Signore Vishnu.

Questo episodio trova un parallelo nella vita di Baba: un devoto, che aveva il privilegio di dormire alla porta dell’alloggio di Baba nel mandir di Prashânti, notò una notte una luce eterea proveniente dalla Sua stanza per cui guardò dentro ed ammutolì vedendo Bhagavân in sheshashâyîn, la posizione supina del Signore Vishnu, circondato da sette fuochi. Egli rimase stordito da ciò che aveva visto. Il giorno seguente, ricorrenza di Vaikuntha Ekâdashî, dopo che anche gli adoratori del Signore Vishnu lo avevano visto molto frastornato, Baba confermò la verità di ciò a cui egli aveva assistito, rivelandogli che i sette fuochi altro non erano che i saptârishi, i sette grandi saggi.

Dopo i discorsi tenuti dal dottor Sainath e da shrî Shashank Shah, si è svolto il canto dei bhajan ed è stato offerto l’ârati a Baba prima che Egli si ritirasse nella Sua residenza.



( Tratto dal testo in inglese pubblicato nel sito internet dello Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam)