SATYOPANISHAD

1 febbraio 2004

MAHABHARATA


D.244 - Swami! Oggi l’atmosfera è davvero da incubo. Sembra non esserci fine ad ingiustizia, disordine, iniquità e falsità. Perdonami, Swami, se la mia domanda non è appropriata; tuttavia, ti prego di voler eliminare il mio dubbio. In che misura prevaleva la giustizia all’epoca del Mahabharata? Dopo aver propinato ai Pandava del cibo avvelenato, incendiato la casa di lacca, e tentato di assassinarli in molti modi, i Kaurava negarono loro la equa parte del regno, anche solo cinque villaggi, o persino uno spazio grande quanto la punta di uno spillo. In qual modo i Kaurava seguirono il codice morale o si attennero alla legge del tempo? Ci fu mai un po’ di pace a quell’epoca?

Bhagavan: Il Dharma specifico del Dvaparayuga non si è pienamente manifestato a quel tempo, poiché l’avvento di Kali, la sua impronta e stile di comportamento si erano già resi percepibili. Sakuni è largamente responsabile della malvagia condotta dei Kaurava, i quali seguirono il suo consiglio, ed incitati da lui, si comportarono in quel modo; in ogni caso, il buttarsi sul sentiero dell’iniquità è colpa dei Kaurava stessi. Ricordatevi, però, che tutto ciò accadde nel regno di Dhritarashtra, il re cieco. La cecità non è altro che il fallimento nel riconoscere Sathya, Dharma, Shanti, e Prema (Verità, Rettitudine, Pace ed Amore). Un giorno, camminando in una delle vie principali, Dharmaraja vide un contadino che trasportava su un carro dei sacchi di riso, che doveva essere ancora separato dalla pula. Egli gli chiese: “Perché trasportate quei sacchi di riso? Potete anche lasciarli nei campi, non è vero?” Il contadino rispose: “Oh re! Alcuni giorni fa, il nostro riso è stato rubato dai campi, è per questo che lo mettiamo nei sacchi e lo portiamo a casa nostra.” Dharmaraja avvertì in questo fatto i segni dell’imminente Kaliyuga. In un’altra occasione, egli notò una donna che camminava sfacciatamente lungo la via principale, parlando senza inibizione con un uomo, senza la minima traccia di vergogna. Egli pensò: “Oh! Il Kaliyuga è alla porta.” Un altro giorno egli vide che i cittadini applicavano dei pezzi di ferro alle porte di casa. Domandò loro: “Che cosa sono?” La gente rispose: “Oh re! Si verificano ora così tanti furti che non c’è alcuna sicurezza per le nostre proprietà, i nostri gioielli e le nostre scorte di cereali. Per questo motivo usiamo questi pezzi di ferro, detti serrature.” Perciò, anche nel Dvaparayuga, i sintomi di Kali si erano già resi evidenti.


D.245 - Swami! A noi manca un’adeguata conoscenza di molte cose importanti. Abbiamo solo una visione parziale della Divinità. Di conseguenza, tendiamo ad ignorare la Realtà e siamo inclini a dubitare della Divinità. È nostra cattiva sorte criticare anche Dio, attribuendogli gli errori umani. Nel Mahabharata, pare che Krishna fosse di parte e favorisse i Pandava e che, allo scopo di difenderli, fece molte cose non idonee al Dio Incarnato. Possiamo citare dei casi quali l’uccisione di Dronacharya, Bhishmachârya, Saindhava ed alcuni altri. Ti preghiamo di chiarire con le Tue spiegazioni questi nostri fraintendimenti e di illuminarci.

Bhagavan: Dio è senza macchia. È puro ed immacolato. Attribuire a Dio qualsiasi genere di errore è il peggiore dei peccati. Ogni più piccola parte di Dio, se così si può dire, è disinteressata, e qualsiasi cosa Egli dica o faccia è per il bene dell’umanità. Egli dona e perdona ed in cambio non desidera nulla da nessuno, né c’è in questo mondo nulla che non gli appartenga. Forse per gli effetti di Kali, vedete persone con ideali meschini ed egoistici che sono responsabili delle agitazioni fisiche e mentali e di quest’inquietudine che dilaga ovunque. Oggi l’uomo non ha più in sé alcuna traccia di gratitudine ed è arrivato perfino al punto d’ignorare i suoi genitori. Il suo comportamento è demoniaco ed è perciò per lui difficile riconoscere Dio. I Kaurava erano malvagi e trascorsero le loro vite nell’ingiustizia, nella falsità e nell’iniquità. Erano pieni d’odio e di gelosia. Per avidità ed invidia fecero molte cose crudeli, come cercare di avvelenare i Pândava, appiccare fuoco alla loro casa, indurli a giocare ai dadi barando, ma poi alla fine persero le loro stesse vite. Pertanto, essi dovevano essere controllati e tenuti a bada. Si sa che per tagliare un diamante occorre un diamante. Si può togliere una spina solo con l’aiuto di un’altra spina. Un semplice esempio vi chiarirà questo punto. Quando un ladro scappa con la refurtiva, fugge attraverso la porta sul retro della casa; per acchiapparlo anche voi dovete passare da quella porta. In quel momento non potete dire: “Che cosa! Io sono il proprietario di questa casa, devo uscire solo attraverso la porta principale e non quella di servizio.” Dunque, la porta secondaria è l’unica via per riuscire ad acciuffare il ladro. Non è così? Allo stesso modo, per catturare i Kaurava, che percorrevano la strada sbagliata, era necessario percorrere lo stesso sentiero. Krishna fece esattamente questo per proteggere i Pandava e promuovere la loro vittoria finale. C’era proprio ben poco egoismo in Krishna!


D.246 - Swami! Krishna indusse Dharmaja a pronunciare la bugia “Ashvatthama hatah,” Ashvatthâma è morto, aggiungendo a bassa voce, “kunjarah,” l’elefante. Questo portò alla morte di Dronacharya. Fu corretto, da parte di Krishna, indurre Dharmaja a dire una bugia come quella?

Bhagavan: Questa è una domanda insensata. Voi pensate così solo perché non conoscete i fatti correttamente. Non ci fu alcuno sbaglio da parte di Krishna, e non ci fu alcuna colpa da parte di Dharmaja. Fu l’errore di Drona ad essere interamente responsabile della sua morte. Dharmaja disse chiaramente “Ashvatthama hatah” - Ashvatthâma è morto, ed aggiunse sommessamente “kunjarah” - un elefante di nome Ashvatthama è morto. Dronacharya non ascoltò le parole di Dharmaja fino in fondo, ma udì soltanto la prima parte “Ashvatthama hatah” - Ashvatthama è morto. A causa del suo attaccamento al figlio, Dronacharya morì immediatamente all’udire la prima parte dell’affermazione di Dharmaja. Morì per il trauma, e solo il suo attaccamento fu la causa della sua morte. Perciò, in realtà, la colpa è di Dronacharya, che non ebbe la pazienza di ascoltare completamente quanto Dharmaja stesse dicendo. Com’è possibile accettare che Dronacharya, che amava Arjuna più di suo figlio, fosse disposto a combattere contro di lui e ad ucciderlo? Essendo un precettore ed un bramino, doveva combattere come fece? Perciò, la colpa fu soltanto di Drona.


D.247 - Swami! Nel Mahabharata, è penoso notare l’uccisione di giovani come Abhimanyu e Ghatotkacha senza alcuna colpa da parte loro. È giustificabile se gente cattiva viene uccisa o punita, ma cosa dobbiamo pensare della morte di questi ragazzi?

Bhagavan: La risposta è molto facile, molto semplice. Vi faccio un piccolo esempio per farvi capire meglio la risposta. Quando in casa vostra ci sono tante zanzare, cosa fate di solito? Voi spruzzate, in tutta la casa, un insetticida come il Flit, oppure usate il DDT per uccidere le zanzare, non è così? Dovete notare un particolare: dopo aver spruzzato l’insetticida velenoso, tutte le zanzare muoiono, anche se soltanto una o due vi avevano punto, e non tutte; tuttavia, nell’operazione, anche le zanzare che non vi avevano punto, muoiono. Analogamente, in una guerra anche alcuni innocenti muoiono. Questo è naturale.


D.248 - Swami! Si dice che soltanto Arjuna fosse capace di infrangere ed uscire vittorioso dal Padmavyuha, la formazione militare a forma di loto, concepita quale trappola mortale; ma Abhimanyu conosceva solo il modo di entrare e non quello di uscirne, così ciò provocò la sua morte. Si narrano alcune storie a proposito di quest’episodio del Mahabharata. Pare che quando Nârada stesse descrivendo l’intera manovra ad Abhimanyu, che ancora si trovava nel grembo materno, Krishna gli avesse impedito di spiegare al nascituro il metodo per uscire dal Padmavyuha! Qual è il Tuo commento a questa storia, Swami?

Bhagavan: L’antica letteratura di Bharat ha molti segreti che devono essere svelati ed afferrati, e molte sottigliezze che non sono note a tutti. Esse indicano l’obiettivo e la maniera in cui condurre la vita, vi ricordano anche i doveri, le responsabilità e gli impegni che avete verso la società in cui vivete. Esse vi indicano anche i vostri errori, in modo che possiate correggerli e redimervi, e fare così esperienza della Divinità interiore. Nelle epiche o nei testi religiosi ciascun episodio, o aneddoto in forma di storia, ha un messaggio per voi. Arjuna vantava numerosi titoli, come Savyasachi, Phalguna, Partha, Vijaya, ecc., ben superiori ai nostri moderni Padmasri, Padmavibhushan, nonché altre onorificenze. La resa di Arjuna a Krishna era totale. Questa fu la ragione per cui seppe acquisire l’abilità di sfuggire all’impenetrabile Padmavyuha. La parola 'Arjuna' significa candore o purezza, e fu la sua purezza di mente e di cuore che gli conferì l’abilità necessaria. Le cose erano invece assai diverse per quanto riguarda Abhimanyu. Egli fu sfidato a combattere e scese sul campo di battaglia quando sua moglie Uttara era incinta, suo padre Arjuna era lontano e suo zio Krishna era assente. Abhimanyu aveva abhimana, attaccamento per sua moglie e per suo padre. Quest’attaccamento lo intrappolò nel Padmavyuha, e di conseguenza non seppe uscirne, così alla fine morì.
Analogamente, l’intero mondo e la nostra vita sono un Padmavyuha. L’uomo è intrappolato in tale Padmavyuha, ed il suo senso di attaccamento e l’istinto di possesso non gli permettono di uscirne. Egli portava il nome Abhimanyu, poiché aveva abhimana, attaccamento.


D.249 - Swami! Si racconta che Draupadi avesse riso di Duryodhana nel Mayasabha il grande salone di corte; ciò rese quest’ultimo furente e desideroso di vendetta, e da ultimo portò alla guerra di Kurukshetra. Puoi benedirci con la Tua speciale interpretazione?

Bhagavan: Queste sono le parole di chi non conosce la realtà. Draupadi non era una persona ordinaria. Era una regina, nota per la sua castità. Ella era la moglie dei grandi Pandava. È sciocco dire che ella rise di Duryodhana nel Mayasabha . Vi sbagliate se pensate così. Ella non era certo un tipo che ridesse della gente. Pensano così quelli che non sanno cosa accadde veramente. Quel giorno, dopo essersi lavata i capelli, Draupadi li asciugò e uscì dalla porta principale del palazzo. Fu in quel momento che Duryodhana cadde, credendo ci fosse il pavimento là dove invece c’era dell’acqua. Al vederlo, le ancelle cominciarono a ridere per quella buffa scena. Draupadi arrivò in quel mentre e Duryodhana, vedendola, pensò erroneamente che ella stesse ridendo di lui, ma in realtà non era così. Fu quindi un errore di Duryodhana pensare in quei termini. Non c’era macchia in Draupadi. Ella non alzò mai la voce in nessuna occasione. Soddisfatta di qualsiasi cosa avesse, non si stancò mai di servire i Pandava in ogni circostanza. Era la più nobile di tutti loro. È una vostra stoltezza pensare che ella avesse riso di Duryodhana o di qualsiasi altra persona.


D.250 - Swami! Krishna era circondato da otto consorti e gli viene attribuita la compagnia delle 16.000 Gopi, le pastorelle. È di notevole disturbo ed imbarazzo sentire delle molte mogli del Signore Krishna. Gentilmente, chiariscici questo argomento.

Bhagavan: Questo lo avete appreso dai film, non è vero? Krishna del Bhagavata era totalmente diverso da ciò che voi sapete di Lui. È a causa di simili versioni, perverse e distorte, che il numero degli atei aumenta di giorno in giorno e la devozione è in declino. La Verità eterna, non duale e Divina viene vista secondo criteri materiali e prospettive effimere. Tale è la sfortunata situazione dei tempi moderni. Le Scritture intendono farvi vedere il mondo come una manifestazione Divina, e non farvi considerare Dio in termini mondani. Dio è libero, ed è soltanto Lui che vi può liberare dai legami del mondo. Ditemi, chi erano le otto consorti di Krishna? Ogni cuore umano è un fiore di loto con otto petali. Questi otto petali sono le otto consorti. Nel corpo umano ci sono sei mistici chakra, o centri di energia. Quello alla base della colonna vertebrale è il muladhara, ed il sesto, alla sommità della capo, è chiamato sahasrara. Durante lo stato di samadhi, Kundalini, l’energia che giace addormentata nel chakra del coccige, sale dal muladhara al sahasrara. Ora, il chakra sahasrara è paragonato ad un loto dai mille petali. Ciascun petalo ha 16 sfumature o facce, che si assommano ed ammontano a 16.000; ciò sta a simboleggiare le Gopi con le quali, si dice, Krishna si fosse associato. Di fatto, Krishna era un ragazzetto quando si trovava a Brindavan. Tutte quelle Gopi erano donne adulte e sposate, e giocavano con Krishna come facevano con i loro figli, che erano della sua stessa età. A quelle Gopi ogni cosa sembrava colma di Krishna. Il segno di kumkum che si mettevano sulla fronte era blu. Indossavano braccialetti blu e sari blu. Ogni articolo che usavano era blu. Perché? Per il motivo che Krishna era di carnagione blu. Nella loro devozione a Krishna, esse superavano Narada e tutti gli altri cantori celesti. Le Gopi avevano un amore più intenso per Krishna che per i loro mariti, e restavano in uno stato di gioia ed estasi nel cantare la Sua gloria; esse cadevano in un’immensa agitazione per ogni, pur momentanea, separazione da Krishna. Quando Krishna partì per Mathura, i corpi delle Gopi sembravano bruciare e contorcersi in un dolore insopportabile a causa della separazione dal loro amato Krishna. Esse accusarono Akrura di portarlo via da loro. La loro era la beatitudine dell’Atma o Spirito.
I vostri sentimenti sono materiali, fisici e ristretti. Di conseguenza vedete il sublime dal punto di vista della vostra percezione sensoriale. In verità, nessuno può valutare l’entità, la profondità, il livello di devozione delle Gopi. La loro devozione per Krishna resta per sempre incommensurabile ed inimmaginabile ad un ordinario mortale.


D.251 - Swami! Radha era un’ardente, intima ed ideale devota di Krishna. Ella rappresenta ananyabhakti, Devozione infinita, incomparabile ed incondizionata, e nel sentirti parlare di Radha bhakti ci perdiamo in un’estasi di devozione. Vuoi, per favore, dirci di più su Radha bhakti?

Bhagavan: La conoscenza dei testi non può conferire devozione, e non potete ottenerla da nessun Guru. Nessun amico può farvi dono della devozione. Essa deve nascere dal vostro cuore, non può esservi introdotta. La devozione delle Gopi era pura e disinteressata, era ferma, incrollabile, inamovibile. Radha era preminente fra loro. Ella si sentiva uno con Krishna, tadatmya, in totale identificazione. Radha aveva soltanto Krishna-trsna, sete o desiderio di Dio, e non lokatrsna, desiderio del mondo. Un giorno Krishna si recò col Suo carro in un posto vicino, insieme a Rukminî. Tutti gli abitanti della zona si radunarono e con gran giubilo tributarono loro un chiassoso benvenuto. Rukmini notò che Krishna fissava intensamente una persona dalla sua parte. Anche quella persona lanciava degli sguardi verso Krishna. Krishna disse lentamente e sottovoce: “Rukmini! Tu conosci Radha? Ella è una mia ardente devota”. Così udendo, Rukminî scese dal veicolo e si avvicinò a Radha e, dopo i dovuti convenevoli, la invitò ad andarla a trovare nel suo palazzo a Dvaraka. Come d’accordo, il giorno seguente, Radha andò a Dvaraka. Rukmini ricevette Radha all’entrata principale, e l’accompagnò nel palazzo. Radha rimase con Rukmini nel palazzo per qualche ora, parlando di Krishna e cantando le Sue glorie. Esse cominciarono a condividere le gioie delle loro esperienze col Signore Krishna. Rukmini servì a Radha del latte caldo, in modo che questa potesse restare con lei un po’ più a lungo per parlare di Krishna, poiché avrebbe dovuto sorseggiare il latte lentamente; ma Radha bevve l’intera tazza di latte caldo in un sorso. In ogni caso, la conversazione proseguì ancora un poco, poi Radha lasciò il palazzo per ritornare al suo villaggio. Krishna tornò la sera, molto stanco, e disse a Rukmini: “Rukminî! Sono stanco ed esausto, e ho una sensazione di bruciore ai piedi che è insopportabile”. Rukmini notò delle vesciche sui Suoi piedi, e si chiese come mai gli fossero venute. Krishna allora disse: “Rukmini! Tu hai servito del latte molto caldo a Radha questo pomeriggio, quando è venuta a trovarti dietro tuo invito, vero? Radha l’ha bevuto tutto in un sorso. Poiché i Miei piedi sono nel suo cuore, il latte caldo si è versato sui Miei piedi, ed è per questo che vedi le vesciche là dove ora sento il bruciore”. Tale era il livello della devozione di Radha. Un giorno, per provare la devozione di Radha, una Gopi le diede un vaso con dei buchi per raccogliere acqua dal fiume Yamuna, ma Radha non se ne accorse; mentre immergeva l’anfora nel fiume, era costantemente impegnata a ripetere il sacro nome di Krishna. Ad ogni ripetizione del prezioso nome di Krishna, tutti i buchi si chiusero uno dopo l’altro, così il vaso non perse acqua, e Radha lo riportò a casa pieno. Tale era la grandezza della sua devozione! Nel nome Radha, ‘R' significa ‘Radha’ - ‘A’ è ‘Adhar’ o fondamento - ‘Dh’ significa ‘Dhara’ o flusso continuo, ininterrotto - e la ‘A’ indica ‘Aradhana’ o adorazione. La sua devozione era imperturbabile ed incrollabile come un continuo fluire d’olio. Poiché Radha ripeteva il nome di Krishna, anche Krishna pensava frequentemente a Radha. Tale è il legame e l’intimità tra un devoto ed il Suo Dio o Deva personale.


D.252 - Swami! Abbiamo capito, dal Tuo Divino messaggio, che i Pandava poterono far fronte ai loro problemi e sopportare difficoltà e tensioni per l’infinita grazia del Signore Krishna. È veramente gratificante vedere l’interessamento e l’amore di Dio per i Suoi devoti. Puoi, per favore, fornirci qualche esempio importante.

Bhagavan: Sì, Sì, e Sì. Questa è la Verità delle verità. Non è completamente corretto affermare che Dio ami. No! Dio è Amore, Amore è Dio, Vivete nell’Amore. Come? Voi potete al massimo amare una o due persone; ma, se divenite Amore, se siete l’Amore stesso, esso diventa infinito e voi amate tutti. Perciò, non diventate un amante, ma siate l’Amore stesso, potrete realizzare Dio soltanto attraverso l’Amore, poiché Egli è l’Incarnazione dell’Amore. Voi potete vedere la Luna solo grazie alla sua luminosità. Analogamente, attraverso l’Amore potrete fare esperienza di Dio, che è Amore, e gioire di questa beatitudine. I Pandava poterono fronteggiare tutte le difficoltà grazie alla benedizione del Signore Krishna. Fu il loro incondizionato abbandono ed amore per Krishna che fece loro accettare, come Sua volontà e benedizione, ogni situazione pericolosa ed ogni momento di prova. Krishna era pronto a fare qualsiasi cosa per salvarli da qualunque pericolo. I fratelli Pandava con Draupadi e Kunti erano in esilio. Una sera, Dharmaja e Draupadi stavano passeggiando nella foresta, quando videro un grosso frutto che giaceva a terra. Pensarono che, essendo così grosso, avrebbero potuto dividerlo tra tutti loro per cena. Draupadi si avvicinò al grosso frutto e cercò di sollevarlo, ma invano. Allora Dharmaja tentò di aiutarla, ma con lo stesso risultato, finché entrambi furono molto stanchi. Intanto, vedendo che Dharmaja e Draupadi non erano ancora ritornati, Bhima ed Arjuna, uno dopo l’altro, andarono a cercarli finché li trovarono. Anch’essi vollero collaborare a sollevare il frutto, ma fallirono. Infine, dopo qualche tempo, Nakula e Sahadeva si unirono loro, ma tutti insieme non riuscirono a smuovere il frutto. In quel mentre, notarono qualcosa muoversi proprio sotto i loro piedi. Erano dei capelli neri che coprivano la terra come un tappeto. Sollevarono le teste, si guardarono intorno, e costatarono che quei lunghi capelli erano di un saggio, seduto poco lontano in meditazione. Il saggio non era altri che Romarshi (‘Roma’ significa ‘capelli’, e ‘Rishi’ vuol dire ‘saggio’). Il saggio era in procinto di aprire gli occhi. Egli stava facendo penitenza da lungo tempo per questo frutto, che l’avrebbe liberato dalla fame e dalla sete. I Pandava si trovavano vicini a quel frutto e stavano cercando di portarselo a casa. Essi si sentirono in colpa e temettero che il saggio potesse lanciare su di loro una maledizione. Draupadi dal profondo del cuore pregò immediatamente Krishna, implorando che il Suo Divino intervento li salvasse.
Krishna apparve davanti a lei, chiedendole quale fosse il problema, e disse: “Attenta Draupadi! È vero che Io vengo in soccorso dei miei devoti, ma sono anche residente nei cuori dei rishi. Ciò che avete fatto è sbagliato. Romarshi ha fatto grandi penitenze per questo frutto che ora volevate portar via. Se, in uno scatto di collera, il Rishi vi maledice, come posso aiutarvi?” Allora Draupadî si gettò ai piedi di Krishna e disse: “Oh Signore! Non abbiamo altri su cui contare. Se non fosse per Te, non saremmo sopravvissuti fino ad ora. Ammettiamo il nostro errore. Per favore perdonaci e salvaci dal pericolo della maledizione del saggio”. Allora Krishna disse: “Bene! Ma state molto attenti. Agite strettamente secondo le mie istruzioni. Ora Io andrò da Romarshi e comincerò a conversare con lui. Voi raggiungetemi lì esattamente dieci minuti dopo.” Krishna si recò da Romarshi, il quale lo ricevette con la più grande devozione e sincerità, dicendoGli: “O Signore! Siamo noi che dobbiamo venire da Te. Tutte le nostre penitenze ed austerità hanno come unico scopo quello di unirci a Te. Come si può misurare ora la mia fortuna? Il Signore stesso è venuto da me!” Krishna cominciò a parlargli e così trascorsero dieci minuti, quindi i Pandava arrivarono sul posto. Allora Krishna si prostrò davanti ad ognuno di loro, compresa Draupadi. Al vedere questo, Romarshi concluse che questi Pandava, davanti ai quali perfino Krishna si era prostrato, dovessero essere dei Rishi del più nobile ed elevato rango; perciò, anche Romarshi si prostrò e fece namaskar ai Pandava come aveva fatto Krishna. In questo modo la sua rabbia venne dissolta ed egli si placò. Non avrebbe potuto maledire coloro che aveva appena salutato con tanta riverenza. Questo aneddoto illustra, più di tanti volumi, l’inimmaginabile amore di Dio per i Suoi devoti, e fino a che punto Egli sia disposto a proteggerli. Ma è inutile dire che anche il devoto deve meritare la Sua compassione. La guerra del Mahabharata era in corso, e Bhishma fece voto che il giorno seguente avrebbe ucciso i Pandava. Draupadi, venendo a sapere del voto di Bhishma, era affranta; angosciata pregò il Signore Krishna, ed il Signore ebbe pietà di lei. Per Sua compassione, Egli si recò a trovarla quella sera stessa. Era quasi notte e sul campo di battaglia, in una tenda, era disteso l’anziano Bhishma, che - essendo molto turbato - non riusciva a dormire. Era pentito del proprio voto, perché i Pandava erano dalla parte della giustizia e della rettitudine; perciò, immerso in pensieri di profondo rincrescimento, cominciò a camminare su e giù davanti alla tenda. Krishna si diresse verso la tenda di Bhîshma. Egli fece segno a Draupadi di gettarsi ai piedi di Bhishma, e così avvenne. Accorgendosi che quella che toccava i suoi piedi era una donna, Bhishma la benedì con le parole 'dirghasumangali bhava’ (possa tu avere una vita matrimoniale lunga e felice); ma nel chinarsi per vedere chi fosse quella donna che aveva toccato i suoi piedi, riconobbe Draupadi. Egli fu sconcertato. Un grosso interrogativo sorse nella sua mente: come avrebbe potuto uccidere i Pandava, avendo appena benedetto Draupadi, augurandole una vita matrimoniale lunga e felice? Bhishma vide allora Krishna lì vicino, e disse: “Signore! Questo è il Tuo disegno. Le cose accadono secondo la Tua Divina Volontà. Tu puoi fare e disfare. Noi siamo soltanto strumenti nelle Tue Mani. Signore! Cos’è quel fagotto che porti? Tu hai qualcosa avvolto in una stoffa. Posso sapere, mio Dio, cosa stai portando con Te?” Krishna disse: “Bhishma! È notte fonda. Tu sei un vecchio guerriero e devi essere molto stanco; stavi sicuramente riposando e per questo non volevo disturbare il tuo sonno col rumore dei sandali di Draupadi. Allora li ho avvolti in un pezzo di stoffa e li ho portati fin qui, ecco quello che tu vedi”. Questo è bhaktarakshana, la cura e la protezione dei devoti. Dio farà qualsiasi cosa per tener fede alla Sua promessa. Non c’è dubbio alcuno su questo.


D.253 – Swami! L’incarnazione di Krishna è definita l’Incarnazione perfetta. Allora, come può essere considerata l’Incarnazione di Rama? Qual è la differenza tra le due Incarnazioni del Signore? Nell’offrire loro adorazione, c’è differenza di grado o condizione? Ti preghiamo gentilmente di darci un chiarimento.

Bhagavan: Rama disse di essere Dasharathatmaja, figlio di Dasharatha, e dichiarò di essere umano. Il preciso scopo della discesa del Signore come Rama era di rappresentare l’Uomo Ideale, e di dimostrare la sacralità dell’umanità. Nonostante ciò, molti riconobbero la Divinità di Rama, e tutti i grandi saggi compresero lo straordinario dramma che Egli stava recitando. Vashishta confidò a Dasharatha: “Oh Re! Non sono venuto alla tua corte solo per essere il tuo prete. Il Signore è prossimo a nascere nella tua famiglia, ed io sono venuto per gioire dei Suoi giochi, dei Suoi scherzi e delle Sue dolci parole, fino a colmare il mio cuore.” Quanto a Vishvamitra, egli insegnò a Rama e a Lakshmana le potenti magie dei mantra bala e atibala, diede loro una faretra inesauribile e, quale benefattore dell’umanità, li iniziò al Gayatri mantra. Egli conosceva benissimo la natura dell’Incarnazione di Rama. Anche altri grandi saggi come Agastya, Bharadvaja, Matanga e Sarabhanga erano perfettamente consapevoli della identità Divina di Rama. Fu Sarabhanga che diresse Rama e Lakshmana da Sugriva, che all’epoca risiedeva a Kishkindha, aggiungendo che questi li avrebbe aiutati nella ricerca di Sita. Seguendo tali indicazioni, Rama e Lakshmana si recarono a Kishkindha. Sugriva ed il suo seguito li videro da lontano. Sugriva, che era fuggito, incapace di reggere i colpi di Vali , sospettò che Vali avesse mandato qualcuno per attaccarlo nuovamente, ed era terrorizzato. Fece chiamare Hanuman e gli ordinò di scoprire la verità. Obbedendo al comando di Sugriva, Hanuman avvicinò Rama e Lakshmana travestito da vecchio Bramino. Con adeguato rispetto, belle maniere ed opportuna scelta delle parole, Hanuman rivelò la sua vera identità e la sua storia. Di contro, egli venne a sapere perché Rama e Lakshmana fossero arrivati a Kishkindha. Potreste chiedermi perché Hanuman si fosse travestito da Bramino. Egli pensava che se si fosse presentato come una scimmia, quale era in realtà, i due fratelli non avrebbero prestato attenzione alle sue parole. In ogni caso, Hanuman aveva esposto loro i fatti, senza alcuna cattiva intenzione nascosta. Rama spesso parlò di sé, affermando ripetutamente “Io sono un uomo” - “Io sono il figlio di Dasharatha”, volendo mostrare - in tal modo - il nuovo ideale di uomo.
Con Krishna, invece, la storia è diversa. Egli dichiarò:
Mamanusmara yudhya ca (Pensa a Me e combatti) - Manmana bhava madbhakto madyaji mam namaskur (Tenendo la tua mente fissa su di Me, diventa mio devoto, offri i sacrifici a Me, inchinati a Me) - Yogaksemam vahamyaham (Io mi prenderò cura del benessere dei Miei devoti). Senza possibilità di errore, nella Gita Krishna affermò la Sua Divinità in varie situazioni. Queste sono le specifiche differenze tra le due Incarnazioni. Gli uomini devono comportarsi seguendo le tracce di Râma, e devono condurre le loro vite secondo le istruzioni di Krishna. Tutti i nomi appartengono al Signore, come pure tutte le forme. Non c’è luogo o cosa in questo universo che non siano Divini. Pertanto, potete compiere le vostre adorazioni in qualsiasi modo, purché siano fatte con tutto il cuore, mantenendo una visione ed una comprensione ampie. Qualunque sia il corso di un fiume, la sua destinazione è soltanto il mare. Pertanto, dovreste capire che tutte le forme di adorazione o di pratica spirituale raggiungono l’unico Dio.


D.254 - Swami! Tutti i Tuoi discorsi sono orientati ai valori, e sono molto dolci. Notiamo che oggi la ‘gratitudine’, un nobile valore, è totalmente assente. Come viene rappresentato questo valore nelle nostre antiche epiche?

Bhagavan: Il Ramayana raffigura questo valore nobilissimo, la gratitudine, in maniera eccellente. Samudrudu (Dio dell’Oceano) deve la sua esistenza a Sagara, un Re della dinastia Solare. Anche Rama apparteneva alla stessa dinastia. Dunque, Samudrudu era assai ansioso di esprimere la sua gratitudine a Rama e di partecipare alla missione del salvataggio di Sita. L’opportunità di servire Rama gli si presentò, quando Hanuman stava dirigendosi a Lanka in cerca di Sita attraversando il cielo, volando sopra il maestoso oceano. Samudrudu avvicinò Mainaka e disse: “Ascolta, Mainaka! Tu sei una montagna nascosta nel mare. Sono certo che non hai scordato i vecchi giorni, quando tutte le montagne avevano le ali e potevano volare ovunque, finché Indra tagliò loro le ali per rispondere alle implorazioni di aiuto della gente. Ti ricordi che tu sola fosti salvata da tale disgrazia per intervento di Vayudeva, dio del vento, che volle aiutarti? Bene, suo figlio, Hanuman, sta passando ora di qui sopra l’oceano per andare verso Lanka, dove ti trovi. Ora è il momento opportuno per esprimere la tua gratitudine a suo padre. Per favore, trasmettigli il segreto per uccidere Lankini. Lankini è la demone che sta a guardia dell’ingresso di Lanka. Il segreto è che se qualcuno la schiaffeggia sulle guance, avrà una morte istantanea. Ella sa che morirà in questo modo quando una scimmia riuscirà ad entrare in Lanka; ciò sarà poi seguito dalla caduta di Lanka e dalla morte di Ravana.” Seguendo questo consiglio, Mainaka colse l’opportunità ed emerse dal mare, e pregò Hanuman, “Oh! Signore! Tuo padre Vayudeva venne in mio aiuto, altrimenti avrei perso le ali. Hanuman! Per favore, riposati qui, prendi qualche frutto, e poi puoi proseguire. Lascia anche che ti dica come uccidere Lankini, la demone a guardia della porta di Lanka. Schiaffeggiala sulla guancia. Soltanto allora, a causa di una maledizione, morirà.” Hanuman disse: “Mainaka! Non intendo mangiare, bere, o anche solo riposare un momento finché il compito, assegnatomi da Rama, non sia terminato. In ogni modo apprezzo il tuo gesto di gratitudine.” Così entrambi, Mainaka e Samudrudu, espressero la loro gratitudine. Essi rappresentano degli ideali che tutti dovrebbero emulare. C’è anche un altro episodio nel Ramayana. Vâli rapì la moglie di Sugriva. Rama uccise Vali e restituì a Sugriva sua moglie ed il regno. Per esprimere la sua gratitudine a Rama, Sugrîva offrì di fornire a Rama un esercito di scimmie in occasione della Sua campagna per uccidere Ravana e gli altri demoni e per salvare Sita. Tuttavia, per cattiva sorte, egli subì dei ritardi nella sua missione, e Rama mandò Lakshmana per ricordare a Sugriva la sua promessa. Furioso, Lakshmana si recò da Sugriva. Vedendo la serietà della situazione, Sugriva inviò Tara a conferire con Lakshmana. Questa gli disse: “Swami! Questa è la stagione delle piogge, ma terminerà presto. Quando ritornerai, troverai trenta milioni di scimmie pronte ad assistervi nella lotta contro i demoni in Lanka. Mio marito, Sugriva, non ha scordato la promessa data a Rama. Egli non è un ingrato verso di Lui. Swami, Lakshmana! Non sai come possa essere triste una coppia quando è separata! Tu hai visto quanto fosse triste tuo fratello Rama a causa della separazione dalla Sua consorte, Sita. Anche per noi, fino a poco tempo fa, era la stessa cosa, ed eravamo veramente disperati; ma ora, per grazia di Rama, possiamo stare insieme felicemente. Questo non significa che abbiamo dimenticato la promessa fattagli. Sugriva non è quel tipo di persona.” Tali parole di Tara pacificarono l’ira di Lakshmana. Sugriva rappresenta la gratitudine. Dimenticare il bene ricevuto è il peggiore dei peccati. Un cane è un buon esempio di gratitudine. Se date anche un boccone di cibo ad un cane, non si dimenticherà mai di voi. Non dovreste essere grati a Swami che, in ogni momento della vostra vita, si prende cura di voi come la palpebra protegge l’occhio? Swami non vuole mai niente, né si aspetta nulla da voi. I valori, di cui vi ho parlato, sono per il vostro bene.


D.255 - Swami! Perdonaci se non comprendiamo correttamente le scritture. Ci sembra che certe affermazioni siano contraddittorie tra loro, e non siamo in grado di capire quale accettare e quale respingere. Una scrittura afferma: Brahma satyam jaganmithya (Dio è verità, il mondo è illusione). Tu hai detto: “Non c’è alcuna maya, illusione.” Come dobbiamo interpretare l’affermazione della scrittura alla luce di quanto Tu ci hai detto a proposito di maya? Inoltre, la stessa scrittura asserisce: Sarvarn visnumayam jagat (L’intero Universo è Divino). Allora, che cos’è e dove è l’illusione, o maya! Delle due affermazioni, contraddittorie tra loro, qual è quella vera?

Bhagavan: Entrambe le affermazioni sono ugualmente vere, sebbene sembrino opposte tra loro. L’errore si trova interamente nella vostra comprensione, o meglio, nel vostro fraintendimento. Queste si riferiscono al vostro stato mentale; la vostra esperienza determina il vostro livello di comprensione della verità. Eccovi un esempio. Supponiamo che Io vi domandi: “Quando siete arrivati?” La vostra risposta sarebbe: “Proprio ora. Swami!” Non è così? Analizzate la vostra risposta. Quando dite: “Sono arrivato proprio ora”, cos’è che è arrivato? È al vostro «Io» che ci si riferisce, a voi stessi, o al vostro corpo? Avete identificato voi stessi col vostro corpo. Voi pensate di essere il corpo. Dunque, quello che è arrivato ora è il vostro corpo. Poi cominciate a lamentarvi: “La mia gamba mi duole” - “La mia testa mi gira” - “La mia mano trema”. Esaminate attentamente queste affermazioni. Voi dite ‘la mia gamba’, ‘la mia mano’, ‘la mia testa’. Ora, ponetevi la domanda: “Chi è questo 'mio'?” Quando dite: “Questa è la mia mano”, significa che siete distinti dalla vostra mano. Voi siete distinti dagli organi, dai sensi, che sono solo strumenti. Voi siete il proprietario, il padrone. In queste affermazioni, indirettamente o inconsciamente, voi dichiarate di non essere il corpo. Prima, quando avete detto: “Sono arrivato adesso” vi riferivate al corpo, ed ora quando dite ‘la mia gamba’, ‘la mia testa’, intendete che siete diversi dal vostro corpo. Analogamente, nella disciplina spirituale se voi osservate la prima affermazione dal punto di vista dualistico e dell’identificazione con il corpo, ‘brahma satyam jaganmithya’, essa è vera (identificazione corporea – ‘Sono arrivato adesso’). Ma se parlate dal punto di vista atmico, dell’anima, o secondo l’approccio non dualistico, la vostra seconda affermazione, che siete diversi dal vostro corpo (la mia gamba, la mia mano, la mia testa), è altrettanto vera. Pertanto, la verità trasmessa in ‘sarvam visnumayam jagat’ (L’intero Universo è Divino) è valida e la dovete intendere in questo senso (non dualistico). Non dovete mai considerare le scritture contraddittorie tra loro. Esse sono espresse in modo da far fronte ai bisogni di persone con livelli mentali diversi.