SATYOPANISHAD

15 novembre 2003

D. 167 - Swami! Perché e come veniamo pervasi da sentimenti malvagi, quali la gelosia, l’invidia, la superbia, l’egoismo, l’attaccamento e così via? Come possiamo liberarcene?
Bhagavan - La causa principale di tutti questi sentimenti malvagi è il vostro attaccamento al corpo. Questi sentimenti sono nati nella vostra mente. Essi dipendono dalle vostre interazioni e relazioni con gli altri. Un piccolo esempio. Supponete di avere un amico molto intimo con il quale andate d’accordo su tutto. Se gli lanciate addosso una rosa, sarà immensamente felice del vostro amore e della vostra ammirazione per lui. Ma se gli lanciate la stessa rosa quando per alcune divergenze non andate più d’accordo, costui capirà male il vostro gesto. Penserà che è stata un’azione compiuta allo scopo di danneggiarlo, perché è diabetico, e se una spina lo pungesse essa potrebbe causare una ferita che non guarisce mai, con possibili complicazioni che potrebbero condurre persino ad una amputazione! Notate la differenza. I due individui sono gli stessi. Ed anche la rosa è sempre la stessa. Ma nel periodo in cui eravate amici l’azione era vista positivamente, mentre nel periodo di inimicizia la stessa azione veniva considerata negativamente. Tutto risiede nella mente. La rosa che dava felicità al vostro amico creava sospetto nella mente della stessa persona durante il periodo di animosità.
Lasciate che ora vi parli della vostra prossima debolezza: la rabbia. Perché mai dovreste essere arrabbiati con qualcuno? A causa della rabbia perdete la vostra energia. Diventate deboli. L’energia che avete accumulato traendola dal cibo consumato negli ultimi due mesi viene persa a seguito di un singolo moto di rabbia. Qui sarà il caso che ragioniate in modo chiaro sul questo argomento. Che cosa fa esattamente la vostra rabbia? Se qualcuno vi critica, vi rimprovera, vi accusa o vi biasima, vi sentite naturalmente arrabbiati con quella persona.
Mettetevi calmi per qualche istante e compite un’indagine, con chiarezza. Perché dovreste essere arrabbiati con chiunque vi faccia notare i vostri errori o i vostri difetti? Siete colpevoli? Vi arrabbiate perché le vostre colpe vengono messe in evidenza? Perché? Non c’è bisogno che vi arrabbiate per il fatto che vi si fanno notare le vostre colpe. Supponete di essere senza colpa, non colpevoli: anche in questo caso non dovete arrabbiarvi. Si tratta solo di una falsa accusa. Se qualcuno dice che sono calvo, non mi arrabbio, perché non c’è alcuna verità in questa affermazione: Io non sono calvo. Se qualcuno dice che ho una capigliatura incolta, anche allora non ho motivo di arrabbiarMi, perché è la verità. Lasciate che dicano ciò che vogliono: “Baba dalla testa calva” o “Baba dalla capigliatura incolta”. Non mi arrabbio in nessuno dei due casi. Se [arrivate a] pensarla a questo modo non vi arrabbierete con nessuno e non vi sentirete seccati.
Le peggiori forme di malattia, quelle per cui non esiste alcuna cura, sono l’invidia e la gelosia. L’odio ha rovinato dei re potenti, quali Hiranyaksha, Hiranyakasipu, Sisupala e Dantavaktra, come viene menzionato nei nostri poemi epici, il Mahabhagavatham ed il Mahabharata. L’invidia ha rovinato l’intero clan dei Kaurava. L’invidia, l’orgoglio, la gelosia e la rabbia sono qualità demoniache. Nessuno pensa a coloro che hanno queste tendenze demoniache. Avete mai incontrato qualcuno che si chiamasse Duryiodhana, che nel nostro poema epico ‘Mahabharata’ è la personificazione vera e propria della gelosia? Avete incontrato mai qualcuno che si chiamasse Sisupala, che è l’incarnazione dell’odio nelle nostre Scritture? No, mai. Perché? Perché chiamarsi così è una grande vergogna. Nel Ramayana c’è un personaggio femminile di nome Mandhara, che è il vero e proprio emblema della gelosia, e che riuscì persino a procurare una cattiva fama alla regina Kaikeyi. Fu lei a far sì che Rama dovesse recarsi nella foresta e nel regno di Bharata. Avete mai incontrato delle donne che si chiamassero Mandhara e Kaikeyi? No. Mai. Perché? Perchè rappresentano i tratti malvagi, che rovinano la gente.
Non siate mai egoisti. L’egoismo è un altro tratto che procura una cattiva reputazione. Esaminatevi tutte le volte che vi sentite egoisti.
Perchè l’ego? Su quali basi dovreste essere egoisti? Rispetto al mondo intero, l’India ha le dimensioni di una formica. In India, lo stato dell’Andhra Pradesh ha le dimensioni di un occhio di formica. Il vostro distretto di Anantapur è solo un puntino di un occhio di formica. E che dire allora di Puttaparthi, e di voi, e della vostra famiglia? Praticamente siete un niente. Perciò, non dovete dare alcuna opportunità all’ego ed all’orgoglio. Naturalmente, se volete essere egoisti ed orgogliosi a tutti i costi, allora siate egoisti per quanto riguarda la vostra ignoranza, ed orgogliosi della vostra stoltezza! L’attaccamento e l’interesse egoistico possono rendervi egoisti su basi errate.
L’attaccamento ed il sentimento del ‘mio’ e del ‘tuo’ non sono favorevoli neppure al vostro stesso interesse ed hanno origine da ‘abhimana’ e da ‘ahamkara’.
Un esempio. Il vostro vicino ha una figlia che per qualche tempo è stata seriamente malata. Non ve ne importava niente della sua salute. Un anno dopo la sua malattia, la sposate. Persino una lieve alterazione della sua temperatura, o un raffreddore, vi inducono a chiedere un permesso e a non lavorare. Perché? Perché adesso è vostra moglie, non più la figlia del vostro vicino. La differenza risiede solo nell’attaccamento. È il sentimento del ‘mio’ (mamakara) che fece sì che Dhritarashtra, l’anziano re del Mahabharata, appoggiasse le azioni sbagliate dei suoi figli e mandasse in rovina l’intero clan. Sebbene egli avesse cento figli, non gliene rimase neppure uno che potesse officiare i suoi ultimi riti. A causa del senso dell’io e del mio ci si può ridurre in questo stato.
Quando questi tratti trovano posto in voi, ripetete dieci volte: ‘Sono un uomo, non una bestia’, per liberarvi delle qualità animali, come l’ego (ahamkara), la gelosia (asuya), l’invidia (irsya), l’odio (dvesa), l’attaccamento (abhimana) ed il senso dell’io e del mio (mamakara).


D. 168 - Swami! Hai spiegato bene cose così profonde, con parole facili ed in modo semplice! Qual è il modo per raggiungere l’immortalità, l’ultima meta della vita?

Bhagavan - Molto semplice! Molto facile! L’unico modo per raggiungere l’immortalità consiste nel rimuovere l’immoralità.


D. 169 - Swami! Quanto a lungo dura il piacere dei sensi?

Bhagavan - Il piacere dei sensi è momentaneo e fugace. Vi procura delle difficoltà e vi rende deboli. Pensate bene e comprendete chiaramente. Voi pensate di godere dei vostri sensi. Ma non è vero. Sono i vostri sensi a godere a spese vostre. I sensi si divertono a spese vostre! Come? Voi diventate deboli. Perdete la vostra forza. Invecchiate. Se aveste ragione sul fatto che siete voi a godervi i sensi, dovreste essere attivi ed entusiasti. Ma in realtà non è così. Voi venite colpiti negativamente, a causa dei piaceri sensuali. Perciò, sappiate con certezza che sono i vostri sensi a godere di voi, a rendervi malati, vecchi e deboli, e non voi a godere dei vostri sensi.


D. 170 - Swami! Come possiamo vivere una vita distaccata? Ci sentiamo feriti quando perdiamo i nostri averi, le nostre posizioni sociali e le nostre ricchezze. Ti prego, dicci come fare per non soffrire se queste cose ci vengono tolte.

Bhagavan - Dovete tenere sempre bene in vista lo scopo e la meta della vostra vita. Non dovete mai lasciar andare i vostri doveri e le vostre responsabilità. Vedete, il giornale di oggi domani diventa cartaccia da gettare via. Siate pur certi che la vita trascorsa non tornerà più. Dovete sempre tenere in mente tre punti importanti. Non pensate mai che il mondo sia permanente e che le relazioni attorno a voi siano durevoli. No. La seconda cosa è che non dovete mai dimenticare Dio, in nessuna circostanza. Il terzo punto da ricordare è: non temete la morte.
L’esattore di un distretto ha tutte le comodità: una grande villa con un terreno spazioso e recintato, mobili, domestici, etc. Ha un grande ufficio e del personale che lo assiste, ma quando va in pensione deve lasciare tutto, anche se fino ad allora ha vissuto come se egli fosse l’unico proprietario di tutte le cose che gli sono state affidate. Piange, forse, il giorno in cui va in pensione? Si sente come se avesse perso qualcosa di personale? Le governanti che si prendono cura dei bambini nelle ville dei ricchi magnati o di alti ufficiali sentono quei bambini molto vicini a loro e dicono persino ‘il mio bambino’, ‘il mio ragazzo’, etc. Ma è veramente così? Possono mai dire che quei bambini sono i loro bambini? E un cassiere in una banca: ha con sé centinaia di migliaia di rupie, che versa a diversi titolari di conti contro gli assegni che questi presentano. Si sente triste per il fatto di doversi separare da quel denaro? Neppure un singolo paisa gli appartiene. È lo stesso nella vostra relazione col mondo in cui vivete.
Conoscete l’essenza ‘saram’ e vivete la vita ‘samsaram’. Nessuno ha niente a che fare con qualcosa o con qualcuno. Siete soli sia quando nascete che quando morite. Il resto sono tutte nuvole passeggere.
”Vi mettereste ad abitare su un ponte che state attraversando? Vi piacerebbe costruirvi una casa su una barca che fa servizio da un porto all’altro? Vi costruireste una villa in mezzo all’autostrada?”
Dovete lasciare che sia il vostro Sé a rispondere a domande del genere: ‘Da dove vengo?’; ‘Chi è Dio?’; ‘Qual è lo scopo della vita?’. La vita umana vi è stata data per trovare le risposte a queste domande.
Per esempio: un abitante di un villaggio si reca in una città vicina per affari. Dato che non ha potuto completare il proprio lavoro, deve fermarsi in un hotel per la notte. Il proprietario dell’albergo in cui ha scelto di pernottare, prima di dargli la stanza, ha bisogno di alcune informazioni. Gli chiede di registrarsi con il suo nome ed indirizzo, e deve rispondere a domande del tipo: ‘Di dove è? Quanto si fermerà qui?’ Se egli rispondesse a questo modo: ‘Non so di dove sono. Non so quanto mi fermerò. Non so quando lascerò la stanza’, il proprietario direbbe: ‘Non ho stanze per Lei! Questo albergo non è per dei matti come Lei!’. La vostra situazione è simile se non sapete da dove provenite, quanto vi fermerete e dove andrete da qui. Fate il vostro dovere pensando a Dio. Questo è sufficiente: così non soffrirete mai.


D. 171 - Swami! Come possono essere di aiuto in futuro i servizi resi oggi?

Bhagavan: Vi darò un esempio che è molto conosciuto. Quando vi ritirerete dal lavoro, vi verrà corrisposta una pensione mensile. Perché? Sarà il pagamento per il vostro lungo servizio in una certa professione. Allo stesso modo, la Grazia di Dio viene riversata su di voi per il vostro servizio nel passato. Un altro esempio. Se riempite il serbatoio di acqua durante la stagione delle piogge, avrete una riserva d’acqua per l’estate, vero? Il servizio di oggi vi aiuterà a ricevere la Grazia di Dio più tardi, senza dubbio.


D. 172 - Swami! Esiste la morte? Esistono il paradiso e l’inferno?

Bhagavan: La morte non esiste. È solo il corpo che muore. Ma l’Atma, l’abitante, è immortale. L’Atma è la Verità eterna. La vostra felicità è il paradiso. Il vostro dolore è l’inferno. Entrambi sono qui, in questa vita. Non sono entità separate, esterne a voi.
L’intero universo è un albero con rami, foglie, fiori e frutti. L’uomo si aspetta fiori e frutti e nutre l’albero annaffiandone le radici. È sufficiente che annaffiate le radici di una pianta, e l’acqua circolerà nelle diverse parti della pianta stessa. Non è vero? Annaffiate forse lo stelo, i rami e le foglie separatamente? Lo fate? No. Per questo albero dell’universo i rami sono i diversi Paesi ed i diversi Stati; le foglie sono i desideri; gli esseri umani i fiori. La radice è sotto ed i frutti sono sopra. La radice è la fiducia in se stessi ed il frutto è la realizzazione del Sé. Il succo che si trova dentro il frutto è la Divinità. Oggi, non c’è Divinità, ma solo comunità.


D. 173 - Swami! La più grande paura dell’uomo è la paura della morte. Come si può superare?

Bhagavan – L’uomo non sta morendo di malattie. Infatti, è la paura che provoca la sua morte. Il novantotto per cento delle morti si possono ricondurre alla paura della morte. La malattie sono, per la massima parte di noi, sia per quanto riguarda l’origine che l’impatto, psicologiche. Misuratevi il battito cardiaco e la pressione sanguigna quando siete eccitati, preoccupati o spaventati. Essi superano di gran lunga i livelli normali. Le malattie sono riconducibili, in gran parte, al vostro stato mentale.
Una volta la deità del Colera arrivò in un villaggio. Vedendola, l’anziano del villaggio disse: “Madre! Sono terrificato al pensiero della devastazione da cui presto il villaggio verrà sopraffatto. Mi chiedo quanta della nostra gente morirà!” La Deità rispose: “Figlio! Non tutti subiranno danni a causa mia! Ci saranno solo cinque morti al giorno, tutto qui. Non devi essere troppo allarmato.” Ma molta gente moriva. L’anziano pensò che la Deità gli avesse mentito. Si girò verso di lei e disse: “Madre, Tu sei una Deità. Perché, allora, contrariamente a ciò che Mi hai detto, ci punisci così?” La Deitá del Colera rispose: “Figlio! Io non ho detto il falso. Ne ho presi solo cinque al giorno. Non sono responsabile della morte degli altri. Essi non sono morti di colera, ma di paura. Tutto qui”.
Mi avete chiesto come si fa a superare la paura della morte. La soluzione è: solo con il coraggio! Dovete capire che, una volta o l’altra, la morte è inevitabile. Realizzate che non ci sono eccezioni. Quando realizzate questo pienamente, la paura della morte cesserà.


D. 174 - Swami! Come possiamo realizzare la Divinità dentro di noi?

Bhagavan - Guardate! In collegio avete delle materie opzionali, come l’ M.P.C. (matematica, fisica e chimica), il Bi.P.C. (biologia, fisica e chimica) e così via, non è vero? Per realizzare la Divinità dentro di voi dovete prendere un gruppo di tre materie. Quali sono le tre materie per realizzare la Divinità? Esse sono la Devozione (bhakti) la Saggezza (jnana) e la Rinuncia (vairagya).
Senza devozione non potete acquisire la saggezza: Bhakti conduce ad Jnana. Senza Jnana non potete sviluppare il distacco, o rinuncia. Jnana vi porta a Vairagya. Un fiore, dopo qualche tempo, diventa un frutto amaro ed immaturo, che a sua volta alla fine diventa dolce e maturo. Giusto? È una questione di tempo, ed il cambiamento verrà operato. La devozione di trasforma in saggezza, e questa porta al distacco. Il distacco vi aiuta a visualizzare la Divinità in voi. I frutti cadono dall’albero della vita. Jnana contribuisce alla resa. Qui dovete ricordare un punto. Jnana, japa e yagna non sono importanti in quanto tali. Nel cammino spirituale il vostro amore per Dio è più importante di uno qualsiasi di questi riti.


D. 175 - Swami! Come possiamo ottenere la Beatitudine?

Bhagavan - È un peccato trovare molte persone confuse e disturbate persino in campo spirituale. Anche se ci si trova in un ashram o in un centro spirituale, si è sottoposti alla sofferenza (srama). C’è da vergognarsi a definirsi ‘devoti’, se non si segue neppure un singolo insegnamento e non lo si mette in pratica per la propria trasformazione. La vita di un devoto dev’essere pura, calma, pacifica e distaccata, ed il devoto deve aspirare alla conoscenza del Sé ed all’esperienza dello Spirito, o Atma. Desideri infiniti, preoccupazioni senza senso ed ansietà derivante dal desiderio di avere tutto ciò che non si merita veramente, sono ostacoli alla vita spirituale. Sono così tanti a non godere della Beatitudine Divina. L’attaccamento al corpo rende le cose molto peggiori. Quattro sono le qualità essenziali per l’acquisizione della beatitudine Divina: saper controllare i sensi esterni ed interni, accontentarsi, compiere un’autoindagine, e stare in buona compagnia. Queste qualità conferiscono al ricercatore la Beatitudine Divina. Dovete sapere in che modo questa divina Beatitudine è contenuta nel corpo umano, che è transeunte ed ha minor valore dello spirito.

Il corpo è composto da due secchi d’acqua, un secchio di calce, una quantità di ferro pari a due chiodi da due centimetri e mezzo, il piombo di sei matite, il fosforo di novecentoventi fiammiferi ed il grasso di quattro saponette Lux. Qui dentro vive lo Spirito, o Atma. La Beatitudine Divina può essere ottenuta tramite l’autoindagine, le realizzazione e l’esperienza del nocciolo interno di questo corpo, ovvero dell’Atma.


D. 176 - Swami! Vengono consigliate molte pratiche spirituali, quali il canto della gloria di Dio (Namasmarana), la meditazione (Dhyana), la puja etc. Ma una soddisfazione totale non deriva da nessuna di queste pratiche. Non riusciamo a praticare e seguire con continuità neppure una di esse. L’insoddisfazione per il fatto di non riuscirci e la frustrazione che ne consegue, quando non si raccoglie alcun frutto per il poco che facciamo, ci sopraffà. Perché accade tutto questo. Ti preghiamo di indicarci la via.

Bhagavan: Dovete arare il campo, rimuovere le erbacce, concimarlo ed annaffiarlo. Non è così, forse? Senza dissodare la terra, estirpare le erbacce e dare acqua al campo, nemmeno piantare i semi migliori servirà a qualcosa. Allo stesso modo, se volete ottenere i quattro obiettivi della vita dovete seguire uno dei nove sentieri della devozione, adottare il sentiero ottuplice delle pratiche yoga, seguire i nove tipi di devozione, fare un’adorazione appropriata e seguire il sentiero spirituale appropriatamente.
Dovete coltivare le quattro qualità fondamentali, che sono i pre-requisiti di un devoto di Dio. La prima è l’amicizia, la seconda è la compassione, la terza è sentirsi felici per il bene altrui e la quarta il distacco. Questi sono necessari per il progresso spirituale. L’amicizia è la cosa più importante. Se siete amici di persone superiori a voi, c’è il rischio che esse vi sottomettano. Se siete amici di coloro che sono inferiori a voi, potreste trovarvi nella situazione di essere voi a dominare loro. In entrambi i casi, l’amicizia non durerà a lungo. L’amicizia dev’essere fra pari.
La seconda qualità è la compassione. Non potete avere compassione di tutti. Siate compassionevoli nei riguardi dei poveri, dei bisognosi, dei meno fortunati, dei disabili e degli ammalati, nonché di coloro che sono meno istruiti di voi, inferiori a voi per rango, posizione e condizione economica. Se seguirete questa linea, la vostra compassione verrà valutata al meglio e diventerà gradualmente sempre più profonda.
La terza qualità è quella che vi fa sentire felici quando gli altri sono felici. Non dovete essere gelosi di coloro che hanno più di voi. Non dovete avere alcun brutto sentimento verso chi è più fortunato di voi. Anzi, dovete essere addirittura felici se progrediscono e vanno avanti.
La quarta qualità è il distacco. L’opposto di ‘distacco’ è ‘attaccamento’. Non dovete mai sentirvi ben disposti verso le persone cattive. Non dovete appoggiare progetti malvagi o le persone che indulgono nelle cattive azioni. Non dovete sviluppare alcuna amicizia con persone dalla mente malvagia o con persone che si comportano male. Con queste quattro qualità potete acquisire gli scopi della vita.
In breve: siate amici delle persone vostre pari, compassionevoli verso i poveri ed i bisognosi, siate felici del successo degli altri e tenetevi lontani dalla gente cattiva. Queste quattro qualità possono essere definite gli ‘obiettivi della vita’.
Per coltivarle, è necessaria la purezza del cuore. Sentire che lo stesso Dio è presente in tutte le creature viventi è la strada per sviluppare purezza di cuore. Dovete purificare le vostre qualità bestiali e la vostra natura emotiva, o passionale. Dovete sviluppare la stabilità e la purezza della mente e del cuore. Non riuscirete a vedere chiaramente il riflesso del sole o della luna in modo uguale in contenitori riempiti con diversi tipi di acqua. Un contenitore può contenere acqua molto sporca, dove non vi sarà possibile scorgere chiaramente il riflesso del sole o della luna. Questo è il modo in cui agisce la qualità tamasica, che vi taglia fuori dalla realtà. In un altro contenitore non stabile può esserci dell’acqua agitata, non tranquilla. Anche in questo caso il riflesso del sole non sarà chiaro. Questa è la qualità rajasica. Ma un contenitore pieno di acqua pura e stabile, vi permetterà di vedere chiaramente l’oggetto che viene riflesso in quell’acqua. Questo è l’effetto della qualità sattvica. Allo stesso modo, sebbene lo stesso Atma sia presente in tutti, voi non riuscite a riconoscerLo e a sperimentarLo, a causa delle differenze nei vostri corpi, nella vostra mente e nel vostro intelletto. Il problema è allora come acquisire le qualità pie della natura sattvica e la purezza del cuore, che permettono di riconoscere e sperimentare la consapevolezza dell’Atma. Chi vede le proprie colpe ed i meriti altrui può mantenere il proprio cuore stabile e puro. Se riuscite ad identificare i vostri errori e a correggerli, non importa chi voi siate.
Ecco un piccolo esempio: la vostra camera può essere piena di zanzare. Ma se avete una zanzariera non sarete importunati dalla sua presenza e potrete dormire bene. Invece, se ci sono zanzare dentro la zanzariera, come potrete mai dormire? Di chi è l’errore? Allo stesso modo, state bene attenti a che non vi siano errori in voi. Ricordatevi sempre che la disciplina spirituale è intesa per acquisire la devozione e la stabilità. Una sadhana perseguita con scopi egoistici non serve a nulla e non potrà mai darvi beatitudine, pace e soddisfazione. La vostra sadhana in questo caso non potrà essere intensa e fervente.
Il Ramayana spiega questo aspetto molto chiaramente. Dopo il suo ritorno dal regno di suo zio Kekaya, quando Bharata venne a sapere della morte del re Dasaratha, suo padre, andò da sua madre Kaikeyi a chiederle il motivo della morte del genitore. Kaikeyi rispose: ‘Caro figlio mio, sono io la responsabile della morte del re. Per il tuo bene, per far sì che tu diventassi re di Ayodhya, ho chiesto a tuo padre di adempiere alle due promesse che mi aveva fatto molto tempo fa. Come prima cosa gli avevo chiesto di vederti incoronato, e come seconda di mandare Rama nella foresta. Egli ha infine esaudito entrambi questi miei desideri, ma non ha sopportato la separazione da Rama ed è morto.’
A queste parole, Bharata divenne furioso e disse: “Donna malvagia, ti rendi conto di ciò che hai fatto?! Non sai che Rama è un albero?” Dal suo punto di vista Kaikeyi aveva agito nel giusto, ma per Bharata si era comportata in modo molto crudele. Ciò che voi state facendo oggi è esattamente la stessa cosa. Tagliate via l’albero della Divinità e piantate i rami della natura. Questa non è una cosa giusta da farsi. Qualsiasi disciplina spirituale è inutile se non c’è la devozione, che dev’essere sostenuta dalla stabilità. Senza le qualità di base dell’amicizia, della compassione, del sentirsi felici per il bene altrui e del distacco, non potete acquisire niente. Non potete avere pace e beatitudine, non potete essere soddisfatti di voi stessi. Quindi, per una vita spirituale, dovete acquisire queste quattro qualità.


D. 177 - Swami! Molti sentieri spirituali vengono menzionati dalle diverse tradizioni e religioni. Fino a dove possono condurci questi sentieri per quanto riguarda la sperimentazione della Divinità? Fino a che punto possiamo adottare i loro esercizi spirituali? Dalla descrizione di alcuni di essi, il successo in una vita sembra essere impossibile. D’altra parte, la preoccupazione di non intraprendere alcuna pratica spirituale ci affligge. Qual è la soluzione? Ti preghiamo di concederci la pace.

Bhagavan - Da come vi riferite alla disciplina spirituale sembra che voi non sappiate nemmeno che cosa sia. Le pratiche che voi definite spirituali vengono intraprese dalla mente e vi danno una felicità ed una soddisfazione temporanee. D’altra parte, non possono neppure venir liquidate come inutili. Le pratiche spirituali devono aiutarvi a trascorrere il vostro tempo in modo pio. Ma allora, che cosa si intende per ‘sadhana’? ‘Sa’ significa dimorare in Paradiso godendo della visione di Dio; la pratica spirituale (sadhana) dà il tesoro (dhana) di ‘salokyam’. Ogni atto a questo mondo è dualistico, artificiale e transeunte. Supponete di trovarvi in viaggio. Supponete anche che ci sia un ladro al vostro fianco. Come potete mai sentirvi sicuri?! La persona accanto a voi è un ladro, non è vero? Allo stesso modo, tutte le pratiche che coinvolgono la mente non possono darvi una pace continua, l’esperienza di Brahma. Ciò che potete acquisire con la pratica spirituale è la rimozione del velo che blocca la visione del Sé. Rimuovendo questo velo, l’esperienza dell’Atma, il Reale, emerge, rivelata. Questo non è niente che debba arrivare da qualche parte, né qualcosa che si possa perdere.
La domanda successiva è: “Quanto a lungo si deve praticare una disciplina spirituale?”. Considerate una ferita. Quando comincia il processo di guarigione, compare una crosta, che copre la ferita, e che poi cade da sola. Supponete di levarla con la forza. La ferita diventa più grande. Allo stesso modo, una volta che avete l’esperienza del Sé, il problema delle pratiche spirituali non sussiste più.
Un altro esempio. Quando cucinate del cibo, regolate la fiamma. Se domandate quanto a lungo la fiamma deve restare accesa, la risposta sarà: fino a quando il cibo sarà cotto! Così è con la pratica spirituale: è necessaria solo fino a quando di acquisisce la suprema Saggezza (jnana).


D. 178 - Swami! Se acquisiamo una Saggezza basata sulla nostra conoscenza, discriminazione e determinazione pratica, sarà una cosa permanente che non ci lascerà più o c’è sempre la possibilità di perderla e di ricadere nell’ignoranza?

Bhagavan - Questo non è possibile. Non puoi neppure chiamarla Saggezza, se è qualcosa che si può perdere. Non puoi considerare qualcuno una persona saggia se può tornare nello stato dell’ignoranza, o ajnana. Infatti la Saggezza (jnana), non arriva e non se ne va. Voi siete l’incarnazione della Divyajnana, la Saggezza Divina. I vostri attaccamenti mondani, i piaceri sensuali e le identificazioni con il corpo oscurano questa consapevolezza, o Saggezza. Non perderete mai lo stato di consapevolezza.
Un facile esempio: fate cagliare il latte e lo sbattete in una zangola per ottenere il burro. Il burro, che è un prodotto del latte, non verrà più mescolato al latte, non è vero? Allo stesso modo, il burro della Saggezza non può più essere mescolato al burro dell’ignoranza, una volta che viene realizzato. Allo stesso modo un Saggio (jnani), sebbene viva fra la gente ignorante, non perderà mai la sua saggezza. L’ignoranza (ajnana) non tornerà più. La Saggezza, una volta che cala su di voi, non vi lascerà mai.


D. 179 - Swami! Le sensazioni corporee sono un ostacolo al progresso spirituale? Le sensazioni corporee sembrano non lasciarci comunque. Puoi dirci gentilmente che cosa dovremmo fare a questo proposito?

Bhagavan - Non vi ho mai detto di rinnegare il corpo. Ricordatevi sempre che il corpo è uno strumento. Un tempio può essere bello, pulito e pieno di attrattive, Ma non sarete soddisfatti di guardarlo solo dall’esterno, vorrete entrare e vedere l’idolo installato nel sanctum sanctorum. È l’idolo di Mulavirat che vi rende felici ed estatici, giusto? Il vostro corpo è il tempio in movimento di Dio, perciò non dovete mai rinnegarlo. I vostri desideri non lo inquineranno. Ma è necessario che i desideri siano buoni, mai cattivi. Da una parte abbiamo i sei nemici, che sono la lussuria, la rabbia, l’avidità, l’attaccamento, l’avarizia e l’odio, che rovinano l’uomo. Ma potete canalizzarli nelle giusta direzione. Per esempio, prendiamo la rabbia (krodha). La rabbia non è mai positiva per voi, mai. Ma se siete arrabbiati con un vostro cattivo comportamento, con dei pensieri malvagi o con delle tendenze negative, questo vi farà evolvere. Non arrabbiatevi mai con nessuno, fuorché con la vostra stessa rabbia. Prendiamo come altro esempio il desiderio (kama). Se siete preda di desideri senza limiti, condurrete senza dubbio una vita infelice. D’altra parte, se desiderate Dio, se desiderate servirLo, il desiderio diventa sublime.
Quindi, fintantoché si è egoisti, centrati su se stessi, sensuali e mondani, il corpo è definitivamente un ostacolo al progresso spirituale. Ma se lo considerate uno strumento per la realizzazione della Divinità dentro di noi, allora definitivamente non sarà un ostacolo. Hiranyakasipu, Hiranyaksha, Ravana, Kumbhakarna, Sisupala, Jarasandha, Dantavaktra, etc., rovinarono se stessi a causa dei loro cattivi pensieri, delle loro azioni malvagie, delle loro nature cruente e ansiose di danneggiare il prossimo. Infatti, il corpo è il dono che Dio ha fatto all’uomo affinché egli Lo possa sperimentare.


D. 180 - Swami! Come possiamo afferrare semplicemente lo scopo e la meta della vita?

Bhagavan - Questo è molto semplice. Un piccolo esempio. Un paziente prende le medicine per una malattia e guarisce. Perché? Deve prendere le medicine regolarmente per un certo periodo di tempo, affinché non abbia una ricaduta e si ammali di nuovo, cioè per non essere un paziente una seconda volta. Allo stesso modo, la vostra nascita in questa vita vi è stata data per evitarvi di rinascere nuovamente. In altre parole, per non dover entrare di nuovo nel cerchio delle nascite e delle morti. Si deve lavorare per questo scopo intensamente con una pratica spirituale intensa in questa stessa vita. Questo è lo scopo, la meta di questa vita.