DISCORSO DIVINO

La gemma più preziosa

2 giugno 2003

“Se abbandonate l’ego, diverrete cari a tutti;
se vincerete l’ira, sarete liberi da preoccupazioni;
diverrete ricchi se controllate i desideri;
sarete felici soltanto se superate l’avidità”.



Incarnazioni dell’Amore!
Oggigiorno, non solo il settore educativo, ma anche tutti gli altri, sono caratterizzati dall’agitazione, dalla scorrettezza e dall’ingiustizia. Ovunque volgiate lo sguardo, troverete solo infelicità, dolore e mancanza di pace. Quest’ultima, in particolare, è in aumento in ogni campo, nella politica, nell’economia e perfino nella spiritualità.

Ovunque vada, l’uomo è perseguitato dalla paura. È diventato difficile trovare un individuo che sia privo di paura. Qual è la causa di ciò? La paura sorge da dentro ad ogni istante dell’esistenza umana. La paura insegue l’uomo a casa, per strada, in ufficio, a scuola e nei bazar. C’è un luogo in cui manchi la paura? L’unico luogo in cui non vi sia paura è il tempio, che è pregno dell’amore di Dio. La causa principale della paura, così ampiamente diffusa, sono gli stessi difetti e mancanze dell’uomo.

Disse il primo ministro britannico Churchill: “L’uomo ha conquistato tutto, ma non se stesso!” Prahlâda disse a suo padre la stessa cosa. Il piccolo Prahlâda era pieno di coraggio. Osava pronunciare le massime spirituali perfino davanti al padre senza alcun timore. L’uomo odierno ha bisogno di comprendere il modo in cui sviluppare il coraggio di Prahlâda. Sebbene siano tutt’altro che incapaci di sviluppare il coraggio, giovani e adulti oggi sono pieni di paura. È necessario che l’uomo sviluppi coraggio e forza d’animo. Egli può prendere coraggio solo da Dio. A tal fine, deve sviluppare fede e devozione in Dio.

Studenti, ragazzi e ragazze!
Dovete affrontare il mondo con coraggio. Date le attuali condizioni del mondo, la nostra vera forza risiede nel coraggio e nella fortezza. Se coltivate la devozione in Dio, potete affrontare le sfide del mondo con fiducia e coraggio.

La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un gioco, giocala.

Si diventa vittime della paura perché manca il coraggio. Quindi, sviluppate il coraggio per affrontare tutte le sfide del mondo.

Educazione non significa semplicemente saper leggere e scrivere. Che cos’è Vidyâ (l’educazione)?
La vera educazione è quella che libera.

La vera educazione sviluppa coraggio e forza d’animo nel discepolo. Oggi è imperativo vivere con coraggio e senza vacillare ad ogni passo, per poter avere successo nei vari settori della vita.

L’erudizione che trascende i libri
C’è chi studia libri sacri, chi si fa una cultura e poi ottiene successo in molti campi. Tuttavia, queste persone sono prive di vera conoscenza.
Una volta il re Janaka presiedeva un’assemblea di pandit (eruditi). A un certo punto, nella sala delle assemblee, entrò il grande santo e saggio Ashtâvakra. Appena lo videro, i pandit scoppiarono in una risata. Vedendoli ridere in quel modo, anche Ashtâvakra cominciò a ridere, ancor più forte! Uno dei pandit, allora, si alzò e disse: “Noi abbiamo motivo di ridere di te. Ridiamo del tuo corpo che ha otto deformazioni . Ma tu, perché ridi di noi?”
Ashtâvakra rispose: “Pandit, voi avete deriso la deformità del mio corpo. Io derido la deformità della vostra mente. Prima dovreste avere la padronanza della vostra mente!”

Come dice il proverbio: master the mind and be a mastermind (padroneggiate la mente: siate menti superiori).
Ashtâvakra continuò: “La vostra risata è infondata e insignificante. Pensavo questa fosse un’assemblea di grandi eruditi, ma non vedo un solo vero saggio qui. Si direbbe piuttosto un raduno di ciabattini”.

All’udire questa affermazione offensiva, gli eruditi si adirarono. Chiesero allora ad Ashtâvakra: “I ciabattini sono coloro che fanno sandali e calzature. Noi siamo eruditi. Come puoi paragonarci a loro?” Ashtâvakra replicò: “Soltanto i ciabattini valutano in base alla pelle, non i pandit! Panditah samadarshinah: il vero pandit è chi possiede equanimità. In quest’assemblea, non c’è nessuno che la possegga”.

Intanto, Janaka se ne stava seduto in assoluta tranquillità, osservando la scena con mente serena. Il suo cuore era puro, perché aveva vinto ogni attaccamento. Era molto soddisfatto di ciò che aveva sentito affermare da Ashtâvakra e disse: “O saggio, quello che hai detto è assolutamente vero. In quest’assemblea non c’è una sola persona equanime e che consideri gli altri con equanimità. I segni dell’educazione e dell’erudizione sono l’equanimità, la purezza di pensiero e il rispetto della verità. Siamo veramente fortunati ad avere fra di noi un uomo della tua saggezza!”

L’educazione moderna vi fornisce solo conoscenza libresca, che è conoscenza superficiale. Essa non riempie d’amore il cuore dell’ascoltatore. A che serve una simile educazione? Dovreste possedere conoscenza pratica, che vi fa realizzare nella vita: soltanto allora potete meritarvi la posizione di eruditi. Oggi gli studenti eccellono e ottengono voti alti agli esami; ma a che serve tutto ciò se il loro cuore non emana la fragranza dell’amore? Il re Janaka era un uomo forte, erudito e virtuoso. Seppe apprezzare gli insegnamenti che Ashtâvakra diede ai presenti.

In passato, in India c’erano molti sapienti e saggi come Janaka e Ashtâvakra. Oggi non c’è traccia di governanti e saggi simili: gli insegnanti odierni non hanno lo stesso splendore di virtù. Il loro tipo di conoscenza è inconsistente. L’istruzione senza la formazione del carattere non è affatto educazione. Forse nella vita non vi manca niente, ma tutto ciò che possedete è nulla senza il carattere e le buone qualità. Non vantatevi della vostra cosiddetta erudizione! Quale tipo di educazione c’è oggi? Essa non può esser definita ‘educazione’ nel vero senso del termine, e sarebbe vergognoso vantarsene in un’assemblea di veri saggi. L’educazione non si limita allo studio di libri; essa deve promuovere i valori umani nella società e il benessere della società stessa. Purtroppo, oggi l’educazione si è ridotta a un affare commerciale! Inoltre, la gente non ne comprende più il vero significato. Dovremmo acquisire quella conoscenza che ci rende liberi. Diventiamo veramente educati solo quando otteniamo una simile educazione. Ci sono molti bravi studenti: essi dovrebbero aspirare alla vera educazione.

Che cosa imparate oggigiorno a scuola? “Ba...ba...black sheep!” È questo che dovete imparare? Volete diventare pecore nere? No, non è questo a dover essere appreso. Dovete imparare di Dio. Con l’educazione, dovete sviluppare coraggio e buon carattere. Il vero potere viene dal cuore. Dovreste acquisire quella educazione che vi fa sviluppare il potere del cuore.

Studenti!
Il sistema educativo moderno è diventato deforme. Ashtâvakra aveva solo il corpo deforme, ma gli eruditi di oggi hanno la mente deforme! Anzitutto, dobbiamo sbarazzarci di questa deformazione mentale: solo così potremo essere veramente educati. Ciò che impariamo oggi è totalmente insignificante. Anche la conoscenza libresca acquisita non è buona. Nel mondo ci sono molti dotti. Neppure tutti insieme possono eguagliare Ashtâvakra: oggi è impossibile trovarne anche un solo.

Incarnazioni dell’Amore!
Dobbiamo chiederci che cosa stiamo studiando. Oggi nel mondo esistono vari tipi di educazione; il settore educativo è divenuto sconfinato. Qual è l’essenza dell’educazione? Hiranyakashipu chiamò suo figlio Prahlâda e gli chiese che cosa avesse imparato dai suoi due insegnanti, Chanda e Amarka. Prahlâda rispose: “Padre, essi mi hanno insegnato molte materie. Ho compreso i quattro obiettivi della vita: Dharma, Artha, Kâma e Moksha . Ho studiato molte cose, e ho compreso l’essenza stessa dell’educazione!”

Suo padre gli chiese quale fosse e Prahlâda rispose: “L’essenza di tutta l’educazione è: Om namo Nârâyanâya!” Hiranyakashipu si adirò nell’udire tali parole, ammonì il figlio di non ripetere più il nome di Dio e lo cacciò via. Udire dalle labbra del figlio quale fosse l’essenza dell’educazione, lo aveva fatto infuriare. Questo sentimento di odio verso l’educazione spirituale c’è anche oggi. Ovviamente, non esiste più traccia di devozione, di amore e di simpatia nell’educazione attuale. In una simile situazione, come può svilupparsi l’amore?

Studenti!
Tutti voi state studiando. Tutto ciò che imparate dovrebbe rimanervi impresso nel cuore. In passato, i genitori non avevano un’educazione formale, ma insegnavano profonde verità ai figli! Madri analfabete impartivano ai loro bambini lezioni di grande saggezza. Apprendete, oggi, una sola briciola di quella sacra saggezza? Anzitutto, dovreste pregare Dio e cantare la Sua gloria. Trascorrete il vostro tempo nella contemplazione di Dio e meritatevi la Sua grazia! Questa è la vera essenza dell’educazione. Dobbiamo fornire agli studenti questo tipo di educazione. I figli dovrebbero sempre obbedire ai genitori; nella vita dovrebbero aderire al sentiero sacro (della spiritualità). A che serve tutta la vostra istruzione se non conduce alla conoscenza di voi stessi? Dovete conoscere la verità interiore prima di qualsiasi altra cosa. In passato si usava dire:

“Alzati il mattino presto quando il gallo canta;
dopo le abluzioni mattutine fa’ un bagno
e indossa un abito decente.
Mangia in modo corretto e moderato.
Va’ a scuola e studia diligentemente. Fatti un buon nome.
Non uscire quando piove e non avvicinarti ai fossi.
Partecipa ai giochi; corri e gioca.
Se segui queste regole, avrai salute e ricchezza!”

I genitori di allora davano grandi insegnamenti. Dobbiamo imparare ciò che è bene fare dai nostri genitori e dagli anziani, non solo dai libri. Oggi si va a scuola per imparare. Scuola si dice ‘badi’. Lo stesso termine significa anche ‘giogo’, attrezzo che serve a tenere sotto controllo i buoi. Il giogo funziona come sistema di controllo. Una scuola dovrebbe avere una regola e una disciplina. A che serve una scuola senza regola? Andate a scuola e tornate a casa: a che serve questo andirivieni se la scuola non vi insegna una regola e una disciplina? L’educazione moderna possiede soltanto un’abbondanza di grossi libri privi di qualunque saggezza. Sono solo buoni da usare come cuscini, per farci una bella dormita sopra! Ciò di cui avete bisogno è la vera saggezza.

Studenti! Ragazzi e ragazze!
Anzitutto, imparate Daiva chintana (la contemplazione di Dio). Tentate di comprendere il significato di ‘Hari’. Quando canterete il Suo nome, avrete vera saggezza. Se non imparate questo, tutto il resto è inutile.
Non state facendo alcuno sforzo per ottenere la vera educazione. Studiate soltanto per avere un guadagno futuro. Oggi, anche le persone che hanno ricevuto un’alta istruzione sono prive di vera saggezza. La conoscenza nozionistica non è così importante: è il comportamento che conta. Dovreste percorrere la via della sacralità nella vostra vita quotidiana. La vostra istruzione si rivela inutile se il vostro comportamento è cattivo. A che serve allora tutta la vostra istruzione?

Nessuno può cambiare ciò che è scritto sulla vostra fronte.
Se non adoperate il discernimento e non impedite ai pensieri malvagi
di entrare nella vostra mente, a che serve la vostra istruzione?

Prima di tutto, dovete cambiare il vostro modo di pensare e la vostra mentalità. Il vostro comportamento sarà buono solo quando la mente sarà buona. Se non raddrizzate la vostra mente, l’educazione sarà inutile. Dovreste pensare con la vostra testa e non prendere in prestito i pensieri altrui. Soltanto allora sarete di buon esempio agli altri. Desidero che, da oggi in poi, i nostri studenti sviluppino un buon carattere, abbiano un buon comportamento e nutrano buone qualità. Potete avere tutto nella vita, ma, se vi manca il carattere, sarà solo uno spreco. Il fine dell’educazione è il carattere. Senza carattere, l’educazione è futile. Ogni studente dovrebbe risplendere come un uomo dal carattere puro; le sue parole dovrebbero essere piene di dolcezza, purezza e saggezza.

Ashvatthâman era figlio di un insegnante, ma non era un uomo di carattere. Portava un gioiello sul capo che gli dava protezione. Allorché il gioiello fu rimosso dal suo capo, tutto il suo potere svanì.
Quando Hanuman andò a Lankâ, Sîtâ gli diede il proprio diadema che accrebbe immensamente il suo potere. Egli poté compiere grandi atti di valore perché teneva nella mano questo gioiello che considerava come la sua stessa vita. Possiamo vedere questa gemma oggi? (Baba ha accennato al fatto di aver recentemente materializzato la gemma di Sîtâ e averla mostrata agli studenti a Kodaikanal – N.d.T.). Oggi, la vera gemma è quella del carattere. Ciò di cui l’uomo ha bisogno, oggi, è la gemma del carattere. A che servono le altre gemme quando non avete quella del carattere?

La grande devozione di Hanuman
Durante la Sua incoronazione, Râma volle elargire doni a tutti coloro che Lo avevano aiutato. Allora Sîtâ disse: “Ecco Hanuman, il più valoroso delle scimmie che ha portato a termine la missione da Te assegnatagli. È colui che mi ha trovata a Lankâ. È molto valoroso ed è colui cha ha distrutto la città di Lankâ”.
Sîtâ chiese a Râma quale ricompensa avrebbe dato ad Hanuman. Râma rispose: “Sîtâ, Hanuman non gradirebbe alcuna ordinaria ricompensa. So che cosa vuole e gliela darò”. Tuttavia, Sîtâ regalò ad Hanuman la propria collana di perle donatale dal padre Janaka. Hanuman masticò le perle una a una e poi le sputò. A che servono delle perle che non contengono il nome di Râma? Poi Râma si alzò, abbracciò Hanuman e disse: “Questo è ciò che voglio darti come ricompensa. Io sono con te e tu sei con Me. Non possiamo mai essere separati. Questo legame d’amore fra te e Me è eterno”. Hanuman fu colmo di gioia, e rispose: “Non voglio altro che Te. Che cos’altro potrei chiedere? Nessuna ricchezza mi interessa. Il Tuo nome è il mio unico tesoro e la Tua forma è la mia ricchezza”. Anche Sîtâ fu molto felice di udire ciò.

Una volta, si stava celebrando la nascita di Râma. Kaushalyâ preparò molti dolci prelibati e li distribuì a tutti. Invitò molte persone e fece doni a tutti. Per la circostanza, Kaushalyâ applicò il punto rosso in mezzo alla fronte di Sîtâ. Poi, Sîtâ si recò assieme a Râma nella loro stanza. Anche Hanuman voleva seguire Râma, ma Kaushalyâ gli disse di non entrare nella Sua stanza, e affermò che Sîtâ, che recava il punto rosso sulla fronte, aveva il diritto di entrare, ma non lui. Allora Hanuman si arrabbiò, andò al bazar, comprò un grosso quantitativo di polvere vermiglia e se l’applicò su tutto il corpo. Poi disse: “Se Madre Sîtâ, che ha solo un piccolo punto rosso sulla fronte, può entrare nella stanza di Râma, che dire di me, che sono pieno di polvere vermiglia?”

La devozione di Hanuman era sommamente pura e sacra. Le persone, a quei tempi, avevano sentimenti assai sacri, che sono oggi introvabili. Ma il passato è passato; non si può riportare il passato al presente. Senza preoccuparvi del futuro, vivete il presente nel migliore dei modi. Ciò che avete oggi, dovete mantenerlo.

Una volta Añjanâ Devî, madre di Âñjaneya , si recò da Kaushalyâ. Costei chiese chi fosse e Añjanâ Devî rispose: “Sono la madre di Âñjaneya, che attraversò l’immenso oceano con un solo balzo!” Dopo un po’ giunse anche la madre del saggio Agastya che si presentò dicendo: “Sono la madre di colui che ingoiò l’intero oceano in un sorso!” Allora Kaushalyâ rispose loro: “Se i vostri figli hanno potuto compiere tali imprese straordinarie, è stato per merito del potere del Nome di mio figlio Râma!”

Mentre conversavano, arrivò Râma e chiese: “Madre, di che cosa state parlando?” “Figlio, discutiamo della gloria del Tuo nome”, rispose Kaushalyâ. Râma replicò: “Madre, non è solo per il Mio nome che essi poterono compiere quelle imprese, ma anche per la loro purezza di cuore. Molti cantano il Mio nome, ma sono forse tutti capaci di trarne beneficio? La purezza di cuore è veramente essenziale!”
Le madri di allora erano donne di grande merito. Oggi, molti figli non rispettano la madre.

Una famiglia esemplare
Una volta, tutto il villaggio si radunò per celebrare il compleanno di Swami. Invitarono madre Îshvarâmmâ a partecipare alla funzione. Le dissero: “Oggi è il compleanno di tuo figlio. Dovresti partecipare a questa funzione”. Ella fu felice di venire e disse che era sua grande fortuna prendervi parte. Venne a piedi dal villaggio e si sedette sulla soglia della Mia stanza, dicendo: “Swami, sono arrivata fin qui, ma non posso andare oltre!” Sentendola, Venkâmmâ si offrì di aiutarla, ma Îshvarâmmâ rispose: “Venkâmmâ, non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Soltanto Swami può aiutarmi. Swami mi proteggerà sempre”.

A Brindavan c’era il corso estivo. Îshvarâmmâ fece colazione e bevve il caffè. Poi, masticò del betel. Improvvisamente, gridò: “Swami, Swami, Swami!” Dissi: “Sto arrivando, sto arrivando, sto arrivando!” Scesi immediatamente ed ella spirò. Ebbe una morte facile e senza sofferenza. Chi può morire così facilmente? Tutti quelli legati a questo Corpo hanno avuto tale esperienza. Anche Pedda Venkama Râju morì così. Venne da Me quando avevo chiamato parecchie persone in ‘interview’, e Mi disse: “Swami, voglio parlarTi un minuto”. Gli risposi: “Mi aspettano tutte quelle persone!” Allora egli disse: “È molto urgente!” Mi mise in mano dei soldi, e disse: “Sono un uomo povero. Dodici giorni dopo la mia morte, usa questi soldi per nutrire i poveri!”

I genitori di questo Corpo erano generosi. Chi ha genitori simili è veramente fortunato. Îshvarâmmâ aiutò sempre le donne povere che le chiedevano aiuto. Una volta alcune di esse le dissero che non avevano i bracciali. Îshvarâmmâ entrò in casa e ne uscì con un po’ di granaglie. A quei tempi, le persone non avevano soldi, e acquistavano le cose con il grano.
Anche il nonno di questo Corpo, Kondama Râju, era un uomo dall’animo molto caritatevole. Aveva un grande carattere. Era equanime con tutti. Dichiarò: “Non desidero alcuna ricchezza. Pedda Venkama Râju, Chinna Venkama Râju, Subba Râju e Venkatarama Râju possono spartirsi la proprietà fra di loro. Io voglio solo una cosa!” Tutti erano riuniti e chiesero: “Padre, che cosa vuoi?” Egli disse: “Datemi soltanto Sathya! Quando Egli è con me, mi basta”.

All’epoca ero molto piccolo. A nove anni ero solito correre a scuola a Bukkapatnam e ritornavo nello stesso modo. Di sera, Mio nonno Mi chiamava: “Sathya, vieni qui!” Non Mi chiamava mai Sathyanârâyana; sempre Sathya. Gli altri invece Mi chiamavano Râju. Egli Mi chiamava e Mi diceva: “Sathya, il nostro vicino ha la febbre. Preparagli un po’ di rasam”. Io lo preparavo e lo davo all’ammalato. Il rasam che preparavo era considerato una medicina: curava tutti.
In questo modo, aiutavo sempre Mio nonno Kondama Râju. Un giorno, fingevo di dormire. Poiché era steso vicino a Me, sentì il Mio respiro emettere il suono Om.

Il mattino, al risveglio, Mi disse: “Sathya, vieni. Oggi dobbiamo celebrare una festa”. Chiesi: “Quale festa, nonno?” “Ho udito il Tuo respiro emettere il suono Om”, rispose. Io replicai: “Non c’è nulla di strano. È sempre lì!” Fu così che Kondama Râju sperimentò la divinità di Swami e provò un’immensa gioia. La famiglia aveva un buon nome e tutti i suoi membri cercavano di tenerne alta la reputazione. Nessuno di essi compì mai atti di ingiustizia e di scorrettezza. Prima della sua morte, Kondama Râju Mi diede alcune monete e Mi disse: “Ho risparmiato dei soldi con il mio piccolo lavoro. Potrei aver commesso qualche torto a qualcuno. Quando, dopo la morte, il mio corpo sarà portato fuori, getta queste monete su di esso, affinché i poveri possano prenderle! In questo modo, se ho commesso per errore qualche sbaglio, salderò il conto”. Gli dissi: “Perché vuoi darMi dei soldi? Ho abbastanza denaro”.
Mi rispose: “No, non voglio il denaro di nessuno! Voglio dare soltanto il mio denaro”.
Tutti i membri di questa famiglia sono sempre stati animati da sacri ideali e da spirito di sacrificio. Anche Janakiramaiah (il fratello minore di Swami – N.d.T.) fa molta carità. Tutti gli uomini e le donne di questa famiglia hanno mantenuto alti gli ideali di sacrificio e verità.

Dobbiamo sostenere il principio di verità nella nostra vita: ciò è già abbastanza. Prima di andarsene, Kondama Râju un giorno Mi chiamò e disse: “So che Tu sei Dio, anche se gli altri lo ignorano”. Tutte le mattine arrivava camminando con il suo bastone da passeggio. Io fingevo di essere addormentato. Egli sollevava la coperta, Mi toccava i piedi e se ne andava. Un giorno chiamò Îshvarâmmâ, le chiese di preparargli obbattu (il suo piatto preferito – N.d.T.) e affermò: “La mia fine è prossima”. Îshvarâmmâ rispose: “Perché dici questo? Godi di buona salute!” Lui replicò: “Lo so. Fa’ come ti dico”. Ella preparò il piatto. Kondama Râju Mi chiese di assaggiarlo, ma Io rifiutai. Allora egli disse: “Ho 112 anni e non Ti ho mai dato da mangiare. Oggi voglio alimentarTi con le mie mani. In un’era precedente, fosti nutrito da Yashodâ e Kaushalyâ. Oggi questa grande fortuna è mia!” Mise un po’ di cibo nella Mia bocca... ma non era né nelle sue mani, né nella Mia bocca! Îshvarâmmâ, che stava osservando, si chiese dove fosse finito il cibo! Kondama Râju disse: “I miracoli di Swami sono molti! Questo è solo uno in più”.
Kondama Râju ebbe un trapasso sereno. Di fatto, tutti i membri della Mia famiglia ebbero una fine pacifica. Sebbene abbiano dovuto affrontare molte difficoltà, sono sempre rimasti felici. Hanno sempre aiutato gli altri, anche se essi stessi non erano ricchi. Sotto ogni punto di vista, questa è stata una famiglia nobile e ideale. Tutti dovrebbero emularne i princìpi. Ognuno dovrebbe tentare di far parte di una famiglia tanto esemplare.

Esser grati ai genitori
Studenti!
Cercate di aiutare gli altri al meglio delle vostre capacità e possibilità. Aiutateli ad avere una buona educazione. Io sono sempre qui per aiutarvi. Date cibo a chi ne ha bisogno. Non esiste carità superiore di annadâna (l’offerta di cibo agli affamati). Date cibo gratuitamente. Date tutto gratuitamente a coloro che ne hanno bisogno.

Non ci sono Dei superiori ai genitori.
Non c’è virtù maggiore del carattere.
Non c’è Dharma superiore alla compassione.
Non c’è guadagno più grande della compagnia dei buoni.
Non c’è nemico peggiore dell’ira.
Non c’è infelicità maggiore dell’infamia.
Non c’è fortuna superiore alla buona reputazione.
Non c’è ricchezza più grande dell’appagamento.
Non c’è ornamento più prezioso del canto del Nome di Dio.

Daiva Chintana (la contemplazione del Divino) è la pratica spirituale più elevata. Dovreste soddisfare pienamente i vostri genitori. Considerate il dare acqua ai vostri genitori prima del trapasso come un vostro dovere inderogabile. Dovreste toccare i loro piedi e rendere loro omaggio tutti i giorni. Essendo nati come loro figli, dovete compiere il vostro dovere e rispettarli. Soltanto così la vostra vita potrà trovare compimento. Anche quando non li vedrete più fisicamente, dovreste sentire che essi sono sempre con voi. Dopo la loro scomparsa, dovreste svolgere il rito del tarpanam (cerimonia in memoria dei genitori – N.d.T.). Qual è il vero tarpanam? Non basta sfamare i bramini in un atto formalistico. Dovreste versare lacrime di gratitudine. Ricordare i genitori con gratitudine è la cosa più importante che dovreste fare. È l’atto più meritevole (punya) che possiate compiere. Benedicendovi affinché continuiate a mostrare una gratitudine e un rispetto così profondi e sinceri ai vostri genitori per santificare la vostra vita, chiudo il Mio Discorso.

(Baba conclude il Discorso con il bhajan: “Hari bhajana binâ sukha shânti nahin...”).


Whitefield, Sai Ramesh Hall, 2 giugno 2003


(Tradotto da SANÂTANA SÂRATHI, luglio 2003)