DISCORSO DIVINO

La Trinità della Parola, della Mente e del Cuore

16 maggio 2000

Una persona diventa cattiva quando le sue scelte e i suoi pensieri sono cattivi; ma diventa buona quando i suoi propositi sono buoni.
Trascendendo ogni decisione, si ha pace.
Questa è la parola di verità che vi trasmetto:
è la Parola di Sai.


Incarnazioni del Divino Amore, studenti e studentesse, fra gli innumerevoli esseri che abitano questo mondo immenso e infinito, l'uomo si trova al posto più elevato e nobile. La vita dell'uomo è la più elevata e merita d'esser vissuta. Da dove le viene tanto valore? Dal corpo?
Dal suo aspetto? No, no! Il corpo umano è fatto di cinque elementi, e in esso ci sono urina, feci, cattivi odori e sangue; tuttavia è importante per lo Spirito.

Brahmâ, Vishnu e Maheshvara

Incarnazioni del Divino Amore, alla fine del suo lungo discorso, Deepak Anand ha posto tre domande. Ogni singolo Avatâr ha un padre e una madre; ma chi sono i genitori di Brahmâ, Vishnu e Maheshvara? Nessuno può capire questa verità. Nessun testo sacro, nessuna Upanishad ne ha dato spiegazione, e nessun libro è mai stato scritto sull'argomento. Le tre Persone della Trinità non indossano un involucro fisico, ma sono soltanto espressioni delle guna, qualità insite nella Natura. Corrispondono agli attributi che si trovano in ciascun uomo, dove si sono installate per il compimento delle attività.

Se gli uomini non sanno riconoscere il Divino nell'umano, come potranno esprimerlo, manifestarlo apertamente? Quindi, bisogna rendersi conto che Brahmâ, Vishnu e Maheshvara sono espressioni di quegli attributi. "Il Cosmo
intero è pieno di Dio", si legge nelle Upanishad, poiché Dio si trova in tutte le creature viventi, ne costituisce la parte più intima di sé, l'anima, l'Âtma.

Nella Sacra Rivelazione si dà un nuovo nome al Sé. In ciascun corpo c'è
un
cuore, che i Veda hanno chiamato "Âtma". La mente proviene da questo
cuore,
dall'Âtma; perciò si dice che la mente sia l'incarnazione di Vishnu.
"Il
mondo intero è pieno di Vishnu", dicono le Scritture, e pure
onnipervasiva è
la mente, in quanto "è la base su cui si regge l'esistenza del mondo".

Ma allora, da dove è sorta questa mente? È venuta fuori dall'Âtma, che
si
chiama anche Îshvara. Quindi, in ciascun individuo è presente la natura
di
Îshvara. "Îshvara è in tutti gli esseri viventi", ripetono le
Scritture; la
qualità di Îshvara, infatti, è quella di pervadere tutte le creature
viventi.

Da questo nucleo la cui natura è quella di Îshvara, è sorto Vishnu, la
mente. Brahmâ è invece colui che nacque dall'ombelico di Vishnu, e solo
Lui
rappresenta l'espressione della Parola.

Così l'hanno descritto: (Swami elenca con voce dolce)
Shabda Brahma mayî (il Suono è Dio), Charâchara mayî (ciò che si muove
e ciò
che è immobile), Jyotir mayî (la Luce), Vâk mayî (la Parola),
Nityânanda
mayî (la Beatitudine infinita), Paratpara mayî (l'Onnipotenza), Mâyâ
mayî
(l'Illusione), Shrî mayî (la Prosperità): sono tutti aspetti di Dio.
Brahmâ
è la Parola; Vishnu è la Mente; Shiva è il Sé.

La grandezza della Divinità risulta dal rapporto fra Âtma, Mente e
Parola,
tre elementi che sono fra loro interrelati e interdipendenti. In
ciascun
uomo, Brahmâ, Vishnu e Maheshvara si manifestano nelle varie qualità
espresse dall'individuo, cosicché la forma di un uomo è la loro forma.
Queste tre espressioni del Divino non hanno vita separata da quella
dell'individuo.

Che aspetto ha l'Âtma? La sua forma è quella della coscienza. (Swami
corregge il traduttore cambiando "awareness" in "consciousness")
Dunque,
Îshvara non ha forma specifica, ma non è altro che il principio della
coscienza, a cui è stato dato quel nome. È dalla coscienza che si
giunge
alla consapevolezza: dalla coscienza si arriva al cuore. Quella sola è
la
mente, da cui prende forma la parola e la consapevolezza.

Molte volte vi ho detto che voi siete la sintesi di tre persone: quella
che
pensate di essere, quella che gli altri pensano di voi e quella che voi
siete realmente. Queste tre persone sono simbolicamente rappresentate
da
Brahmâ, Vishnu e Maheshvara. La qualità dell'onnipresenza che
caratterizza
Vishnu è propria anche della mente. Vishnu significa ciò che è
dappertutto,
e la mente tale è, come dicono le Scritture: "A fondamento
dell'Universo c'è
la mente".

La mente ha la facoltà di vagare dovunque, non importa il momento o il
luogo
o il motivo o la nazione. Quelle tre qualità non sono influenzabili da
qualsiasi situazione, stato o epoca.

Brahmâ simboleggia il Cosmo nel suo complesso di forme, senza limiti di
espressioni o nomi. Vishnu simboleggia colui che pervade il mondo
intero, e
perciò non ha alcuna forma. E poi c'è la parola, il Suono di Dio. "Dio
è
Suono" e non ha alcun limite. Perciò, Brahmâ, Vishnu e Maheshvara sono
da
intendersi privi di limitazioni, di legami e sono all'interno di ogni
essere, pervadendone ogni interstizio.

Anche la forma dell'atomo è una delle loro forme; come affermano le
Scritture, sono "il più grande del più grande, il più piccolo del più
piccolo". L'infinito che ha trovato espansione nel Cosmo intero ha la
sua
forma condensata in ogni atomo di un corpo. L'Energia Divina contenuta
in un
atomo, pervade tutto il Cosmo sotto forma di Beatitudine Divina
(Brahmânanda), anche se non si riesce a vedere.

Se dunque comprenderemo la natura di Brahmâ, Vishnu e Maheshvara, che
ci è
propria, saremo in grado di capire tutto l'Universo. Il nostro cuore è
Îshvara; coloro che sanno di avere per cuore Îshvara non cederanno mai
a
cattive qualità, o a pensieri e ragionamenti cattivi.

In realtà, Dio trascende tutti gli attributi, è al di là di tutte le
forme;
"Egli è eterno, immacolato, dolce come il nettare". L'uomo però non
tiene in
grande considerazione la natura del Divino; ha un cuore, ma si comporta
follemente come se non l'avesse. Chi dunque pensa che il cuore sia
Brahmâ,
deve vivere nel sentimento di Brahmâ, il quale non fa scelte, non ha
pensieri. Brahmâ è solamente la forma della parola. Di qual genere è
quella
parola? Sono le parole dei nostri discorsi, che sono pieni di realtà
immobili e mobili, di illusioni, discriminazioni e fortune. Se vi
rendeste
conto che il vostro parlare è un'espressione di Brahmâ, quale valore
gli
attribuireste?

Incarnazioni del Divino Amore, proprio come Brahmâ ha il controllo
della
parola e della mente, così pure noi dobbiamo avere il totale controllo
su
pensieri e parole, in modo da indurre in noi il silenzio di Dio. Le
parole
si diffondono come onde; devono quindi essere innanzitutto buone,
dolci,
soavi, gradevoli: questa è la Parola del Divino. E quel modo di parlare
è la
prova che dimostra esteriormente la presenza di Dio nel nostro cuore.

Parliamo ora di Vishnu. Qual è la forma assunta da Vishnu? La sua forma
è la
mente, strumento assai utile che va mantenuto in uno stato di purezza,
calma
e dolcezza. Vishnu è sempre sorridente, ha sempre il sorriso sulla
bocca ed
è nella pace suprema; anche la vostra mente dev'essere rilassata,
dolce, in
pace assoluta e danzare col sorriso sulla bocca.

L'incontro dei saggi con Vishnu

Quattro saggi si misero in viaggio per avere il darshan di Vishnu.
Secondo
la nostra tradizione ciò si deve fare con il massimo rispetto. I
quattro -
Jaya, Vijaya, Sanaka e Sananda - partirono; avevano l'aspetto di
bambini
appena nati, senza difetti, senza alcun attaccamento, senza
condizionamenti.
Con questo atteggiamento ebbero tutti e quattro il darshan di Vishnu,
cioè
ebbero una mente pura e sacra com'è proprio dell'essenza di Mahavishnu.
L'essere umano è colui che ha una mente pura; per questo si chiama
mânava.
Chi possiede una mente siffatta? Vishnu. Perciò sorride.

(Swami a questo punto si rifà ad una storia dei Purana, ricostruendola
però
senza attenersi alla lettera e modificando l'originale a proprio
piacimento...)
Esattamente come qui ci sono dei volontari che controllano chi entra ed
esce, anche là, presso la dimora di Vishnu c'erano due sentinelle, le
quali
li fermarono e chiesero: "Non potete avvicinarvi a Dio così". Si misero
allora a discutere. I saggi dissero: "Dio è puro, immacolato, senza
ego,
senza attributi. Per avere il Suo darshan, occorre essere come Lui,
senza
attributi".

E andarono avanti con queste discussioni per molto. Ma le guardie si
adirarono e li maledissero: "Potreste essere dei demoni!" I saggi però
dissero: "Possono maledire tutto ciò che vogliono, ma noi vogliamo il
darshan di Vishnu. Non c'importa se la loro maledizione ci procurerà un
sacco di guai".

E si presentarono a Vishnu inchinandoglisi ai piedi e facendo propria
la Sua
mente pura: "O mente, - dissero poi - o Vishnu, che ne sarà di noi?
Devi
benedirci con il tuo dolce e soave darshan. Non abbiamo altro
desiderio; non
abbiamo pensieri od opinioni. Il tuo darshan è la nostra gioia suprema;
il
tuo tocco è il nostro alimento; la tua conversazione con noi è il
nostro
respiro. Queste tre cose vogliamo ottenere da te".

All'udir questo, Vishnu benedisse i quattro saggi-bambini. Poi si
rivolse a
Jaya e Vijaya: "Sentinelle, non c'è alcun motivo di scagliare simili
maledizioni; quella maledizione vi condanna a nove anni di vita da
demoni.
Dovrete rinascere come demoni. Tuttavia, se non riuscite a sopportare
le
pene della separazione da Me, con la meditazione, la preghiera e
mediante la
Mia Grazia, potrete presto ritornare alla Mia presenza.

Non è possibile modificare il corso di una maledizione lanciata da
saggi. Ma
se avrete il vostro pensiero costante in Me e vi dedicherete a
qualsiasi
pratica di adorazione, in uno stato di completa avversione,
criticandoMi, Mi
raggiungerete nel giro di tre anni". Jaya e Vijaya dissero: "Swami, a
noi
non interessano critiche, lodi o biasimi. Per noi, ciò che importa è la
tua
presenza. Va bene: se dovremo criticarti, lo faremo, penseremo a te, ci
ricorderemo di te e ti raggiungeremo".

Criticando continuamente Dio, si trovarono di fronte alle conseguenze
delle
maledizioni lanciate dai saggi. Dappertutto, in tutte le epoche non si
perde
un'occasione per criticare Dio, per dargli la colpa di tutto, anche
delle
più piccole cose. Ma che cosa cambia dopo aver criticato, lodato o
rifiutato? Non cambia nulla. (Dio rimane sempre quello che è).

Dio è chiamato "ladro"

Orbene, voi rivolgete tante critiche a Krishna: Chitta chora yashoda ke
bal
navanîta chora gopal ("Il figlio di Yashodâ è un ladro di menti e di
cuori,
il Divin Pastore è un ladro di burro..."). Voi Lo definite "ladro di
menti".
È una colpa che Gli attribuite, no? Dire "Krishna è un gran ladro di
elefanti" sarebbe un insulto che farebbe insorgere i devoti di Krishna
contro la persona che pronuncia quell'accusa. Ma, se invece di dirlo
con
cattiveria e odio, lo dite col canto, così... Chitta chora yashodâ ke
bal...
vi sentite pure voi trascinati nel canto, e in quella dolcezza
musicale, la
vostra mente si purifica.

Così pure, tutti gli uomini criticano Dio; solo che lo fanno senza
incorrere
nella maledizione. Ecco perché Jaya e Vijaya si liberarono della
maledizione
in tre anni. Tanto può la mente.

Vishnu non è quello che porta la conchiglia, la ruota, la mazza e il
loto.
Soltanto degli stravaganti come il pittore Ravi Varma Lo hanno
immaginato
così. Ma Vishnu è la forma della mente. Per questa ragione io vi dico,
anche
quando vi dono un anello di diamante, "Die mind", "Uccidi la mente". In
che
senso, uccidere la mente? Nel senso che il pensare alla maniera umana
deve
lasciare il posto al pensare alla maniera di Dio. La mente che c'è in
ogni
singolo uomo è la stessa forma di Vishnu.

La parola è Brahmâ

Ogni parola proferita dall'uomo è la forma di Brahmâ. Perciò nessuna
vostra
parola dev'essere usata male. È per questo che tutti i rishi
dell'antichità
praticarono la disciplina del silenzio, per evitare di parlar troppo o
di
dire cose non vere. Chi parla troppo finisce per procurare dolore ad
altri.
Quando si parla troppo, è facile che ci si agiti. E, con l'agitazione,
si
compiono azioni sbagliate. Così i saggi antichi decisero di osservare
il
mouna, il voto del silenzio.

Che significato ha tacere? Osservare il voto di silenzio non vuol dire
semplicemente tenere la bocca chiusa, ma significa tenere sotto
controllo i
propri impulsi, pensieri e decisioni. Si dovrebbe essere liberi da
qualsiasi
scelta. I saggi antichi tenevano sotto controllo la mente in tante
maniere.
In che cosa consiste oggi la mente? La mente è l'espressione delle
proprie
scelte.

Che cos'è questa? Una stoffa? No. È un insieme di fili, ma non si dice
che
siano fili. È cotone. Dunque, questo oggetto è fatto di fili; ma, se
vogliamo disfarlo, dobbiamo togliere un filo alla volta. Allo stesso
modo,
anche i sentimenti che ci sono in noi nella forma di parole devono
essere
sciolti e ridotti fino ad un certo punto. Meno bagaglio, viaggio più
comodo
e più piacevole. Parlate di meno. Riducendo il parlare, si sperimenterà
la
forma del Divino.

Incarnazioni del Divino Amore, Brahmâ significa parola, Vishnu
significa
mente, Îshvara significa cuore. Ogni singolo essere umano, - parola,
mente e
cuore - è l'incarnazione della Trinità: le tutti hanno queste tre
qualità.

L'uomo è l'incarnazione dei tre attributi, è l'incarnazione della
sapienza,
ha tre occhi e brandisce il tridente di Shiva, simbolo delle tre
dimensioni
del tempo. I peccati di tre nascite saranno distrutti quando offro la
foglia
di bilva a Shiva. Così insegnano le Scritture.

I tre occhi di Shiva

Shiva ha tre occhi. Anche ogni uomo ne ha tre, ma quando cerca di
verificare
se ciò sia vero, dice che non è così. Voi conoscete il passato, siete
in
grado di sapere ciò che è accaduto. Siete anche in grado di sapere ciò
che
sta accadendo in questo momento. Però, non sapete vedere ciò che
accadrà in
futuro. Il fatto di avere tre occhi implica la capacità di vedere anche
il
futuro, ciò che accadrà.

Se farete buon uso del passato e del presente, il futuro sarà nelle
vostre
mani. Invece, chiunque voi incontriate non fa altro che pensare al suo
avvenire o al suo passato, a quel che sarà e a quel che è stato. La
gente
pensa sempre alle cose del passato, oppure si preoccupa chiedendosi che
cosa
sarà mai del suo futuro. Così, fra la preoccupazione per il futuro e
l'angoscia del passato, dimentica il presente.

Eppure, il presente proviene dal passato e ciò che risulterà da questo
momento presente farà il futuro della persona. Quindi, futuro e passato
sono
entrambi inclusi nel presente. Il nostro avvenire sarà esattamente come
organizziamo il nostro presente. Se lo viviamo rettamente, avremo un
avvenire felice.

I semi dell'albero del passato sono nel presente, ed è da questi stessi
semi
del presente che nascerà l'albero dell'avvenire. Dunque, l'albero
dell'avvenire e l'albero del passato sono nei semi del presente. Come
sono i
semi di quest'albero? Sono piccoli, ma daranno origine prima a una
pianticella, poi a un grande albero. Tutto il futuro è contenuto nei
semi
del presente. Gli uomini non prestano la dovuta attenzione a questa
verità.
Come mai? Fate buon uso del presente. Se vivete in piena gioia il
presente,
coglierete buoni frutti nel futuro.

Incarnazioni del Divino Amore, voi siete incarnazioni della Trinità,
espressione delle tre qualità, la forma dei tre occhi.

La casa di Parvatî

Eccovi una piccola storia. Una volta Parvatî si avvicinò a Shiva e gli
disse: "Îshvara, ogni giorno vai da un luogo all'altro; non sei mai a
casa!
Non hai residenze. Come faccio a vivere accanto a te, senza una casa,
senza
nemmeno un lenzuolo per proteggermi dalla pioggia. E, come se non
bastasse,
ci sono migliaia di saggi che vengono da te per avere il tuo darshan.
Sarebbe conveniente, sia per loro che per noi, costruire un capannone
oppure
una casa".

La Gruha Lakshmî, ossia la donna di casa, desiderò avere una casa. Per
ogni
donna ciò è normale. "Occorre costruire una casa". Îshvara disse:
"Parvatî,
a che serve costruire una casa? Ancor prima d'abitarvi, ci vanno i
topi. Per
eliminare i topi bisogna avere dei gatti e per mantenere i gatti ci
vuole
del latte. Ci vuole poi un domestico che provveda a dare il latte ai
gatti.
Perché mai dipendere da tutte queste cose? Non ci serve una casa!"

Lei diceva di volerla, e lui invece no. E così si misero a discutere,
come
accade in tutte le famiglie: sì-no, sì-no, sì-no. Alla fine, Parvatî
chiese
con molta tranquillità: "Îshvara, perché sei così testardo? Non è per
me che
te lo chiedo. Qui vengono anche dei rishi; bisognerebbe offrir loro un
riparo. Un riparo serve a tutti: a me, a te, a chiunque".

Allora Îshvara rispose: "Quand'anche volessi dare inizio alla
costruzione,
questo non è il momento più propizio. Potresti costruire anche un
grande
palazzo, ma il dio Fuoco lo consumerà. A differenza di te, io lo so
perché
vedo il futuro. Perciò, stai zitta; chiudi la bocca e mettiti a
sedere".

Ma lei replicò: "Îshvara, tu possiedi ogni potere e tutti gli dei ti
sono
sottomessi; lo stesso dio Fuoco dipende da te, come del resto tutti e
cinque
gli elementi. Se tu lo ordini, neanche il fuoco potrà far qualcosa, non
è
così? Non potrà fare alcun danno all'edificio. E allora, emetti
quest'ordine
al Fuoco".

E Îshvara: "Va bene. Che altro resta da fare se non soddisfare il
desiderio
della donna?" E così dicendo, si apprestò ad adempiere alla promessa,
dicendo prima alla sposa: "Aspettami qui. Vado dal dio Fuoco per
assicurarmi
che esegua il mio ordine, poi ritornerò". La parola di Îshvara è
Verità. E
così Parvatî diede inizio ai lavori.

Comunque, gli disse una cosa prima che se ne andasse: "Îshvara, se
Agni, il
dio del Fuoco incendiasse la casa che costruisco, sarebbe un grave
insulto
nei miei confronti; se quindi Agni non accettasse il tuo ordine, suona
il
dhamaruka, il tuo tamburello: a quel suono io stessa appiccherò il
fuoco
alla casa che ho costruito. Non voglio lasciargli questa
soddisfazione".
Îshvara glielo promise.

Si recò da Agni, il quale, dopo avergli fatto namaskar, gli chiese:
"Signore, qual buon vento ti ha portato sin qui?" Ed Îshvara: "Oh,
assolutamente nulla. Parvatî sta costruendo una casa come questa e il
tuo
fuoco potrebbe essere pericoloso. Dammi la tua parola che le starai
lontano,
che non ti avvicinerai". Agni diede la sua parola; con l'occasione
pregò
Shiva: "Swami, da molti giorni sto covando il desiderio di vedere la
tua
Danza Cosmica (Tandava). Per quanto tempo ancora dovrò aspettare per
vederla?"

Allora, per accontentarlo, Shiva iniziò la Sua Danza. Durante questa
danza,
Shiva percuote il Suo dhamaruka. Parvatî, che da lontano udì il suono
del
tamburello, appiccò fuoco alla casa.

(Swami canta)
Shiva danzò; il Signore Shrî Samba Shiva
eseguì la Danza Cosmica, Colui che
indossava gioielli e bracciali danzò la Tandava.
Mise mano sul Suo dhamaruka, che emise il suono
"dhanam, janam, jana, jana, taka,..."
La giovane vergine (il fiume Gange) sul Suo capo,
il terzo occhio sulla Sua fronte,
il rosario di cristallo (spatikamala)
portato con grazia e splendore,
Egli danzò la Tandava, una danza celestiale.

(Anil Kumar, il traduttore, si blocca incapace di rendere il poema di
Baba,
giustificandosi: "È un canto bellissimo che non voglio rovinare
traducendo").

Così, Parvatî finì per incendiare la sua casa! Îshvara, giunto sul
luogo, al
vedere tutte quelle fiamme, gridò: "Parvatî (Swami usa un tono di
sospresa),
che è mai tutto questo? Agni mi ha promesso che non avrebbe dato fuoco
alla
casa!" Ed ella chiese: "Allora, perché hai suonato il tamburello?" "La
mia
volontà iniziale era quella di non avere una casa; poi te l'ho promessa
e tu
l'hai avuta. Poi, mi è stato chiesto di eseguire la Mia Danza Cosmica
e, per
soddisfare anche quel desiderio, dimenticando la casa, l'ho fatto,
accompagnandola col suono del dhamaruka".

Perciò, la morale è che nessun volere di Dio può rimanere inadempiuto,
quali
che siano gli ostacoli che possono presentarsi. Le qualità del cuore
troveranno sempre soddisfazione e, se il cuore è buono, puro, anche ciò
che
otterrà sarà buono e puro. Ecco perché dovremmo avere sempre un cuore
puro;
quella è l'unica qualità di Shiva e il Suo mistero. Dobbiamo formarci
un
cuore che abbia la natura di Shiva, una natura piena di buoni auspici.

Purezza di cuore e veridicità

Incarnazioni del Divino Amore, tutto ciò che oggi vi si deve dire è
questo:
mantenere puro il cuore. Non abbiate sentimenti che v'inducano a
criticare,
accusare, usare parole dure, oltraggiare. Il cuore puro esprime la
natura di
Shiva. Da quel cuore nasce poi la mente. Molti oggi la definiscono una
mente
di scimmia (monkey mind). In realtà è la mente del genere umano
(mankind). È
la forma di Vishnu; si chiama uomo colui che è dotato di mente. La
nostra
mente va riempita di sentimenti di compassione, di gioia, di amore, di
verità. Questo è il modo per far sì che la mente esprima la natura di
Vishnu.

Infine, per esprimere la natura di Brahmâ ci devono essere parole di
verità.
Niente è più elevato della verità. Tutto è stato creato in forza della
verità e tutto quanto c'è nella creazione è emerso dalla verità. Non è
possibile trovare qualcosa al mondo che sia estraneo al miracolo della
verità. Osservate la verità in tutta la sua purezza! La verità è
l'espressione di Dio. Dio non è nient'altro che verità, e la parola è
la
forma di Brahmâ, come la mente quella di Vishnu e il cuore quella di
Shiva.

Tuttavia, Brahmâ, Vishnu e Maheshvara non sono forme umane, sono solo
attributi, qualità. Che tipo di qualità? A volte si esprimono con la
punizione o con un atteggiamento severo, duro. Altre volte può avere
perfino
il tono della rabbia o dell'ammonizione, della protezione o della
rassicurazione. Entrambe le qualità possono manifestarsi, sia quella
della
durezza sia quella della consolazione. Dio soddisfa i vostri desideri;
ma
quando si tratta di togliere il male da voi, lo distrugge. Lo sapete:
chi
ripone la sua fede nelle qualità di Shiva, farà molte cose buone ed
Egli vi
sarà di estremo aiuto in tutto.

Markandaya

A Markandaya furono assegnati sedici anni di vita, Lui non ne era
consapevole, ma lo sapevano i suoi genitori. Trascorsero un periodo
bellissimo fino ai suoi quindici anni. Ma allorché il ragazzo stava
entrando
nel sedicesimo anno di vita, incominciarono ad essere angosciati e
tristi.
Sopraggiunse Markandaya: "Mamma, perché sei così triste?" Padre e madre
lo
presero vicino a sé: "Figliolo, per nostra sventura, con oggi il tempo
della
tua vita è nella sua fase finale".

Il ragazzo rimase sorpreso a quelle parole e ne comprese tutto il senso
recondito. "Mamma, - disse - voglio che nemmeno un istante di quanto mi
è
rimasto vada perso in attività non sacre. Quanto ne ho sprecato in
questi
sedici anni senza che lo sapessi! Ed ora, del tempo che mi resta farò
il
miglior uso dedicandomi alla contemplazione di Dio. Se in passato ho
sprecato il mio tempo, in questo poco tempo che mi rimane adorerò
Shiva."

Si recò al tempio di Îshvara e si mise a pregare invocando i vari nomi
di
Shiva (Swami elenca quei nomi in forma litanica, con la formula
conclusiva
"a Te mi abbandono"). Poi, con quei nomi sulla bocca, si strinse
all'effigie
di Shiva. Il tempo scadeva e il dio della Morte era già lì che
aspettava:
Yama lo stette ad osservare a lungo, pensando: "Come faccio a legarlo
senza
trascinarmi via anche Shiva? Non riesco a staccare Markandaya e a
prenderlo
da solo.

Il tempo passa. Devo prenderlo ora, o mai più". Yama prese il cappio e
lo
avvolse anche intorno a Shiva. Gli apparve immediatamente Îshvara:
"Ehi,
Yama! Che fai? Sei venuto per legare anche Me?" Dopo aver maledetto
Yama,
benedisse Markandaya donandogli l'immortalità. La morale di questa
storia
sta nella ferma determinazione di Markandaya e nella sua concentrazione
contemplativa, che lo portò ad immergersi completamente in Dio.

Yat bhavam tat bhavati: "Ciò che pensate accade". L'alito sarà come il
cibo
che avete ingerito; ad ogni azione la sua reazione. Non v'è alcun
dubbio che
Dio proteggerà in qualunque momento della vita il devoto in base alla
sua
contemplazione. Comprendete dunque questa verità e ponete il vostro
cuore
sul sentiero della santità. Dite: "Il mio cuore è Îshvara, la mia mente
è
Vishnu, la mia parola è Brahmâ". Abbiate piena fede in questa Trinità e
servitevene secondo rettitudine. Ne ricaverete un buon destino, senza
errori
e coglierete ogni occasione per immergervi in Dio. L'azione, buona o
cattiva
che sia, sortirà in esperienze buone o cattive.

Oggi Deepak Anand ha offerto a tutti voi una buona opportunità; non è
così
frequente che vi parli di Brahmâ, Vishnu e Shiva. Questo discorso è una
risposta alle sue preghiere. Sapeste quanti segreti, quante verità
sottili
avete ancora da scoprire! E invece sprecate tempo, perdendo così
l'occasione
di conoscere i segreti che Dio ha in serbo per voi.

Il tempo è sacro

Incarnazioni dell'Amore, il tempo ha un valore incalcolabile, poiché è
divino. Dio trascende il tempo, lo controlla. Dovremmo fare il miglior
uso
del tempo, santificandolo con le parole giuste, con discorsi santi,
pensieri
sacri e buoni sentimenti. L'amore dovrebbe essere il principio che
governa
ogni nostro atto.


(Baba chiude il discorso cantando "Prema mudhita")


Whitefield, Brindavan, 16 maggio 2000.
Corso Estivo, Sai Ramesh Hall.
Versione integrale.