DISCORSO DIVINO

Positivo e negativo

15 febbraio 1998

Studenti, Insegnanti e Dottori!



A scuola di recitazione

Il mondo intero è un palcoscenico e ogni persona è un attore. Come dovrebbero comportarsi gli attori? La prima finalità di ogni attore o attrice consiste nell’eseguire il compito assegnatogli (o assegnatole) dalla parte del copione, e ciò comporta che si accantoni la propria individualità. In che modo?

Durante le recenti feste, gli studenti hanno messo in scena una rappresentazione. Uno studente ha recitato la parte di un sindaco e, in quel ruolo, ha dovuto comportarsi da sindaco, rinunciando a esibire le sue qualità personali, che devono rimanere dietro le quinte. Il giovane deve recitar bene la sua parte. Tuttavia, chi è il regista del dramma cosmico? È il Divino. Ciascun essere umano è una manifestazione del Volere Divino ed è nato come uomo per adempiere al proprio dovere, quello di manifestare la sua umanità. Ogni individuo ha un proprio ruolo da recitare e deve cavarsela nel migliore dei modi.

Nel dramma della vita c’è un misto di buono e cattivo, dove affiora l’umanità. Tra i due poli – il bene e il male – uno è noto col nome di marakam l’altro col nome di tarakam. Marakam implica un’azione che si basa sulla convinzione che nulla ti appartiene e qualsiasi parola pronunciata, qualsiasi azione compiuta, tutto, appartiene a Dio; niente è tuo. Tarakam rappresenta l’atteggiamento dell’attore, conscio del ruolo che sta recitando, ma non dimentica la propria personalità nell’agire. Non si considera come uno che sta semplicemente recitando un copione, ma ritiene di essere il vero soggetto dell’azione. La differenza tra i due tipi sta nel fatto che, mentre il primo si rende conto del carattere temporaneo della parte che impersona e, quindi, non si lascia coinvolgere dalle cose o dagli eventi connessi con il ruolo assegnato, il secondo incomincia ad attaccarsi alla parte che sta recitando e non vuol più separarsi dal mondo evocato da quel ruolo. Nel modo di concepire del marakam non c’è alcun senso di possesso, ma nel tarakam uno si attacca a ciò che considera suo.



Bene e male

L’uomo moderno soffre per il suo senso di possesso. È un atteggiamento negativo: egli è ossessionato dall’idea dell’"io" e del "mio" e attribuisce un’importanza eccessiva al corpo, dimenticando che dentro di esso dimora il ben più prezioso principio atmico, che gli sa dare una felicità duratura. Tale attaccamento è dovuto al suo fallimento nell’uso improprio dei sensi e nell’essersi fatto schiavo dei desideri sfornati continuamente dai sensi.

Gli occhi, le orecchie e gli altri organi di senso andrebbero utilizzati esclusivamente per recepire ciò che è santo, non già per il godimento indiscriminato di qualunque piacere cui sono inclini. Questa è la ragione per la quale Swami raccomanda di non vedere il male, non parlare del male, non ascoltare il male, bensì di vedere ciò che è buono, udire ciò che è sacro e parlare di ciò che fa bene. Possono sembrare massime elementari, ingenue, ma, in realtà, sono cariche d’un profondo significato.



Il positivo e il negativo

A questo proposito, sarebbe bene che la gente sapesse discernere fra le azioni "negative" e quelle "positive". Tutte le azioni malvagie e corrotte sono "negative" per il carattere e vanno completamente evitate.

Gli studenti debbono rendersi conto che, nel canto dei bhajan, ciò che importa non è la tonalità o il ritmo dei canti, ma la genuinità dei sentimenti ispirati dai canti stessi. Se i loro cuori saranno puri e pieni di profonda devozione, i bhajan traboccheranno di sentimento e giungeranno al cuore di chi ascolta. Ciò che rassicura il cuore è "positivo", mentre ciò che nasce dalla mente è spesso "negativo".

La nascita umana è un dono di Dio che andrebbe usato con la dovuta cura e completato di azioni rette. Disgraziatamente, gli uomini d’oggi fanno un pessimo uso di tutti i loro talenti, che sono doni di Dio, destinandoli a propositi dissacranti. La mente dev’essere riempita di buoni pensieri, il cuore di compassione e le mani impiegate in servizio disinteressato.

Finché l’uomo si identificherà con il proprio corpo, rimarrà impigliato in un comportamento "negativo"; nel momento in cui si considererà padrone dei sensi, le sue azioni diverranno "positive". La padronanza dei sensi conduce alla "liberazione". La liberazione non è qualcosa che si acquisisce alla fine della vita: si deve cominciare presto nella vita a lottare per la liberazione e continuare in quello sforzo fino a che non sia stata raggiunta la meta. Altro sinonimo di liberazione è "emancipazione", che significa libertà vera, libertà dalla schiavitù dei sensi; il che significa che si deve gestire tutti i propri doveri senza alcun attaccamento ai profitti che ne derivano. Oggi, però, si fa tutto con un interesse rivolto al risultato. Ad esempio, gli studenti di medicina compiono i loro studi in vista del dottorato. In sé non c’è nulla di male in questo, ma, una volta che sono diventati dottori, dovrebbero avere come interesse primario il benessere e la salute dei loro pazienti e non quanto rende loro la professione.

Anche nel prestare un servizio sociale spesso si frappongono elementi di interesse personale che viziano la qualità del vostro servizio; e così, invece di essere un’azione "positiva" di amore disinteressato, quel servizio finisce per diventare un’azione "negativa" che porta in sé la macchia dell’egoismo. Da simili attività "negative" non possono derivare gioie perenni.

Gli studenti devono adoperarsi per santificare le loro azioni a cominciare dai banchi di scuola. Fa parte della loro educazione il dovere di frequentare buoni compagni, poiché questo è il modo di rimanere vicini a Dio, per giungere allo stadio terminale che consiste nell’essere una sola cosa con Dio.

Nella vita ci sono molti tipi di schiavitù, dalla fame alla povertà, dall’ignoranza alla malattia. Fa parte della disciplina spirituale lottare per essere liberi da queste schiavitù. In effetti, la sadhana consiste nel liberarsi da quelle attività che vincolano.



Il re Kapila e il pastore

Non è sempre facile dare delle risposte a questioni spirituali. C’è una storia che lo esemplifica. C’era una volta un re di nome Kapila, il quale era solito porre delle domande agli studiosi del suo regno. Non soddisfatto delle loro risposte, li mandava via dalla corte. Un pastore, che era venuto a sapere della cosa, si presentò al re dicendo che era pronto a rispondere a ogni domanda gli avesse posto. Di fronte a tanta sicurezza il re rimase sorpreso e lo avvertì che, se avesse dato risposte sbagliate, l’avrebbe fatto decapitare. Il pastore accettò le condizioni; poi, disse al sovrano che avrebbero dovuto scambiarsi i ruoli per creare l’atmosfera di una nuova situazione, nella quale il re sarebbe stato il discepolo e il pastore l’insegnante. Il re cedette allora i suoi abiti al pastore e si mise seduto ai suoi piedi, mentre il pastore, che si era messo sul trono vestito degli abiti regali, gli chiese di porre la sua domanda.

La prima domanda del re fu: "Che cosa fa Dio nel mondo?". E la risposta del pastore fu: "Impoverisce un miliardario e arricchisce un povero. Fino a un momento fa io ero un pover’uomo; ora sono diventato un re seduto sul trono; mentre tu eri un re, e ora indossi gli stracci di un povero. Ecco che cos’ha fatto Dio".

Il re fu abbastanza soddisfatto della risposta, e pose la seconda domanda: "Verso chi Dio usa favori? Chi ne recepisce la Grazia?". Il pastore, indicando una luce, rispose: "La luce d’una lampada invia i suoi raggi in ogni direzione; perciò, anche Dio, che è l’incarnazione del massimo fulgore, guarda in tutte le direzioni e riversa la Sua Grazia su tutti. Il Suo sguardo non va mai in un’unica direzione". Il re si compiacque delle sue parole.

Mentre il pastore si stava chiedendo quale sarebbe stata la terza domanda del sovrano, questi gli si rivolse chiamandolo "Swami" e gli chiese: "Dov’è Dio?". Il pastore fece portare una tazza di latte e domandò al re: "Puoi dirmi in quale parte del latte si trova il burro? In ogni molecola del latto c’è burro. Così pure, Dio pervade ogni cosa. Che cosa si deve fare per poter vedere il burro in modo distinto dal latte? Devi cagliarlo, zangolarlo e infine il burro comparirà sulla sua superficie. Similmente, Dio, che è dappertutto, dev’essere custodito nel tempio del cuore, trasformato in cagliata dalle buone azioni, e questa va zangolata dalla disciplina. A quel punto avverrà l’esperienza diretta del Divino".

Il re rimase pienamente soddisfatto delle risposte date dal pastore. Gli donò metà del suo regno e dichiarò che la saggezza era da ricercarsi più fra la gente semplice che non fra i dotti. Non si riscontra per nulla una tale semplicità fra le persone colte e, per dare risposte intelligenti alle domande, ciò che conta è la saggezza acquisita dal quotidiano.

Sono ben pochi oggi coloro che sanno distinguere gli aspetti "positivi" da quelli "negativi" che ci sono nella vita. Qualunque cosa attragga la mente è "negativa", mentre le azioni prive di desiderio sono "positive".

Assolvere i propri doveri in uno spirito di distacco è obbligo fondamentale di chiunque, dallo studente allo studioso. In questo modo potete manifestare la divinità che c’è in voi. Ma, se non sapete individuare la vostra umanità, come potete riconoscere la vostra divinità? Il primo requisito è la purezza del cuore e una mente libera da tutti i desideri.



Il positivo e il negativo in Baba

Che ci crediate o no, questo Mio corpo è dotato d’una mente, d’un intelletto, e d’ogni altra facoltà, esattamente come il vostro. Ma Io sono consapevole di tutto il lavoro che svolge una mente agitata come una scimmia. Io non ho alcun desiderio nei miei pensieri, né mi lascio catturare dagli astuti inganni della mente. È nella natura della mente comportarsi in quel modo, ma io non mi faccio intrappolare; non sono attaccato né al corpo, né alla mente, giacché seguo la Coscienza.

Guardate qui il mio corpo: potete toccarne ogni parte e, toccandolo, voi ne ricevete vibrazioni positive, poiché nel mio corpo non c’è la benché minima traccia di vibrazioni negative; nessun pensiero negativo penetra nella mia mente. A volte potrà sembrare che io parli con asprezza, ma non è per un mio sfogo personale, bensì per correggere altri. Anche se sono passati settantadue anni, non c’è un solo desiderio che io accarezzi, né ho mai avuto per il passato alcun desiderio, in nessun istante della mia vita.

È straordinario il modo con cui trascorro la mia vita momento per momento: ognuna delle mie azioni è "positiva", giammai "negativa". Il mio corpo nel suo complesso è "negativo", ma tutti i miei pensieri, tutte le mie azioni sono "positive". Tra i miei pensieri e le mie azioni non ci sono dissonanze.



Baba, ragazzo impavido

In effetti, ciò accade dall’età di nove anni. In questo villaggio (di Puttaparthi) c’era un karnam (una specie di sindaco) che si chiamava Subbarao. Era l’uomo più ricco del paese ed era proprietario della maggior parte delle terre qui. Gli abitanti del villaggio lo temevano. Swami a quel tempo non era che un ragazzetto. Il karnam si era messo su una cattiva strada. Perciò, Swami riunì tutti i suoi giovani amici, insegnò loro vari canti e li invitò a percorrere le vie del villaggio cantando. I ragazzi dissero a Baba: "Swami, il karnam potrebbe picchiarci!"; ma Baba li rassicurò: "Non può toccarvi, non ne ha l’autorità, poiché nessuno può avere qualcosa da ridire sulla libertà di cantare". Swami insegnò loro come cantare melodiosamente. I ragazzi non conoscevano il significato delle parole che cantavano. Il primo giorno, quand’essi si misero a cantare davanti alla casa del karnam, egli si ritirò in casa. Il secondo giorno, quando i ragazzi ripeterono l’esperienza, il karnam entrò nuovamente in casa, questa volta per prendere dei mango, che distribuì loro, chiedendo di non cantare più. Domandò loro: "Chi ve li ha insegnati?". E tutti gridarono in coro: "Raju! Ce li ha insegnati tutti Raju!".

Un giorno il karnam invitò a pranzo Raju (Baba adolescente) a casa sua, ma Raju gli rispose: "Non voglio il tuo pranzo". Allora il karnam si infuriò che un ragazzino gli avesse parlato in quel modo.

In quei canti avevo insegnato ciò che era opportuno e giusto a quel tempo: erano parole di condanna contro coloro che frequentano donne di malaffare e preavvertivano persone di tal fatta che sarebbero state poste ai margini della società e avrebbero perduto la loro rispettabilità di fronte a tutti. I ragazzi avevano paura di cantare quelle parole, ma le parole severe usate erano necessarie per impartire una lezione a chi si comportava male. Al fine di correggere le persone che conducevano una vita dissoluta, sin dai primi anni della mia vita ero solito comporre delle poesie e scrivere degli spettacoli. Ho sempre avuto l’abitudine di vivere nella piena osservanza di ciò che predico. Non predico mai ciò che non pratico. Qualsiasi cosa io faccia fa parte di un carattere "positivo". Io non ho desideri di alcun genere.



"Proprietà" di Swami

Spesso ho affermato che "gli studenti sono una mia proprietà", e anche prima c’è stato uno studente che ha detto: "Swami, noi siamo la tua proprietà". È vero; ma ci sono proprietà di vario genere: alcune sono di valore, altre no. Se gli studenti vogliono ritenersi mia proprietà, devono vivere una vita esemplare. Non dovete ridurvi a essere della feccia che serve solo a esser buttata via; siate solidi e stabili come le cime dei monti. È per questo scopo che vi alleno tutti. Molti studenti non sono all’altezza delle mie aspettative; non capiscono il mio messaggio, ma un giorno lo capiranno. Non c’è traccia di negatività in me: tutto in me è positivo.

State attenti a ciò che vi consiglio: parlate il meno possibile. Alcuni studenti mi dicono che i loro genitori li vorrebbero sposati (al termine dei loro studi). Non intendo suggerirvi di non sposarvi. Se volete sposarvi, sposatevi; ma sono ben lungi dall’obbligare qualcuno a sposarsi contro il suo volere. Ciascuno ascolti la propria coscienza, e poi decida.

Assolvete i doveri della vostra famiglia. Non lasciate che i vostri figli facciano ciò che per voi è sbagliato. Nel Mahabharata, Dhrtarastra trascurò di correggere il figlio maggiore, Duryodhana, con un risultato che si rivelò disastroso per l’intero clan dei Kaurava. Vidura gli rammentò che, se solo avesse avuto del polso per tenere sotto controllo Duryodhana, tutta la famiglia sarebbe stata salvata.



Prashanti Nilayam,

Institute Hostel, 15 febbraio 1998.

(Da Sanathana Sarathi 4/1998)