DISCORSO DIVINO

Il messaggio del Vedanta

31 luglio 1996

Incarnazioni dello Spirito Divino,

i quattro fini dell'esistenza umana (1), nonché gli insegnamenti dei Veda e dei Vedânga hanno reso celebre l'India fin dall'antichità. I Veda incarnano le Verità sublimi sperimentate da saggi e veggenti.

Il termine Veda deriva dalla radice vid, cioè "conoscere". I Veda proclamano quelle Verità eterne, valide per i tre mondi, relative al benessere ed alla divinizzazione dell'umanità. Poiché insegnano norme comportamentali e principi, in base ai quali agire per raggiungere i quattro scopi della vita, l'approccio dei Veda può dirsi dualistico.

Inizialmente, i Veda formavano un corpo unico di inni che fu successivamente diviso in tre sezioni: Rigveda, Yajurveda e Sâmaveda. Lo Yajurveda fu poi suddiviso in: Shukla Yajurveda Samhitâ e Krishna Yajurveda Samhitâ. Per ultimo, venne l'Atharvaveda.

I Veda vengono disegnati con nove appellativi, il primo dei quali è Shruti, ossia "ciò che si impara ascoltando". Gli insegnamenti orali erano infatti necessari quando ancora non esisteva la stampa dei libri. Gli altri appellativi sono: Anushravanam, Âmnâyam, Samâmnâyam, Chandas, Adhyâsa, Gamanam, Nigam ed Âgamam. Questi ultimi due si riferiscono al processo di respirazione del Divino.

Tutti i Veda si occupano di argomenti riguardanti il mondo fenomenico ed ognuno di essi comprende una raccolta di versi a carattere sacro (samhitâ), composta di brâhmana (2), âranyaka (3) ed upanishad (4). Tali testi gettano le basi della vita del capofamiglia e dell'asceta, descrivendo pratiche atte al controllo della mente, non aventi tuttavia lo scopo di fornire un'esperienza diretta di Dio. È piuttosto il Vedanta a trattare la Realizzazione del Sé. Esso, pertanto, è fondamentale nel viaggio spirituale.

Tre sono gli aspetti da comprendere riguardo al Vedanta: tarakam, sânkhya e amanaskam. Il tarakam richiede la comprensione di 4 principi: kesari, desari, madhyama e bhagavati. Si studiano cinque mudrâ (segni rituali delle mani) e, dopo aver compreso la loro irrilevanza spirituale, si passa alla concentrazione sul Sat-Cit-Ananda, immergendo la mente nella beatitudine di questa esperienza.

Il secondo aspetto, il sânkhya, contempla 25 entità, costituite dai 5 organi di senso, dai 5 involucri, dai 5 soffi vitali (panchaprânâ), dai 5 elementi, dalla mente, dal corpo, dall'intelletto, dal motivatore interiore e dall'anima individualizzata (jivatman). Questo sistema di yoga richiede un'indagine relativa a ciascuna di tali entità, al fine di scoprire che la Realtà Ultima (Sat-Cit-Ananda) le trascende tutte. Ciò conduce all'identificazione dell'individuo con il Divino. Per compiere tale indagine, occorre esplorare il mondo esterno ed il mondo interiore della mente e dello Spirito.

Il terzo aspetto, l'amanaskam, consiste nel comprendere che l'intero universo è il Brahman stesso, la Realtà Unica. Quando si giunge alla realizzazione del Brahman, dell'uno senza secondo, la mente cessa di esistere. Sono solo le operazioni mentali che inducono una percezione frammentaria dell'universo. La mente cessa di esistere allorché si sperimenta l'unità. In quello stato di coscienza tutto è Dio e solo l'Amore (Prema) trova spazio. Tale Amore è Verità.

Il potere di questo Amore viene illustrato in un episodio del Bhâgavatam. Una volta, Yashodâ cercava Krishna senza riuscire a trovarLo. Incontrò Râdhâ e le domandò se Lo avesse visto.

Râdhâ chiuse gli occhi e meditò intensamente su Krishna ed Egli apparve immediatamente davanti a loro. Yashodâ capì allora che l'amore di una devota quale Râdhâ era assai superiore al suo amore materno per Krishna.

Questo è il modo in cui il Divino si rivela ai veri devoti. Fu grazie all'amore puro, intenso ed altruistico di Râdhâ che Krishna apparve all'istante. Se invece il cuore è impuro o macchiato d'orgoglio è impossibile sperimentare Dio, anche se ci si è impegnati, a tal scopo, per anni.

Yashodâ confessò a Râdhâ che la sua devozione aveva rimosso il velo d'ignoranza che le impediva di vedere chi fosse in realtà Krishna e le chiese di insegnarle quell'Amore che rendeva Krishna tanto vicino ai Propri devoti. Râdhâ, allora, rispose che quel tipo d'Amore non si può insegnare.

Quando Krishna rincasò, Yashodâ Gli rimproverò di recarsi nelle case altrui a rubare il burro, dato che Egli rifiutava di prendere cibo nella propria abitazione, nonostante questa fosse ricca di alimenti. La lezione che si può trarre da questa storia è che Krishna preferiva la devozione e l'amore puro dei devoti alle materne sollecitudini di Yashodâ (cioè agli attaccamenti derivanti dall'illusione - N.d.T.). Se avrete quindi un cuore puro, sacro e privo di ego, il Divino istantaneamente vi apparirà.

Come si realizza la presenza del Divino in voi? Il vostro corpo è costituito di elementi materiali come il ferro, l'acqua, il fosforo ed il piombo: il tutto vale poche rupie. Tuttavia, nel corpo c'è un potere che vale milioni. Da dove viene tale potere? Dalla madre che ha partorito il bambino? No. Finché il feto nel ventre materno non raggiunge i quattro mesi e nove giorni di vita, esso altro non è che una massa rotonda e gelatinosa. Poi, una energia vibratoria entra nell'embrione. Da dove proviene tale vibrazione? È il Principio divino (Brahmatatva), il Principio vitale (Prânashakti). Da quel momento il bambino comincia a muoversi nel ventre, cioè nel momento in cui il Principio divino entra nel feto. Il passaggio di tale energia nella materia è detto târakam.

Questa è una delle dottrine segrete del vedanta. Tale processo è considerato un fenomeno umano, mentre non lo è affatto. Esso è invece una manifestazione del Divino.



Quando parlo con il microfono, voi riuscite a sentirMi. Senza corrente, però, il microfono non funzionerebbe. Il microfono è la materia, la corrente è l'energia: la Mia voce vi giunge grazie alla loro combinazione.

Allo stesso modo, dall'unione del Brahman con Mâyâ emerge la forma cosmica del Signore (Brihatsvarûpa). Essa è l'energia onnipervadente.

Come realizzare il Sé

Qualunque Sacra Scrittura conosciate, qualunque potere o ricchezza possediate, non potrete raggiungere la Liberazione senza Amore. Tutti voi guardate il mondo esterno: volgete lo sguardo all'interno! Guardare all'esterno è cosa inutile. Riconoscerete la vostra vera forma solo volgendo lo sguardo all'interno. Il padrone di una casa getta via tutto ciò che è superfluo, ma custodisce le cose più preziose in una cassaforte di ferro. Tutti dovreste capire qual è la cosa più preziosa in voi. I tre processi di târakam, sânkhya (5) e amanaska (6) sono gemme spirituali di inestimabile valore. Esse sono in voi, ma non siete consapevoli della loro esistenza, perché non siete in contatto con il proprietario, il Padrone interiore.

Il proprietario del corpo è il Sé Supremo (Paramâtma)

Come si entra in contatto con il Proprietario e come si coltiva la Sua amicizia? Sto spiegando la verità dei Vedanta con parole semplici, per farla comprendere agli studenti.

Il padrone di casa risiede nell'appartamento più elevato dell'edificio. Voi vi trovate fuori dal cancello, sorvegliati da un mastino chiamato Mâyâ. Come fate, allora, ad avvicinarvi al Padrone, il Paramâtma? Dovete gridare il Suo nome, così Egli scenderà, vi riconoscerà e vi farà entrare. A quel punto, il mastino Mâyâ non sarà più un problema per voi. Per neutralizzare Mâyâ, dovete sperimentare l'unità col Divino.

Ciò è stato proclamato nella frase delle Upanishad: Advaita darshanam jnânam: "La Saggezza Suprema è la consapevolezza dell'uno senza secondo". Questo è il sentiero della conoscenza. L'altro è quello della devozione. Il Signore viene ad aiutarvi quando cantate il Suo nome costantemente. Può sorgere in voi il dubbio di come ciò sia possibile, dato che, quotidianamente, dovete impegnarvi in numerose altre attività, compreso lo studio di libri, ecc. Eliminate questo dubbio: considerate ogni vostra attività come un'offerta a Dio. In ogni circostanza, agite nel modo più appropriato. Tutto questo sarà necessario finché non avrete ottenuto la grazia divina, dopo di che non servirà più.

La Consapevolezza consiste nel ricordo cosciente e costante di Dio in ogni circostanza. In presenza di azioni malvagie, gli uomini pii non dovrebbero rimanere spettatori silenziosi. Devono invece lottare per la Verità.

Quando i Kaurava tentarono di svestire Draupadî, Bhîshma, Drona ed altri precettori non intervennero e furono perciò accusati da Krishna di essere complici della malvagia azione di Duryodhana. A causa del loro grave errore, essi andarono incontro ad una triste fine.

Il Vedanta dichiara che l'attaccamento alle ricchezze, alla moglie ed ai figli è la causa di innumerevoli azioni peccaminose. Krishna, quindi, ingiunse ad Arjuna di ricordare sempre il Signore e combattere la battaglia. Solo in tal modo avrebbe ottenuto la vittoria.

Il Nome del Signore, comunque, dovrebbe esser ricordato con fede assoluta: gli studenti non dovrebbero scordarlo. Krishna cercò di inculcare tale fede in Arjuna per mezzo della Gita. Chiunque metta in pratica i precetti di Swami con fede assoluta ed incrollabile, avrà la visione diretta ed istantanea del Signore. Questo principio viene insegnato dal Sânkhya Yoga.

Il Vedanta, nella sua essenza, è estremamente semplice. È più facile da afferrare del burro. Dio è più morbido e più dolce del burro. Per sperimentare Dio, dovete accostare il fuoco della Conoscenza spirituale (Jnâna-agni) ad un cuore pieno d'amore. Dovete avvicinarvi a Dio e divenirGli cari per mezzo del vostro amore. Quando ciò accadrà, i desideri spariranno.

Il Vedanta è colmo di Verità molto profonde, espresse in brevi aforismi. Il dottor Jumsai, che prima ha parlato, ha affermato che tutti sono figli di Dio; in realtà, tutti sono il Divino stesso! Anziché essere amanti, riservando l'amore a pochi, diventate l'amore stesso, così potrete amare tutti. Questa è la Verità Suprema proclamata dal Vedanta.



Prasanthi Nilayam, Sai Kulvant Hall, 31 Luglio 1996



da: Mother Sai n° 6/1996

Note:
1) L'aquisizione di artha (benessere) per mezzo di Dharma (Rettitudine) e lo sviluppo del kâma (desiderio) per Moksha (Liberazione).

2) Si occupano degli obiettivi mondani ed ultraterreni e non della Realizzazione del Brahman. Stabiliscono le regole per l'impiego degli inni e descrivono le norme relative agli yajña (sacrifici) e agli yâga (offerte), descrivendone l'esecuzione.

3) "I Testi della foresta". Le Sacre Scritture in versi ed in prosa scritte, studiate e meditate nelle foreste. Indagano sulle più alte Verità e sono per lo più destinate alla guida di coloro che, dopo esser passati per gli stadi di brahmacharya (studente religioso) e grihastha (capofamiglia), diventano dei vânaprastha (coloro che si ritirano nella foresta).

4) Costituiscono l'essenza ed il fine dei Veda. Esse rendono l'uomo in grado di ottenere l'unità col Divino.

5) Uno dei sei sistemi filosofici ortodossi indù. Esso permette all'individuo di distinguere fra Âtma e anâtma (fra l'eterno e i transitorio) ed implica la conoscenza della Verità fondamentale.

6) L'assenza di percezioni esterne nel godimento della beatitudine dell'Âtma divino. È lo stadio in cui tutta la creazione semplicemente scompare come nebbia al sole, quando viene "vista" nello stesso modo del Testimone, dell'Osservatore Eterno.