DISCORSO DIVINO

La grandezza della Cultura Indiana

17 giugno 1996

Un figlio, un funzionario ed un capo di stato

verranno rispettati in virtù della loro posizione,

anche se sono degli stolti.

Ma le persone istruite nella conoscenza del Sé

saranno rispettate per sempre e in ogni luogo.



È un vero peccato che gli Indiani di oggi non sappiano più riconoscere la grandezza della loro cultura e del loro antico idioma, il sanscrito. Molti stranieri hanno imparato tale lingua ed hanno cercato di comprendere la grandezza di questa terra tramite i testi sacri. Uno studioso tedesco, Grifth, dopo un accurato studio dei nostri testi antichi, ha affermato che i Veda sono la prima parola scritta dall’uomo. Max Müller, il grande studioso tedesco, era talmente affascinato dalla saggezza vedica da tradurre i Veda in inglese. Egli dichiarò che i più grandi assiomi dei Veda sono: Sathyam Vada, Dharman Chara: “Dì la verità e fa’ il bene”; Mâtru Devobhava, Pitru Devobhava: “Rispetta i genitori come Dio”.

Ogni società che rispetti questi principi progredirà e prospererà.

Un altro studioso, Wilson, fece un approfondito studio delle nostre Scritture. Tradusse l’antico codice del Dharma, come fu tramandato dall’imperatore Manu, in inglese, e lo intitolò: “La Legge di Manu”. Studiando il Padma Puranam (del saggio Parâshara), Wilson vi trovò la predizione che, nell’era di Kali, la Suprema Coscienza si sarebbe incarnata in un villaggio (Parthi) nel sud dell’India, e che avrebbe ricevuto il nome di Sathya. Disse anche che avrebbe attirato il mondo intero, come un’enorme calamita.

Talmente grande era il potere dei nostri santi, che essi potevano prevedere gli eventi del futuro. A questa terra non è mai mancato nulla, sia dal punto di vista materiale che spirituale. Fu questo che indusse il saggio Vyâsa ad affermare: “Ciò che non c’è in India, non può essere trovato in alcun altro luogo!”.

L’altro giorno abbiamo parlato di adrishtam o buona sorte. Come si ottiene questa suprema fortuna? Ogni cosa, sorta dal desiderio, entra nella mente (sankalpa); se il sankalpa è il seme, karma sarà il frutto. Se l’azione (karma) è il seme, il carattere (shîla) sarà il frutto. Quindi, seminando i semi dei desideri buoni (satsankalpa), il frutto che si otterrà sarà un buon carattere. Ed è proprio da un buon carattere che viene la fortuna. Allora chi è uno stolto? È colui che, pur sapendo ciò che è buono, vero e giusto, continua a seguire il sentiero della falsità e dell’ingiustizia: costui è davvero stolto. In altre parole, chi dimentica le cose divine per inseguire quelle materiali è un folle.

Che cos’è l’Amore? Non si può né descriverlo, né quantificarlo. Non si può venderlo, comprarlo o prenderlo in prestito. Esso è la forza motrice stessa di questo mondo. Le Nostre Scritture parlano di nove tipi di devozione: prima di arrendersi a Dio bisogna avere il Signore come amico (sneha bhakti). Un termine equivalente a sneha è maitrî. In inglese, corpo, mente e spirito vengono definiti my three (le mie tre cose).

Essi dovrebbero essere in armonia per essere offerti al Signore. Alla fine, tutti dovranno ritornare a Lui, essendo scintille del Suo fuoco.

Questa è la ragione per cui Egli ha dichiarato: “Tutti gli esseri nella creazione sono manifestazioni di un frammento di Me stesso”. Purandaradasa cantò: “Sono ritornato nel mondo perché Ti ho dimenticato”. Lodando la magnificenza di Dio, Purandaradasa disse: “Chi sostiene l’albero nelle crepe nelle rocce fino alle vette montane? Chi ha dato i colori alle meravigliose penne del pavone e del pappagallo?” Chi ha offerto tutto al Signore è veramente l’uomo più ricco. Infatti, dopo che l’uomo e Dio sono diventati uno, come può esistere qualcosa di separato?

Che cos’è la cultura? È il processo di perfezionamento.

Raffinando un sacco di riso grezzo del valore di 200 rupie, si ottiene un sacco di riso da 1000 rupie. Col processo di raffinazione si purifica il prodotto accrescendone il valore. Oggi, la gente non comprende la validità dei costumi e delle tradizioni di un tempo. Molti stranieri considerano l’India come una terra di grande cultura, mentre gli stessi Indiani non comprendono la propria ricchezza. È stata a lungo una moda, per essi, studiare ad Oxford e dare l’esame per l’I.C.S.1.

Uno di questi, Chaturveda Amareshvara Shastri, incontrò Max Müller nel periodo in cui questi stava traducendo alcuni testi vedici in inglese. Müller aveva una grande stima dell’India e sognava, un giorno, di poter baciare il suo sacro suolo. Vedendo il passaporto di Chaturveda, fu molto felice perché pensò di potergli chiedere qualche consiglio riguardo alle traduzioni. Restò però assai deluso quando l’ospite gli rispose che considerava i Veda inutili e che non li aveva mai studiati. Müller decise di non visitare l’India per timore che gente simile potesse rovinare la sua opinione su quel Paese e la sua cultura.

La cultura moderna ha generato molti dubbi, anziché rendere gli uomini più saggi. Purtroppo, certa gente dubita perfino delle materializzazioni di Swami. Si pensa che questi anelli ed orologi siano semplici regali. Non è così: essi servono a favorire pensieri buoni e sacri in chi li riceve. Spesso si vede la gente che scarabocchia qualcosa su un pezzo di carta o su una mano; altri continuano a tagliuzzare qualcosa con un temperino: queste sono tendenze ereditate da molte vite passate. Ma le azioni vengono dirette dagli oggetti che si hanno sotto mano. Ecco perché i doni di Swami inducono ad azioni e pensieri sacri.

Se state in buona compagnia, anche i vostri pensieri saranno buoni.

Perciò, vi dico sempre: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”



Alcuni pseudo-intellettuali hanno tentato di dare una loro definizione circa la distanza che intercorre tra l’uomo e Dio. Alcuni ad esempio, interpretano l’episodio in cui il Signore Vishnu salva il re degli elefanti, Gajendra, da un coccodrillo, dicendo: “Com’è possibile che il Signore, che è così lontano, abbia udito il barrito di un elefante?”

Può esistere una domanda più sciocca di questa? Come può esserci separazione, quando il Signore è non solo così vicino, ma addirittura uno con voi?

Chi è Râma (Dio) e chi è Yama (la morte)? Sono la stessa persona. Se credete in Dio, Egli sarà Dio, altrimenti sarà Yama, il dio della morte. Vibhîshana e Prahlâda, che credevano, lo conobbero come Dio, mentre Râvana e Hiranyakashipu lo conobbero come Yama. Una volta, a Shirdi, Baba assicurò ad una persona che l’avrebbe seguito, ma che, mentre camminava, non avrebbe dovuto girarsi. Quella persona credeva a quanto Baba aveva detto, e, per un po’, continuò a camminare. Purtroppo, si trattava di una persona “intelligente”, quindi voleva verificare. Nell’attimo in cui si voltò, non vide nessuno alle spalle. Andò allora da Baba e Lo accusò di non aver mantenuto la Sua parola, ma Baba rispose: “Sono sempre stato dietro di te, ma, quando ti sei girato, l’ho fatto anch’io!” Ecco dunque com’è instabile la fede delle persone. Dovreste sviluppare un forte amore per Dio e in quell’amore tutti i dubbi svaniranno.



Baba ha concluso il Discorso con il bhajan: "Prema Mudita Mana Se Kaho..."



Corso Estivo 1996

Estratto del Discorso del 17 Giugno 1996



da: Mother Sai - Supplemento 1996