DISCORSO DIVINO

Dolcezza e bellezza del sacrificio

3 luglio 1994

Il cosmo è governato dal Divino.

Il Divino è controllato dalla Verità.

La Verità è soggetta agli esseri nobili.

Gli esseri nobili sono Dio in persona.



Incarnazioni dell’Amore Divino,

l’intero cosmo, costituito da oggetti animati e inanimati, dipende da Dio. Il Divino è governato dalla Verità e la Verità è governata da esseri nobili. L’essere più nobile in assoluto è il Divino, e ogni uomo è nella sua essenza interiore nobile. È questa nobiltà a costituire la sua natura divina. Il Divino si esprime per mezzo della forma umana, per cui non c’è alcun bisogno di cercarLo all’esterno, come si trattasse di qualcosa di avulso. L’uomo deve sforzarsi di realizzare il Divino dentro di sé.



La dolce vita
Sin dai tempi antichi, i saggi consideravano dolce la vita dell’uomo, e questa dolcezza del vivere veniva associata esclusivamente al Divino. Bisogna vedere se tale dolcezza ha l’amore che si merita, perché è solo quand’essa è rispettata che l’uomo rimane fedele alla sua natura umana. Senza questa dolcezza l’uomo non è più umano.

Per poter provare tale dolcezza, è essenziale lo spirito di sacrificio: il nettare di quella dolcezza è il risultato del sacrificio. Nei Veda si afferma: «L’immortalità non si raggiunge né con l’azione, né con la progenie, né con la ricchezza, ma solo con il sacrificio». Qualsiasi buona azione si faccia, qualsiasi ricchezza si guadagni, non si potrà mai raggiungere il Divino evitando il sacrificio.

Il nettare della dolcezza nasce solo in seguito allo spirito di sacrificio: quella dolcezza è Dio stesso. Krisna è lodato anche come il “Signore della dolcezza”, il Signore che rappresenta ogni dolcezza. Se il Signore viene chiamato “Signore della dolcezza”, in che cosa consiste questa dolcezza? L’amore (che si prova) è dolce; l’azione (del devoto) è dolce; la beatitudine (dello spirito) è dolce; l’Atma è dolce. La dolcezza colma di beatitudine prende l’uomo dalla testa ai piedi.

Purtroppo, oggi l’uomo non cerca affatto di riconoscere la dolcezza che ha dentro di sé. Tutti i suoi pensieri, sentimenti e desideri sono diretti soltanto verso il mondo materiale, ed egli non presta nemmeno un minimo di attenzione alla vita interiore.



L’amore dei genitori
Presso la cultura dell’India ci sono innumerevoli esempi di questa dolcezza. Nulla al mondo è più dolce dell’amore di una madre verso il figlio. Per il benessere del figlio una madre è pronta a sacrificare tutto, anche la propria vita. Solo in una madre, che incarna il Divino, si concentra una simile dolcezza. Da qui, l’insegnamento delle Upanishad: «Considera la madre come Dio (MŒt¨ devo bhava).

Allo stesso modo, anche il cuore di un padre che mantiene il figlio e ne sviluppa la personalità, è dolce. Le Upanishad dicono di trattare anche il padre come Dio. Madre e padre sono uguali a Dio.

Per cui, bisogna innanzitutto onorare i genitori. La madre è la manifestazione visibile di Dio, e se si ignora la divinità della madre, che è visibile, e si cerca di adorare ciò che è invisibile, non si fa altro che palesare la propria ignoranza. Dio esiste a livelli sottili: è invisibile, infinito e incommensurabile, mentre la madre è una forma visibile e tangibile che ne dimostra l’esistenza. La prima persona che un bambino vede quando viene al mondo è la madre. Ella sopporta pazientemente molte difficoltà per amore del bambino, ed è anche dolce amare una madre siffatta. Voi potete anche amare Dio, ma se non amate vostra madre, che è fisicamente presente di fronte a voi, come potete amare il Divino che non vedete?

Ci sono persone che adorano pietre, ma non hanno il minimo rispetto per gli esseri viventi. Il culto di idoli senza vita è in auge sin dai tempi antichi, ma l’uomo ha dimenticato di rispettare i suoi genitori viventi. Il primo e più importante dovere dell’uomo è di rispettare i genitori che sono in carne e ossa, sangue del suo sangue, e gli han dato la vita.



L’esempio di RŒma


Nel RŒmŒya±a si legge l’esempio seguente. Prima di partire per la foresta, ‚r RŒma si avvicinò al padre, Daaratha, e disse: «Non mi dispiace di dover andare in esilio nella foresta, e non mi duole nemmeno che sia stato tu a ordinarmelo, perché sono pronto a sacrificare qualsiasi cosa pur di rispettare la tua parola. A cosa può servire un figlio che non rispetta la parola del padre? La più grande dolcezza per me sta nel seguire la parola d’onore di mio padre».

Questo serve a insegnare che i figli devono rispettare e seguire le parole dei genitori. Solo questo prova la vera qualità di un figlio.

L’amore è la fonte primordiale di dolcezza per l’uomo: niente al mondo è più grande dell’amore. La vita acquista dolcezza solo quando si rispettano la madre e il padre.

Ecco un altro esempio dal RŒmŒya±a. Immediatamente dopo che RŒma ebbe spezzato l’arco di ‚iva, l’Imperatore Janaka disse che avrebbe dato in isposa StŒ a RŒma. Janaka condusse StŒ nella sala delle udienze, ma RŒma, senza alcuna esitazione e con parole dolci ma ferme, decise che non avrebbe accettato di sposarla senza il consenso dei genitori. RŒma sosteneva che doveva il suo corpo stesso ai genitori e che si sarebbe attenuto al loro volere. Dichiarò, poi, che sino a che non fossero arrivati a MithilŒ i suoi genitori, non avrebbe nemmeno osato posare lo sguardo su StŒ: «Acconsentirò al matrimonio solo dopo il loro consenso». RŒma fu così felice di dare al mondo un esempio di comportamento ideale valido per tutti i tempi. Allora, anche il saggio VivŒmitra attese l’arrivo dei genitori di RŒma".



Vai§´a e RŒma


(Riferendosi a un altro episodio del RŒmŒya±a, Sai Baba ha così continuato:) Il saggio Vai§´a, un giorno accompagnò Bharata a trovare RŒma nella foresta. Intervenendo nella conversazione tra Bharata e RŒma (riguardo la richiesta del ritorno di RŒma ad AyodhyŒ per prendere il trono del regno), Vai§´a disse: «È tuo diritto e dovere tornare al tuo regno, perché sei il figlio più vecchio di Daaratha, possiedi anche ogni talento, sei ben versato nelle scritture relative al dharma, ossia alla Legge della Rettitudine e della Lealtà; inoltre, hai conquistato l’affetto della gente. Per tutto ciò sei stato designato a regnare per il bene della gente». In questo modo, Vai§´a chiese a RŒma di prendere le redini del comando.

Parlando dolcemente ed evitando qualsiasi asprezza, RŒma rispose: «Guruji, se non onorassi la parola data da mio padre, se disobbedissi all’ordine del mio defunto padre, vanificherei la mia vita. Mio dovere primario è seguire gli ordini di mio padre; potrei persino trasgredire gli ordini del mio maestro, ma mai quelli di mio padre».

Così, seguendo gli ordini del padre, RŒma trascorse quattordici anni in esilio e dimostrò al mondo la gioia e la soddisfazione che derivano da una vita esemplare come la sua.



Come vivere in dolcezza
La vita sarebbe resa più dolce se gli uomini tenessero fede alla parola data. La dolcezza della vita nasce dal retto comportamento che si offre come esempio al nostro mondo circostante. Vi è tanta dolcezza nel ricambiare il bene che vi ha fatto una persona, giacché dolce è la gratitudine. Sono queste qualità che fan nascere la dolcezza nell’uomo.

Dovreste essere grati per tutta la vita a chi vi ha aiutato. Se oggi siete dei “grandi” personaggi lo dovete solo all’amore e alle cure che i vostri genitori vi hanno prestato quand’eravate sul limitare della vostra esistenza. Perciò, per sentire l’amore dei vostri genitori, dovreste mostrar loro gratitudine: questo è il vostro debito nei loro confronti.

In quest’era dell’ignoranza, il Kali-Yuga, i figli, ahimè, non hanno nessun riguardo per i loro genitori. Questo è il disastroso segno dei tempi moderni. In qualunque circostanza, voi dovete mostrare rispetto e amore per i vostri genitori, perché a loro dovete tutto, dal corpo in tutte le sue membra, al cibo, ai vestiti. Ricordare con gratitudine i genitori che non ci sono più è un atto di sacrificio.



La gioia del sacrificio
È un vero peccato che gli uomini d’oggi non siano consapevoli dell’estrema grandezza del sacrificio. In ogni aspetto della vita esiste la dimensione del sacrificio, e incalcolabile è la gioia che ne deriva. Bisogna imparare il valore supremo del sacrificio dai propri genitori che tanti sacrifici compiono per amore dei loro figli. Tocca a voi rendere felici i vostri genitori fino a quando vivranno.

Al giorno d’oggi c’è gente che si mette a studiare e si fa ricca, ma tutto quello che ottiene non è altro che presunzione e arroganza per i titoli di studio e l’accumulo di ricchezze. Alla gente piace molto la dolcezza della ricchezza, non quella dell’amore; ma è solo l’amore che fa la vera ricchezza. Non v’è ricchezza che superi quella dell’amore. Attraverso l’amore sviluppate lo spirito di sacrificio e colmate ogni persona delle vostre azioni amorevoli.

La vita umana dev’essere piena d’amore e di dolcezza da condividere con gli altri; altrimenti, non sarebbe più degna d’essere definita umana.



Quattro tipi d’uomo
Vi sono quattro tipi di esseri umani: il Divino incarnato nell’uomo, l’uomo demoniaco, l’uomo umano e l’uomo animale. Il divino, il demoniaco, l’umano e l’animale sono quattro caratteristiche che l’uomo presenta a livelli diversi.

«L’uomo che vive secondo princìpi umani è divino», si legge nelle Scritture. Ciò significa che l’uomo che è sposato alla verità, che compie azioni oneste, soccorre gli altri, pensa al loro bene, si dedica volentieri ad atti di carità e di beneficenza, è ricolmo di qualità divine. Egli è immerso nella conoscenza dell’Assoluto.

«È un essere umano chi aderisce alla verità e alla giustizia». Il vero essere umano si distingue per il rispetto della verità e della morale. Se si proteggono la verità e la rettitudine, la nazione sarà salva e al sicuro. Non sono affatto gli eserciti e gli armamenti a difendere un Paese: sono solo la verità e la rettitudine che possono difendere una nazione.

«È demoniaco l’uomo che beve bevande intossicanti». Mangiar carne e bere alcoolici sono vizi demoniaci. Chi indulge nel bere perde il senso della decenza, non ha più compassione e amore, diventando così demoniaco.

«Chi manca di saggezza è come un animale». JŒna, la saggezza, è la capacità di discriminare tra il bene e il male, di distinguere il permanente dal transitorio. La mancanza di tale discriminazione fa dell’uomo un animale, perché un vero essere umano deve avere la capacità discernitiva, deve sapere a chi e che cosa dire, deve conoscere il momento opportuno per parlare, deve sapere come comportarsi verso gli anziani, verso gli amici e verso il prossimo. Chi non conosce queste cose non è altro che un animale. “Sapienza” o JŒna, nel suo significato più profondo, significa “Conoscenza del Sé”, o tma-JŒna, cosa di cui è totalmente privo l’uomo moderno. Chi è egoista ed egocentrico non fa altro che manifestare la sua natura animale. Un uomo è veramente umano solo quando il suo interesse per sé si unisce all’attenzione per gli altri.

Senza buone maniere non si è uomini; senza buon comportamento non si è ragazzi; senza disciplina non si può esser devoti.

L’origine della bellezza
Prima, un relatore ha detto che il fazzoletto donava bellezza a Sai Baba; ma è un’assurdità. La vera natura della bellezza è descritta dalla poetessa Mallamma del Kannada, la quale dice che il loto dona bellezza allo stagno, le onde donano bellezza all’oceano e la Luna dona bellezza al cielo. Al devoto, è la vibhžti sulla fronte che dona bellezza, e alla vita è la virtù che dona bellezza. Senza virtù, la vita non ha più alcuna bellezza.

Avere virtù significa avere un comportamento che attiri il plauso degli altri: il comportamento di una persona dev’essere esemplare e deve dare gioia agli altri; non dovrebbe mai ferire il prossimo né apparire ridicolo, ma dovrebbe, invece, suscitare sempre una buona impressione.

L’uomo dovrebbe pensar bene che cosa vuole dalla vita, se si dà da fare o no e che cosa gli serve prima di iniziare qualsiasi cosa. A questo proposito, il RŒmŒya±a può servire di lezione per tutti. Daaratha, senza riflettere bene a che cosa sarebbe andato incontro, un giorno promise senz’alcuna condizione a Kaikey che avrebbe appagato due suoi desideri per ricambiarle l’aiuto che gli aveva dato. In conseguenza di questo suo amore sviscerato per lei, le disse che le avrebbe dato tutto ciò che voleva, qualunque cosa gli avesse chiesto. Ella gli chiese allora di mandare in esilio RŒma e di incoronare re Bharata.

La lezione che si deve imparare da questa storia, è che, quando date la vostra parola, dovete essere consapevoli di tutte le sue implicazioni, perché le promesse fatte senza riflettere conducono a situazioni spiacevoli. E ciò perché la parola data va mantenuta.

La verità attribuisce dolcezza all’esistenza: le parole amabili rendono più dolce la vita. Abbiate sempre parole soavi per qualsiasi circostanza. Come la canna da zucchero deve subire diverse lavorazioni prima di poter ottenere una caramella, così anche il corpo deve attraversare delle severe prove prima di poter rivelare tutta la sua dolce natura. Tali prove sono chiamate saøskŒra, cioè “processi di purificazione”, la quale si ottiene mediante buoni pensieri, buoni sentimenti e buone azioni. L’amore è essenziale per questo affinamento, è l’unico mezzo che permette di realizzare il nettare della dolcezza della vita

Sai Baba ha, quindi, concluso il Discorso con il bhajan: Prema muditha manase kaho, Rama, Rama, Ram!



Brindavan, Whitefield,

Sai Ramesh Hall, 3 luglio 1994.

(Trad. da Sanathana Sarathi, 8/1994)