DISCORSO DIVINO

Il vero maestro

14 luglio 1992

Eterna Beatitudine, Suprema Gioia, Assoluto,
Incarnazione di Saggezza che trascende ogni dualità,
Onnipervadente come i Cieli, la cui definizione è Tat Tvam Asi,
Uno senza secondo, Eterno, Puro, Immutabile,
Testimone d'ogni cosa, Trascendente ogni emozione,
al di là delle tre qualità della natura, il Sadguru,
il Vero Maestro trascende ogni emozione, ogni qualità.
Egli è Eterna Beatitudine, la Beatitudine dell'Assoluto,
una beatitudine una, non duplice, la Beatitudine dello Spirito.(1)



La natura del Maestro

Incarnazioni dell'Amore,
Non è così facile comprendere la natura di Dio.(2) Il senso dell"'io" e del "mio", l'ego, sono la causa di ogni difficoltà. La natura di Dio potrebbe esser facilmente compresa quando ci si discosti dall'egocentrismo e dall'attaccamento alle cose proprie.

Lo Spirito è onnipresente, è infinito, è unico. A causa della molteplicità delle forme, Lo vediamo differenziato. È la vera spiritualità che vi farà comprendere l'unità nella diversità.
Sfortunatamente, però, vi sono molti intellettuali che vedranno la diversità nell'unità, mentre assai pochi sono coloro che riconoscono l'unità nella diversità.

Quando si edifica una casa, si destina un vano per la cucina, un altro per il soggiorno e un altro ancora per la sala da pranzo. E con che cosa ripartirete lo spazio in stanze? Solo con dei muri. Se demolite i muri, avrete solo un monolocale. A causa di questi muri divisori che separano un vano dall'altro, ricavate un bel po' di stanze per vari usi e destinazioni.

Il palazzo dello Spirito è, dunque, uno solo e in questa dimora dell'Atma creiamo stanze separate quali la mente, l'intelletto, la memoria e l'ego; di conseguenza, abbiamo creato queste forme.
Il Maestro (guru) può rendersi assolutamente necessario dal momento che nell'umanità vi sono differenze. Chi è mai un guru? Chi è un vero Maestro?
Qual è la sua vera natura, la sua vera forma, e chi può dirsi guru? È forse un maestro chi intende l'istruzione secondo criteri materiali? È un maestro chi vi porta all'osservazione oggettiva della materia e vi fornisce una spiegazione dettagliata di ogni fenomeno?

No, no! Tutta questa gente fa l'insegnante! Un vero Maestro è (lo Svâmi lo dice cantando) la Gioia del Divino (Brahmânanda), l'Eterna Beatitudine.

Immagine della Beatitudine

Che significa questo? Chi è un Brahmânanda? Che forma ha? Dove si trova?
Se andiamo bene a fondo della nostra indagine, vedremo che non esiste altra felicità che uguagli la Beatitudine Divina: in Essa sono incluse tutte le forme di felicità, che trovano le loro varie espressioni nel mondo. Allora, dove si colloca questa Beatitudine Divina?
Che tipo di felicità sarà mai quella che un uomo ricava dalle cose materiali, dai piaceri, dalle proprietà, dalle ricchezze e dal potere?

Questa si chiama gioia umana (manushyânanda). Ma la Gioia di Indra (Indra ânanda) è cento volte maggiore della gioia dei sensi (indriya ânanda); la Gioia assaporata dagli Angeli (deva) è cento volte maggiore di quella del divino Indra (Devendra ânanda); la beatitudine di Brihaspati, il Signore del Sacerdozio, è cento volte maggiore di quella degli Angeli; la beatitudine di Prajâpati, il Signore della Creazione, è cento volte maggiore di quella di Brihaspati; la beatitudine del Brahman Stesso (Brahmânanda), il Signore dei Signori, è cento volte maggiore di quella di Prajâpati.(3)

Questa Beatitudine di Dio è il metro di paragone su cui rapportarsi. Tale Beatitudine, che supera ogni possibile immaginazione, andrebbe portata nella vita quotidiana.
Si usa spesso dire:
"Mio figlio è perfettamente felice perché ha ottenuto brillanti risultati all'esame", oppure ad una coppia che si sposa si dice che è sommamente felice, oppure ancora se tuo figlio è all'estero, dici che non è mai stato tanto felice.

Ma è felicità suprema quella che si ottiene a buon mercato, in cose di poco conto, a sprazzi e relativa ad eventi che appartengono al piccolo mondo materiale?
La Suprema Beatitudine è al di là di ogni dimensione sociale, etica, scientifica, tecno-logica. Il vero Maestro è colui che ha esperienza di questa somma Beatitudine.

Chi è dunque il vero Maestro?
Nessuno all'infuori di Dio ha titolo a gioire di questa Beatitudine, dove ogni altro piacere è contenuto. In realtà, questa Beatitudine è ogni felicità. Dunque, c'è posto per una felicità ulteriore? Esiste una seconda felicità?

(Svâmi riprende a cantare Parama shukhadam, intercalando la traduzione e la spiegazione)
Suprema Felicità! Che cos'è la Suprema Felicità?
Tra ogni tipo di piacere, Essa è il Supremo Piacere ideale.
Non si tratta di piaceri fisici: quelli, come partono, si dileguano.
Le comodità mondane cambiano, vanno e vengono.
La Gioia Suprema (Parama shukha) né va né viene.

I piaceri del mondo, in confronto alla Somma Felicità, sono come una bollicina d'acqua in un oceano. Nessuno sa quand'è il momento in cui esplode. Una felicità mutevole non è vera felicità. Tutti i tipi di gioie sperimentate dall'uomo (4), prima o poi, scompaiono. Il vero Maestro è colui che sperimenta la vera ed immutabile felicità.

Al di là degli opposti

Veniamo ora al terzo aspetto: (5) Kevalam anaga emti: che cosa si deve intendere per Kevalam?. Kevalam significa "Colui che trascende il tempo e lo pazio". Tutte le cose materiali sono legate a tempo e spazio. Dal momento che (il Maestro) è al di là del tempo e dello spazio, niente lo eguaglia, è, come viene detto, Kevalam, "trascendente".
Il terzo Maestro è Colui che trascende tutte le influenze del tempo e dello spazio: è Dio stesso.

(Cantando) Kevalam jnânamûrtim, "Egli è la vera incarnazione della Saggezza".

Jnânam. Che cos'è questa saggezza? Si tratta della sapienza del mondo, relativa alle cose materiali e all'ambito scientifico? Riguarda la scienza?
Che razza di conoscenza è mai questa? Si parla di scienza? No, no! Questa è una conoscenza che coglie gli aspetti materiali. Una conoscenza fisica vi rende consapevoli di ciò che nel mondo è materiale e di tutte le modificazioni che avvengono nell'ambito della materia. (6)
La base di ogni forma di conoscenza, trascendente ogni forma di conoscenza, è questo infinito, immanifesto, occulto sapere, che rimane unico ed esclusivo.

Anaga advaita darshanam Jnânam:
"Dunque, la visione dell'unità è Conoscenza".
Samastamu okkate:
"Tutto è uno, unico; solo unità".

In questo mondo non v'è secondo. Se proprio esiste, non è altro che reazione, risonanza e riflesso del Primo. La vera conoscenza sta nel capire il vero sé. Conoscere se stessi è vera conoscenza. Dove va una persona che voglia conoscere il proprio sé? Che persone avvicina? Quando uno ti chiede chi sei, è forse un saggio? No, è un insipiente, un ignorante. Nel mondo dei cinque elementi, il mondo della materia, non si ritrova se stessi.

Ma oggi la gente è tutta così, piena d'ignoranza. Vero saggio è chi conosce se stesso.
L'unico a far sì che conosciate voi stessi è Dio solo.
Dio, pertanto, è la vera forma della Sapienza (Jñânasvarûpulu),
Egli è la vera forma della Verità (Satyasvarupulu);
Egli è Infinito (Anantasvarûpulu).
Perciò Dio viene definito con questi termini: Satyam, Jnânam, Anantam.


(Svâmi riprende a cantare)
Jnâna mûrtim dvandva atitam.
Dvanda (7) atitam:

Che sono questi due dvandva? Che cosa si deve intendere con questa parola?
È ciò che va al di là del caldo e del freddo, al di là del piacere e del dolore, della gioia e della sofferenza, della perdita e del guadagno.
Trascende lode e biasimo. Qual è il principio che può andar oltre questo dualismo? Nessun altri all'infuori di Dio ha titolo a questa trascendenza.
Perciò, Egli che trascende la dualità è il vero Maestro.

Onnipervadente come il cielo

(Canto) Gagana sadrishyam.

Gagana sadrishyam. È l'aspetto che segue. Che cos'è gagana? Ciò che tutto abbraccia, che è diffuso in ogni dove. Il cielo, l'etere è presente dovunque. Gagana, dunque, indica il cielo, lo spazio.

Che cosa si intende per "cielo"? Il cielo è vuoto (shunya), immanifesto, invisibile.
Noi chiamiamo "cielo" ciò che vediamo quando guardiamo in alto, ma quello non è cielo, non è lo spazio; fa solo pensare allo spazio.
In realtà, ciò che noi chiamiamo "cielo" non è che un assembramento di nuvole, mentre non è affatto cielo. Il cielo è diffuso ovunque. Potete circoscriverlo in qualche particolare luogo? No. Non può essere evidenziato.
Eccolo qui; eccolo là!
Nello schioccare delle dita c'è lo spazio (akasham); nel battere le mani c'è lo spazio; nel parlare dello Svâmi c'è lo spazio. Quali sono le qualità costitutive, gli attributi dello spazio?
Persino nell'atto dell'inspirare e dell'espirare c'è spazio. Dunque, dove si colloca esattamente il cielo?

(Canto)
Antarbahishcha tatsarvam vyapya Nârâyanah sthitah
Tutto è pervaso da Nârâyana, dentro e fuori. Proprio come l'etere è diffuso dappertutto, oltre l'etere esiste Dio Stesso che avvolge il tutto in un divino amplesso.

(Continua il canto)
Shabda Brahmâ mayi charachara mayi jyotir mayi vang mayi nityânanda mayi.
È il suono di Dio, mobile-immobile, è Luce, Linguaggio, è Eterna Beatitudine.
Queste sono le caratteristiche dell'akâsha. Chi è Colui che è onnipresente?
È Dio. Ecco il vero Maestro!

(Canto)
Gagana sadrishyam tattvamasyadhilakshyam

I quattro "Massimi Aforismi" vedici

Altro aspetto è tattvamasyadhilakshyam. Che cosa si intende per tattva? Vi sono quattro grandi aforismi (mahâvâkya).
Uno è Prajnânam Brahmâ, "Dio è Sapienza." (8) In questo aforisma sta tutta l'essenza del RigVeda. Poi c'è Aham Brahmâsmi: "io sono Dio" (9). E questa è l'essenza dello YajurVeda.

C'è poi Tat Tvam Asi: "Tu sei Quello" (10) che è l'essenza del Soma Veda.
Infine, Ayam atmâ Brahmâ. "Questo Sé è Dio".(11) ed è l'essenza dell'Atharvana Veda.
La summa di tutti e quattro i Veda è spiegata in questi quattro massimi aforismi. Essi dimostrano e provano che c'è un solo Dio che pervade ogni spazio, e Lo spiegano mostrando differenti sentieri e un singolo comune obiettivo.

1. "Prajnânam Brahmâ"

Prendiamo in esame il primo aforisma: Prajnânam Brahmâ. Che cosa si intende per Prajñâ? Ha a che fare con Prajñâshâli, la scuola? Si riferisce all'intelletto? No. Quella delle scuole non è sapienza. Dove si trova allora questa Prajñâ?
Si trova nel corpo (sharira), nei sensi (indriya), nella mente (manas), nell'intelletto (buddhi), nella memoria (citta), nell'ego (ahamkâra), dappertutto: nell'organo interno mentale, ossia nel corpo sottile (antahkarana) e nel senso dell'individualità (ahamkâra).
Questa Prajñâ è presente in tutti gli esseri, sia viventi che inanimati, indistintamente:
si chiama "completa e costante consapevolezza".(12)

Che si deve intendere per "consapevolezza"? Il conoscere. Che cosa c'è da conoscere?
Un dettaglio, una porzione? No, no. Si tratta di una conoscenza completa, integrale.
Pûrnamadah pûrnamidam pûrnatpûrnamudachyate I pûrnasya pûrnamadàya pû marne vâvashishyate : "Quello è la Pienezza, e così pure questo.

Da quella Pienezza dell'Assoluto e Incondizionato è uscito il Cosmo, il Condizionato.
Quando il Pieno viene tratto dal Pieno, ciò che ancora rimane è sempre in Pienezza":
la Totalità onnicomprensiva,(13) la conoscenza della natura di ciò che è mobile ed immobile.
Quando diciamo Prajñâ Brahmâ, Prajñâ e Brahmâ sono della stessa natura.
Alcuni studiosi lo interpretano nel senso che fra Prajñâ e Brahmâ non ci siano differenze.
Che cosa si deve intendere per Brahmâ?. Brahmâ è "Colui che è presente dovunque", "l'Onnipervadente". "Colui che trova espansione in ogni essere".
Brahmâ è "il Principio che tutto abbraccia" (Brihatattva).(14) L'Universo intero è l'espressione di questo Principio.
Tutto il Cosmo è pieno di Brahmâ.

Per dare una spiegazione semplice della parola Brahmâ si potrebbe definirlo "espansione", qualcosa che si estende dovunque. Non c'è nient'altro che gli somigli.
Nel Rig Veda si trova una chiara esplicazione del concetto di onnipresenza di Dio.
Perciò, innanzitutto, il Maestro ha la caratteristica dell'onnipresenza, pervade tutto.

2. "Aham Brahmâsmi"

Passiamo ora all'esame del secondo grande aforisma: Aham Brahmâsmi.
Che si deve intendere per aham? Diremo che aham vuoi dire "io"? No.
Ha un altro significato, quello di "testimone" (sakshi, ingl. witness). È l'eterno Testimone per ognuno, è l'Âtmân. L'aham è presente sotto forma di Âtmân e quella consapevolezza (chaitanya) presente ovunque in ogni essere umano è l'espressione del Divino Spirito (Âtmân). Âtmân, consapevolezza e Dio sono la stessa realtà.

Che cos'è questo? Un pezzo di stoffa. Quando svanisce la forma della stoffa rimane quella del filo e, se togliete quella del filo, rimane quella del cotone: stoffa, filo e cotone sono un tutt'uno.

Sotto differenti circostanze e disposti differentemente le tre realtà hanno sempre i tre nomi di Âtmâ, Aham, Brahmâ. Tutto è Uno, tutto è Unità.
Aham Brahmâsmi: asmi significa "comunione", "combinazione".
Quindi, in questo caso, l'"io", il "Testimone" e la "Realtà che tutto avvolge" sono l'unica e medesima realtà. Aham Brahmâsmi.

3. "Tat Tvam Asi"

Veniamo ora alla terza grande massima: Tat Tvam Asi.
E' l'essenza del Sâma Veda. Tal = Quello; Tvam = questo; Asi = (sono) Uno (Adi idi okkate). Se tu ed io siamo separati, ci vediamo differenti. Quando dici "tu e io siamo la stessa cosa", non c'è più né un "tu" né un "io", siamo un "noi". Entrambi siamo l'unica e stessa cosa. Col corpo diciamo Tvam; senza corpo, diventiamo Tat. Il corporeo è "questo"; il trascendente è "Quello". Con il corpo si è jîva, ossia "individuo"; al di là del corpo, deva, "divino". L'anima individuale e il Divino sono in unità, secondo la spiegazione del Sâma Veda.

4. "Ayam Atmâ Brahmâ"

Ed eccoci ora all'ultima: Ayam Atmâ Brahmâ. "Qui indagate con chiarezza".
(Svâmi, sul tono della recitazione vedica dell'Ayam Atmâ Brahmâ) I am Sai Baba I am Âtmâ, I am Âtmâ I am Brahmâ.
Ayam Âtmâ Brahmâ.
lo sono Sai Baba.
lo sono lo Spirito, sono lo Spirito.
lo sono Dio.

Quindi:
The one you think you are.
The one others think you are.
The one you really are.
Quello che pensi di essere.
Quello che gli altri pensano che tu sia.
Quello che sei veramente.

Si possono spiegare queste tre frasi nel seguente modo: voi avete il corpo, la mente e lo Spirito. Tutte e tre queste cose sono unite in una sola: col corpo agite, con la mente pensate e voi siete lì, solo come testimoni.
Nella coscienza dello stato di veglia (jâgrat) sei una manifestazione fisicodensa (vishva).
Nella coscienza dello stato di sogno (svapna) sei luminoso (taijasa).
Nello stato di sonno profondo o senza sogni (sushupti) sei fuoco, luce; sei Prajñâ (15).

Che cos'è questa Prajñâ? È la natura dello Spirito di Dio (Prajnânam Brahmâ).
La Divinità centrale (singlepointed) è il vero Maestro, la Realtà che spiega tutti questi aforismi: Prajnânam Brahmâ, Aham Brahmâsmi, Tal Tvam Asi, Ayam Atmâ Brahmâ.
Vero guru è chi comprende, sperimenta e spiega chiaramente l'essenza di tutti questi quattro mahâvâkya.

L'Uno senza secondo

(Canto)
Tattvamasyadhilakshyam ekam. Ekam eva advitîyam Brahmâ.
"L'Uno solo è senza secondo". (16)

V'è un'unica realtà. Prima della nascita, dopo la morte e durante la vita esiste l'Uno, da sempre, immutabile. Ekam significa che Dio non può essere che Uno e che non ne esiste un altro. Tutto il mondo (nel modo comune di vederlo) è diversità. Vero Maestro è Colui che sa vedere l'unità in questa diversità.In che modo? Come si fa a vedere l'Uno nel molteplice?

Per esempio, ecco un seme di banyan. È un unico seme, eppure, in questo piccolo seme è racchiuso un gigantesco albero, con tanti rami e rametti, fiori, frutti, radici:tutto ciò è contenuto nel seme. Ve ne rendete conto?
Radici differenti, rami differenti, fiori differenti, foglie differenti, frutti diversi. L'enorme albero è contenuto dentro quell'unico seme, dentro quell'ekam. Unico è il seme.

Alcuni lo descrivono parlando delle foglie, altri dicono dei rami, altri ancora citano i frutti, e così via, (17) ma quell'ekam è uno solo e quell'Uno Solo è il vero Maestro. Chi è, dunque, quel gurû? Dio stesso!

...Immutabile...

(Canto)
Ekam nityam Nityam nityudu.
Quell'Uno sempre esistente, Immutabile, è Nitya, l'Eterno. In qualsiasi circostanza non muta. Neppure il Sole e la Luna sfuggono alla legge del mutamento; essi, infatti, si muovono. Benché tutto sia in movimento, Egli non si muove. Perciò Egli è Nitya, l'Eterno. Immobile.

Si usa fra gli uomini chiamare infante chi è appena nato, ragazzo chi ha dieci anni, adulto a trenta e nonno a 75. Quindi, è in mutamento, ma, prima di nascere, non esisteva una fine, non essendoci un inizio. Se non si nasce, come si può morire? Chi è al di là della nascita e della morte è infinito, eterno, assoluto (atyanta). Chi dunque trascende nascita e morte, colui che è eterno, è il vero Maestro.

...Puro...

Ekam nityam vimalam. Vimalam indica chi è assolutamente puro da macchia o sporcizia, il tutto puro (parishuddha), l'immacolato. Il Sacro. Non ha contaminazioni dal mondo. Qualunque cosa vada ad unirsi a lui, viene ridotta in cenere.(18) Qualunque cosa mettiate nel fuoco, buona o cattiva che sia, è destinata a bruciare. Può essere carbone, legna, ferro, oro o il vostro stesso corpo che brucia, ma per tutto c'è un identica conclusione. Dio, dunque, è l'"assolutamente Puro", il "Perfetto". E chi è costui? Il Guru, il vero Maestro.

...Costante...

(Canto)
Nirmalam nishchalam.
Ora è la volta di nishchalam.(19)

Esistono innumerevoli mutamenti. La Terra (bhûmi) ruota intorno al suo asse innumerevoli volte: compie 1.600 giri. Non solo su se stessa compie dei giri, ma anche intorno al Sole ne compie 66.000. Benché in movimento, noi non ce ne accorgiamo. Anzi abbiamo l'illusione di essere noi a muoverci su una Terra ferma. Invece, no. È la Terra che gira, come la Luna, come il Sole. In un film passano 16 immagini al secondo.(20)

Ma Egli è costante, non si muove. Tutto è in Lui. Egli è in ogni luogo. Si muoverà dunque verso un dove? E se deve andare in un luogo, dovrà spostarsi per andare in un altro?
Lui è là e qui allo stesso tempo. È qui, là, dappertutto: ovunque volgiate lo sguardo, Lo trovate. Egli è costante (nishchalam); Egli è puro (Nirmalam): Nishchalam Nirmalam.

...Testimone Eterno...

Tale Divinità è l'Eterno Testimone, il testimone di ognuno. Sul palcoscenico si recita un dramma, qualunque sia la scena che vi si svolge, buona o cattiva. Quando il re parla dall'alto del suo trono dando varie spiegazioni, sulla scena si trova, per esempio, anche un poliziotto e molte altre persone a cui sono affidati ruoli diversi. I loro dialoghi sono differenti, ma la luce della ribalta è sempre la stessa.

Harischandra si sente triste e Chandramati è in lacrime. Lohita viene picchiato.(21) Per mantenere la parola data e per amor di verità egli regalò l'intero regno a Vishvâmitra.
Quando questo si rivelò insufficiente, pagò i debiti contratti con Vishvâmitra con il denaro ottenuto dalla vendita della moglie e del figlioletto, e infine di se stesso. Si guadagnò da vivere con il salario ottenuto in cambio del lavoro di bruciar cadaveri, secondo il compito che si era assunto presso il ghat di cremazione e in ottemperanza alle mansioni di schiavo alle dipendenze di un chandâla, un "senza tetto".

Alla fine, la Trimurti apparve e riversò su di lui tutte le grazie che desiderava, ricom-pensandolo con alti onori. Sia che Chandramati pianga, sia che il corpo muoia, sia che Harischandra si senta triste, la luce non piange. Vi sono mutamenti negli attori, ma la luce governa tutto, senza mutamento.

(Canto)
Sakshibhutam Atane nijamaina guruh.
Egli è il Vero Maestro, l'Eterno Testimone.
(Svâmi continua con cantilena parlata e cantata)
Ekam nityam vimalam achalam sarvadhisâkshibhutam bhavâtitam.

...Trascendente ogni qualità...

Bhavâtitam: è l'aspetto successivo.
Yato vâcho nivartante, aprâpya manâsa saliti: "(Talmente ineffabile è il Brahman che) le parole e i pensieri tutti arretrano senza poterLo mai attingere".(22) Egli trascende ogni attributo. Di fronte a qualche attributo si può valutare se sia buono o cattivo, ma quando tutte le qualità sono trascese, potrà esistere una valutazione?
Egli è, dunque, il vero Maestro, per il fatto che si pone al di là di ogni qualifica.

(Canto)
Trigona rahitam.
Al di là delle tre qualità della natura (guna).

Tre sono i guna: sattva, raja e tamas. Queste tre qualità si riferiscono al mondo, in presenza di queste tre qualità, coesiste il piacere e il dolore; quand'esse invece mancano, non v'è piacere né dolore. Sono tre qualità negative, perché, a causa di esse, ci si trova a dover fronteggiare un sacco di difficoltà. Egli è trigunarahitam, "al di là di queste tre caratteristiche".

Dio è il Maestro e Dio è Padre e Creatore...

Ma chi è Lui? È Dio.
(Svâmi ripete il canto).
Egli è il Maestro. Chi è questo Maestro?
Molti dicono:

(Canto)
Gurur Brahmâ gurur vishnuh gururdevo maheshvarah gurussâkshat parabrahma
tasmai shrî gurave tasmai shrî gurave. (23)
Il Maestro è Brahmâ, il Maestro è Vishnu. Il Maestro è Shiva (Maheshvara).
Il Guru, in verità, è Dio, l'Assoluto, La Suprema Realtà.

Gurur Brahmâ: "Dio è il Maestro".
Chi è Brahmâ? La Creazione, il Creatore: tutto è sotto il controllo di Brahmâ, Egli è la Creazione (Shrishti); Egli è anche il Creatore (Shrishti karta), ossia Colui che opera la Creazione; è l'Uno esistente nell'Universo.
Sarvam Brahman mayam jagat:
"L'intero Universo è pieno di Dio". Da ciò risulta assai chiaro che Dio è presente ovunque.

...Creazione all'opera...

(Canto)
Gurur Vishnu.

Eccoci ora ad una nuova spiegazione: Vishnu è il Maestro. Chi è Vishnu? E forse quell'essere che ha in mano la conchiglia, la mazza, il disco, ecc.
No, no!
Vishnu denota la qualità dell'espansione della onninclusività, condivide l'opera di Creazione, ma è anche la Creazione in azione. Tutto il mondo è pieno di attività, di azione, di karma. Dio è Colui che agisce, il Supremo Agente, il Motore Primo. Agente ed azione sono insieme la stessa Divinità.
Dio è la Causa Prima dell'azione, è il Dovere, cioè rappresenta tutto quanto dev'essere fatto. La Sua stessa Natura, il Suo Sé è Vishnu.

Vishvam vishnu svarûpam: "L'Universo intero è la forma di Vishnu".
Chi è Vishnu? Vishva svarupa me vishnu, la vera forma dell'universo (vishva).
Dunque, quello è il Maestro. Chi è il Maestro? E forse chi insegna dei mantra? No, no, no!

...Dissoluzione dell'Ignoranza...

(Canto)
Gukaram cha gunâtitam rukaram rûparvarjitam.
Gu significa "privo di attributi"; ru "privo di forma".
Gurukaro andhakarasya rukaro tannivaranah.
Gu è il buio; ru è colui che mette in fuga questa oscurità.

"Poiché rimuove la tenebra, Egli è chiamato Gurû." (24) Gu è ignoranza (ajiñâna), buio.
Che cos'è che scaccia l'oscurità? La luce. Guru denota colui che dissipa l'oscurità dell'ignoranza per mezzo della luce della saggezza; non chi insegna mantra e neppure chi insegna filosofia.E una parola questa che non va usata nemmeno in una delle tante accezioni in uso nel linguaggio del mondo. No.

Molti possono essere i docenti, ma, anche tra i professori, il vero istruttore o âchârya (25) è colui che sperimenta direttamente e mette in pratica le cose che insegna. L'âchârya era un professore che metteva innanzitutto in pratica.Oggi, non vi sono âchârya, non vi sono guru, non vi sono insegnanti: ti sussurrano un mantra all'orecchio, e poi raccolgono soldi!
Non è questa la caratteristica del vero Maestro.

Guru vishni guru devo maheshvarah..
Chi è Maheshvara (Shiva)? Maheshvara è colui che sta al comando di tutti gli esseri del cosmo. Egli è Colui che rifulge d'ogni potere. Che cosa comanda?
È l'unico insegnante che stabilisce quale dev'essere l'azione da compiere.
Egli impartisce gli ordini a tutto l'universo. Al Suo comando il Sole sorge e tramonta; a Lui obbediscono le piogge, il giorno e la notte. Tutto dipende dai Suoi ordini.

Colui che da gli ordini affinché ogni disciplina venga eseguita alla perfezione si chiama Îshvara. Perciò, è detto che i tre Brahmâ, Vishnu e Maheshvara sono Guru.
Che cos'è, dunque, un gurû? Non vuoi dire semplicemente "insegnante". Il Guru è onnipotente, onnisciente ed onnipresente. Ogni cosa è nelle Sue mani.
Lo stesso vale per Vishnu.

Simbologia di Vishnu e Shiva

Chi è Vishnu? Nelle Sue quattro mani stringe la conchiglia (shanka), la mazza (gadâ), il disco (chakra) e il loto (padma). Qual è il significato recondito di questi simboli?
La conchiglia è il Suono, che è nelle mani di Dio; il disco, ossia la ruota del tempo, è nelle mani di Dio; la mazza, o lo scettro, è il potere, l'energia che è nelle mani di Dio; il fiore di loto è simbolo del cuore, che è nelle mani di Dio.

Dunque, la conchiglia, il disco, la mazza ed il loto sono insignia dietro cui si cela un significato profondo. Qualcuno fra voi sostiene che Vishnu e Îshvara siano indipendenti, come un occhio che non può guardare l'altro. Ma essi non sono staccati, sono una sola cosa. Solamente chi è corto di mentalità può vedere delle differenze tra i due.
Vi sono delle persone che si definiscono vaishnava, altre dicono di essere shaiva, ma sono gente bigotta, chiusa e sempre in conflitto fra loro. Esiste un solo Dio, ed Egli ha in Sé il Suono, il Tempo, il Potere ed il Cuore nella forma di Vishnu.

Consideriamo ora Îshvara (secondo l'iconografia tradizionale): Egli ha in mano un damaru, un tamburello, e nell'altra un tridente (trishuia). Il damaru indica il suono, che è nelle mani di Dio; il tridente è simbolo delle tre dimensioni del tempo passato, presente e futuro anch'esse nelle mani di Dio.

Se dunque vogliamo vedere per renderci conto, scopriamo che Dio è uno, sebbene abbia nomi differenti. Se ne può avere un esempio concreto guardando il comportamento degli Indù. I Vaishnava, o i devoti di Vishnu, vanno a Tirupati; anche i devoti di Shiva, detti anche Shaiva, vanno a Tirupati. E tuttavia esiste un solo Dio adorato in modi differenti:
i Shaiva Lo invocano dicendo "O Venkateshvara!", mentre i Vaishnava dicono
"O Venkatramana!".

Da una parte Îshvara, dall'altra Ramana. Cambiano i modi di espressione, ma Venkateshvara è Uno solo. I due appellativi sono solo per la semplice soddisfazione del devoto e affondano le loro radici in un meschino bigottismo. Îshvara viene chiamato Pashupati, "Signore degli animali". Chi è da considerarsi animale? Ciò che ha in sé la natura dell'anima (jîva tattva), in simbiosi con la mente e l'intelligenza. Ma, secondo i Vishnaviti, si usa il termine gopala anziché pashupati. Quindi, Gopala e Pashupati sono la stessa realtà. Ma qui v'è unità persino nei nomi. Sono le ristrettezze mentali degli uomini che portano divisione. Finché rimarrete prigionieri di queste chiusure, non raggiungerete mai nobili altezze.
Cercate di capire l'unità nella diversità: questa è spiritualità autentica.

Lontano dagli occhi, ma non dal cuore

Voi siete Dio. Finché lo ignorate, rimanete un individuo; ma, nel momento che lo scoprite, voi siete Dio. Fare studi, indagini e distinzioni su tutto, basandosi sul sapere, è vano.
Avete avuto modo di sentire le esperienze di Anil Kumar (26) ad Hong Kong e in Tailandia.
Devoti tanto lontani hanno ogni sorta di esperienze spirituali.
E voi, perché mai non le avete, pur vivendo così a contatto (col Divino)?
Svâmi non è supercompassionevole con loro e senza misericordia con voi!

(Canto)
Vanta matramunna yavvaru talacinna anta matrame nenu.
Come voi pensate, così Dio Si manifesta.

Ciò che conta è la fede, ed è la loro fede che da loro dei risultati. In ogni modo, buono e cattivo sono dovunque. Nonostante la loro lontananza, i sentimenti di devozione che provano sono così profondi da dar loro sicurezza in ogni circostanza. I devoti, invece, che non hanno questa fede, sono sempre nell'inquietudine.

Eccovi un piccolo esempio. A lato della strada ci sono dei grossi alberi. A ben guardarli sono giganteschi. Ma viene la carestia: niente pioggia, niente acqua, e tuttavia questi alberi rimangono rigogliosi. Dall'altro lato della strada c'è una risaia, che ha bisogno continuamente di acqua. Se non si irriga un campo di riso anche per un giorno solo, si inaridisce. Fra i due, l'albero e la risaia chi è il menomato?

Un campicello che non viene irrigato muore; un grosso albero, anche senz'acqua, sopravvive. Perché? La ragione è da ricercarsi nel fatto che le radici di quell'enorme albero affondano nel terreno sino a raggiungere delle falde acquifere e, quindi, possono rifornirsene; mentre le radici del riso non sono così profonde, sono superficiali e beneficiano dell'acqua finché essa è in superficie, poi si seccano.

Onnipotenza della fede

Qual è dunque la ragione delle afflizioni o della prosperità umane?
Quando la fede non affonda le radici in una devozione tanto profonda e si viaggia solo in superficie, si diventa come dei dischi volanti, si perde la vera natura del proprio essere.
Bisognerebbe avere sempre quella fede.

Una fede fortemente radicata è come il respiro e, come il respiro è variabile, così anche la fede si trova a dover fronteggiare varie difficoltà e momenti di insoddisfazione. Si da retta ad un mucchio di parole, invece di ascoltare solo le parole dello Svâmi. Alcuni, però, basta che le abbiano sentite una volta sola, e le mettono in pratica per tutta la vita.

Anil Kumar, che ha tenuto un'importantissima conferenza, finché si trova a Bangalore o a Guntur, per quanto attraenti e interessanti siano le sue relazioni, a volte subisce alti e bassi. Infatti, a volte egli stesso dice:
"Ma, sarà vero?". Così per dissipare i suoi dubbi, l'ho inviato a Tokyo. Ha visto di persona la devozione di quelle persone ed ha potuto così comprendere che è la fede il fondamento dell'istituzione.

Ovunque ci sia fede, non fallirete mai. Quand'essa diminuisce, cresce l'ansia. Pralhâda ama il Signore, mentre suo padre Hiranyakashipu Lo odia, negandone perfino l'esistenza. Pralhâda aveva una fede concentrata unicamente su Dio: "Dio esiste, Dio c'è". Quando fu scaraventato giù dalla collina, intervenne Vishnu a proteggerlo. Ma non fu Vishnu, bensì quella fede che prese le sembianze di Vishnu.

Dio è in ogni forma

Una volta, a Shirdi la moglie di Tatia voleva cucinare per lo Svâmi e desiderava che Egli la onorasse di una visita. Baba promise che sarebbe andato a trovarla. Lei era pronta a riceverLo e L'aspettava con ansia; tuttavia Baba non andò da lei all'ora prestabilita. Tutto era pronto per la colazione. Allora la donna si rivolse ad una foto di Baba, e disse:
"Swâmi, perché tardi? Non ti importa che mi trovi in imbarazzo? Ma anche Tu, dunque, menti? Tu non dovresti mai essere sfiorato da alcuna bugia, dovresti
mantenere le promesse!".

Così pregava davanti alla foto. Nel frattempo era entrato un cane, che si era mangiato tutto quanto era stato preparato. Quando s'accorse del fatto, lo cacciò a suon di bastonate. Si sentiva così avvilita che credeva d'impazzire: il cibo che voleva offrire a Dio era stato divorato da un cane!
(27)

Più tardi la donna si recò a Shirdi. "Baba, non mantieni le promesse?", prese a lamentarsi.
"Dovresti tener fede agli impegni presi. Perché mi hai mentito?". Baba mostrò di essere adirato: "Saitan, (28) ho detto una bugia?
Io non ho bisogno di dire bugie; non ho bisogno di soddisfare, né di accontentare altri ricorrendo a bugie. Io sono la vera forma della Verità e tu non stai comprendendo la Mia Forma. Tu pensi a Baba con una mente chiusa e bigotta scambiandolo per questo corpo fisico. Tutte le forme sono Mie. Tu non hai questa visione ampia! La tua mente è angusta.
Perciò non Mi capisci. Io sono proprio quel cane!".

Solamente Dio può spiegare che anche questo animale è una Sua forma, proprio Sua.
Se tu che hai scelto una forma come la forma preferita dal tuo cuore (ishta devata) cambi atteggiamento verso la Divinità che assume varie forme, sei vittima di grettezza mentale.
Dio può assumere qualsiasi forma: tutte le forme Gli appartengono.

Considerate lo Svâmi. Egli può chiedere ad Anil Kumar di venire qui sotto le sembianze di qualunque messaggero. Svâmi può inviare un messaggio per mezzo
di chiunque, non è necessario mandare un messaggio.

Un giorno, per certe circostanze uno può scivolare e morire. "Perché deve morire?", ci potremmo chiedere. Se muore, ad esempio, per il morso di un serpente, il serpente rappresenta un messaggio; se muore per una caduta, la caduta è il messaggio.

Al Super Speciality Hospital serve solo amore

Abbiamo qui il Super Speciality Hospital. Perché dev'essere tale? Molti soffrono le malattie più svariate. Alcuni hanno fiducia nella medicina, altri nella chirurgia, altri nei medici. La gente ripone la sua fiducia in vari settori. Si tratti di una panca o di un choultry, l'importante è dormire. Le malattie vanno curate per essere in salute e felici. Per questa ragione ci sono molti medici come il Dr.Vemugopal, l'équipe di Delhi, l'équipe di Hyderabad, e altri che vengono qui.

Per quale motivo il Dr. Vemugopal e la sua équipe fa le visite? È solo per la loro costanza e devozione. Per quale altro motivo dovrebbero lasciare Delhi e tribolare giorno e notte?
Il loro buon obiettivo è far sì che tutti siano felici, che gli interventi riescano. Fanno tutto tenendo il pensiero fisso sullo Svâmi, nient'altro.

Ogni lavoro, dunque, dev'essere svolto da persone con particolari mansioni, ma tutto conduce alla stessa meta, una sola meta. Si fanno molte operazioni al cuore oggi nel mondo. Che cosa accade normalmente? I medici chiamano i parenti, e poi sono pianti e lacrime per i parenti e per gli ammalati. Così avvenivano prima le cose.
Quando si è dato inizio agli interventi di cardiochirurgia a Prashanti Nilayam, più nessuno ha paura di farsi operare. I pazienti affrontano l'operazione senza timori. E ciò da molta sicurezza persino ai bambini che vengono all'Ospedale sorridendo.

Svâmi si è recato all'Ospedale ed ha visto un bimbo piccolo appena operato, seduto sul letto. Accanto a lui non c'era né madre, né padre, né parenti.
Eppure quel bimbo era tanto felice? Perché? È l'influsso dell'ambiente.
Questa fiducia è il fondamento, perché tutto proceda in modo felice. Gli operatori dell'Ospedale lavorano come se lo facessero al posto di Dio; non hanno traccia d'ego, non sono dominati dalla sensazione che sono "loro" a fare. Non c'è bisogno di esortarli direttamente: ciò che essi fanno, lo fanno con molta devozione e fede.

L'uomo che serve oggi è quello che ha devozione e fede. Se mancano queste due virtù, a che pro agire?
Quando andate al mercato, portate a casa verdure fresche, del tamarindo fresco, vi aggiungete del sale, dei chilly che siano buoni, e così preparate un buon sambar.
Ma il sambar è da buttare. Perché? Per un difetto della pentola, delle lenticchie, del tamarindo o delle verdure? No. La pentola non è stagnata e, perciò, il cibo diventa veleno.

Quand'anche si spendessero miliardi per gli interventi chirurgici e per tutte le cure prestate, se non c'è amore lo stagno che isola il recipiente del cuore tutto diventa veleno.
Questa è la fede necessaria. Sia nel successo che nel fallimento, la causa di tutto è la fede o la sfiducia. Tutto sarà fatto, se avete fede; ma senza fede, se incominciate ad entrare in elucubrazioni, sarete sotto l'influsso dell'ego: è solo boria, non devozione.

Perciò, o incarnazioni dell'Amore di Dio, per comprendere la Divinità, dovreste capire che Dio è in ogni dove. Non esiste un luogo senza Dio, né un oggetto senza Dio: la privazione di Dio non esiste al mondo.

L'offerta al Maestro

Gurupûrnimâ significa "luna piena senza alcuna macchia".
La Luna è la Divinità che presiede le attività della mente. La mente è la Luna: quando la mente è piena e pura è il Gurupûrnimâ, elargisce buona luce.
Questo è il benefico effetto del Gurupûrnimâ. Non significa fare un'assemblea di devoti, raccoglier soldi, far dei giri intorno al tempio. Il discepolo può fare, sì, la pradakshina, ossia la circumambulazione, ma senza dakshina, senza le offerte in denaro!

Dakshina e pradakshina. Che cosa si intende per questi due termini? Dakshina è l'offerta:
offri il tuo amore. Pradakshina è conoscere Dio che è dappertutto, ovunque tu giri. Se si capiscono queste due qualità, ogni giorno è Gurupûrnimâ.
Tutto fa da maestro.
Il momento in cui viene svelato il segreto, la mente stessa è maestra, guru.
Ma, se il segreto rimane oscuro, la persona stessa vaga nelle tenebre. Una volta compresa la propria natura divina, si entra nella condizione di guru, nello stato di docenza.

Daivame guruh, daivame guruh, daivame guruh.
Allora, chi è guru? Dio. Dio, Dio solo è il Maestro!
Dunque, pensate a Dio.


Prashanti Nilayam, 14 Luglio 1992 Festa del Gurupûrnimâ .


Note:

(1) Il brano cantato dallo Svâmi è tratto, con Sue modifiche ed aggiunte, dalla Guru Gita.
Il testo originale del Suo canto è il seguente:
Nityânandam paroma shukhadam Kevalam Jnâna mûrtim dvandvâtitam gagana
sadrishyam tattvamasyadhilakshyam ekam nityam vimalam achalam sarvadhi
Sakshibhutam bhavâtitam triguna rahitam sadgurum bhavâtitam triguna rahitam
sadgurum trigunarahitam sadgurum nityânandam brahmânandam advaitânandam
âtmânandam.
Lo Svâmi esordisce con nityânandam anziché con brahmânandam com'è nel testo
della Guru Cita, dove, inoltre, accanto alla parola sadguru c'è tam nâmami,
che significa "a tale Maestro mi inchino".

(2) Bhagavat tattvamu, "il Principio Divino".

(3) L'esempio della gerarchia di beatitudini citato dallo Svâmi ricorda una strofa della Taittìrîya Upanishad (II, 8). Indra è la divinità tutelare degli indo-ariani, inizialmente considerato come il primo fra gli dei, al quale sono rivolti molti inni del Rig-Veda. Ma con Indra, in realtà, si vogliono indicare espressioni divine molteplici. Devendra è un altro epiteto di Indra, inteso come il Signore dei deva, ossia di tutte le schiere di Angeli e Arcangeli.

(4) Svâmi parla di prapañcha, che significa "composto da cinque elementi".
Il termine sottolinea l'aspetto di transitorietà e fuggevolezza delle esperienze vissute dall'uomo che vive del mondo. Nulla, infatti, al mondo è tanto mutevole quanto tutto ciò che è composto di terra, acqua, fuoco, aria e spazio.

(5) Svâmi ripete cantando i versi dell'introduzione: nityânanda (il primo aspetto); Paroma shukhadam (il secondo); Kevalam (il terzo aspetto)

(6) Lo Svâmi si serve qui di un termine che deriva esclusivamente dal lessico tecnico-filosofico, e trova largo impiego nel Raja-Yoga di Patanjali: parinâma, che significa "modificazione, evoluzione, mutamento, alterazione".

(7) Dvandva significa lett. "un paio", "una coppia". In senso lato, comprende anche il contraddittorio di una disputa, una controversia, un duello. Qui, dunque, ha il significato di "opposti".

(8) L'aforisma è tratto dall'Aitareya-Upanishad V, 3 dello Yajur-Veda.
"Sapienza" nel senso biblico di "Saggezza"; "Conoscenza" in senso advaitico:
coscienza priva di ogni dualismo. Si oppone a vijñana, quando prende il senso di conoscenza distintiva. Prajñâ è la conoscenza consapevole.

(9) Tratto dalla Brihadâranyaka Upanishad I, iv, 10.

(10) Questo è tra i mahâvâkya quello ritenuto il più importante ed incisivo.
E tratto dalla Chândogya Upanishad VI, viii, 7.
Dichiara l'identità tra il jîva (Tvam) e il Brahman (Tal), tra l'individuo e Dio.

(11) Dalla Mândûkya Upanishad II dell'Atharva Veda.

(12) Lo Svâmi, nel dare questa definizione, usa l'inglese Constant integrated awareness.

(13) II traduttore glossa in questo modo: "Quello (= Brahman trascendente) è infinito (lett. pieno), così anche è questo (Brahman immanente nell'universo percettibile). L'immanente si basa sul trascendente. Nonostante la sua immanenza nell'universo finito, il Brahman trascendente rimane infinito (i.e. non altera in alcun modo la sua infinitezza o pienezza)". Il concetto di pienezza viene spesso spiegato dallo Svâmi.
Si veda un prezioso dialogo su questo tema in COLLOQUI, LII (pp.144-146), Mother Sai Publications 1992.

(14) Brihat significa "grosso, grande, alto". Per antonomasia qui prende il significato di "Macrocosmo".

(15) È il terzo stadio della dottrina di Gaudâpada. In prâjña si attua l'unità del cosmo come sintesi di conoscenza: in questo stato la molteplicità e la dualità sono reintegrate nell'unità di coscienza non differenziata ed è lo stato in cui è possibile realizzare l'identità tra anima individuale (jîva) e l'Essere qualificato o universale (Îshvara).
(Glossario sanscrito. Ashram Vidyâ)

(16) Espressione tratta dalle Upanishad, che esprime la non dualità della Realtà Assoluta.

(17) Ekam sat viprah bahuda vadanti:
"Dio è uno, i Saggi ne parlano in molti modi". V. Ebrei I, Iss: "Dio aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi".

(18) Nulla può contaminare il puro, giacché la fiamma del suo amore che arde per l'Unico Essere Assoluto a cui si è unito, consuma tutto ciò che gravita nella sua periferia, come la falena che trova l'annientamento nell'unirsi alla fiamma.
È un passo di incredibile bellezza, dove lo Svâmi esalta la Purezza di chi è in unione con Dio e sottolinea la ricompensa di chi a quella unione è giunto: la capacità di rendere puro tutto ciò che viene a contatto con quell'anima, in una dimensione che trascende il dualismo moralistico. Chi sta sempre col Divino non vede più le differenze che gli altri comuni mortali vedono, oltrepassa il confine del bene e del male e vede l'Unica Realtà che si traveste di bene e di male, in un gioco illusorio che non commuove più il realizzato. Ciò che viene attraversato dal suo occhio, viene
reso puro e mondo. Omnia munda mundis: "Tutto è puro per chi è puro".

(19) Nishchalam è un sinonimo di vimalam.

(20) Ci si aspetterebbe una continuazione dell'esempio, ma Svâmi esce immediatamente dalla metafora per applicarla a Colui che rimane immobile come la luce di un proiettore cinematografico.

(21) Lohita (in altri testi Rohitashva), figlio di Harischandra, viene picchiato dal bramino della casa, del quale era praticamente schiavo insieme con la madre. Chandramati è la moglie di Harischandra, noto anche come Satya Harischandra, Harischandra "il Fedele alla Verità". Infatti, è in ossequio alla promessa fatta al saggio Vishvâmitra che si vide costretto a vendere moglie e figlioletto, ed infine se stesso. Chandramati è famosa per la sua eccezionale onestà e integrità.

(22) Lo Svâmi riporta qui una citazione dalla Taittiriya Upanishad, Brahmânanda Valli, sez. IV, che il traduttore simultaneo glossa nel seguente modo: "Dio è al di là della comprensione mentale e della spiegazione in parole".

(23) È un brano tratto dalla Guru gita. Il testo citato termina con namah (=
mi inchino a un tale Maestro), ma questa conclusione non viene adottata dallo Svâmi nel canto, e se ne può arguire il perché...

(24) II canto dello Svâmi si rifà ad una citazione della Guru-gita.
Gu - kara e ru - kara significano rispettivamente "la sillaba (kara) Gu" e "la sillaba ru".

(25) âchârya significa "istruttore, maestro spirituale", ma anche nel senso di fondatore o organizzatore di un sistema educativo; ha quindi anche una connotazione meno ascetica di guru è più vicina al sociale in senso generico.
Anche il termine usato per indicare i docenti o professori è adhyâpaka che, oltre ad avere un riferimento alle conoscenze spirituali, non si limita esclusivamente ad esse e si allarga al campo delle discipline ordinarie.

(26) Anil Kumar è l'attuale Direttore del Whitefield Campus del Giappone, della Tailandia, ed altri paesi.

(27) Svàmi si serve di un grazioso gioco di parole; pur parlando in telugu mette in rima God con dog.

(28) Esclamazione di incerto significato. Oggi lo Svâmi esclama spesso Dunnapota! Dunnapota che equivale ad un He buffalo!