DISCORSO DIVINO

Cinquant'anni fa: ricordi di un Âvatâr

20 ottobre 1990

Tutto quanto succede nel mondo avviene al ritmo del tempo. L'andare e il venire sono del tempo. Ed è sempre il tempo che causa il fluttuare di prosperità e povertà.
Il tempo è la causa prima e principale di ogni essere umano e di ogni essere vivente.
Non esiste essere umano che non sottostia al tempo. Nessuno sulla terra può sfuggire alla vittoria del tempo. Bisogna scoprire la causa fondamentale di tanta paura e di tutte le terribili scelleratezze che avvengono nel mondo.
La ragione è nel continuo declinare delle opere di servizio senza ego, nel loro assottigliarsi e restringersi e nel conseguente crescere di desideri insensati che dilagano in numero sempre maggiore, portando con sé tutti questi orribili risultati.

Appellativi di Dio

Incarnazioni del Divino Amore!
Il tempo è infinito, incommensurabile, incomprensibile ed invisibile.
Non si piega davanti a nessuno: tutti e tutto debbono seguire il tempo, mentre il tempo non seguirà mai nessuno.
Esso è l'autentica forma ed incarnazione di Dio. Per questo Dio è stato descritto come la forma del tempo cui si deve prestare obbedienza. Il tempo è l'espressione dello Spirito (Atma). Ecco perché l'Âtma è la base del
tempo e Dio stesso è stato descritto come lo Spirito del tempo.

Giacché tutto quello che nel mondo si muove o resta immobile, giace nel grembo di Dio, - Dio prende il nome di Kâlagarbha.
Ecco perché il tempo è un fattore di estrema importanza.
Il tempo è fatto per essere utilizzato nella maniera giusta e per far buon uso del corpo e di ogni cosa che, qual dono divino, ha attinenza con l'essere umano.

- Altro nome di Dio è Shamâchârya, ossia "Colui che, secondo le necessità e le circostanze, concede ai devoti beatitudine e soccorso".

- Un altro nome è Dherattvaya.
Significa che Dio è una persona forte, che non conosce debolezze e che, con un semplice atto di volontà, compie tutto ciò che vuole.

- Medaya è un altro nome:
vuol dire che Dio non da molta importanza alla perspicacia degli uomini.
Medaya-namah è riferito a Dio che volge il Suo sguardo e salva tutte le persone che usano le capacità intellettive e le facoltà razionali per raggiungerLo, mettendosi al Suo servizio e adorandoLo.

- Altro nome di Dio è Yugâdi "l'origine degli Eoni", in quanto Egli è la Fonte stessa delle quattro Ere: Krita-yuga, Treta-yuga, Dvâpara-yuga e Kali-yuga.Egli rappresenta il Principio e la Fine di queste quattro ere.

- Ecco perché è stato denominato Yugâdikrit, "II Creatore dell'era".

In questo modo, come potete notare, non esiste parola usata quotidianamente, che non richiami Dio. Il corpo, la testa, gli occhi e le gambe sono un riflesso delle membra di Dio.
Ogni essere umano non è altro che un riflesso di Dio. Quando si accetta questa verità, non esiste più il movimento dell'andare e del venire, non c'è più né vita né morte, ma esiste solo Dio.

Il corpo è stato dotato all'uomo perché ne usi allo scopo di santificare il corpo stesso, il tempo e l'attività col lavoro. Per questo Dio è stato descritto come:

Colui che è dedito a servire il tempo in ogni suo aspetto,

giustificando così tutti i nomi attribuitiGli con un preciso riferimento al tempo.

Ineffabilità di Dio

Dio non può essere limitato da niente, non soggiace ad alcuna misura.
Esistono tre metodi di indagine su Dio: diretto, induttivo e dialettico. Ma queste prove valgono per le persone legate al mondo e alla creazione.
Poiché Dio trascende tutte queste cose, è stato chiamato Impenetrabile (Aprameya),
"oltre ogni limite e prova".

Thyagarâja descrisse Dio come abbiamo appena detto, ossia come Colui che abita nel nostro cuore e come Colui che è coricato sull'oceano di latte.
Un giorno Thyagarâja chiese a Rama: "Perché dovresti farmi preoccupare, tu che sei considerato dal mondo intero come Colui che sta disteso sull'oceano di latte?".

Dio è Colui che guarda all'interno; l'uomo è colui che guarda verso l'esterno.

Solamente quando volgerà lo sguardo verso l'interno, l'uomo riuscirà a vedere Dio. Il cuore dell'uomo dovrebbe essere puro come un oceano di latte, ma quell'oceano è ormai inquinato da ogni tipo di odio, desideri vari e tendenze cattive. Quando il cuore dell'uomo si trasforma in un puro oceano di latte, Dio può dimorarvi per santificarlo e renderlo degno del nome di "sacro cuore".

Il colore del latte è un bianco candido, simbolo di ciò che è puro (shuddha). L'oceano di latte diventa simbolo degli esseri puri di cuore. Dio abita nel cuore di coloro che sono puri.
Se il cuore di un uomo è infestato da piaceri e da odio, s'inquina completamente e, se un oceano di latte s'inquina, diventa un oceano di sale.

Dall'oceano di latte sorge la vita; da esso si formano innumerevoli onde, ognuna diversa dall'altra e mai identica ad un'altra. Nonostante la diversità delle onde, la base comune è sempre l'oceano. L'acqua dell'oceano
è la base che unifica tutte le onde!
Allo stesso modo, l'oceano dell'Essere-Coscienza-Beatitudine (Sat-Cit-Ânanda) ha dato origine a tanti esseri umani, il cui nome ed aspetto sono differenti, ma che sono identici quanto all'essenza del Sat-Cit-Ânanda. Ogni essere umano, dunque, è l'incarnazione dell'Essere-Coscienza-Beatitudine. Quando, spinti dai piaceri, dal desiderio e dall'odio, avete assecondato desideri materiali, vi siete dimenticati della vostra vera natura che è Essere-Coscienza-Beatitudine.

I tre involucri dell'uomo

In ogni essere umano esistono tre aspetti: denso (detto anche grossolano), sottile e causale. Questi tre aspetti, comuni a tutti gli esseri, nell'uomo sono un'espressione trinitaria. Quando queste tre qualità si unificano armonizzandosi fra loro e vengono offerte a Dio, Dio stesso si rende manifesto e la vita ne viene santificata.
L'offerta della pianta di bilva al Signore simboleggia l'unificazione delle tre qualità e indica che i tre diversi aspetti dell'uomo vanno uniti, armonizzati e offerti in dono al Signore.
Nelle regioni dove si parla il Telugu, c'è un detto singolare: "Dal punto di vista filosofico, la vita è simile ad un tamarindo". Il nocciolo del frutto del tamarindo viene indicato come il Corpo Sottile. I semi all'interno
del frutto rappresentano il Corpo Causale.
La buccia del tamarindo, il nocciolo, i semi corrispondono ai tre aspetti dei Corpi Denso, Sottile e Causale dell'uomo: uniti nella diversità.
Questo significa trovare il principio unificatore nella diversità.

Se non si passa per il frutto acerbo, non si arriva a quello maturo e, se non si passa per il frutto maturo, non si può avere il seme. Il corpo fisico-denso può essere paragonato alla scorza del tamarindo. Il mondo
non è eterno ed è pieno di dolore. Si può paragonare ad una bolla d'acqua. Il corpo fisico è fatto di cibo, può paragonarsi ad un cesto colmo di sporcizia. Esso soffre malattie di ogni genere e va soggetto a cambiamenti come può andar distrutto. Se non lo usate nel modo giusto, non vi servirà ad attraversare l'oceano.
Esso è pieno di imprevisti e di dolori.

O mente! non credere che il corpo sia eterno.
Prendi riparo e ristorati ai Piedi di Loto del Signore.

Quest'effimero corpo viene donato perché serva a riconoscere il principio divino. La genesi di ogni movimento e funzionamento del corpo è nella mente, che gli consente di dimenticarsi, agire o essere sfruttato per scopi buoni o cattivi.

Si crede che siano gli occhi a vedere e le orecchie a udire; si ritiene che sia la bocca a parlare. Ma allora, se sono gli occhi o le orecchie o la bocca che vedono, odono e parlano, anche un cadavere dovrebbe vedere, sentire e parlare. È uno sbaglio credere che siano gli organi ad avere percezioni sensoriali: in realtà, è il principio dello Spirito, dell'Atma che permette agli occhi di vedere, alle orecchie di sentire, alla bocca di parlare.

L'Artigiano e gli strumenti

E, dal momento che i sensi non sono che degli strumenti (Karana), la mente può da essi venire inquinata. Quando brandisci un bastone, chi colpisce? La mano o il bastone? Se impugni una spada, chi ferisce? L'arto che la regge o la spada stessa? Un frutto viene tagliato dalla persona che si serve del coltello. Per questo, nella Bhagavad Gita il Signore Krishna dice:
"O Ârjuna, è servendomi di tè come di uno strumento che Io eseguirò tutte le funzioni".
Ârjuna fu chiamato anche Pârtha, ossia "figlio della Terra". Anche voi tutti siete dei Pârtha, dei figli della Terra. L'unica energia che esiste in ogni essere umano ed è identica in tutti è quella divina, la quale vi usa come strumenti per compiere azioni divine, viaggi, e così via.

Guardate questa luce. Due professori L'hanno descritta come:

"Fiamma d'Amore" (Prema-jyoti),
"Fiamma di Verità" (Satya-jyoti),
"Fiamma dello Spirito" (Âtma-jyoti),
"Fiamma indivisibile" (Akhanda-jyoti),
"Fiamma non duale" (Advaita-jyoti).

Nel Creato non c'è nulla di più grande della luce e niente ha il potere che possiede la luce.
La luce ha il potere di disperdere l'oscurità. Non c'è altro che possa vincere le tenebre.
Ecco il significato della preghiera: Asato ma sad gamaya... "Che la luce scacci le tenebre"". C'è anche un altro potere che ha la luce: essa sale sempre verso l'alto. Quand'anche poneste una luce in un pozzo, i suoi
raggi seguirebbero una traiettoria verso l'alto.

Ci vogliono dei presupposti perché la luce non venga a mancare mai.
Innanzitutto serve un contenitore, dove la fiamma possa ardere; ci vuole una lampada. Dentro questo recipiente ci dev'essere uno stoppino e dell'olio. La lampada, però, non può accendersi da sola, né si può pretendere che
arda per il semplice fatto che ha lo stoppino.Servono anche dei fiammiferi.
Infine, quando ci sono recipiente, olio, stoppino e fiammiferi, chi accenderà la lampada? Potrà farlo da sola?

Se avete dell'oro e dei brillanti, un gioiello viene forgiato da solo?
E se avete fiori, ago e filo, una ghirlanda si intreccia per conto suo? C'è bisogno di una persona che faccia la ghirlanda, utilizzando fiori, filo ed ago. Ci vuole un gioielliere per fare un gioiello con l'oro e i brillanti.
Ci vuole uno che sfreghi il fiammifero per accendere lo stoppino che arderà nell'olio della lampada. L'autore dell'azione è Dio.
Solamente quando si volge verso Dio, l'umanità evolve verso la Divinità.

Lampade d'Amore

Incarnazioni dell'Amore di Dio,
il cuore è il recipiente, la mente è lo stoppino, la devozione è l'olio del recipiente, il distacco e la rinuncia ai desideri sono i fiammiferi. La luce sprigionata dalla lampada è la Luce dell'Amore. Se nell'uomo viene a mancare questa Luce, egli verrà sommerso dalle tenebre. Si dice per questo che ciascun essere umano dovrebbe considerare l'amore come una realtà essenziale.

Anche in quel tempo le Gopî così pregavano Krishna: "O Krishna, accendi nel nostro cuore la lampada dell'Amore". E ancora: "II nostro cuore arde; intonaci un canto d'Amore, pianta i semi dell'Amore, irroraci della
pioggia d'Amore, in modo che crescano le piante dell'Amore e, con esse, i semi, i frutti e i fiori dell'Amore".

Oggi pure si deve seminare l'Amore nel cuore dei devoti. L'Amore è L'Essere Supremo (Paramatma).
Non fate brecce all'odio, affinché non si infiltri nell'Amore: non ci dev'essere posto per l'avidità e per il desiderio. Piaceri e dispiaceri sorgono a causa dell'ignoranza. È sempre l'uomo con le sue azioni che
produce la propria gioia o sofferenza. È il suo comportamento che può dare esiti buoni o cattivi. È lui che può dedicarsi a servire il prossimo o ad offenderlo.

Le azioni buone creano amicizia e sostengono la persona che le compie; quelle cattive non procureranno altro che i guai inflitti dai nemici che si sono creati. Non è Dio che da gioia o dolore; sono le azioni dell'uomo.
Fate sempre azioni buone. Abbiate sempre un cuore pieno d'amore. Solo allora la vostra vita sarà piena d'amore.

L'AMORE È L'ESPRESSIONE STESSA DI DIO.
L'AMORE NON CHIEDE NIENTE IN CAMBIO.
L'AMORE NON HA PAURA DI NESSUNO.
L'AMORE VA COLTIVATO SOLO IN FORZA DELL'AMORE.
ECCO LE VERE BASI DELL'AMORE.

Se si vuole che cambino il cuore e la vita, riempiendoli d'amore, il cuore è il giusto recipiente. La luce materiale può dissipare solo il buio fisico, ma la luce dell'Amore, la luce della Verità, la luce della Saggezza disperde l'oscurità dei cuori. La vita dell'uomo deve riempirsi di luce. Non consideratevi ignoranti, deboli o tenebrosi. Se solo lo volesse, se gli importasse davvero e se avesse fede, l'uomo potrebbe compiere ciò che vuole nel mondo.

Se i devoti sono stati capaci di andare di villaggio in villaggio, di strada in strada, di casa in casa per portare la luce dell'Amore, ciò è dovuto alla loro fede, non certo ad uno sfizio per mettersi in mostra. Ciascun essere umano dovrebbe avere una tale fede. Tutto è possibile all'uomo che ha fede e sollecitudine. Perciò, la fede occupa un posto assai rilevante nella vita spirituale ed anche in quella materiale. È sempre la fede che tiene
compagnia, non ti lascia mai solo, e ti darà tutto l'aiuto necessario per farti progredire nel mondo. Nulla è impossibile a colui che ha fiducia in se stesso. Per conseguire la fede ci vuole forza di volontà: da essa
dipende la buon'azione.

Mediante la forza di volontà e la forza dell'azione si può sviluppare la forza della conoscenza. La purezza dei tre strumenti (Karana) si raggiunge con questa spiritualità, con questa filosofia: dalla mente parte il sentimento che trova espressione nella parola appropriata e quest'ultima
trova appagamento nell'azione.

Ecco i tre Karana:
pensiero, parola, azione.

La pace è con te

Incarnazioni dell'Amore Divino,
ogni essere umano aspira alla pace. La pace non ha una sede ben precisa.
Scoprite il perché manca la pace. Una volta trovata la ragione dell'assenza di pace e rimossa la causa, automaticamente nascerebbe la pace. In una casa convivono madre, padre e figlio.
La vita familiare è molto felice finché vi regnano collaborazione, armonia ed amore.

Ma se fra loro non corre buon sangue, se vi regnano odio e gelosie, allora verrà a galla ogni tipo di problema. Perché non c'è pace? Perché fra le persone manca la collaborazione e s'insinua l'odio. Tutto ciò è racchiuso
nella legge della mente, nel senso dato alle parole usate e nella maniera di portarle in azione.

Paragoniamo la mente e la parola al padre e alla madre, e mettiamo che l'azione sia il figlio: quando fra loro c'è armonia, nasce spontaneamente la pace.
Se oggi manca la pace, ciò è dovuto al fatto che pensiero, parola ed azione vanno ognuno per conto proprio, non c'è unità fra loro, manca l'armonia.
Chiunque abbia in equilibrio la mente e il proprio dovere, vive nella pace. Non dite mai che una terza persona vi ha tolto la pace! Nessuno può togliervela. Ciascuno è responsabile per se stesso. Coordinate il pensiero con la parola e con l'azione, ed avrete immediatamente la pace.

L'uomo d'oggi ha perso la pace proprio per la mancanza di coerenza fra questi tre vettori.
E, vi ripeto, attribuire ad altri o ad altro la propria mancanza di pace è un errore: se non avete pace, soltanto voi ne siete responsabili!
Quando avrete capito la vera ragione per cui vi manca la pace interiore e avrete corretto il vostro comportamento, la pace s'instaurerà in voi automaticamente.
Quando in noi c'è amore, la pace e la felicità non saranno solo nostre, ma anche di tutti coloro a cui la portiamo e così si può rendere felice la vita degli altri.

Sai, immagine di Shiva.

Quel lunedì del 20 Ottobre (1940) vi dichiarai: "Sappiate che Io sono davvero Sai. Abbandonate gli attaccamenti e non cercate di trattenerMi con legami materiali. I vecchi legami sono infranti. Nessuno, per quanto grande, potrà fermarMi o tenerMi sotto controllo. Desistete da questi inutili sforzi".

Quando feci questa dichiarazione, le famiglie di Thammiraju, Hanumantha Rao, Bhojaraju e Seshamaraju tentarono all'unisono di impormi la loro volontà. Ciò avvenne ad Uravakonda. Era necessario che esprimessi disinteresse per i desideri e distacco da ciò che è materiale, dal momento che in Me coesistono la consapevolezza di un corpo umano e quella della Divina Presenza. Nei giorni in cui mi trovavo ad Uravakonda, il sindaco, che si chiamava Ramaraju, venne per vedermi - allora mi chiamavano familiarmente Raju - e chiese a Seshama Raju: "Per favore, permettimi di portarmi questo Raju in vacanza a Bellary".

Poi soggiunse: "Seshamaraju, ti sbagli di grosso se credi che questo ragazzo sia semplicemente tuo fratello. Se osservo la luminosità della Sua aura ed il fulgore del Suo volto, qualcosa nel cuore mi dice che Egli non è un essere umano ordinario. Ti prego, vieni da noi. Concedici la gioia della Sua compagnia per qualche giorno".

Il sindaco aveva una particolare predilezione per Hampi, e la ci portò.
Non c'è alcuna esagerazione in ciò che vi dico, né egoismo, né vanità. Entrarono tutti in gruppo nel tempio di Hampi, dedicato a Virûpâksha (Shiva). Se mi fossi rifiutato di entrare con loro nel tempio, mi ci avrebbero
costretto in forza del legame di parentela terrena.

Dissi loro che avevo mal di stomaco e che perciò non potevo entrare nel tempio. Intanto tutti, compreso Thammiraju, entrarono nel tempio: erano all'incirca cinquanta o sessanta persone. Ma Ramaraju, cui non
importava altri che Dio, mi prese in disparte e insisteva perché entrassi con lui. Io ero un bambinetto allora.

"Raju, Raju, - mi diceva - dovresti venire, dovresti proprio venire!".
Ma la mia determinazione lo fece desistere. Intanto nel tempio si offriva l'arathi a Virûpâksha; ma Virûpâksha non c'era. Al suo posto, nel Sancta Sanctorum, c'era invece Raju. Seshamaraju era furibondo. Pensava dentro
di sé: "Non ha voluto venire con me, ma mi è passato dietro furtivamente per mettersi lassù! Che errore! Che sacrilegio!".
Ma Ramaraju non pensava allo stesso modo; egli pensava che Raju non fosse altro che Virûpâksha in persona e che Virûpâksha fosse Raju.

Seshamaraju uscì subito dal tempio per verificare se Raju fosse lâ fuori. E Raju era proprio lâ, sotto un albero! Il dubbio tormentava Seshamaraju; era sempre molto sospettoso.Tornò nel tempio, mentre incaricò un altro perché andasse a vedere se sotto l'albero ci fosse nel frattempo Raju. "Vai a vedere, per favore, la sotto l'albero; intanto io controllo questo Raju nel tempio!".

E Raju si trovava contemporaneamente nel tempio e sotto l'albero.
Seshamaraju si sentiva scoppiare inferiormente di felicità, ma per non darMi soddisfazione si mise a dire: "E stata solo la mia immaginazione, una suggestione mentale. Raju non c'era".

L'illusione, una spilla da perdere

Dopo questo avvenimento, mi portarono direttamente a Bellary. Allora non mi chiamavano "Svâmi", ma semplicemente "Raju". Ciononostante la gente, vedendo che il sindaco aveva tanti riguardi verso di me e che mi faceva più grande del bambino che ero, si domandava il perché; anzi, qualcuno si prendeva persino gioco della cosa.

Prima di portarmi a Bellary, il sindaco mi aveva fatto confezionare una camicia e un paio di calzoni lunghi. Sono così basso di statura anche ora; immaginate quanto maggiormente lo fossi allora! A quei tempi - parlo di cinquant'anni fa - i giovani usavano appuntarsi una spilla colorata sul colletto. Era la moda del momento. Chi portava una spilla al colletto era considerato una persona molto abbiente e aristocratica.

Il sindaco non sapeva cosa regalarmi di meglio. Andò da un fabbro, fece forgiare in un'ora una spilla da colletto, poi me l'appuntò. Mentre mi metteva la spilla al colletto, mi disse: "Raju, quando guarderai questa spilla, ti ricorderai di me". Tornammo ad Uravakonda e scendemmo dall'autobus. Era il secondo giorno di scuola.
Andavo a scuola. Per strada, la spilla mi cadde e fu persa. Allora cantai una canzone: la spilla caduta mi liberò dai legami della terra.

Era un lunedì; il 20 Ottobre.
Di ritorno da Hampi Baba andava a scuola.
La spilla cadde e non si trovò più.
Quel giorno fu il Giorno della Trasformazione.

La perdita di una spilla segnò un gran cambiamento. Il filo dei legami s'è spezzato.

Andar come pellegrino ad Hampi servì pure allo scopo:
la libertà da Maya fu ottenuta.

Quel giorno lasciai casa. L'attaccamento alle cose è una specie d'illusione (maya).
Quando si rinuncia agli oggetti, ci si libera dall'illusione.

Com'era considerato il piccolo Sai?

Lo stesso giorno mi recai allo stabile dell'ispettore delle imposte di Anjaneyulu: era una persona che, quando vedeva Svâmi, sentiva un impulso spirituale. La sua casa era nella stessa strada della mia. Lui era solito preparare qualcosa da mangiare o del caffè e, insieme a sua moglie, mi aspettava con grande venerazione. Pensando che i figli non li capissero, li fecero andar dentro casa per far sì che a quel punto, quando arrivavo
io, potessero tranquillamente prostrarsi ai miei piedi. E così fecero.

Io ero solito dir loro: "Signori, siete persone di una certa età, non dovete toccarmi i piedi".
Ma loro rispondevano: "Raju, si può essere più vecchi nel corpo che in conoscenza e saggezza. Tu sei la vera Coscienza di Krishna in persona".
Questo era il concetto che avevano di me. Temevano però che altri li prendessero in giro, quando dicevano queste cose dello Svâmi. Quel lunedì, il 20 Ottobre, in cui accaddero tutte queste cose, non andai a scuola.

A scuola, tutti i giorni ero io che intonavo la preghiera. C'era una pedana con alcuni gradini, da cui si cantava una preghiera che affermava l'unità di tutte le religioni:

Aharaha thava âhvâna prachârita
shuni thava Udâra Vani
Hindu Bauddha Sikha Jaina Pârasika
Mussulmâno Christâni.

Fin da quel tempo si riconosceva l'unità di tutte le religioni. Alcuni insegnanti non lo capivano e provavano disappunto nel fatto che un ragazzino insegnasse l'unità di tutte le religioni. Allora, quel giorno non andai a scuola, e tutti cominciarono a chiedersi perché Raju non tosse presente.
Quel giorno, nessuno pregò. Corsero tutti alla casa di Anjaneyulu. Io ero seduto su una pietra, ma non vedevo nessuno.

I ragazzi incominciarono a preoccuparsi: "Forse è successo qualcosa di serio a Raju al suo ritorno da Hampi. È cambiato. Che gli sarà mai successo?".
Dissi loro di scattarmi una foto, se volevano sapere chi fossi. Dopo aver scattato la foto, l'immagine che mi stava davanti era quella di Shirdi Sai Baba. In quella zona, Shirdi Baba non era conosciuto allora.

Fra questa folla odierna c'era Anjanayya, che ora è il Presidente dell'Organizzazione Satya Sai del Distretto di Anantapur. Lui sa di quella foto, e gli piace tanto. Dissi agli scolari di andare a scuola e di iniziare la preghiera. Nel frattempo, Seshamaraju mandò un telegramma a Puttaparti che riferiva gli avvenimenti di Uravakonda. I genitori accorsero in gran fretta per riportarmi a Puttaparti, ma non c'erano autobus fino a Bukkapatnam. L'unico che faceva servizio arrivava sino a Penukonda, da cui poi bisognava proseguire col carro trainato da buoi.

A quel tempo queste circostanze accadevano facilmente. Tutti gli alunni dissero: "Chi vuole andare con Raju?". Poi vennero tutti con me.

Morire d'amor di Dio

In quel tempo, accadde un avvenimento tragico. A scuola, nello stesso banco in cui c'era Svâmi, sedevano tre studenti: uno era figlio dello Sheristadar, l'altro era figlio dell'intendente di finanza. Allora erano considerati
ricchi. Io stavo in mezzo a loro. Essendo a continuo contatto con me in classe, il loro cuore fu trasformato. Ma il giorno in cui lasciai la scuola, entrambi subirono un terribile shock mentale. Piangevano invocando angosciosamente "Raju! Raju! Raju!".

Quando mi videro salire sull'autobus, uno di loro, il figlio dello Sheristadar perse i sensi e cadde in un pozzo. "Non posso vivere senza Raju" furono le sue ultime parole. L'altro ragazzo si rifiutò di toccare cibo e acqua, e non faceva altro che ripetere continuamente il nome di Raju.
Questo non è uno stato di squilibrio mentale ordinario, ma è un fenomeno spirituale che si chiama unmatha, una follia spirituale. Molti ritengono che a quella condizione si giunga mediante l'abbandono degli attaccamenti materiali.

Da quando quei due ragazzi morirono, il banco che occupavano fu chiamato "banco di Satya Sai Baba" ed è stato conservato sino ad oggi.

Una devozione segreta e un pianto collettivo di devozione

II direttore, che si chiamava Lakshmipati, appena arrivavo a scuola, mi chiamava nel suo ufficio. Non tutti possono nutrire pensieri e sentimenti sacri nei miei confronti, ma solo coloro che sono stati benedetti dalle
loro buone azioni in vite precedenti. Appena entravo nel suo ufficio, lui chiudeva la porta, mi faceva sedere sulla sua sedia. Poi si metteva seduto per terra e mi massaggiava i piedi. Io gli dicevo innocentemente:
"Signore, non dovrebbe fare questo!". E Lakshmipati rispondeva: "Queste cose tu non le sai, ma io sì: in Tè c'è una straordinaria Energia Divina!".

A quei tempi, accadevano molte cose a Uravakonda.
Il 20 Ottobre fu un giorno in cui tutta la città di Uravakonda subì una trasformazione grandiosa e quel giorno tutti gli studenti ebbero un'occasione particolarmente fortunata.
Per descrivere quanto grande fosse l'affetto e l'amore che ricevettero, vi porterò un esempio.

Il giorno dopo, un nuovo ragazzo dovette salire sulla pedana per intonare la preghiera, ma, invece di iniziare la preghiera, si mise a piangere a dirotto. Gli veniva in mente Svâmi e, fra i singhiozzi, non riusciva a trovare le parole. Messosi a piangere lui, tutti gli altri lo seguirono a ruota: la preghiera fu un gemito generale. Il direttore disse:
"Piangere per Raju è già in sé una preghiera. Non c'è bisogno di altre preghiere. Tornate in classe; per oggi, le preghiere sono finite.".

Quel giorno chiusero la porta a chiave e quell'aula divenne la stanza più rispettata e venerata della scuola. Gli studenti d'allora avevano dei cuori molto nobili.
Allora non si facevano critiche inutili, domandeimpertinenti e non c'era spazio per le speculazioni intellettualistiche. Negli studenti d'oggi
sono in aumento le capacità razionali e l'intelligenza, ma sono in declino le virtù e le buone qualità. A quell'epoca, c'erano meno abilità ma più qualità.

I tempi di Sai

Le luci che abbiamo acceso per celebrare un evento memorabile sono simbolo dell'impegno preso dalla popolazione dell'Andhra Pradesh di diffondere il messaggio di Sai e di portare la luce di casa in casa.

Incarnazioni dell'Amore di Dio,
non crediate che ciò sia detto per lusingarvi; consideratelo come una dichiarazione di verità. Questa mano è riuscita a far tutto questo e riuscirà anche in imprese ben più difficili.
Ciò che è stato compiuto qui a Prashanti Nilayam in questi ultimi cinquant'anni non avrebbe potuto essere realizzato nemmeno in cinquecento.
Sebbene molti âvatâr abbiano compiuto portenti, nessun âvatâr ha fatto le cose compiute qui in cinquant'anni (applausi).

Abbiamo fondato una splendida università. È stato posto in opera un Planetarium. In un paesino sperduto come questo ci sarà un aeroporto!
Prashanti Nilayam è diventato un posto celebre in tutto il mondo ed il mondo intero si trova a Prashanti Nilayam. Qui arriva gente da ogni parte della terra. Prashanti Nilayam è diventato ormai un mondo in miniatura. In
futuro - lo vedrete - gente da tutto il mondo accorrerà qui, senza alcun invito, senza pubblicità.
Io dico loro: "Non venite, potreste avere dei problemi; qui, per voi, ci sono delle difficoltà".
Ma questa attrattiva solo la Divinità può esercitarla, nessun altro (applausi).

Quando un fiore sboccia, il suo profumo si diffonde spontaneamente dappertutto: forse la sua fragranza manda un invito all'ape perché vada a posarvisi? Le api vengono da sole per succhiare il nettare dai fiori.
Le api sono attratte dalla possibilità di godere il nettare del Fiore di Loto.
Ci andrebbero, se fosse un Loto di plastica?

Dove sta l'Argentina? Si trova quasi in capo al mondo. Eppure, in molte case argentine si cantano bhajan (applausi). In Cile, gli ufficiali dell'esercito partecipano a canti devozionali in comune (nagasankirtan). A Panama, alcuni militari manifestarono contro il governo in carica per avere il riconoscimento di un "Governo Satya Sai". Furono arrestati e internati in un manicomio, perché ritenuti pazzi. I militari seppero convenire in
devoti di Sai i medici e il personale infermieristico dell'ospedale. Non è cosa facile questa.
Cambiamenti del genere sono possibili solo mediante una conversione del cuore.

Amore e vita morale

Incarnazioni del Divino Amore,
se siete riusciti a portare questo annuncio di luce di casa in casa è stato solo perché partiva spontaneamente dal vostro cuore e non da qualche cosa di esterno a voi. Perciò, non fermatevi alle luci delle candele, ma accendete la lampada del cuore e sviluppate amore in voi. Tutte le Organizzazioni Satya Sai dovrebbero trasformarsi in un'unica Organizzazione d'Amore.

Non date corda alle forze che dividono. Lasciate ogni tipo di individualismo e di interesse personale. Rinunciate ad ogni tipo di casta, comunità, religione e a ciò che crea differenze.
Pensate che l'unica casta è quella dell'Umanità. L'unica religione è quella dell'Amore.
Ciò che distingue una comunità e le rende onore è solo il carattere delle persone. L'amore dovrebbe diventare un articolo di fede. La moralità determina la natura di una comunità.
Una comunità priva di morale va in rovina. Se qualcuno vi chiede a quale comunità appartenete, ditegli: "Appartengo alla comunità della morale".
Se qualcuno vi chiede qual è la vostra religione, rispondetegli:
"L'amore è la mia religione".

Abbiate in voi questi sentimenti e, su questa base, dilatate la vostra devozione a Dio: solo la devozione al Signore può salvare e proteggere il mondo. Nient'altro!
Né governi, né bombe, né armi, niente può proteggere il mondo all'infuori della devozione e dei devoti.
Sviluppate devozione; aspirate alle qualità umane più eccelse.
Partecipate sempre numerosi ai canti devozionali che si fanno di villaggio in villaggio (nagasankirtan).


Prashanti Nilayam, L° Anniversario della Dichiarazione di Avatarità

Versione integrale

Tratto da: Mother Sai n. 3/92