DISCORSO DIVINO

Le cinque devozioni del canto sacro

23 giugno 1989

Non ricorrete ai piccoli,
meschini guru o maestri.
Non pensate alle grettezze,
alle inclinazioni miserabili.
Se fermaste
tutto il processo del pensiero,
avreste la liberazione
e non rinascereste più.


* * *

Cari studenti,

Acqua e sole per il loto
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[1] Il Nome di Dio nel cuore del devoto è come un bel fiore che viene assaporato da un'ape. La mente è come il loto che per vivere si adagia sull'acqua e ricava sostentamento anche dai raggi del sole. All'ape è stato dato il nome di madhukaram, perché succhia il miele. Altro modo per considerare la parola madhukaram è quello di dividerla in due parti: madhu, che si riferisce all'acqua, e karam, che sta per i raggi del sole. Il loto non può vivere senz'acqua sotto e senza sole sopra. Lo stesso è per il divino Loto: nel loto del cuore umano c'è bisogno di acqua e sole perché sopravviva il Nome di Dio. L'acqua è la devozione ed i raggi del sole sono la saggezza. Il loto del cuore dell'uomo può crescere bene quando si trova fra questi due elementi: la devozione e la saggezza. Devozione e saggezza sono modi diversi per definire il Nome di Dio.

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Il rapporto tra Krishna e Yashoda
[2] Il Nome di Dio dà sostegno e alimento al cuore umano, come fece Krishna che diede gioia e sostegno a Yashoda. Che posizione occupa Yashoda? In che rapporto stette con l'Essenza Suprema di Krishna? Da dove provengono entrambi? Quale fu il genere di attaccamento con cui Yashoda si prese cura di Krishna? Il significato spirituale di tutto questo vi sarà noto solo quando lo penetrerete a fondo. A dire il vero, Balarama (70) e Krishna non erano figli di Yashoda e, benché ella non sapesse donde provenivano, non indagò sulle loro origini, ma si prese cura di loro come se fossero stati i suoi stessi figli, riversando su di essi tutto il suo amore e le sue sollecitudini.

Balarama e Krishna
[3] Balarama e Krishna vivevano a Mathura. Perché andarono al Gokula? Perché ci andarono insieme a Yashoda? Qual è il significato spirituale del Gokula? Chi simboleggia Yashoda? e Mathura? Che cosa rappresenta la madre per Balarama e Krishna? Dove sono nati? Se voi approfondiste tutti questi aspetti, scoprireste che il nome di Dio, il nome di Rama, proviene dall'ombelico del corpo, paragonabile a Mathura. Devaki (71) è un'altra forma del suono. Balarama e Krishna nacquero dal suo grembo, che veniva dalla bocca e che può essere paragonato al Gokula, il villaggio dei pastori, e dalla lingua, cui si può paragonare Yashoda. Così furono curati Balarama e Krishna ed è per questo che il nome divino danza sulla lingua.

Il Dispensatore di ogni bene
[4] Si può "legare" Dio mediante il Suo stesso Nome? Come Kamadhenu, la mitica Vacca celestiale che soddisfa ogni desiderio, poté essere legata, così Dio, che è come quella mucca dispensatrice di ogni bene, può essere legato con la fune dell'amore: Lui soddisferà ogni vostro desiderio. Se riuscite a portarLo sulla punta della lingua, vi rimarrà stabilmente e indisturbato. Ecco perché il Nome di Dio viene paragonato ad una fune che può legare Dio nella Sua forma.

Nel Nome la salvezza
[5] Chi non riconosce la santità del Nome di Dio e non ne vede la forma, si fa illudere dal mondo esteriore, inseguendo solo le cose del mondo e, perciò, non riesce ad ottenere la liberazione. Dovete amare il Signore. Se volete salvarvi come esseri umani, non dovete far altro che chiedere amore. Purtroppo, l'uomo d'oggi non sa riconoscere questa verità. Lo stesso si è detto per il Nome di Rama.

Il Nome Rama e la OM
[6] Il Nome di Rama è stato paragonato al suono dell'Omkara, il suono primordiale, che è una combinazione di tre suoni: A-UM-MA. Akara viene paragonato a Lakshmana, ukara è paragonato a Bharata, makara è paragonato a Shatrughna.(72) La combinazione di questi tre suoni, che danno origine all'Omkara, è Rama. Rama è il nome dello stesso Spirito o Atma. Ecco perché gli Indiani ripetono spesso questo Atma-Rama, perché ha il potere di conferire gioia.

Il Nome nella numerologia
[7] Anche nella numerologia, il Nome ha un significato particolare. Nama è composto da tre sillabe e non da due: NA-A-MA. Secondo la numerologia il significato di queste tre lettere corrisponde a questi numeri: NA = 0; A = 2; MA = 5. Così NA+A+MA = 0+2+5 = 7. Ed in questo numero si sono visti i sette tipi di suono, in pratica, la base delle note musicali, cioè: SA RI GA MA PA DA NI. Il 7 è un numero assai importante, che ha relazione con diversi tipi di acqua, di suono o di fuoco, a cui si deve prestare attenzione nel compimento degli Yajna, i sacrifici o riti propiziatori.

Tutto è suono divino
[8] Il nome della Divinità può anche essere umano. Tutto ciò che c'è nel mondo trabocca del Nome di Dio. Tutto è, nella sua essenza, la base del suono. Non viene data la giusta importanza alla Divinità che è essenzialmente la manifestazione del suono. Si tratta il Nome di Dio con leggerezza e si spreca il tempo. Questo Nome ha una grande importanza anche nel canto comunitario. Come la colonna vertebrale funge da sostegno a tutto il corpo umano, così il Nome sorregge tutta la vita. Ogni suono può essere riconosciuto come lo stesso Nome di Dio. Persino respirando, si ripete il Nome di Dio. Anche So Ham - "Io sono Quello" - è un Nome di Dio; anzi, è l'autentico fondamento della Divinità. La vita umana si basa sul suono divino.

4 modi di cantare il Nome
[9] Come l'uomo d'oggi segue strade diverse ed ha anche un modo differente di pensare, così anche nel canto continuo dei Nomi e delle Glorie del Signore, il cosiddetto Sankirtanam, ci sono quattro tipi diversi di articolarlo. Il Guna-Sankirtanam descrive gli attributi e le qualità di Dio, secondo la Sua incarnazione. Gli antichi Saggi e cantori usarono espressioni diverse per descrivere Dio e nei loro poemi venivano cantate le sacre qualità di Dio e i Suoi modi di salvare l'uomo dai legami terreni. Il Lila-Sankirtanam è una descrizione dei vari miracoli e divertimenti compiuti da Dio. Gli uomini cercano in ogni modo e dappertutto di divertirsi, per trovarne diletto. Così c'è anche una sezione di canti per descrivere i "divertimenti" di Dio. Il Bhava-Sankirtanam esprime nel canto o nel poema le varie attitudini adottate nei confronti dell'Ideale spirituale. Questi tre tipi di Sankirtanam vanno soggetti a modifiche. Ma il Sankirtanam più sacro è il Nama-Sankirtanam, in quanto un nome, quando non venga considerato secondo criteri umani, è la vera incarnazione del suono, quindi, di Dio stesso.

5 devozioni nel canto
[10] Per ogni genere di suono esiste il suono basilare che ne costituisce il fondamento. Il fatto che questi suoni vengano espressi sotto forme di melodie diverse fra loro sta a significare che, al fine di raggiungere il Divino, si servono di differenti vie. Così, esistono cinque tipi di devozione nel canto del Nome: Shanta Bhakti, Sakhya Bhakti, Vatsalya Bhakti, Anuraga Bhakti, Madhura Bhakti.

1.- Shanta Bhakti in Bhishma

[11] 1) Shanta Bhakti: un atteggiamento calmo e imperturbabile. - Chi segue questo sentiero per raggiungere la Divinità? Bhishmadeva seguì questa strada. Era il vero figlio del Gange e aveva fatto il più gran voto possibile, sacrificando ogni comodità fisica, mentale e di ogni altro genere. Il suo esempio nel sacrificio fu unico. Fece un voto per il benessere della nazione, fu posto a capo di essa accettando l'onere del governo e sostenne il paese fino al momento della guerra del Mahabharata. Cadde sul campo di battaglia a causa delle terribili frecce di Arjuna. Tante erano queste frecce che il suo corpo non cadde a terra, ma giacque su di esse come su un letto. Ad Arjuna, responsabile della sua fine, rivolse queste parole: "Ho solo un letto, ma sono senza cuscino".

Sua unica e ferma speranza era quella di lasciare la vita in piena coscienza trascendentale, a stretto contatto col Signore Supremo. Dal momento in cui cadde in battaglia sino al trapasso, dovette sopportare sofferenze di ogni genere, ma non si curò del proprio corpo. "Il momento propizio è giunto - disse -. Non voglio abbandonare la vita, così preziosa, prima di quel momento. Sono disposto ad abbandonarla solo quando giunge quel momento." (73) Per 56 giorni Bhishma giacque su quel letto di frecce e, lungi dallo sciupare il tempo in quell'ora estrema, impartì ai presenti tutti gli insegnamenti che aveva sempre predicato e praticato, a cominciare dalle attività dei sovrani, agli atti di carità, sino a trattare dei doveri del devoto, abbracciando argomenti di ogni genere. Questo libro del Mahabharata viene ricordato col nome di Shanti Parva, il Libro della Pace. Bhishma insegnò ai Pandava tutto quanto dovevano conoscere, mostrando di esercitare un estremo controllo su di sé, per ottenere il quale dovette seguire il sentiero del Shanta Bhakti: in qualsiasi difficoltà o problema si trovasse, qualunque prova o tribolazione dovesse affrontare, egli aveva sempre in mente il Signore.

Quando Bhishma si vide arrivare contro Krishna infuriato, disse: "Soltanto quel Krishna che viene giù per uccidermi può salvarmi!". E nel guardarLo ne esaltò i sorrisi e i movimenti affettuosi che affascinarono tanto le Gopi. Fu così che portò il suo cuore ai Piedi di Loto di Krishna. "La Divinità che verrà per uccidermi, qualunque essa sia, mi salverà". Bhishma non rivolse, dunque, preghiere ad altre Divinità. In questo si nota la sua grande fede e la purezza del suo cuore. Egli è un'incarnazione della Shanta Bhakti.

2.- Sakhya Bhakti in Arjuna

[12] 2) Sakhya Bhakti: un atteggiamento di amicizia verso il Signore. - Arjuna è un esempio tipico di questa devozione basata sull'amicizia. Nonostante la sua amicizia con Krishna fosse di lunga data, era fermamente convinto che non ci fosse nessun amico migliore di Lui. Per tutta la vita godette della potente amicizia di Krishna. Assecondando un'ambizione mondana, Arjuna si rivolgeva a Krishna come a un suo cognato, ma Krishna non gradiva avere quel tipo di rapporto con Arjuna. "Tu mi chiami sempre cognato, cognato,..." gli disse e, affinché non ci fosse contraddizione con ciò che veniva detto, Krishna diede Sua sorella Subhadra in sposa ad Arjuna, per giustificare il fatto che Lo chiamava "cognato". "Ora mi puoi chiamare cognato", gli disse.

Nessuna parola senza senso dovrebbe essere usata. Questa è la santità che si riscontra nella Divinità.

In una notte di luna, mentre tutti erano coricati, Rama si coricò poggiando il Suo capo in grembo ad Arjuna e si mise a porre domande a ognuno. Chiese a Sugriva: "Che nome date a quella macchia scura che vedete sulla luna?". Ed egli rispose: "Non lo so, Rama." Allora Rama lo chiese ad un esperto in astronomia e metereologia e a diverse altre persone. Poi rivolse la stessa domanda a Lakshmana, che disse: "Io ci vedo dei cervi e degli animali". Infine pose la domanda ad Hanuman, il quale rispose: "Rama, io non vedo altro che il Tuo viso. Distinguo il riflesso del volto di Te che sei coricato. La luna è chiarissima e, perciò, riesco a intravvedervi il riflesso del Tuo volto." Hanuman vedeva il volto di Rama in tutto. Per lui ogni occasione non aveva altro scopo che servire Rama. Era assai forte, virtuoso e portatore di pace. Hanuman penetrò nel boschetto di ashoka (74) e distrusse completamente Lanka e, quando si imbattè in Ravana, questi gli chiese chi fosse. Hanuman, che, nonostante la sua grande forza e coraggio, non era malato d'orgoglio, rispose: "Sono il servo di Ramachandra". E soggiunse: "O Ravana, se il servo di Rama ha tanto valore e forza, puoi immaginare come sia il suo padrone!". Nessuno mai eguagliò Hanuman nel considerarsi sempre come servitore di Rama.

È per questo che Rama definì l'India come un luogo di gratitudine. Presso gli Indiani non esiste umanità se non c'è gratitudine. Jatayu perse la vita nella lotta che sostenne per salvare Sita, rapita da Ravana, e Rama, per dimostrargli gratitudine presiedette i suoi riti funebri. Ed anche per Hanuman Rama ebbe parole elogiative di gratitudine: "O Hanuman, - disse - non so come dimostrarti la Mia gratitudine. Sei stato il Mio messaggero quando Mi hai portato le notizie di Sita dal boschetto di ashoka. Tu sei colui che, attraversando foreste ed oceani, Mi hai portato la notizia che Sita era viva. Tu le consegnasti il Mio anello. O indiscusso padrone delle scimmie, come potrò dimostrarti la Mia gratitudine? Non ho qui nulla che possa essere un dono adatto per te. Ti darò Me stesso. Ti prego di accettarMi. Fu questo Nome che ti fece attraversare mari ed oceani. Puoi renderti conto di quale potere esso sia dotato!".

Questo fu il senso dell'esistenza di Han–man: una vita di completa resa a Rama, l'abbandono del fedele servitore.

3.- Vatsalya Bhakti e Yashoda

[13] 3) Vatsalya Bhakti: il sentimento di una madre verso il figlio. - Nessuno ha capito il tipo di illusione che si ritrova in un sentimento del genere. Quando Yashoda, guardando nella bocca di Krishna, vide i 14 mondi, a causa dell'illusione implicata nel sentimento di madre, pensò tra sé: "Come può esser vero? Questo è il mio bambino!".

Quando Krishna sollevò il monte Govardhana per dare protezione ai pastori ed al bestiame, l'illusione associata al fatto che quel bambino non era che il figlio di Yashoda, diede adito ad una serie di preoccupazioni: "È proprio nel bel mezzo della montagna. Se Gli cadesse, Lo schiaccerebbe! È stato facile sollevarla, ma come sarà quando dovrà rimetterla giù?". E, anche quando tutta la gente se ne era ormai andata, Yashoda era ancora là che aspettava

Krishna: è sempre illusione. Come Krishna sollevò il monte, così lo depose, ma Yashoda non comprese mai a fondo la situazione, in quanto la sua mente era ottenebrata dal sentimento materno. Anche voi, se andate soggetti a questo sentimento, siete vittime della stessa illusione.

Quando Yashoda si rivolgeva a Uddhava per avere notizie di Krishna, gli chiedeva: "Come sta il mio Gopala?". E Uddhava le rispondeva: "Madre, cosa può mancare ad uno che risiede nel cuore degli asceti e che è il Signore Supremo?". Ma, qualunque descrizione Uddhava le fornisse, non interessava a Yashoda. "Non mi importa se è uno che risiede nel cuore degli asceti o che altro. Come sta il mio Gopala?" gli chiedeva insistentemente Yashoda, preferendo chiamare il proprio figlio "Gopala", senza curarsi di tutte le esaltazioni che Uddhava le faceva di Krishna. I devoti Lo descrivevano in mille modi diversi, ma lei non voleva altro che il suo Gopala e si saziò a tal punto di quel nome che alla fine ne ebbe salvezza.

4.- Anuraga Bhakti nelle Gopi

[14] 4) Anuraga Bhakti: il sentimento dell'amante verso l'amato. - È il caso delle Gopi. Tenevano il piede in due scarpe... a casa i mariti e le suocere, fuori Krishna. Così, anche quando svolgevano le loro faccende, godevano continuamente la presenza del Signore e sapevano svolgere un mucchio di difficoltà compiendo i loro doveri di mondo. Non facevano che pensare a Krishna. Krishna qui, Krishna là. Le Gopi consideravano Krishna come il loro tutto, il loro amico intimo.

5.- Madhura Bhakti in Radha

[15] Madhura Bhakti: un sentimento di dolcezza, di tenerezza verso il Signore. - Soltanto Radha ebbe quel tipo di devozione. Quando mormorava la parola Krishna, perdeva i sensi. Era imbevuta dell'idea di essere la moglie di Krishna e considerava sempre Krishna come Suo padrone e se stessa come la Sua serva. Per lei Krishna era il Paramatman, il Signore Supremo e lei si riteneva essere Prakriti, la Natura. Su questo non ci furono mai esitazioni. Se vedeva un albero blu, gli si avvicinava ed esclamava "Oh, Krishna!". In tutto quello che incontrava non vedeva altri che Krishna. In ogni cosa vedeva sempre la forma di Krishna, il nome di Krishna, la musica di Krishna. Persino poco prima di esalare l'ultimo respiro, volle sentire la musica di Krishna.

Che tipo di musica c'era nel flauto di Krishna? Lo sapete? La conoscete? La musica del flauto di Krishna era l'essenza dei Veda. Anche il latte era tutta essenza dei Veda. Radha lasciò cibo e bevande e divenne come uno scheletro. All'ultimo, per salvarla. Krishna andò da lei e le chiese: "Radha, qual è l'ultimo tuo desiderio?". Ed ella rispose: "O Krishna, aver cura di Te e tenerTi nel loto del mio cuore. Il loto del mio cuore affonda nell'acqua delle mie lacrime che ho versato per Te, ma anche gli occhi si sono prosciugati. Ora dove potrò proteggerTi? Ti posso proteggere ascoltando il Tuo stesso suono".

O dolce Krishna,
produci nettare
intonando il melodioso canto
che dà gioia ed estrae
l'essenza dei Veda.
Trasforma quest'essenza in un suono
dolce e melodioso,
mescilo nel flauto,
traducilo in musica e,
o Krishna, canta e suona,
dammi quella gioia!
Dopo di che, Radha chiuse gli occhi e dal suo corpo uscì la fiamma. Ciò che Radha dimostrò fu l'unione di due corpi, rappresentata dal sentimento di chi ama verso l'amato. Ciò avviene per la combinazione di una devozione ferma e duratura, un amore puro ed un cuore privo di egoismo. Radha offrì corpo, mente e sensi - tutto - a Krishna.

Il processo di trasformazione
[16] Di chi è questo corpo? Di chi è questa mente? Di chi è questa vita? Vi sono state date queste tre potenzialità. La devozione nasce per trasformarle. Lo studente delle prime classi ha or ora parlato di trasformazione. Se volete la trasformazione, è necessario servirsi di molte maniere per ottenerla.

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Quando uno scultore vuol trasformare una pietra in una statua, deve usare martello e scalpello. Deve colpirla con un martello per darle una forma. Solo allora da una pietra informe può uscire una bella statua. Questo è un processo di trasformazione.

Se voleste trasformare un pezzo di legno in una seggiola, quanto lavoro dovete fare? Dovete intagliare il legno con l'apposito aggeggio e dovrete servirvi di vari strumenti per segare, limare, tornire, avvitare. Riuscirete ad avere questa bella seggiola dal legno, solo dopo aver seguito tutte quelle fasi di lavoro.

Così pure, se volete traformare una pepita d'oro in un gioiello, dovrete fondere l'oro, affinarlo, cesellarlo. Tutto questo è un lavoro di trasformazione. Solo quando un pezzo greggio viene lavorato acquista valore e diventa un oggetto prezioso.

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La trasformazione dell'uomo
[18] Nel mondo tutti gli elementi subiscono una trasformazione, tranne l'uomo! Un pezzo di legno viene trasformato in un oggetto utile, da una roccia si ricava una pietra lavorata, da una pannocchia si ricava del riso da cuocere e mangiare, dalle verdure si ottengono salse gustose, ma l'uomo non è disposto a trasformarsi!

Disciplina e sacrificio per cambiare
[19] Come fa un uomo ad diventare buono, a migliorare se non vuole difficoltà, non vuol piangere? Per gli uomini tutto dev'essere piacevole e deve andar liscio e vorrebbero così raggiungere il massimo della perfezione...! Com'è possibile questo con delle menti così chiuse? Gli antichi erano disposti ad affrontare qualunque difficoltà, qualunque problema, qualunque tribolazione pur di raggiungere un grado elevato della loro esistenza. Il vero discepolo è colui che è pronto ad ogni difficoltà.

Cambiare l'uomo per il mondo
[20] Trasformare l'uomo oggi è divenuta un'esigenza fondamentale. Non potete cambiare il mondo se non cambiate l'uomo, perché il mondo non è fatto di cose inerti, ma di esseri umani. Potete chiamare "mondo" un pianeta dove ci siano degli esseri umani. Che mondo sarebbe se non fosse abitato nemmeno da un uomo? Prima di tutto, perciò, trasformate l'uomo in un essere valido e, quando l'uomo sarà trasformato, anche il mondo e la società ne verrà trasformata. Perciò, l'uomo dev'essere docile alla trasformazione. Assoggettatevi ad ogni tipo di austerità. Ogni educazione tende alla trasformazione dell'uomo.

Quanto sudore per avere Dio?
[21] Quante difficoltà per avere un baccelierato o un dottorato in lettere! E per guadagnarvi da vivere ne dovrete affrontare delle altre. Ma, per ottenere Dio, quali tipi di difficoltà siete disposti a sopportare? Proprio nessuna! Dio dovrebbe essere a portata di mano, vero? Uno se ne sta con le mani in mano e la liberazione dovrebbe cadergli addosso dall'alto...?! Questo non è che l'emblema della pigrizia! Lasciate che il vostro corpo affronti le austerità. Santificate il tempo. Lavorate. Ripetete il Nome di Dio. Offrite voi stessi ed ogni vostra azione a Dio. Solo allora avrete pace e prosperità sia a livello individuale che sociale.

Scopo degli Istituti Sai
[22] Prima di tutto, l'uomo. Poi viene la società. In terzo luogo, la nazione. Come farete a trasformare la nazione? Senza uomo non c'è società, senza società non c'è nazione. La trasformazione, dunque, deve partire dall'uomo. Abbiamo creato questi istituti per la trasformazione dell'uomo. Se in essi non si trasformano gli uomini, a che servono? Non passerete la vostra vita sempre in questo modo. Dopo aver ultimato i vostri studi in questi istituti, se volete mantenervi vicini ai Piedi di Loto del Signore, dovete uscirne santificati.

L'officina Sathya Sai
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[23] Quando prendete una vecchia auto, tutte le viti e i bulloni arrugginiti vengono tolti e sostituiti con dei nuovi. Solo quando i pezzi vecchi sono rimpiazzati da quelli nuovi, potrete dire che quella riparazione ha avuto un certo valore. Ma, se un'auto esce da un'officina nelle stesse condizioni in cui è entrata, a che serve l'officina? A che servono le riparazioni? Voi siete venuti qui per una revisione all'officina "Sathya Sai". Abbandonate tutte le vecchie abitudini, gettate via i pezzi marci.

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Riempitevi di sentimenti nuovi, pieni di devozione. Quando avrete in voi queste caratteristiche si potrà dire che siete passati per un luogo come questo. In caso contrario, tempo, denaro e istruzione saranno sprecati e la vostra vita non sarà santificata. Io desidero che vi santifichiate così. Desidero che seguiate le discipline di questo istituto.

E con questo chiudo il Mio discorso.





(Prashanti Nilayam, 23 Giugno 1989
Agli studenti raccolti nel Tempio)




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(70) Balarama fu fratello minore di Krishna. Secondo la tradizione, fu settimo figlio di Devaki. Poiché era stato predetto che uno dei figli della donna avrebbe ucciso Kamsa, il tiranno sovrano di Mathura e che avrebbe preso il suo posto sul trono, fu emanato un editto che ordinava di uccidere ogni figlio che Devaki avrebbe avuto. Per sei dei suoi bambini, la sentenza fu eseguita, ma durante la settima gravidanza, una voce celeste ordinò alla donna di trasferire l'embrione nel grembo della seconda regina, Rohini, e fu costei, tempo dopo, a dare alla luce Balarama. (TORNA AL TESTO)

(71) Devaki fu la madre che generò fisicamente Shri Krishna, Yashoda invece fu la madre adottiva.(TORNA AL TESTO)

(72) Lakshmana era uno dei figli del re Dasharatha e di Sumitra, e dunque fratellastro di Rama. Lakshmana rappresenta l'incarnazione della lealtà ed è anche considerato una parziale incarnazione di Vishnu. Bharata era figlio dello stesso re Dasharatha, ma di un'altra moglie, Kaikeyi, la quale volle carpire a Shri Rama il diritto di elezione al trono, esiliandoLo nella foresta e sostituendolo mediante un raggiro con suo figlio Bharata. (V. nota 62) Shatrughna era fratello gemello di Lakshmana. (TORNA AL TESTO)

(73) "Il Signore Supremo appare nella mente del devoto che si assorbe in Lui con devozione, meditando su di Lui e cantando i Suoi santi nomi, e lo libera dai legami delle azioni interessate quando giunge per lui il tempo di lasciare il corpo materiale." (Shrimad Bhagavatam I,9,23). Swami sta sottolineando il fatto che chi pratica lo yoga della devozione, nel momento del trapasso è in condizione di concentrarsi in perfetta coscienza sul Signore e di ottenere immediatamente la liberazione. (TORNA AL TESTO)

Bhishma è l'ottavo ed ultimo dei figli di Ganga, la dea del fiume Gange e del re Shantanu. È uno dei personaggi di maggior spicco del Mahabharata, in particolare nella storia riguardante la guerra fra Pandava e Kaurava. Egli era al comando di questi ultimi e, fatalmente venne ferito. La tradizione riferisce che sopravvisse per cinquantasei giorni, grazie alla sua facoltà di prolungare la vita, secondo un potere yogico per il quale la morte può essere rimandata secondo la volontà dello yogi.

(74) Albero sacro a Shiva. Nel Ramayana si narra di un boschetto di ashoka dove Sita, moglie di Rama, venne maltrattata prima di essere costretta ad arrendersi a Ravana, il temibile sovrano di Lanka. Le donne indù vedono nell'albero di ashoka un simbolo di castità e resistenza alla tentazione.(TORNA AL TESTO)





SCHEDA DI STUDIO N°11


Bhishmadeva:

un trapasso alla presenza

del Signore

[1] Sita Gosvami disse:

Terrorizzato al pensiero di aver fatto perire tanti sudditi sul campo di battaglia di Kurukshetra, Maharaja Yudhishthira ritorna sul luogo del massacro. Là, Bhishmadeva giace su un letto di frecce; ben presto lascerà questo mondo.

[2] Tutti i fratelli del re lo seguono su splendidi carri tirati da eccellenti cavalli ornati d'oro. Vyasa, rishi come Dhaumya e altri lo accompagnano.

[3] O saggio tra i brahmana, anche Shri Krishna, il Signore Supremo, segue il corteo sullo stesso carro di Arjuna. Con quel seguito il re Yudhishthira sembra prestigioso, come Kuvera circondato dai suoi compagni, i Guhyaka.

[4] Quando vedono Bhishma disteso al suolo come un essere celeste caduto dal cielo, il re Yudhishthira, i suoi giovani fratelli Pandava e Shri Krishna si prosternano tutti di fronte a lui.

[5] È proprio per vedere il capo dei discendenti del re Bharata che si sono riunite le nobili anime dell'universo, cioè i rishi tra gli esseri celesti, i rishi tra i brahmana e quelli tra i re, tutti situati nella virtù.

[...]

[9] Bhishmadeva, il migliore tra gli otto Vasu, conoscendo perfettamente i princìpi della religione che si applicano secondo le circostanze, ricevette e salutò tutti i grandi e potenti saggi riuniti accanto a lui.

[10] Il Signore, Shri Krishna, è nel cuore di ogni essere, ma grazie alla Sua potenza interna appare anche nella Sua forma originale. E in questa forma Egli Si trova ora seduto davanti a Bhishmadeva, che conoscendo le Sue glorie Gli offre la dovuta adorazione.

[11] I figli di Maharaja Pandu sono seduti vicino a lui silenziosi, presi da un grande affetto per il loro nonno agonizzante. Nel vederli così, Bhishmadeva non può che lodarli di cuore. Sopraffatto dall'amore, lacrime d'estasi scendono dai suoi occhi.

[12] Bhishmadeva disse:

Oh! Quali terribili sofferenze, quali terribili ingiustizie vi hanno inflitto, anime nobili, solo per essere i figli della religione personificata! Se i brahmana, il Signore infallibile e i princìpi religiosi non vi avessero protetto, non sareste sopravvissuti.

[13] E quanto dovette soffrire la mia nuora Kunti alla morte di Pandu, il grande generale che la lasciò sola ad allevare tutti i suoi giovani figli! Poi voi siete cresciuti, ma ella ancora dovette conoscere, a causa vostra, grandi sofferenze.

[14] Tutto questo è opera del tempo ineluttabile che trasporta gli esseri di tutti i pianeti, come l'aria trasporta le nuvole. Questo è il mio pensiero.

[15] Come prodigiosa e implacabile è l'influenza del tempo! Altrimenti, com'è possibile che la sventura colpisca là dove si trova il re Yudhishthira, il figlio del dio della religione, e Bhima, il grande combattente armato di mazza, e Arjuna, il grande arciere che brandisce la potente arma Gandiva, e soprattutto il Signore, diretto benefattore dei Pandava?

[16] Nessuno, o re, può capire i piani del Signore, Shri Krishna. Anche i grandi filosofi, dopo le più profonde investigazioni sul tema, rimangono confusi.

[17] Io sostengo, dunque, o Yudhishthira, che tutti questi mali rientrano nel piano del Signore. E questo piano inconcepibile tu devi accettarlo e sottometterti. Ora sei il sovrano, il maestro di questo regno. Veglia, o re, alla protezione dei tuoi sudditi, ora privi di rifugio.

[18] Shri Krishna non è altri che Dio, il Signore originale e inconcepibile, il primo Narayana e il beneficiario supremo. Ma Egli si muove tra i discendenti del re Vrishni come uno di noi, e così, con la Sua potenza personale, ci confonde tutti.

[19] Shiva, Narada, saggio tra gli esseri celesti, e Kapila, l'avatara, tutti possiedono una conoscenza molto intima delle Sue glorie, o re, perché sono in stretto contatto con Lui.

[20] O re, colui che per ignoranza soltanto hai creduto tuo cugino materno, tuo carissimo e benevolo amico, consigliere, messaggero e benefattore, non è altri che questo stesso Signore Supremo, Shri Krishna.

[21] Essendo il Signore Supremo e Assoluto, Egli vive nel cuore di ognuno e mostra una bontà uguale verso tutti; rimane libero dal falso ego, da ogni identificazione con ciò che Egli non è, ed è perfettamente equilibrato. Così le Sue azioni sono libere da ogni ebbrezza materiale.

[22] Lui, che Si mostra buono verso tutti, ora mi fa la grazia di venire qui davanti a me, io che Lo servo regolarmente, mentre la mia vita in questo corpo volge al termine.

[23] Il Signore Supremo appare nella mente del devoto che si assorbe in Lui con devozione meditando su di Lui e cantando i Suoi santi nomi, e lo libera dai legami delle azioni interessate quando giunge per lui il tempo di lasciare il corpo materiale.

[24] Possa il mio Signore, che ha quattro braccia e il cui volto di loto è ornato meravigliosamente e sorride, e i cui occhi hanno il colore del sole sorgente, farmi la grazia di rimanere vicino a me fino a quando non lascerò questo corpo materiale.

[25] Suta Gosvami disse:

Ascoltata la preghiera di Bhishmadeva, alla presenza di tutti i grandi saggi, Maharaja Yudhishthira s'informa da lui sui princìpi essenziali che reggono i molteplici doveri religiosi.

[26] Bhishmadeva comincia allora col descrivere i varna e gli ashrama, le divisioni naturali della società basate sulle qualità acquisite da ognuno. Poi, sistematicamente, sottolineando bene la differenza tra i due atteggiamenti, spiega in che modo il distacco neutralizza le influenze materiali mentre l'attaccamento le favorisce.

[27] Egli definisce poi, distinguendoli bene, gli atti di carità, l'attività dei re e le azioni che conducono alla salvezza. Brevemente, e poi nei particolari spiega anche i doveri della donna e quelli del devoto.

[28] Egli descrive poi, avvalendosi di esempi tratti dalla storia, i doveri e le occupazioni legati ai differenti varna e ashrama, poiché egli è maestro della verità.

[29] Mentre Bhishmadeva descrive i doveri legati alle diverse occupazioni, il sole, seguendo il suo corso, entra nell'emisfero nord; è l'istante desiderato dagli yogi capaci di morire nel momento da loro scelto.

[30] In quell'istante, colui che ha trattato mille argomenti dagli innumerevoli significati, combattuto mille battaglie e protetto migliaia di uomini, tace. Perfettamente libero da ogni legame, fissa lo sguardo, con gli occhi spalancati e la mente distaccata da ogni altro oggetto, sul Signore Supremo, Shri Krishna, che Si trova davanti a lui nella Sua forma a quattro braccia, vestito di stoffe gialle, cangianti e risplendenti.

[31] Assorto nella meditazione pura, il suo sguardo sul Signore, Shri Krishna, egli diventa subito libero da tutti i legami dell'esistenza materiale e trova sollievo da tutto il dolore inflitto al suo corpo dalle frecce che lo avevano trafitto. Di colpo ha fine per lui ogni attività esterna dei sensi, e sul punto di lasciare il corpo materiale rivolge preghiere sublimi al controllore di tutti gli esseri.

[32] Bhishmadeva disse:

Che il mio pensare, sentire e volere, che da tempo così remoto occupavano mille questioni sui doveri legati alla mia occupazione, si volgano ora verso l'onnipotente Shri Krishna. Egli è sempre soddisfatto in Sé, ma poiché gli sta a cuore guidare i Suoi devoti, talvolta prova un piacere sublime a discendere nel mondo materiale, questo mondo che lui stesso ha creato.

[33] Shri Krishna, l'amico intimo del vittorioso Arjuna, è apparso su questa Terra nel Suo corpo trascendentale, blu come l'albero tamala e affascinante per gli abitanti dei tre mondi. Nel Suo vestito giallo scintillante, con un viso di loto ornato da disegni di polpa di sandalo, sia Egli l'oggetto del mio attaccamento, e che io non conosca più alcuna aspirazione materiale.

[...]

[37] Rompendo la Sua promessa per dar valore alle mie parole, Egli scese dal carro, prese una delle ruote e Si precipitò correndo verso di me, come un leone che attacca a morte un elefante. Nella fretta lasciò persino cadere la parte superiore del Suo vestito.

[38] Che Shri Krishna, Dio, la Persona Suprema, che agli altri accorda la liberazione, sia la mia mèta ultima. Sul campo di battaglia Egli Si scagliò contro di me in grande collera, come se le ferite delle mie frecce aguzze sul Suo corpo Lo avessero reso furioso; il Suo scudo era caduto, il Suo corpo era coperto di sangue.

[39] Che nell'istante della morte il mio attaccamento ultimo sia per Shri Krishna. [...]

[42] Ora che ho trasceso ogni errore dualistico sulla presenza del Signore, Shri Krishna, nel cuore di ogni essere, anche di coloro che si dedicano alla speculazione intellettuale, posso assorbirmi in perfetta meditazione su di Lui, oggi presente davanti a me. In realtà, se Egli appare nel cuore degli esseri creati, è come il sole, che rimane anche se percepito in differenti luoghi.

[43] Suta Gosvami disse:

Bhishmadeva si assorbe allora col pensiero, le parole, la visione e gli atti nell'Anima Suprema, Shri Krishna, il Signore Sovrano; diventa silenzioso e cessa ogni respiro.

[44] Sapendo che Bhishmadeva si era immerso nell'eternità infinita dell'Essere Supremo e Assoluto, tutti i presenti tacquero, come uccelli alla fine del giorno.



(Shrimad Bhagavatam I, 9)