DISCORSO DIVINO

L'antico messaggio del Ramayana

23 marzo 1988

Per santificare la vita aderisci alla verità, predica la moralità, diffondi ovunque amore, rimani sempre in pace.

Non vedere il male, non parlare male, non volere il male. Tieni in mente l'immagine delle tre scimmie che ti danno questo messaggio. Non esiste consiglio più saggio di quello. Studiare i testi vedantici e divenire un esperto nell'esporli senza coltivare buone qualità non farà di una persona un essere umano.



Da tempo immemore l'India ha tenuto alto il messaggio divino e Io ha propagato divenendo la precettrice dell'umanità, promuovendone il benessere e proponendosi come esempio al mondo.

"Che tutti i mondi siano felici!", è stato il messaggio di base della vita dell'indiano.



Gli antichi governanti saggi ed eruditi e persino donne che furono esempi di castità, condussero vite di rinuncia e di sacrifici per innalzare la cultura dharmica e l'eredità del paese.

La storia di Rama illustra la grandezza e la santità di questa cultura.



Il Ramayana non è solamente la storia di Rama: Rama più Ayana è uguale a Ramayana.

Ayana vuol dire "il cammino".

L'intimo significato del Ramayana è che si dovrebbe seguire il cammino mostrato da Rama.



Dal momento in cui nasce l'uomo è impegnato in attività varie per preservare la sua vita e raggiungere il suo scopo.

Alla nascita l'uomo non possiede cattive qualità ma è pienamente innocente.



Con il passare del tempo, a causa del tipo di cibo che consuma e dello stile di vita, insieme alla compagnia che frequenta. le sue abitudini e le sue maniere subiscono cambiamenti. Con essi egli sviluppa antipatie e simpatie.



Dopo aver ricevuto un'educazione egli sviluppa l'ego e l'orgoglio, la passione e altre cattive qualità. Esse hanno una forte influenza su di lui. Come conseguenza egli inizia a illudersi di sapere tutto e che niente è più grande di lui. Colmo di arroganza, dovuta alla sua giovane età, guarda gli altri con sufficienza.



Se cercasse invece di vedere come essere umano egli si renderebbe conto che deve affrontare nella vita molte difficoltà e vicissitudini e superare molti ostacoli. L'uomo oggi sembra che prenda gusto solo ai piaceri derivanti dall'uso dei sensi.



Come egli cresce, il vigore della sua forza fisica lo rende arrogante e fallisce cosi nel compito di raggiungere lo scopo dell'educazione vera.

Sviluppa amicizie, vuole diventare grande eroe, grande cantante, grande attore e grande uomo di industria.

Egli viene così a trovarsi in una selvaggia selva di desideri impuri.



Come risultato di ciò, trascura la sua innata divinità e diventa loro

schiavo dimenticando lo scopo della vita umana.

Mentre gli uccelli e gli animali sono felici di vivere con tutto ciò che possono ottenere.



L'uomo solo ha desideri insaziabili ed è pieno di cupidigia. Dovrebbe esserci un limite ai desideri e alle acquisizioni di qualsiasi tipo. Ogni eccesso è pericoloso e dannoso e dovrebbe essere evitato.



Il messaggio principale del Ramayana è che si dovrebbe operare un controllo rigoroso sui desideri. La vita umana dovrebbe santificarsi con il controllo dei sensi, disciplinando la mente e utilizzando l'intelligenza. Ogni carattere che ci mostra il Ramayana rappresenta un ideale per il mondo.



Considerate come esempio Lakshmana: Valmiki ha parlato di Lakshmana in molti modi. Lo ha chiamato "l'altra metà di Rama".

Nel Kamba Ramayana Lakshmana è descritto come "la seconda virtù di Rama".



Tulasidas dice che Lakshmana è "la mano destra di Rama". Rama e Lakshmana furono inseparabili come Bimba e Pratibimba, uno il riflesso dell'altro.

Le sue qualità furono grandi; la sua immacolata purezza, il suo spirito di sacrificio, si propongono come esempi per il mondo.

Per seguire l'ordine del padre. Rama dovette andare nella foresta e Lakshmana fece il grande sacrificio di accompagnare il fratello in esilio senza esserne obbligato.



Seguire Rama fu il solo scopo della sua vita. Egli recitò un ruolo importante nel Ramayana. Lasciò la madre, dimenticò i piaceri della corte reale e la moglie per seguire Rama.



Egli è per il mondo un carattere esemplare.



Mentre nella foresta Rama e Lakshmana andavano in cerca di Sita. arrivarono alla montagna Rishyamoka dove fecero amicizia con Hanuman e Sugriva. Quest'ultimo diede a Rama una cassa piena di gioielli che aveva avuto la una donna.

Rama la porse a Lakshmana e gli chiese di riconoscere i braccialetti di Sita.



Lakshmana disse: " Posso solo dire che ci sono gli ornamenti che portava ai piedi perché ogni giorno io mi prostravo ai suoi piedi e mai la vidi in viso".

Rama visse in Ayodhya per dodici anni dopo il suo matrimonio.

Dopo di che Rama, Lakshmana e Sita passarono tredici anni nella foresta.



Durante i venticinque anni trascorsi con Rama, Lakshmana non guardò in viso Sita neppure una volta.

Potete trovare un esempio di carattere uguale nella storia?

Egli riverì ogni donna coma madre. Rama chiese a Lakshmana di abbandonare Sita in un Ashram e di raggiungerlo.



Sita a quel tempo era incinta e disse a Lakshmana: "È corretto da parte di Rama lasciarmi nella foresta per l'opinione pubblica, dato che un capo di stato ha il dovere di badare al benessere della sua gente, e la reputazione di Rama è la sola sorgente della mia gioia. Io non sono quindi arrabbiata con lui se mi manda via. La fama e la gloria di Rama dovrebbero per sempre esistere. Ma tu che sei mio cognato, come puoi lasciarmi nella foresta da sola, incinta come sono?

Per favore, rimani almeno per un po' di tempo!".



Lakshmana alle richieste di Sita rispose: " Riverita madre, in tutti questi anni non vi ho guardato neppure in viso. Voi siete stata vittima di calunnie da parte di gente insensata, nonostante la purezza e l'innocenza della vostra persona.



Se ora io rimanessi con voi, la vostra reputazione potrebbe essere sporcata. Io potrei persino perdere la mia vita per difendervi e quindi non potrei sopportare l'onta di malignità sulla vostra persona.

Devo eseguire gli ordini di Rama poiché egli rappresenta ogni cosa per me e quindi, madre, perdonatemi e lasciate che io me ne vada.

Si prostrò ai piedi di Sita e la pregò di lasciarlo andare.



Lakshmana dedicò la sua intera vita per la gloria di Rama e di Sita dimostrando al mondo le sue grandi qualità.

Osservate Bharata!

Egli rifiutò il regno che gli veniva offerto e corse nella foresta per persuadere Rama a divenire re di Ayodhya.



Entrambi, Bharata e Lakshmana, dedicarono se stessi alla divinità vivente; non ebbero in loro nessuna traccia di egoismo o di interesse personale e aderirono in modo completo al Dharma.

Valmiki disse che Rama era l'incarnazione stessa del Dharma.

Che cos'è il Dharma?

Oggi proliferano i significati che si attribuiscono a tale termine.



Quando cerchiamo di definire il dharma secondo i Veda troviamo confusione e opinioni diverse.

Si dice: "il Dharma sostiene il mondo".

Ogni oggetto al mondo ha certe sue proprie qualità e queste rivelano il suo dharma.



Per esempio le qualità del fuoco sono di bruciare: questo rappresenta il suo Dharma.

Quando non brucia più cessa di essere fuoco per divenire carbone.

La dolcezza è la qualità dello zucchero.

Se Io zucchero perdesse la dolcezza non sarebbe più zucchero.



Allo stesso modo l'uomo, la cui qualità fondamentale è gioia e beatitudine che sgorga dal suo cuore. Quando dimentica questa sua qualità perché attratto dagli oggetti estranei a lui e dal desiderio di ottenerli, non è più uomo ma si declassa.



Tutti gli uomini, siano essi dotti o illetterati, se dimenticassero la regola fondamentale di non fare agli altri ciò che non vorrebbero fosse fatto a loro. causerebbero infelicità agli altri e quindi andrebbero contro la propria intima natura.

Il Dharma vedico afferma quel semplice principio che oggi l'uomo non segue perché egoista ed egocentrico.



Se noi non rispettiamo gli altri non possiamo pretendere che gli altri rispettino noi. Il dharma non è a senso unico.

Oggi Io spirito di sacrificio è assente. La lezione fondamentale del Ramayana è che solamente attraverso il sacrificio è possibile ottenere l'unità con Dio.



Obbedendo agli ordini paterni, rinunciando al regno e vestendosi con la corteccia degli alberi, Rama andò nella foresta in esilio dimostrando al mondo cosa vuol dire aderire alla verità, accettando il volere paterno come un comando divino.



Aajna (ordine) è una grande ingiunzione alla quale si deve obbedire per ottenere gioia e non incorrere in gravi difficoltà.

Molti sono gli episodi raccontati nel Ramayana che illustrano questa situazione.



Prima di lasciare l'eremitaggio in cerca del cervo d'oro, Rama diede ordine a Lakshmana di non allontanarsi da quel luogo qualunque fossero le circostanze che si sarebbero presentate.



Rama gli ingiunse di non abbandonare mai Sita per nessuna ragione o difficoltà fosse sorta. Questo fu il comando di Rama a Lakshmana.

Ma quest'ultimo era soggetto a umani sentimenti e questa debolezza incise sulle sue decisioni. Quando Sita udì il pianto: «Ah, Sita! Ah, Lakshmana! » di Maricha (il demone) con una voce somigliante a quella di Rama, disse a Lakshmana di correre in suo aiuto.



Essa lo fece con un tono così drammatico che Lakshmana ne fu profondamente toccato.

Incapace quindi di andare contro ai desideri di Sila, la abbandonò, andando contro gli ordini di Rama.

Gli avvenimenti tragici che seguirono quella decisione causarono

profonda angoscia in Lakshmana.

Egli si chiese: "Non é perché ho trasgredito agli ordini di Rama che Sita è stata rapita da Ravana?" Per tutta la vita egli si torturò a questo pensiero e si diceva: «Quella fu l'unica volta che disubbidii a Rama». Quando Rama era ritornato ad Ayodya, il signore del tempo Yama, venne per parlare con lui.

Rama diede ordine preciso a Lakshmana di non far passare nessuno e aggiunse: «Se disobbedisci ti taglio la testa».

Lakshmana, che era una persona scrupolosa, vigilava la porta d'entrata. Quando venne il saggio Durvasa che gli disse:" Devo urgentemente vedere Rama e parlargli".

Lakshmana rifiutò fermamente di lasciarlo passare e Durvasa arrabbiatissimo gli disse:

" Se non mi aprirai, getterò una maledizione su Ayodhya che distruggerà l'intera dinastia. Stai attento, Lakshmana.

Lakshmana si trovò di fronte a un tragico dilemma :se disobbedire all'ordine ai Rama, e perdere la testa o non lasciar passare il saggio e gettare l'intera dinastia e la gente di Ayodya sotto la maledizione.

Lakshmana risolse il dilemma in questo modo:

«Se disobbedisco a Rama, al massimo morirò ora, di sua mano mentre se disobbedisco a Durvasa metterò in difficoltà tutta la gente di Ayodhya, quindi lo lascerò passare".

Lakshmana preferì sacrificare se stesso che lasciare soffrire gli altri.

Il Ramayana è pieno di esempi di simili caratteri nobili ma sfortunatamente oggi viene male interpretato.

Esso è un testo importante che insegna quali dovrebbero essere le relazioni fra fratelli, fra membri di una stessa famiglia e tra moglie e marito.

Il Ramayana, il Mahabharatha e la Bhagavatha sono tre monumenti letterari che sottolineano le conseguenze dei vizi della lussuria, della cupidigia e dell'odio.

Nel Ramayana il demone Ravana personifica la lussuria.

L'intero dramma si svolge a causa della lussuria di Ravana.

L'avvento di Rama come Avatar fu per distruggere Ravana.

Nella Bhagavatha, Hiranyakasipu è la personificazione dell'odio verso Dio.

A causa sua il Signore assunse la forma di Narasimhan (l'uomo-leone) per distruggerlo.

Nel Mahabharatha Duryodhana simbolizza la cupidigia a causa della quale l'intera sua discendenza fu distrutta.

Duryodhana aveva una avarizia che non conosceva limiti. Egli si recò da sua madre, Gandhari, per ricevere la sua benedizione prima della battaglia del Kurukshetra, ed essa gli disse:

«Ricordati figlio, dove c'è il Dharma c'è la vittoria».

Quindi egli andò dal precettore al quale chiese di benedirlo e, Dronacharya, rispose:

« Dove c'è il Dharma c'è Krishna, dove c'è Krishna c'è la vittoria».

Lo stesso messaggio è contenuto nell'ultimo verso della Bhagavad Ghita: « Dove c'è il supremo Signore dello Yoga Sri Krishna. e dove c'è il potente arciere Arjuna, si trova prosperità, successo e giustizia».

È grazie a queste nobili madri, a questi illustri precettori e padri che le Upanishad esortano l'uomo a "riverire la madre come Dio, il padre come Dio, il Guru come Dio e l'ospite come Dio".

Le storie di Rama e Krishna sono trattati di moralità e sacri esempi di come l'uomo deve sublimare la propria vita.

Il messaggio è chiaro: per santificare la propria vita si deve aderire alla verità, praticare la moralità, diffondere ovunque l'amore, rimanere sempre in pace.

Brindavan, 23 marzo 1988 Anniversario di Rama