DISCORSO DIVINO

Dio a portata di mano

29 settembre 1960

Una volta Vidura chiese a Krishna: “Com'è che hai preso parte all'uccisione di migliaia di soldati nella battaglia del Kurukshetra ? Avresti potuto evitare tutto quel massacro e risparmiarTi un mucchio di fastidi semplicemente cambiando l'atteggiamento mentale dei maggiorenti dalla parte dei Kaurava: Duryodhana, Duhshâsana, Shakuni e Karna.” Krishna rispose: “Mio caro uomo, Io ho assegnato a ciascuno una certa quantità di qualità e poteri, nonché una certa dose di libertà, affinché ognuno li utilizzi come meglio crede; è operando in questo modo che si impara meglio. Barcollando per un po', il passo del bambino diventa più fermo e sicuro: l'esperienza è la miglior scuola anche se la più dura. Potete dire in qualsiasi modo che il fuoco brucia, ma, se non vi scottate effettivamente le dita, non crederete né saprete che cosa sia una bruciatura.”

È Prema (l'Amore) che entusiasma e riempie la mente di gioia e speranza. Potana, Nandanar, Jayadeva, Gauranga, Tukaram, Mîrâ , Purandaradasa, Tyâgarâja e altri si entusiasmavano moltissimo al solo pensiero del Signore, perché possedevano l'Amore in forma molto pura e potente. Certa gente può ridere di tutti questi bhajan e chiamarli mera scena ed esibizione, consigliando invece la quieta meditazione nella nicchia silenziosa della (propria) stanza di preghiera, ma uscire e riunirsi a cantare i bhajan in questo modo aiuta a eliminare l'egoismo; uno non teme il dileggio né ha vergogna di cantare ad alta voce il Nome di Dio e trae ispirazione dalla devozione degli altri. La compagnia di uomini dai sentimenti affini aiuta a difendere il tenero germoglio evitando che venga bruciato dalla vampa della derisione. Una persona pulirà il pavimento della sua stanza con la scopa quando nessuno vede, ma fare la stessa cosa, considerata poco dignitosa, quando la gente guarda, richiede una certa padronanza dell'ego.


Indice
Compite atti pieni d’amore per gli altri
La nostra relazione è atmica, non profana
Alcuni impostori vanno a caccia di discepoli danarosi



Compite atti pieni d’amore per gli altri
L'amore è devozione filiale quando è rivolto verso i genitori, amicizia se diretto verso gli amici, amore quando è provato per il coniuge, rispetto quando predispone verso gli anziani e affetto quando si è portati verso i bambini. Bhakti (la devozione) influenza i vostri atti in tre forme: voi fate delle cose coscientemente per dimostrare il vostro amore o dare sfogo al Prema che vi anima; fate degli atti, quali amorevoli offerte, per magnificare la gloria del Signore in spirito di adorazione e umiltà, come se deponeste ai Suoi Piedi tutto ciò che siete e di cui siete capaci, e fate delle azioni piene di amore per tutti semplicemente come parte della vostra esistenza, automaticamente, senza alcuna ombra di ego o traccia di violenza che ne sciupino la fragranza. L'azione offerta fa sì che tutta l'attività diventi un'offerta; Ânanda (la Beatitudine) vi fa sentire che il vostro sforzo valeva la pena di essere fatto. Questo è il fine, lo scopo, l'ispirazione. Come fate a darMi Ânanda ? Prendendo a cuore ciò che dico e mettendolo quotidianamente in pratica. Decidendo per alti obiettivi e lasciandovi poi attrarre dal “basso”, tradite voi stessi. Migliorate il vostro carattere e la vostra condotta; quando i vostri sentimenti diventano puliti e i vostri impulsi puri, potrete vedere la Mia Forma nella sua Realtà. Vi dirò la cosa in poche parole: liberate l'intelligenza che Mi deve comprendere dalle tortuosità: fatela divenire lineare e acuta.




La nostra relazione è atmica, non profana
Mi avete ora a portata di mano, ed è proprio il Tesoro che andavate cercando, perché la nostra relazione è atmica, non profana o costruita. In tutti gli altri posti vi spennano perché la relazione è basata sul portafoglio. In certi posti si basa sulla casta o sull'istruzione o su altri aspetti secondari; qui si tratta dell'attaccamento che Nârâyana (Dio) nutre per nara (l'uomo), l'Oceano per il fiume, l'Universale per il particolare. Qui ognuno deve diventare infinito sfuggendo ai legami che lo limitano. Tutti possono diventare Lui: nessuno è escluso dall'Amore di Dio. Il ragazzo diciottenne viene mandato dalla madre in cucina a mettersi un piatto davanti, servirsi di riso al curry e mangiare. La madre non è insensibile o dura; ella conosce le capacità del figlio e lo tratta come deve esser trattato. Poi accompagna un altro figlio in cucina, siede al suo fianco e gli serve il cibo mentre prende sulle ginocchia un terzo figlio e gli canta molte canzoni per rendere il processo del mangiare piacevole al bambino. Non pensate che quella madre sia parziale; no, ella sta soltanto facendo uso della sua conoscenza delle capacità dei figli per farli progredire. Questa è la natura dell'amore materno.
Ci sono certi guru che nutrono moltissimo “amore”, anche verso i loro discepoli: quando gli aspiranti discepoli vanno da loro per avere una guida, essi li portano al settimo cielo, esagerano i loro successi e concedono loro dei “titoli” che vengono ostentati dalle sfortunate vittime. In questo modo i discepoli vengono sgravati di ulteriori impedimenti al progresso spirituale. I “ guru ” vogliono il denaro per vari scopi e quindi hanno sempre un occhio puntato al portafoglio dei discepoli; cercano di ottenere denaro concedendo loro titoli o lodandoli pubblicamente o promettendo riconoscimenti pubblici, tutte lusinghe mondane che sconfessano il principio di non attaccamento che essi insegnano e rappresentano.




Alcuni impostori vanno a caccia di discepoli danarosi
Lasciate che i guru condannino l'accumulo di ricchezze e biasimino il cattivo uso che ne viene fatto; lasciate che siano inesorabili nella loro condanna. Questo è il distintivo del guru che conosce la sua missione. Al contrario, i (falsi) guru fingono di non vedere e tollerano il male nei potenziali donatori, perché temono che qualsiasi condanna esaurirebbe la loro fonte di guadagno. Così rovinano i discepoli, rinunciando a trattarli con la drastica medicina di cui hanno urgente bisogno per la loro salute spirituale. Questa caccia ai discepoli benestanti da spennare è diventata una tragicommedia, elaborata da certi sannyâsin (asceti) in un'arte raffinata. È tempo di smascherare e punire questi “sadhu” (anime nobili), e questo sarà uno dei compiti del Dharmasthâpanâ (ripristino della Rettitudine) per cui sono venuto. Anche i sensali che questi guru hanno sguinzagliato per il paese devono essere fermati. Libri, opuscoli, incontri, conferenze, discorsi, tutti questi non vanno bene: a chiunque sia desideroso di conoscerMi va chiesto di avvicinarMi e sperimentarMi. Al fine di farvi un'idea di una montagna, non è sufficiente che prendiate un sasso e diciate “la montagna è un milione di volte più grande di questo”; dovete vedere una vera montagna, magari da lontano. L'“aldilà”è davvero incomprensibile. La scienza è come la lettera “C” , sempre mancante di una parte nel mezzo, con un buco rimasto vuoto. Solo la religione ha riempito quella lacuna, perché essa conosce la Realtà che permane nei tre stati, nei tre tempi e nei tre mondi. Dunque, la religione è il cerchio chiuso delle tre “O”, che può allargarsi a mano a mano che conoscerete maggiormente la gloria del Signore, ma che è sempre Pieno e Completo. Alla fine di tutto, siamo di nuovo all'inizio.

Il miracolo non è altro che il naturale comportamento del miracoloso ed è per questo che, di quando in quando, Io ve ne concedo l'esperienza, in modo che possiate avere un barlume dello Splendore. Io rimarrò in questa mortale Forma umana per cinquantanove anni ancora e raggiungerò certamente lo scopo di questo Avatâr , non dubitate. Impiegherò il tempo che vorrò per portare a compimento il Mio Piano nei vostri confronti. Non posso affrettarMi solo perché voi correte. Posso a volte aspettare per ottenere dieci cose in una volta, proprio come una locomotiva non viene usata per tirare una sola carrozza, ma aspetta finché non sia pronto un convoglio proporzionato alle sue capacità. Ma la Mia Parola non fallirà mai: tutto deve accadere secondo la Mia volontà.





Prashânti Nilayam, 29 Settembre 1960
(Tratto da “Sathya Sai Speaks”, vol. 1 - 1953/1960, D.D. n. 31)