DHYANA

Alcuni racconti

Il viaggio interiore

Questa storia ci parla di Shiva e di Parvati, sua consorte. Shiva si aggira liberamente per l’Universo, senza mai sentirsi separato da esso. Sovente, in queste sue escursioni, lascia Parvati sul monte Kailash, dove abitualmente risiede la coppia.

Un giorno, Parvati confidò al suo grande signore che le pesava la sua mancanza e si sentiva sola. Allora Shiva le disse: “Mia cara, lasciati condurre da me in un viaggio speciale, un viaggio all’interiore di te stessa. Là saprai scoprire i mezzi che ti risolveranno il problema della solitudine e dell’isolamento. Dopo questo viaggio, ti sentirai perennemente unita a me. Sappi, però che, in quel viaggio, perderai completamente te stessa, la tua individualità. Lo vuoi fare, o Parvati?”
“Oh, sì, - rispose Parvati -. Sono pronta ad andare dovunque il mio Signore mi voglia portare. Sono tua. Ti prego, guidami come meglio ti pare.”

“Va bene, mia cara! – riprese Shiva -. Ecco dunque ciò che devi fare. Siediti nella posizione del loto, ma in modo di essere comoda. Assicurati che il posto dove siedi sia liscio e soffice. Non devi soffrire né il freddo né il caldo. Fai in modo di essere libera da qualsiasi bisogno fisiologico e di essere in regola con i tuoi doveri. Nulla ti deve disturbare. Abbi un senso di conciliazione col mondo intero e, abbandonato ogni pensiero, rimani tranquillamente presente a te stessa. Adesso chiudi gli occhi e lasciati calare nelle profondità di te stessa. Appena percepisci un’esperienza qualsiasi, gentilmente fammelo sapere. Dimmi ogni cambiamento che possa subentrare nella tua coscienza. Il tutto con molta calma, senza nessuna fretta. Qualunque cosa accadrà, avrà un suo particolare decorso.”

Parvati si sedette con calma e rallentò il suo respiro, intimamente soddisfatta. Dopo alcuni minuti, disse:
“Mio Signore, avverto una generale coscienza del mio corpo, che sento rilassarsi in ogni sua parte, abbandonando tutte le tensioni. Sento una benefica ondata di rilassamento, che mi dà una meravigliosa sensazione di pace. Seduta qui al tuo fianco, o mio Signore, sono molto felice. Tutto il mio essere riposa.”

Shiva attese alcuni istanti, in modo che la mente della consorte scendesse sempre di più negli abissi interiori. Alcuni minuti dopo, infatti, Parvati, aveva raggiunto un nuovo livello di coscienza. Shiva le chiese:
“Che cosa avverti ora, mia cara?”
“Mio Signore, - rispose Parvati – sono consapevole del fresco respiro che inalo e del caldo alito che esalo. Sento come se la pura e fresca aria delle cime più elevate stia entrando nel mio corpo e attraversi tutto il mio essere, portandovi dovunque energia vitale. In ogni parte del mio corpo sento una fine e vibrante energia che dà risveglio alla vitalità eliminando torpore ed inerzia. Mi sento meravigliosamente rilassata e piena di pace! Il respiro che entra ed esce mi mostra come tutto sia perfetto. Oh, come sono felice!”

Shiva attese un altro poco, consentendo alla moglie una discesa ancor più profonda, in questo viaggio all’interno di se stessa. Dopo un intervallo abbastanza lungo, Shiva, con voce delicatissima, le chiese:
“Ed ora, mia cara Parvati, che cosa provi?”
Ci volle molto tempo prima che Parvati potesse rispondere:
“Ora, mio Signore Shiva, una pace indescrivibile è scesa su di me. Nella mia mente c’è solo l’unica, immobile, stabile, fissa e bellissima immagine di Te, o mio Signore! E’ assai piacevole vedere la tua dolce forma, o mio Signore Shiva! Col tuo sguardo morbido e dolce mi guardi, premuroso e tenero. La tua espressione è così amabile che il mio cuore è colmo di gioia ed i miei occhi si riempiono di lacrime. Oh, come sono felice di vederti, o mio Signore!”
Shiva, a questo punto, lasciò che Parvati si beasse a lungo in quel mare di gioia. Sapeva che, non appena Parvati avesse trasceso anche quello stato, sarebbe scesa ancor più in profondità. Così, dopo una lunga attesa, le domandò:
“Che cosa stai provando, carissima Parvati?”
Parvati, mentre Shiva stava parlando, si sentì calare in una dimensione di coscienza sempre più sottile e, con estrema calma, disse:
“O mio Signore Shiva, la tua amabile forma ora si sta dissolvendo e va trasformandosi in una intensissima luce raggiante, fulgida, ma insieme morbida e confortevole. Che luce meravigliosa! Il suo splendore va oltre ogni descrizione. Essa pervade tutto lo spazio con la sua aura dorata e riempie della sua luminescenza ogni punto. Questa luce sembra oltrepassare i confini fisici: è calore, splendore, lucentezza, amore e tenerezza. Essa riempie di fulgore ogni parte del mio essere. Ora tutto è luce, una luce dorata, stupenda. O mio Signore Shiva, sono felice, felicissima!”

Il maestoso Signore Shiva, seduto al fianco della consorte, ne condivideva l’esperienza, immerso nel caldo splendore di quella radiosa luce dorata. Ma Egli sapeva che Parvati sarebbe andata oltre. Giunto il momento estremo, quando Parvati stava per entrare nell’ultimo stadio della sua trascendenza, Shiva rivolse ancora una volta con estrema delicatezza la parola alla moglie:
“Mia adorata dolcezza, di che sei consapevole ora?”
Pareva che Parvati ci mettesse una vita per rispondere, ma, alla fine, giunse la sua voce, come da un abisso, lenta e calibrata:
“Mio Signore Shiva, il cosmo intero si è riempito dell’unico suono puro! La splendida luce dorata si è trasformata nella risonante eco della OM, che pervade tutti i mondi, come il suono di una campana che percorre valli e pianure. Tutto è colmo delle sue sacre vibrazioni. Questo suono è squisitamente fine, sottile, puro e chiaro. Ovunque, in ogni spazio ed interstizio c’è solo Om, Om, Om.”

Quando ormai sembrava che il Pranava primordiale, l’eterna OM fosse tutto quanto potesse esistere, Parvati parlò ancora, in tono sommesso: -
“Ed ora, mio amatissimo Signore, il suono della Om sta sfumando lentissimamente e lascia il posto ad un profondo e solenne silenzio! E’ la quiete più placida che si possa immaginare. E’ indescrivibile. Non è possibile servirsi della mente per farne una descrizione. E’ pura beatitudine. Ananda!”
La sua voce si affievolì sempre più, fino ad essere assorbita completamente in un silenzio cosmico. Parvati aveva raggiunto uno stato di trascendenza ancor più profondo. Shiva scorse sul volto della consorte un leggiadro e beato sorriso, che le conferiva l’aspetto sacro di un’icone raffigurante una Madonna. Quella serenità irradiava calore da tutto il suo essere. Ma poi, un esile e delicato suono emerse dal più profondo del cuore di Parvati:
“Io sono la Pace Suprema... Io sono... Io...”

Shiva era molto soddisfatto. Si alzò e si preparò a congedarsi per i suoi viaggi. Ma prima di andarsene, si avvicinò alla moglie ancora una volta e le sussurrò all’orecchio:
“Mio dolce amabile splendore. Io ora me ne vado. Lascia che mi accomiati da te.” Poi stette in attesa. Ma non ci fu alcuna risposta. Ripetè:
“Parvati, mia amata, io vado.”
Ma Parvati non si mosse. Per Lei ora non c’era più né Shiva né Parvati, non c’era più l’andare e il tornare, nessuna divisione, nessuna unione. C’era solo quell’incredibile, inimmaginabile e completo silenzio. Una pace inalterabile. Finalmente, Parvati era in completa unione con il suo Signore. Era un tutto unico con il suo Sé immortale.
Quando Shiva tornò dai suoi giri per i vari mondi, trovò Parvati ancora seduta là, con lo stesso sorriso beatifico, con il medesimo raggiante splendore intorno alla sua forma.
La toccò delicatamente. Parvati aprì gli occhi e, quando vide Shiva, il suo amato Signore, il suo cuore si riempì d’amore e gratitudine.


Chaitanya e il ladro

Una volta Krishna Chaitanya girava per i villaggi danzando e cantando in estasi, dimentico di ogni cosa, essendo immerso nella contemplazione del Signore. Entrò nel villaggio di Navadvip, i cui capi si aggregarono a lui con lo stesso rapimento nel canto dei bhajan. Anche un ladro si unì al gruppo. Per tutta la vita aveva fatto il ladro ed era anche un bugiardo matricolato. Partecipò alla loro danza, pensando che, dal momento che nel gruppo c’erano molti ricchi completamente immersi nel canto, egli avrebbe potuto svuotare facilmente le loro tasche. Ma le cose andarono in modo completamente diverso dai suoi progetti.

Nell’istante in cui si aggregò al gruppo di devoti, anch’egli dimenticò se stesso ed incominciò a cantare e a danzare con lo stesso fervore degli altri. Dopo che se ne furono andati tutti, si sedette in disparte per un momento ad osservare Chaitanya. C’era solo un gruppetto di ragazzi in ascolto delle parole del saggio. Il ladro si diresse verso Chaitanya e gli disse:
“Svami! Tu dai consigli a molti. Per favore, dammi un mantra”.
Rispose Chaitanya:
“Prima di tutto vorrei sapere chi sei e conoscere qualcosa della tua vita. Poi avrò un messaggio per te.”
L’uomo confessò:
“Svami, io sono un ladro. Ho condotto una vita di ladro e di bugiardo. Il mio nome è Rama. La gente mi ha soprannominato Rama il Ladro.”
Chaitanya disse:
“Che peccato! Ti darò comunque un consiglio. Che cos’hai da offrirmi per “gurudakshina” (l’offerta al maestro)?”
Rispose il ladro:
“Vi darò una parte della mia refurtiva.”
Chaitanya disse:
“Non ho bisogno di simili cose. Offrimi la promessa che non commetterai più furti per il futuro.”
E il ladro:
“Svami, sono pronto ad offrirvi qualunque cosa, ma non posso accettare di rinunciare ai miei bottini.”
Allora Chaitanya disse:
“Quand’è così, ti affiderò un mantra, ad una sola condizione però: in ogni luogo che avrai scelto per rubare, dovrai recitare il sacro nome per 108 volte prima di farvi irruzione.”

Poi Chaitanya trasse vicino a sé il ladro. Il cuore del ladro si era notevolmente raddolcito, dopo aver ascoltato le parole di Chaitanya. “Sambhashanam Samkatanasanam”: Il colloquio con un santo rimuove l’angoscia. Il ladro era completamente libero da paura. Andò vicino a Chaitanya. “Sparshanam Karma Vimochanam”: Il contatto con un santo libera dalle conseguenze delle azioni passate. Chaitanya prese fra le mani la testa del ladro e gli sussurrò all’orecchio per tre volte il mantra: Om namo bhagavate Vasudevaya. Il solo fatto di vedere (Darshan) Chaitanya distrusse i peccati commessi dal ladro. Le sue parole dissiparono le preoccupazioni del ladro. Il contatto col santo lo liberò dai legami delle azioni passate.

Il ladro se ne andò con un cuore purificato. Mentre partiva, vide un gran numero di persone che si recava da Chaitanya, fra le quali molti ricchi. Il ladro pensò che questa era la sua buona occasione per insinuarsi nelle loro case. Il più ricco del villaggio aveva preso con sé moglie e figli, per incontrare Chaitanya, lasciando incustodita la casa. Il ladro si introdusse in quella abitazione e penetrò nella stanza più sicura, dove erano conservati tutti i valori. Vide gemme di ogni tipo. Egli era deciso a non toccare alcun prezioso finchè non avesse completato la recitazione del mantra datogli da Chaitanya. Ma, prima di giungere al termine della recita del mantra, giunse il padrone di casa insieme agli altri. La signora, che era uscita con tutti i suoi gioielli, fece per andare in camera per riporli al sicuro. Ma, nella stanza vide un estraneo, immerso in profonda meditazione. Pensò che fosse qualche gran saggio che, in loro assenza, era entrato nella loro casa per meditare. Chiamò il marito. Intanto, l’estraneo continuava indisturbato la sua meditazione. Non sembrava affatto un ladro. Perciò credettero che fosse un santo venuto a casa loro per onorarli. Si misero tutti a presentare offerte e a chinarsi con venerazione davanti a lui. Pensavano che al seguito di Chaitanya ci fossero altri santi in visita alla loro città.
Intanto, completata la recitazione del mantra, il ladro aprì gli occhi e, con sua sorpresa, trovò un gruppetto di persone in atteggiamento riverente davanti a lui. Il padrone di casa gli chiese:
“Chi siete, signore? Da dove venite? Ci sentiamo santificati dalla vostra visita. Vi prego, cenate a casa nostra ed elevate la nostra vita spirituale concedendoci questo onore.”

Nella vita del ladro ci fu uno sconvolgimento. Pensò tra sé: “Se la semplice recitazione del Nome del Signore ha potuto arrecarmi tanto onore e rispetto, sebbene sia venuto qui solo per rubare, quali magnificenze mi saranno riservate se reciterò con sincerità e con gusto il nome del Signore? C’è dunque la speranza per me di ottenere una posizione più elevata, con la grazia del Signore.”
In quello stesso momento formulò la decisione di troncare con i furti. Si prostrò dinanzi al padrone della casa e a sua moglie e disse:
“Madre! Lasciate che vi racconti la verità. Io sono un ladro. Ma ora voglio ritirarmi in una foresta. Dedicherò il resto della mia vita alla contemplazione di Dio e vivendo da asceta.”
Udendo quelle parole di verità, gli anziani presenti furono profondamente commossi e provvidero a portarlo in processione su un palanchino per tutto il villaggio e la lasciarlo in una foresta, secondo il suo desiderio.
Alcuni anni dopo, l’uomo tornò da Chaitanya per ringraziarlo e per chiedergli con riverenza di benedirlo. Così, quel ladro divenne un vero saggio, degno del rispetto di tutti.

(Raccontata da Sai Baba all’Institute Auditorium, Prashanti Nilayam)


L’esperienza di Ramakrishna

Avevo l’abitudine di adorare il Signore nel tempio di Kali. Un giorno, ad un tratto, ebbi la rivelazione che tutto era puro Spirito: gli oggetti del culto, l’altare, il soglio, tutto era Spirito. Uomini, animali, uccelli, tutto puro Spirito. Come un insensato coprii allora tutto di fiori adorando ciò che si offriva alla mia vista.
Un’altra volta, mentre stavo cogliendo dei fiori, compresi ad un tratto che ogni pianta fiorita ornava, come un mazzetto, la forma universale del Signore. E fu l’ultima volta che colsi dei fiori.

Sapete che cosa vedo? Io Lo scorgo come Tutto. Gli uomini e tutte le creature mi appaiono come forme delimitate dalla pelle, che muovono testa, piedi e mani, e sono ricolme di Dio.
Sapete come vedo le cose? Alberi, piante, uomini, animali, erbe, vedo tutto come diverse guaine, come federe di guanciali, gli uni di cotone fine, gli altri di stoffa più grossolana; gli uni rotondi, gli altri quadrati. Ma all’interno di tutte le federe si trova una sola e medesima sostanza, che è il cotone. Alla medesima maniera, le cose di questo mondo sono ripiene di Sat-Cit-Ananda incondizionato. Ho l’impressione che la Madre Si sia ricoperta da Se stessa di svariate stoffe, e di lì sotto getta un colpo d’occhio sul mondo. Talvolta mi sono trovato in una condizione nella quale provavo questo sentimento ad ogni istante, senza comprendere che cosa sentivo. La gente veniva da me cercando di calmarmi. La madre di Ramtal piangeva. Guardandola, pensai che la Madre, che è nel tempio, Si fosse vestita come lei e fosse venuta a trovarmi. Scoppiai dal ridere e le dissi: “Che bel vestito che hai!”
Un giorno che meditavo sulla Madre Divina, nel tempio di Kali, mi fu impossibile immaginarne la forma; ma un pò più tardi La vidi levare gli occhi presso un vaso che serviva al culto. Aveva preso l’apparenza di una prostituta chiamata Ramani, che veniva al “ghat” per fare un bagno. Risi di meraviglia vedendoLa, e Le dissi: “Ma bene! Oggi Ti piace essere Ramani; accetta dunque per un giorno la mia adorazione sotto questa forma!”. Fu così che la Madre mi insegnò che anche la prostituta era Lei, non esiste null’altro che Lei.

Sono giunto a uno stato di realizzazione nel quale vedo Dio evolventeSi in ogni forma umana e manifestanteSi attraverso il saggio e il peccatore, il giusto e il malvagio. Quando guardo le varie specie di uomini, mi dico: Ecco Dio sotto la forma di un santo, sotto la forma di un peccatore, sotto la forma del giusto, sotto la forma del malvagio.

Quando questo stato di coscienza si risveglia in me, non posso più adorare la Madre Kali né portarLe offerte nel tempio di Dakshinesvar. Il custode del tempio me ne rimproverò, ma io mi contentai di ridere delle sue ingiurie senza sentirmene offeso.

Io avevo l’abitudine di chiudere gli occhi, per meditare. Poi un giorno pensai: “Se Dio esiste quando ho gli occhi chiusi, perchè non dovrebbe esistere quando li tengo aperti?”. Così apersi gli occhi, e vidi ovunque l’Essere divino. Uomini, animali, insetti, alberi, liane, luna, sole, acqua, terra, in essi tutti e per essi tutti l’Essere Infinito Si manifesta.

Un uomo sulla sponda di uno stagno stava pescando. L’“avadhuta” si avvicinò a lui e gli chiese: “Fratello, qual è la via che conduce a Benares?”.
In quel momento, il galleggiante della lenza dava segno che il pesce stava abboccando. Cosicchè il pescatore, tutto intento alla bisogna, non rispose nemmeno. Una volta tirato su il pesce, si volse verso il suo interlocutore e gli domandò: “Che cos’hai detto?”. L’avadhuta si prostrò davanti al pescatore e gli disse: “Signore, tu sei il mio guru. Quando sarò immerso nella contemplazione della Divinità da me scelta, possa io seguire il tuo esempio, e non occuparmi di nulla, finchè non siano terminate le mie devozioni.”

(Sri Ramakrishna, “Alla ricerca di Dio”)